Attività extralavorative non autorizzate e ipotesi di danno erariale

Il mancato versamento delle somme dovute dal pubblico dipendente alla propria amministrazione, per l’esercizio di attività extraprofessionale remunerata senza l’autorizzazione prescritta dall’art.53, co.7, d.lgs. n. 165, dà luogo ad un’ipotesi autonoma di responsabilità amministrativa tipizzata, a carattere risarcitorio del danno cagionato all’ente di appartenenza. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Giurisdizionale Lombardia, con sentenza n. 142/2020.
La questione sottoposta al vaglio della Sezione concerne la violazione dell’art. 53, comma 7, del d.lgs. n.165 del 2001 a seguito dell’espletamento di attività extralavorative non autorizzate. La fattispecie attiene alla pretesa risarcitoria avanzata dalla Procura Regionale nei confronti di un dipendente pubblico, in conseguenza del mancato riversamento del compenso percepito per le prestazioni extraprofessionali, svolte senza autorizzazione prescritta, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza.
Nel merito, i giudici evidenziamo come il rapporto di lavoro con il datore pubblico sia storicamente caratterizzato, a differenza di quello privato, dal c.d. regime delle incompatibilità, in base al quale al dipendente pubblico è preclusa la possibilità di svolgere attività extralavorative. La ratio di tale divieto, che permane anche in un sistema “depubblicizzato” a rimarcare la peculiarità dell’impiego presso la p.a., va rinvenuta nel principio costituzionale di esclusività della prestazione lavorativa a favore del datore pubblico. Centri di interesse alternativi all’ufficio pubblico rivestito, implicanti un’attività caratterizzata, anche in via non continuativa, da intensità e professionalità, potrebbero turbare la regolarità del servizio o attenuare l’indipendenza del lavoratore pubblico e il prestigio della p.a.
Tuttavia, nell’impiego pubblico il divieto di espletare incarichi extraistituzionali non è sistematicamente assoluto. Difatti, il regime vigente, codificato dall’art. 53 del d.lgs. 30 marzo 2001 n.165, pur individuando, al primo comma, situazioni di incompatibilità assoluta (sancite dagli artt.60 e seguenti del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 per lo svolgimento di attività imprenditoriali, agricole, commerciali, libero-professionali, ed altri lavori pubblici o privati: su tale ipotesi da ultimo C. conti, sez. Siciliana, 24.7.2014 n.927), il cui espletamento porta alla decadenza dall’impiego previa diffida, prevede anche, al comma 7 del cennato art. 53, attività occasionali espletabili dal dipendente pubblico previa autorizzazione datoriale ed anche attività “liberalizzate”, ovvero liberamente esercitabili senza previa autorizzazione, in quanto espressive di basilari libertà costituzionali (art.53, co.6, d.lgs. n.165 cit.).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Divieto di conferimento incarichi professionali a soggetti collocati in quiescenza

La Corte dei conti, Sez. Sardegna, con deliberazione n. 90/2020, a seguito di richiesta di parere in merito al divieto di conferimento di incarichi di studio e consulenza a soggetti in quiescenza, ha ribadito che, ai sensi dell’art. 5, comma 9 del D.L. n. 95/2012 e smi, tutti coloro i quali abbiano svolto un’attività lavorativa, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato (quindi sia i lavoratori dipendenti privati che i lavoratori autonomi), qualora collocati in quiescenza, non possono essere destinatari degli incarichi di studio, di consulenza, dirigenziali, direttivi o di cariche in organi di governo da parte  delle amministrazioni, negli enti e nelle società interamente partecipate.
I giudici contabili, nel ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale, hanno ricordato che il raggio di operatività del divieto risiede nella scelta legislativa di conseguire un duplice obiettivo: favorire il ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e, più in generale, supportare l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani nonché conseguire risparmi di spesa, evitando di corrispondere la retribuzione a un soggetto che già gode del trattamento di quiescenza.
La disposizione di cui al comma 9 dell’art. 25, nella versione originaria, aveva una portata più circoscritta rispetto alla formulazione attualmente vigente. In particolare, sul piano soggettivo, la definizione dei soggetti sottoposti al divieto abbracciava unicamente i dipendenti pubblici in quiescenza che avessero svolto nell’ultimo anno di servizio attività analoghe a quelle oggetto di incarico e, sul piano oggettivo, la tipologia di attività vietata era limitata a quella di studio e di consulenza. Con la modifica introdotta dall’art. 6 del D.L. n. 90/2014 come modificato, in sede di conversione, dalla L. n. 114/2014, l’ambito del divieto de quo viene esteso arrivando ad abbracciare, sul fronte soggettivo, tutti i “soggetti già lavoratori privati (dipendenti o autonomi) o pubblici collocati in quiescenza” e giungendo a comprendere, sul fronte oggettivo, anche gli “incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo”. Inoltre, la latitudine applicativa della norma viene espansa con riferimento agli incarichi de quibus in “enti e società” controllati dalle amministrazioni di cui al primo periodo dell’articolo in commento, salvo le eccezioni ivi indicate. Il Collegio, inoltre, adendo alle conclusioni in tal senso raggiunte anche in seno ad altre Sezioni della Corte, reputa di non poter seguire la diversa opzione ermeneutica prospettata dal Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione – Dipartimento della funzione pubblica nelle circolari interpretative n. 6/2014 del 04.12.2014 e n. 4/2015 del 10.11.2015 (che, per inciso, non costituisco fonti del diritto) laddove si circoscrive l’ambito applicativo della norma in discorso a “qualsiasi lavoratore dipendente collocato in quiescenza” (circolare n. 6/2014) ed “esclusivamente i lavoratori dipendenti e non quelli autonomi” (circolare n. 4/2015).

 

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COVID-19: pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo DPCM

Con Decreto del Presidente della Repubblica del 13 ottobre 2020 sono state pubblicate “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 maggio 2020, n. 35, recante «Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19», e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19»”.
Il DPCM conferma le previsioni riguardanti l’incentivazione del lavoro agile nel settore pubblico e privato. Restano ferme, dunque, le precedenti disposizioni riguardanti il ricorso allo smart working. In particolare, nelle amministrazioni pubbliche è incentivato il lavoro agile con le modalità stabilite da uno o più decreti del Ministro della pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale del 50%, di cui all’art. 263, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34.
Confermate anche le previsioni in merito alla ripresa e allo svolgimento delle attività dei servizi educativi e dell’attività didattica nelle scuole di ogni ordine e grado, oltre che nelle Università.
Restano ferme pure le previsioni stabilite per lo svolgimento delle attività commerciali al dettaglio.
Si reintroducono, invece, restrizioni per le attività dei servizi di ristorazione, consentite sino alle ore 24.00 con consumo al tavolo e sino alle 21.00 in assenza di consumo al tavolo, nonché per le feste private conseguenti alle cerimonie civili o religiose, il cui numero di partecipanti viene limitato a 30 persone.

 

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Pagamento contributo stabilizzazione personale ex ETI

Con comunicato del 12 ottobre 2020, la Direzione centrale della Finanza locale comunica che con provvedimento dell’8 ottobre 2020, è stato disposto il pagamento a saldo del contributo assegnato nell’anno 2020 a favore delle province, delle città metropolitane, dei comuni, per il rimborso degli oneri relativi alla stabilizzazione, presso gli enti medesimi, del personale ex E.T.I. (Ente Tabacchi Italiani), ai sensi dell’articolo 9, comma 25, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122.
Come già evidenziato in occasione di precedenti comunicazioni, la Direzione ribadisce che costituisce uno specifico obbligo degli enti comunicare al Ministero dell’interno a mezzo PEC all’indirizzo finanzalocale.prot@pec.interno.it le intervenute interruzioni del rapporto di lavoro del personale ex E.T.I..

 

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Concorsi pubblici: il bando-tipo per Area III

Dopo il bando-tipo per Area II, è stato elaborato dal Dipartimento della Funzione pubblica il bando-tipo per il reclutamento che fa capo all’Area III (funzionariato).
Tra le novità del bando-tipo Area III la richiesta di competenze linguistiche di livello almeno B1 e i quiz situazionali, prove logico-deduttive e spazio alle soft e life skill, che potrebbero occupare il 15% del totale dei quesiti somministrati. Un focus importante calibrato in modo da far risaltare quelle competenze personali che, integrate a competenze specifiche, digitali e linguistiche, rafforzino le capacità per il ruolo che il candidato intende ricoprire.
Come nel bando-tipo per Area II, la presentazione della domanda di partecipazione al concorso avverrà tramite Spid, lo svolgimento delle prove in modalità decentrata e attraverso l’utilizzo di strumenti informatici.

Allegati:

 

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Formazione vice segretari comunali. Linee guida e decreto

In riferimento all’obbligo formativo per i vice segretari comunali previsto all’art. 16 ter, comma 9, terzo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, il Consiglio direttivo per l’Albo nazionale dei Segretari Comunali e Provinciali ha pubblicato le “Linee guida” sulle modalità di svolgimento e con decreto del Prefetto Responsabile dell’Albo, dott. Fabrizio Orano, prot. n.11674 del 5 ottobre us. è stato approvato l’impianto didattico e le modalità di accertamento ed attestazione circa l’assolvimento di tale obbligo.

 

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Limiti assunzionali, escluse le spese finanziate con risorse di terzi

Il comma 3-septies dell’art. 57, del D.L. n. 104/2020, in corso di conversione, come introdotto in sede referente dal Senato, dispone, a decorrere dal 2021, l’esclusione – ai fini del calcolo della capacità assunzionale di cui all’art. 33, comma 2 del D.L. n. 34/2019 – delle spese relative ad assunzioni fatte in data successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, finanziate con risorse provenienti da altri soggetti, nonché delle relative entrate poste a copertura.
Come noto, l’art. 33 del D.L. n. 34/2019 ha introdotto una modifica significativa della disciplina relativa alle facoltà assunzionali dei Comuni, prevedendo il superamento delle attuali regole fondate sul turn-over, basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa di personale. A decorrere dal 20 aprile 2020, i Comuni potranno effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di una spesa complessiva non superiore ad un valore soglia, stabilito con decreto interministeriale del 17/03/2020, definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità assestato in bilancio di previsione. Per gli enti territoriali meno virtuosi è previsto l’avvio di un percorso, che si conclude nel 2025, diretto a pervenire alla sostenibilità finanziaria di tale rapporto. Qualora tale obiettivo non sia raggiunto, le assunzioni di personale non potranno eccedere il 30 per cento di coloro che cessano dal servizio.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Proroga stato di emergenza e smart working

Il Consiglio dei Ministri ha prorogato al 31 gennaio 2021 lo stato d’emergenza per COVID-19. Con il D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, sono state disposte le principali proroghe consequenziali a quella dello stato di emergenza. Tra le misure prorogate c’è anche lo smart working semplificato.
Il lavoro agile costituisce, ai sensi dell’art. 87 del d.l. n. 18/2020 «Cura Italia», la modalità ordinaria dello svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni e continua a trovare applicazione la disposizione contenuta nel comma 1, lettera b) del citato articolo, che consente di applicare il lavoro agile in deroga agli obblighi informativi e all’accordo con il lavoratore previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81. Il quadro normativo del lavoro agile si completa poi con la previsione contenuta dall’art. 263 del Decreto Rilancio. Con la cessazione degli effetti – a far data 15 settembre – della disposizione prevista dall’articolo 87, comma 1, lettera a) del decreto «Cura Italia» (presenza del personale nei luoghi di lavoro limitata esclusivamente alle attività indifferibili e che richiedevano necessariamente tale presenza), il lavoro agile si applica, fino al 31 dicembre 2020, con le modalità semplificate previste dal comma 1 lettera b) dell’art. 87 del DL 18/2020, al 50% del personale impiegato in attività che possono essere svolte in tale modalità e a condizione che l’erogazione dei servizi avvenga con regolarità, continuità ed efficienza, nonché nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente.
La data del 31 dicembre 2020 viene quindi posticipata al 31 gennaio 2021, salvo che un nuovo dpcm non disponga diversamente. Ricordiamo inoltre che in sede di conversione dell’art. 263 del «Decreto Rilancio» è stato previsto l’obbligo, per le Pubbliche Amministrazioni, di redigere entro il 31 gennaio il Piano organizzativo del lavoro agile (POLA) per la disciplina a regime del lavoro agile – disciplina che ora può attendere un altro mese.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Spesa di personale, niente esclusione per coloro che rientrano nelle categorie protette

“La spesa per le assunzioni obbligatorie di lavoratori disabili entro la quota di riserva non è esclusa dal computo della spesa complessiva per tutto il personale dipendente, rilevante ai fini di quanto previsto per le assunzioni di personale a tempo indeterminato dall’articolo 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, fermo restando che all’interno della “spesa complessiva per tutto il personale dipendente” il comune dovrà rispettare la quota di riserva fissata dall’articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68”. È la risposta fornita della Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 134/2020, ad una richiesta di parere di un Comune in merito al rapporto tra la disciplina delle assunzioni obbligatorie previste dalla legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme sul diritto al lavoro dei disabili) e le nuove disposizioni in materia di assunzione del personale dei comuni in base alla sostenibilità finanziaria, introdotte dall’articolo 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58. In particolare, il Comune istante ha chiesto di conoscere se le assunzioni delle categorie protette, nel limite della quota d’obbligo, sono da ritenersi escluse anche dal budget assunzionale 2020 così come determinato a seguito dell’applicazione delle novità legislative in essere da aprile 2020.
La Sezione evidenzia come nel rigido quadro normativo, imperniato sulla spesa per il personale quale grandezza autoreferenziale di cui contenere la dinamica, siano state di volta in volta individuate specifiche esclusioni per soddisfare esigenze contrastanti con la restrittiva disciplina delle assunzioni a tempo indeterminato dei comuni: tra queste, la spesa per le assunzioni obbligatorie di lavoratori disabili entro la quota di riserva. La nuova disciplina relativa alle facoltà assunzionali, improntata alla sostenibilità finanziaria della spesa per il personale dei comuni, non pare lasciare spazio a eccezioni non espressamente enunciate come quella puntualmente prevista dallo stesso comma 2 dell’articolo 33 per i comuni con popolazione fino a 5000 abitanti che fanno parte di unioni di comuni. La discontinuità della nuova disciplina rispetto ai precedenti vincoli di spesa e il tenore letterale della norma oggetto del quesito, che offre una definizione onnicomprensiva della spesa per il personale, portano la Sezione a concludere che la spesa per le assunzioni obbligatorie di lavoratori disabili entro la quota di riserva non è esclusa dal “budget” assunzionale 2020 così come determinato a seguito dell’applicazione delle novità legislative in essere da aprile 2020.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Congedo Covid-19, Le istruzioni INPS per i lavoratori dipendenti con figli in quarantena

L’Inps, con la Circolare n. 116 del 02/10/2020, fornisce le istruzioni amministrative sul congedo Covid-19 per i lavoratori dipendenti in caso di quarantena dei figli impegnati a scuola. L’articolo 5 del decreto-legge 8 settembre 2020, n.111 ha introdotto, a favore dei genitori lavoratori dipendenti, un congedo indennizzato (c.d. congedo COVID-19 per quarantena scolastica dei figli) da utilizzare per astenersi dal lavoro, in tutto o in parte, in corrispondenza del periodo di quarantena del figlio convivente e minore di anni quattordici, disposta dal Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico. Il congedo di cui trattasi può essere fruito nei casi in cui i genitori non possano svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile e comunque in alternativa a tale tipologia di svolgimento dell’attività lavorativa. Il menzionato congedo può essere fruito da uno solo dei genitori conviventi con il figlio oppure da entrambi, ma non negli stessi giorni, per periodi di quarantena scolastica dei figli ricompresi tra il 9 settembre 2020 (data di entrata in vigore del citato decreto-legge) e il 31 dicembre 2020.
La domanda deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei seguenti canali:
– tramite il portale web, se si è in possesso del codice PIN rilasciato dall’Istituto (oppure di SPID, CIE, CNS), utilizzando gli appositi servizi raggiungibili direttamente dalla home page del sito www.inps.it (si ricorda, che a decorrere dal 1° ottobre 2020 l’Istituto non rilascia più nuovi PIN);
– tramite il Contact center integrato, chiamando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori);
– tramite i Patronati, utilizzando i servizi offerti gratuitamente dagli stessi.
La domanda può anche avere ad oggetto periodi di fruizione del congedo antecedenti la data di presentazione della domanda stessa, purché ricadenti nel periodo tra il 9 settembre ed il 31 dicembre 2020.
Nella domanda devono essere indicati gli elementi identificativi del provvedimento di quarantena disposto dal Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente (numero del documento, data di emissione del documento, ASL emittente, etc.). Qualora il richiedente non sia ancora in possesso del provvedimento, si dovrà impegnare a fornire, entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, gli elementi identificativi del provvedimento stesso, a pena di reiezione della domanda.
Il congedo è riconosciuto nel limite di spesa di 50 milioni di euro annui per l’anno 2020 (art. 5, comma 6, del D.L. n. 111/2020), per le spese afferenti al lavoro dipendente del settore privato. In conformità al citato comma 6 dell’articolo 5 del D.L. n. 111/2020, l’Istituto provvede al monitoraggio della spesa, dandone comunicazione al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’Economia e delle finanze. In caso di superamento, in via prospettica, del limite di spesa indicato, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
Ai sensi di quanto disposto dall’ultimo comma dell’articolo 5 del D.L. n. 111/2020, le Amministrazioni pubbliche provvedono alle attività di cui al menzionato articolo 5 con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Pertanto, in merito alle modalità di fruizione del congedo COVID-19 per quarantena scolastica dei figli per i lavoratori del settore pubblico, nonché alle relative indennità, si precisa che le stesse sono a cura dell’Amministrazione pubblica con la quale intercorre il rapporto di lavoro. Di conseguenza, tale categoria di lavoratori non deve presentare la domanda di congedo COVID-19 per quarantena scolastica dei figli all’Inps, ma direttamente alla propria Amministrazione pubblica datrice di lavoro, secondo le indicazioni dalla stessa fornite.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION