Project financing: niente incentivi per funzioni tecniche

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 110 del 10.09.2020, interviene per riaffermare che non sono dovuti gli incentivi per le funzioni tecniche nel caso di un project financing, in specie per la concessione del servizio di gestione e manutenzione, fornitura di energia elettrica, progettazione e realizzazione degli interventi di efficientamento energetico e riqualificazione degli impianti di illuminazione pubblica. La Sezione rammenta che la possibilità di applicare la disciplina dell’art.113 del D.lgs 50/2016 alle forme di partenariato pubblico-privato è stata oggetto di copiosa giurisprudenza della Corte dei conti (vd. ex multis deliberazioni Sezione regionale di controllo per la Lombardia numeri 311 e 429 /PAR, deliberazione Sezione regionale di controllo per il Veneto n. 20/2020). Dirimenti, secondo i magistrati, sono invece le altre circostanze per cui la Sezione delle Autonomie (deliberazione 25.06.2019 n. 15) ha negato l’incentivabilità delle funzioni connesse alle concessioni, e, in particolare, l’assenza di uno specifico stanziamento riconducibile ai capitoli dei singoli lavori, servizi e forniture. Mentre nei contratti di appalto gli incentivi gravano sul capitolo di spesa previsto per i singoli lavori/servizi/forniture, con accantonamento di una parte per la specifica finalità dell’erogazione del compenso incentivante, tale meccanismo non opera né nelle concessioni né nei contratti di partnerariato pubblico-privato. Questo implica che manchi nel bilancio dell’ente lo specifico stanziamento di spesa cui parametrare la misura del fondo incentivante, determinando oneri non aleatori e su cui pertanto sono fondate tanto la mancata assoggettabilità alla normativa vincolistica di spesa per il personale, quanto la legittima erogazione degli incentivi per funzioni tecniche.
Il Collegio ritiene, invece, che non sussistano motivi ostativi all’applicazione dello strumento degli incentivi alla fattispecie dell’accordo quadro di cui all’art. 54 del codice dei contratti. Trattasi di uno strumento negoziale, che si sostanzia in un accordo tra una o più stazioni appaltanti e uno o più fornitori con cui si stabiliscono i termini e le condizioni per futuri contratti di affidamento di beni, servizi o lavori richiesti dall’Amministrazione a seconda dell’oggetto dell’accordo quadro stesso. Ove, dunque, oggetto dell’accordo quadro è una delle attività previste dal legislatore ( lavori, servizi e forniture ), laddove sia stata effettuata a monte una procedura di gara e i relativi incentivi siano individuati nel quadro economico di ogni singolo contratto affidato per mezzo dell’accordo quadro in questione, è possibile riconoscere legittimamente l’incentivo per funzioni tecniche svolte dal personale.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Le nuove regole assunzionali si applicano anche alle Unione dei comuni

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con la recente deliberazione n. 109 del 10.09.2020, ha stabilito che le nuove regole assunzionali, introdotte dall’art. 33, comma 2 del D.L. 34/2019 e s.m.i. e dal DPCM interministeriale (Funzione Pubblica, Economia e Finanze e Interno) del 17 marzo 2019, si applicano anche alle Unione dei comuni, pur non essendo queste menzionate nel citato DPCM. Per i giudici contabili, la nuova disciplina, introducendo una diversa modalità di computazione dello spazio assunzionale dell’ente sostituisce il regime vincolistico in materia di personale preesistente di cui all’art. 32, comma 5 del TUEL  (laddove è previsto che “Fermi restando i vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di personale, la spesa sostenuta per il personale dell’Unione non può comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale sostenute precedentemente dai singoli comuni partecipanti. A regime, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa e una rigorosa programmazione dei fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di spesa in materia di personale. I comuni possono cedere, anche parzialmente, le proprie capacità assunzionali all’unione di comuni di cui fanno parte”). È evidente quindi che, sotto questo profilo, la disciplina sia estendibile anche alle Unioni di comuni. A rafforzare il ragionamento sistematico della Corte è la disposizione contenuta nel comma 229 dell’art.1 della legge 208/2015, la quale stabiliva che “A decorrere dall’anno 2016, fermi restando i vincoli generali sulla spesa di personale, i comuni istituiti a decorrere dall’anno 2011 a seguito di fusione nonché le unioni di comuni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 100 per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente”. La norma nell’intento di incentivare forme associative tra comuni consentiva lo sblocco integrale del turn over per i comuni oggetto di fusione e per le unioni di comuni, anticipando una regola che, dal 2019, è stata generalizzata. Anche la suddetta disposizione, nel concedere un maggiore grado di libertà a Unioni (e fusioni) in tema di assunzioni, richiamava la normativa generale, ora innovata dalla nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 34/2019. La riprova della sussistenza dei vincoli di cui all’art. 32 del TUEL si evince indirettamente, secondo i giudici, anche dalle disposizioni alla base del quesito (il richiamato comma 2 dell’art.33 del decreto-legge 34/2019, come modificato dal comma 853, art. 1 della legge 169/2019 e lo stesso DPCM di attuazione del 17 marzo 2020, comma 3 articolo 5). Si prevede infatti per “i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti che si collocano al disotto del valore soglia …, che fanno parte delle ‘unioni dei comuni’, … al solo fine di consentire l’assunzione di almeno una unità possono incrementare la spesa di personale a tempo indeterminato”, la possibilità di superare tali valori per un periodo transitorio (fino al 2024 per un importo prefissato e con l’obbligo di collocare l’unità di personale presso l’Unione). Trattasi di deroghe molto circoscritte e limitate nel tempo con l’obiettivo di realizzare una convergenza generalizzata su valori soglia del rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti per la generalità dei comuni.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

On line il sito “Anticipo TFS/TFR”

Pubblicato il sito web “Anticipo TFS/TFR” dedicato agli adempimenti previsti dall’Accordo quadro per il finanziamento dell’anticipo della liquidazione dell’indennità di fine servizio, sottoscritto dal Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro per la pubblica amministrazione e dall’Associazione Bancaria Italiana, approvato con DPCM del 19 agosto 2020.

Il sito è rivolto a:

  • ex pubblici dipendenti che hanno o hanno avuto accesso al trattamento pensionistico attraverso la maturazione dei seguenti requisiti: quota 100, pensione anticipata e pensione di vecchiaia,
  • enti pubblici responsabili per l’erogazione del TFS/TFR (INPS o altra pubblica amministrazione),
  • banche o intermediari finanziari che aderiscono all’Accordo quadro.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Servizi educativi e scolastici gestiti dai comuni, nuovo D.L. approvato in Consiglio dei ministri

Nella seduta del 10 settembre 2020, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte, del Ministro dell’interno Luciana Lamorgese e del Ministro dell’istruzione Lucia Azzolina, ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti per la pulizia e la disinfezione dei locali adibiti a seggio elettorale e per il regolare svolgimento dei servizi educativi e scolastici gestiti dai comuni.
In considerazione della situazione pandemica e del rischio di contagio da COVID-19 connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali, il testo istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’Interno un fondo con una dotazione di 39 milioni di euro per l’anno 2020, destinato a interventi di sanificazione dei locali sedi di seggio elettorale in occasione delle consultazioni elettorali e referendarie del mese di settembre 2020.
Inoltre, al fine di assicurare il regolare svolgimento dei servizi educativi e scolastici gestiti direttamente dai comuni, anche in forma associata, nonché l’attuazione delle misure finalizzate alla prevenzione e al contenimento dell’epidemia, si prevede che la maggiore spesa sostenuta dai comuni, rispetto a quella dell’anno 2019, per personale educativo, scolastico e ausiliario con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato non si computi nel calcolo dei limiti di spesa previsti per le forme di lavoro flessibile dall’articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010.
La norma, fortemente voluta dall’Anci, assicura la possibilità di assumere a tempo determinato personale educativo e ausiliario in deroga a un tetto di spesa anacronistico e soprattutto inadeguato a rispondere all’emergenza sanitaria che vede pressoché raddoppiati i numeri di educatrici di asili nido e maestre delle scuole materne. Il tetto, prima di questa deroga, risaliva infatti al 2010 e faceva rientrare anche il personale scolastico nella spesa per le assunzioni a tempo determinato, che non poteva essere superiore a quella sostenuta nel 2009.
“Con questo decreto, vengono accolte quasi tutte le richieste per le quali noi sindaci ci battevamo da mesi – conclude Decaro -. Riguardo alle assunzioni, prosegue il Presidente Anci, riteniamo che il tetto vada del tutto eliminato, a prescindere dalla situazione contingente. Abbiamo cambiato la regola per definirlo con una soglia che ora deriva dal rapporto tra entrate correnti e spesa del personale: che senso ha mantenere ancora un tetto? Per la scuola, invece, ribadiamo che attendiamo l’incremento delle risorse per Comuni, Città metropolitane e Province per l’affitto di immobili o spazi da destinare ad aule o per noleggiare o acquistare strutture modulari temporanee. Sono stati stanziati 70 milioni ma ne servono 300”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Esigenze finanziarie per avvio anno scolastico, in G.U. il nuovo D.L. n. 111/2020

È stato pubblicato in G.U. n. 223 dell’8 settembre 2020 il D.L. 8 settembre 2020, n. 111 recante “Disposizioni urgenti per far fronte a indifferibili esigenze finanziarie e di sostegno per l’avvio dell’anno scolastico, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Il provvedimento, costituito da sei articoli, autorizza 300 milioni di euro di spesa per le Regioni e le Province Autonome sul fronte del trasporto pubblico locale e 150 milioni per i Comuni e le Città metropolitane da destinare all’implementazione del servizio di scuolabus. Le Regioni e gli Enti locali potranno disporre delle somme già previste e attribuite dal DL Rilancio e dal DL Agosto anche per far fronte alle esigenze del trasporto pubblico locale e scolastico, somme queste che verranno poi reintegrate con la prossima legge di bilancio. Sarà una verifica a consuntivo a quantificare l’effettivo fabbisogno delle Regioni e degli enti locali che dovrà tener conto delle perdite dovute alla mancata bigliettazione e all’incremento dei costi sostenuti. Attualmente le risorse destinate alle regioni per il TPL, aggiuntive rispetto al fondo ordinario, sono pari a 500 milioni con il DL Rilancio e 400 con il Dl Agosto.
In particolare, ai sensi del comma 2 del decreto, i Comuni potranno utilizzare le risorse destinate al Fondo funzioni fondamentali, nel limite complessivo di 150 milioni di euro, per il finanziamento di servizi di trasporto scolastico aggiuntivi. A tal fine, ciascun ente potrà destinare nel 2020 risorse aggiuntive nel limite del 30% della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2019.
Al fine di facilitare le procedure per il reperimento di spazi per garantire il corretto e regolare avvio e regolare svolgimento dell’anno scolastico 2020-2021, l’art. 3 autorizza la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2020 e 6 milioni di euro per l’anno 2021, a favore degli enti locali, da destinare prioritariamente per affitti di spazi e relative spese di conduzione e adattamento alle esigenze didattiche e noleggio di strutture temporanee all’acquisizione in affitto o con le altre modalità previste dalla legislazione vigente, inclusi l’acquisto, il leasing o il noleggio di strutture temporanee. I criteri e le modalità delle risorse saranno definiti con apposito decreto del MEF. Vengono, inoltre, destinati ulteriori risorse, pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, per la realizzazione di interventi strutturali o di manutenzione straordinaria finalizzati all’adeguamento e all’adattamento a fini didattici degli ambienti e degli spazi, anche assunti in locazione.
Sono previste, altresì, misure a sostegno dei genitori lavoratori dipendenti, con figli conviventi minori di quattordici anni posti in quarantena obbligatoria a seguito di contatto verificatosi presso l’istituto scolastico. Secondo l’art. 5 del decreto, il genitore lavoratore dipendente potrà svolgere la propria prestazione di lavoro in modalità agile per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio, disposta dal Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente.
Nel caso in cui la prestazione lavorativa del genitore non possa essere svolta in modalità agile, in quanto incompatibile con tale modalità esecutiva e comunque in alternativa a tale misura, solo uno dei genitori potrà astenersi dal lavoro per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio avvalendosi di un congedo straordinario che garantisce un’indennità pari al 50% della retribuzione (coperta da contribuzione figurativa), calcolata secondo quanto previsto per la determinazione dell’indennità relativa al congedo di maternità, senza però considerare l’incidenza del rateo delle mensilità aggiuntive e altri premi o trattamenti accessori eventualmente erogati. I benefici in questione potranno essere riconosciuti soltanto per periodi compresi entro il 31 dicembre 2020.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Premio da 100 euro anche al dipendente comunale volontario della Protezione Civile

Il dipendente pubblico, che ha prestato lavoro quale volontario di Protezione Civile, potrà accedere all’incentivo economico previsto dall’articolo 63 del decreto Cura Italia per i giorni del mese di marzo 2020 nei quali ha effettuato le attività di Protezioni Civile, essendo tali giornate equiparabili a quelle che avrebbe trascorso, in qualità di dipendente, presso la propria sede di lavoro. È in sintesi la risposta dell’Agenzia delle entrate ad una istanza di interpello formulata da un dipendente comunale.
L’art. 63 del D.L. 18/2020, decreto Cura Italia, ha previsto l’erogazione di un bonus di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, con un reddito complessivo da lavoro dipendente dell’anno precedente di importo non superiore a 40.000 euro che, durante il periodo di emergenza sanitaria, abbiano prestato servizio nella sede di lavoro nel mese di marzo 2020, senza poter adottare, quale misura di prevenzione all’epidemia in atto, la modalità del telelavoro o del lavoro agile (c.d. “smart working”). Il bonus non concorre alla formazione della base imponibile ed è rapportato ai giorni di lavoro svolti nella propria sede, nel predetto mese.
L’Agenzia evidenzia che l’articolo 39 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (c.d. “Codice della Protezione Civile”) prevede, al comma 1, che ai volontari aderenti ai soggetti iscritti all’Elenco nazionale del volontariato di protezione civile (di cui fa parte la Croce Rossa Italiana), impiegati in attività di soccorso e di assistenza in vista o in occasione di eventi emergenziali, il datore di lavoro, pubblico o privato, è tenuto a garantire loro il mantenimento del posto di lavoro, il trattamento economico e previdenziale, nonché la copertura assicurativa. A sensi del successivo comma 4, il datore di lavoro ha la possibilità di richiedere il rimborso, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, dell’equivalente degli emolumenti versati al dipendente legittimamente impegnato come volontario. Tali rimborsi possono essere alternativamente riconosciuti con le modalità del credito d’imposta, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 38 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229. Pertanto, il lavoro prestato quale volontario della Protezione Civile, si configura come una “diversa” modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e, pertanto, il dipendente comunale che abbia svolto attività di volontariato non può considerarsi assente (circostanza ostativa al riconoscimento dell’incentivo economico), bensì tenuto ad una diversa modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, con conseguente riconoscimento dell’incentivo economico.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Lavoro agile a regime, in capo ai dirigenti l’organizzazione e l’individuazione delle attività da svolgere

“Sarà una fase ancora delicata, si dovrà continuare a convivere con questa emergenza sanitaria che però ha numeri diversi rispetto a quelli di marzo e aprile. Anche la riorganizzazione della Pa sarà differente”. Lo ha detto il Ministro per la Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone. “In quei momenti abbiamo conosciuto un lavoro agile che in realtà è stato da remoto – ha chiosato Dadone – Da qui in avanti lo vedremo meno massivo e con delle differenziazioni dovute al fatto che metteremo in capo ai dirigenti l’organizzazione e l’individuazione delle attività che si potranno svolgere in lavoro agile. Sarà comunque il vero lavoro agile che viene applicato anche agli altri Paesi europei”.
“Da qui in avanti – ha poi evidenziato il Ministro – si tratterà anche, con le risorse che arriveranno dal Recovery fund, di riorganizzare una parte dei lavoratori. Lo smart working a regime sarà qualcosa di diverso, sarà basato sui risultati e sarà un lavoro agile che non prevede per il lavoratore cinque giorni su cinque a casa. Piuttosto prevede una gestione di spazi comuni, magari anche la possibilità di uno o due giorni a settimana di lavoro non necessariamente tra le mura domestiche. Stiamo pensando – ha concluso – a luoghi condivisi come poli dell’innovazione “.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti, utilizzo graduatorie di altre amministrazioni

La Corte dei conti, Sez. Sardegna, con deliberazione n. 85/2020, in risposta ad una richiesta di parere sulle modalità di reclutamento del personale da parte dell’Ente e, in particolare, sulla sussistenza dell’“obbligo” o della “facoltà” dell’Amministrazione di procedere all’assunzione di nuovi dipendenti attraverso lo scorrimento di graduatorie ancora vigenti e sui limiti legislativi che contornano tale scelta, ha chiarito che rientra nell’esclusiva competenza dell’Amministrazione locale la scelta dell’individuazione della modalità di reclutamento alla quale fare ricorso (indizione di nuovo concorso o scorrimento di graduatoria vigente), che dovrà orientarsi nell’ambito della cornice normativa disegnata dal legislatore e dei circoscritti spazi discrezionali riservati all’esclusivo apprezzamento dell’Ente.
In tema di reclutamento del personale pubblico sono enucleabili due successive fasi:

  1. la prima si incentra sulla determinazione relativa all’an della copertura del posto vacante ed ha contenuto ampiamente discrezionale, essendo riconducibile a una scelta organizzativa di esclusiva pertinenza dell’Ente (da ponderare anche alla luce di eventuale vincoli assunzionali finalizzati al contenimento della spesa pubblica, considerato che il costo per personale costituisce un importante segmento di spesa di parte corrente capace di incidere pesantemente sull’equilibrio di bilancio dell’Ente);
  2. la seconda attiene al quomodo dell’assunzione (che, in linea di massima approssimazione, si snoda attraverso l’alternativo ricorso all’istituto della mobilità, all’utilizzo di graduatorie ancora vigenti o all’indizione di un concorso pubblico), laddove i margini di discrezionalità si assottigliano nei termini che di seguito si preciseranno.

Nell’ipotesi in cui il soggetto pubblico opti per lo scorrimento della graduatoria, lo stesso è tenuto non solo al rispetto del principio di equivalenza ma, ancor prima, è tenuto a riscontrare l’efficacia della graduatoria, muovendosi entro i binari tracciati dal legislatore che, ad oggi, sono quelli indicati dall’art. 1, comma 147 e seguenti, della L. n. 160/2020. Pertanto, la prima verifica che il precetto impone riguarda l’esistenza di eventuali leggi regionali che stabiliscono termini di vigenza inferiori rispetto a quelli definiti dalla normativa nazionale.
Esclusa l’esistenza di una disciplina derogatoria di portata regionale, della cui verifica è onerata l’Amministrazione interessata, dalla normativa nazionale risulta che:

  • a decorrere dal 1° gennaio 2020, sono prive di validità le graduatorie più risalenti nel tempo, ossia approvate fino all’anno 2010;
  • le graduatorie approvate nell’anno 2011 conserva(va)no validità fino al 30 marzo 2020 (a condizione che agli idonei fosse assicurata la frequentazione di corsi di formazione e aggiornamento e che fosse verificata, attraverso un colloquio, la perdurante idoneità dei candidati ad accedere a un posto pubblico);
  • le graduatorie approvate dall’anno 2012 all’anno 2017 conservano la loro efficacia fino al 30 settembre 2020.
  • le graduatorie approvate dal 2018 al 2019 sono utilizzabili entro i tre anni successivi all’approvazione.
  • le graduatorie approvate dall’anno 2020 saranno valide per un periodo di due anni dalla loro approvazione.

Il Collegio conclude nella direzione di ammettere l’utilizzo della graduatoria di altre Amministrazioni. Purtuttavia, a presidio dei valori di buon andamento e d’imparzialità della pubblica amministrazione – di diretta derivazione costituzionale – l’Ente sarà tenuto a predeterminare e a cristallizzare, preferibilmente nel proprio Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, le condizioni di utilizzo delle graduatorie, le relative modalità procedurali e i criteri per l’individuazione dei soggetti pubblici con i quali siglare l’accordo.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

PA, Corte conti: spesa personale inferiore al 2010, aumenta età media dipendenti

“Nell’anno 2018 il personale pubblico si è attestato sul livello di 3,2 mln di unità, in leggera flessione rispetto all’anno precedente (-0,6%). Nel confronto con il 2010, anno di avvio delle limitazioni alla facoltà di reclutamento da parte della PA, la flessione risulta molto più consistente, pari a 2,7 punti percentuali (circa 91mila unità in meno), attribuibile al trend del settore delle autonomie locali (-7,1%), solo marginalmente compensata dal lieve aumento dei dipendenti delle amministrazioni centrali (+0,7%)”.
E’ quanto emerge dalla “Relazione sul costo del lavoro pubblico 2020” approvata dalle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti con delibera n. 13/SSRRCO/RCL/20, che segnala anche la “diffusa contrazione del perimetro dei pubblici dipendenti” e il persistere del “progressivo incremento dell’età media dei dipendenti pubblici” , nel 2018 “oramai superiore a 50 anni (era di 43,5 anni nel 2001), da ricondurre agli effetti connessi alle politiche restrittive in materia di assunzioni”.
Per la magistratura contabile, inoltre, le politiche restrittive sulla spesa messe in atto negli anni della crisi, indispensabili per la tenuta complessiva dei conti pubblici, “hanno generato effetti indiretti sulla qualità complessiva delle risorse umane disponibili” e la prolungata assenza di turn-over ha “accentuato il gap conoscitivo e professionale tra le competenze teoriche, acquisite nell’iter formativo dalle nuove generazioni, cui per troppo tempo è stato precluso l’accesso al pubblico impiego, e quelle più “statiche” possedute dal personale in servizio, che continuano a caratterizzare, oltreché condizionare, la gran parte delle attività poste in essere dalle pubbliche amministrazioni”.
Sotto il profilo finanziario, il costo del lavoro dipendente, come definito dall’IGOP – Ispettorato Generale per gli ordinamenti del personale e l’analisi dei costi del lavoro pubblico, nel 2018 si è attestato su un valore complessivo pari a 165,9 miliardi in aumento del 3,7% rispetto al 2017, in linea con l’incremento a regime previsto per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2016-2018 (3,48%).
Pur a seguito di tale aumento, l’aggregato di spesa continua a mantenersi su un livello inferiore a quello del 2010 (-4,7 mld), con una contrazione del 2,8%, imputabile al blocco introdotto dal DL n. 78/2010 convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010. Se si estende l’analisi dei profili di onerosità agli anni 2020 e 2021, le previsioni (definite in contabilità nazionale) proiettano la spesa per redditi di personale, per la prima volta, al di sopra dei livelli del 2010.
La Relazione contiene anche utili comparazioni sull’andamento della spesa in ambito europeo, dalle quali emerge come, “a fronte di un dato medio europeo crescente tra il 2010 e il 2018, l’Italia, al pari di Grecia e Portogallo, si sia caratterizzata per una dinamica negativa, sulla quale ha inciso la costante contrazione della spesa pro capite per personale pubblico fino al 2015, solo parzialmente compensata dalla ripresa nel triennio 2016-2018. Le cause dell’andamento divergente della spesa pro capite per redditi pubblici italiana rispetto al benchmark europeo sono da ricercare non tanto nel livello relativo di tale spesa rispetto al PIL, mantenutosi sostanzialmente in linea con il dato europeo, quanto nella progressiva perdita relativa di ricchezza, rispetto al dato medio europeo”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Principio dell’anonimato nello svolgimento delle fasi di reclutamento del personale

Le pubbliche amministrazioni devono introdurre, nel proprio PTPCT, un’apposita regolamentazione dello svolgimento delle fasi delle procedure di reclutamento del personale, con particolare attenzione all’applicabilità della regola dell’anonimato alla correzione degli elaborati, avuto riguardo alle specifiche modalità della prova ed al margine di discrezionalità di cui la Commissione dispone. È quanto ha ribadito l’ANAC con la deliberazione n. 592 dell’8 luglio 2020, con la quale è stata avviata attività istruttoria a seguito di segnalazione relativa ad irregolarità verificatesi nel corso dello svolgimento della prova scritta della selezione pubblica per il reclutamento di 4 agenti di polizia municipale con contratto a tempo determinato. In particolare, i candidati, su richiesta della Commissione, avrebbero apposto il proprio nome e cognome sui fogli consegnati per lo svolgimento della prova, mettendo a conoscenza della propria identità i membri della Commissione all’atto della correzione. I consiglieri di minoranza dell’Ente segnalavano al Segretario generale (RPCT) la possibile illegittimità della procedura concorsuale, per mancato rispetto della regola dell’anonimato nella correzione delle prove. Il Segretario chiedeva, pertanto, chiarimenti sui fatti segnalati al Presidente della commissione con particolare riguardo alla mancata applicazione della regola dell’anonimato, il quale riscontrava la richiesta rilevando che l’apposizione, da parte dei candidati, del proprio nome e cognome sui fogli delle prove concorsuali non avrebbe inficiato la correzione poiché, trattandosi di domande a risposta multipla, la commissione non disponeva di alcun margine di discrezionalità valutativa.
L’Autorità, pur non ravvisando nella condotta tenuta dal RPCT, i presupposti per la configurazione di una responsabilità dirigenziale o disciplinare ai sensi dell’art. 1 comma 12 della legge n. 190/2012 (poiché l’area di rischio in cui si sono verificati I fatti denunciati è stata inserita nel PTPCT 2020 e presidiata con apposite misure di prevenzione, sulla cui attuazione il RPCT ha vigilato, riscontrando la segnalazione ricevuta ed attivando le opportune verifiche), ha tuttavia osservato che in conformità alle disposizioni recate dall’art. 1 co. 7, 9 lett. c) e 10 della l. 190/2012, come meglio specificate nella delibera n. 840 del 2 ottobre 2018, la questione avrebbe dovuto essere portata all’attenzione dell’organo di indirizzo politico (Sindaco, Giunta) e del Responsabile del Secondo Settore – Servizi finanziari e fiscali -, il quale è preposto alla gestione delle procedure di reclutamento del personale, come risulta dal PTPCT. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, la regola dell’anonimato degli elaborati delle prove scritte costituisce il diretto portato dei principi costituzionali di uguaglianza, buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni, garantendo la par condicio fra i candidati (Cons. St. Ad. Plen., 20.11.2013, n. 26). È fondamentale che i predetti soggetti si attivino, operando in sinergia fra di loro, al fine di predisporre misure di prevenzione della corruzione più stringenti di quelle attualmente in vigore, volte a regolamentare le fasi di svolgimento delle procedure selettive, con particolare attenzione all’assoluta necessità di mantenere l’anonimato degli elaborati concernenti le prove scritte, fino all’avvenuta correzione degli stessi, anche nella prospettiva di evitare che in futuro possano insorgere problematiche analoghe.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION