Non si applicano alle Unioni le nuove regole assunzionali di personale per i Comuni

L’art. 33, co. 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge 27 dicembre 2019, n. 162 e ss.mm. e ii. e il decreto interministeriale del 17 marzo 2020, i quali fissano la disciplina per le assunzioni di personale a tempo indeterminato per i Comuni, non si applicano alle Unioni di Comuni. Le facoltà di assunzione delle Unioni dei comuni sono tuttora disciplinate dall’art. 1, comma 229, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 che costituisce norma speciale, consentendo il reclutamento di personale con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato nei limiti del 100% della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente. I vincoli applicabili alla spesa per il personale delle Unioni di Comuni restano quelli stabiliti dalle norme richiamate nei principi affermati nelle deliberazioni n. 8/2011/SEZAUT/QMIG e n. 20/2018/SEZAUT/QMIG”. Sono i principi di diritto enunciati dalla Corte dei conti, Sezione Autonomie, con deliberazione n. 4/SEZAUT/2021/QMIG, risolvendo una questione di massima in merito alle modalità di calcolo dello spazio assunzionale delle Unioni di Comuni, ai sensi dell’art. 33, co. 2, del d.l. n. 34/2019, disattendendo la lettura “espansiva” della norma, effettuata dalla Sezione regionale per la Lombardia con deliberazione n. 109/2020, la quale ha operato un’estensione applicativa dell’art. 33 del d.l. n. 34/2019 che si discosta dal tenore letterale delle norme di riferimento.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Progressioni verticali, i chiarimenti della Corte dei conti

La Corte dei conti, Sez. Toscana, con deliberazione n. 34/2021, fornisce una corretta interpretazione della disciplina delle progressioni verticali recata dall’art. 22, comma 15, D. Lgs. n. 75/2017 (come modificato dall’art. 1, comma 1-ter, D.L. n. 162/2019, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 8/2020). L’art. 22, comma 15, come noto, riconosce alle amministrazioni pubbliche la facoltà di derogare alla disciplina generale delle progressioni verticali laddove prevede il passaggio di area non ricorrendo al concorso pubblico bensì ad una procedura selettiva riservata al personale di ruolo. Considerata la natura eccezionale della procedura disciplinata dall’art. 22, comma 15 citato, il legislatore ha predisposto limiti rigorosi per la sua applicazione, in particolare limitandone l’operatività temporale (triennio 2020/2022) e fissando un tetto ai posti disponibili pari al trenta per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria (anteriormente al D.L. 162/2019, analoga disciplina faceva riferimento al triennio 2018/2020 e prevedeva un limite del 20%). Pertanto, per la corretta applicazione della norma:

  • riveste carattere essenziale il piano triennale di fabbisogno del personale (PTFP), che costituisce lo strumento programmatorio fondamentale per le politiche assunzionali;
  • il limite del 30% da osservare deve intendersi riferito al solo numero di posti previsti per i concorsi di pari categoria, e non al numero assoluto dei posti previsti per qualsiasi categoria o area, condividendo l’ampia giurisprudenza contabile formatasi sul punto e dalla quale questa Sezione non intende discostarsi (Sez. reg. contr. Campania, n. 103/2019/PAR, Sez. reg. contr. Puglia, n. 71/2019/PAR, Sez. reg. contr. Basilicata n. 38/2020/PAR);
  • tra le assunzioni rilevanti al fine di determinare la quota destinata alle progressioni verticali, nel limite del 30%, devono essere ricomprese anche le assunzioni per mobilità, in quanto la norma si riferisce alle assunzioni, senza ulteriori specificazioni o esclusioni. Il numero di posti per le procedure selettive riservate non può superare il 30 per cento “di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. Il nuovo sistema di computo degli spazi per le assunzioni (abbandonando il sistema impostato su tetti al turnover) non ha più bisogno di ricorrere al concetto di “mobilità neutrale”, ed alla necessità di coprire le mobilità in uscita con mobilità in entrata. Il DL. n. 34/2019 consente ora alle amministrazioni di effettuare tutte le assunzioni a tempo indeterminato entro il volume di spesa di personale attivabile in base al rapporto che essa avrà con la media delle entrate correnti dell’ultimo triennio, al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità. Pertanto, tutti i dipendenti in qualsiasi modo assunti (per concorso pubblico, per mobilità, per scorrimento di graduatoria) contribuiscono, con la loro spesa imputata al bilancio dell’ente, a determinare il volume della spesa del personale rilevante al fine di determinare i limiti assunzionali in rapporto con le entrate correnti.

Sempre in tema di progressioni verticali, con deliberazione n. 35/2021, la Corte dei conti, Sez. Toscana, ha altresì chiarito che il tetto del 30% va considerato come limite massimo e invalicabile non suscettibile di arrotondamenti. La base di calcolo da prendere in considerazione per definire tale percentuale è quella delle assunzioni programmate, categoria per categoria o area per area, nel triennio 2020-2022 nell’ambito del PTFP. Tale soluzione appare obbligata considerando il carattere eccezionale e derogatorio della norma in esame rispetto alla procedura ordinaria prevista dall’art. 52 del D.lgs. 165/2001.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Welfare integrativo, i chiarimenti della RGS

Come noto, il comma 870 dell’art. 1 della legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021) dispone che le risorse destinate a remunerare le prestazioni di lavoro straordinario del personale civile delle PA, non utilizzate nel corso del 2020, nonché i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel medesimo esercizio, possono essere destinate a remunerare, nell’esercizio 2021, i trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro, ovvero gli istituti del welfare integrativo, in deroga a quanto disposto dall’art. 23, c. 2, del D.Lgs. n. 75/2017. Tale ultima disposizione prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle predette amministrazioni non possa superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016. Spetta all’Organo di revisione la certificazione delle risorse non utilizzate nell’esercizio 2020.
Sul punto, la Ragioneria generale dello Stato, con la Circolare n. 11 del 9 aprile 2021, ha fornito, tra l’altro, le seguenti istruzioni operative per gli enti e organismi pubblici, rientranti nell’ambito applicativo dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che intendono avvalersi della facoltà di cui al suddetto comma 870. In particolare:

  1. i risparmi derivanti dalle risorse destinate a remunerare le prestazioni di lavoro straordinario del personale, nel rispetto dell’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, non utilizzate nel corso del 2020, sono determinati in misura pari alla differenza tra le risorse risultanti dallo stanziamento definitivo del bilancio di previsione 2020 (comprensivo di tutte le variazioni di bilancio) ovvero del budget 2020 (comprensivo delle rimodulazioni) e la spesa sostenuta per le prestazioni effettivamente rese per il predetto istituto di competenza anno 2020;
  2. i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel 2020 sono determinati in misura pari alla differenza tra le risorse risultanti dallo stanziamento definitivo del bilancio di previsione 2020 (comprensivo di tutte le variazioni di bilancio) ovvero del budget 2020 (comprensivo delle rimodulazioni) e la spesa sostenuta per i buoni pasto attribuiti al personale – dirigenziale e non – nell’anno 2020;
  3. per ciascuna delle predette tipologie di risparmio, che costituiscono risorse aggiuntive “una tantum”, va predisposto un apposito prospetto analitico da far pervenire al competente organo di controllo – collegio dei revisori dei conti o collegio sindacale – per la certificazione di competenza;
  4. una volta acquisita la certificazione del competente organo di controllo, i predetti risparmi sono destinati, in deroga all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, ai corrispondenti Fondi per il trattamento accessorio di competenza del solo anno 2021 per il finanziamento dei trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro ovvero agli istituti del welfare integrativo, secondo criteri da definirsi in sede di contrattazione integrativa nel rispetto delle indicazioni del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro.

 

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Limite trattamento accessorio in caso di istituzione di posizioni dirigenziali

Nel caso di istituzione per la prima volta delle posizioni dirigenziali nei ruoli dell’Amministrazione, ai fini della determinazione del limite ex art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017, in assenza di valori 2016 cui fare riferimento, è possibile per l’Ente utilizzare, per la quantificazione delle risorse economiche da appostare sul fondo, il valore del fondo di altre amministrazioni similari, per numero di abitanti e numero di dipendenti, individuando la relativa copertura nell’ambito delle capacità del bilancio, nel rispetto dei limiti finanziari previsti dalle vigenti disposizioni di legge. È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Sardegna, con deliberazione n. 27/2021, nel fornisce riscontro ad una richiesta di parere di un ente che intende istituire la dirigenza e chiede di conoscere il parametro di riferimento a cui l’amministrazione dovrebbe attenersi per la quantificazione delle risorse del fondo da destinare al trattamento accessorio. La Sezione ricorda che tale criterio di pone in linea con quanto stabilito dalla Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 17/2019, secondo la quale gli enti locali possono procedere in autonomia alla programmazione delle risorse da destinare al potenziamento del personale, nei limiti delle risorse disponibili; altrettanto possono fare per determinare la misura del salario accessorio, purché siano tenuti in considerazione i limiti di legge. Quindi, in assenza di un parametro storico cui fare riferimento, l’Amministrazione può individuare un parametro alternativo, purché congruamente motivato ed ispirato alla ratio legis in applicazione.
La maggiore spesa non costituisce una violazione ai limiti complessivi del personale fissati dall’art. 1 commi 557 e 557 quater della L. n. 296/2006, considerato che si tratta di posizioni istituite per la prima volta nei ruoli dell’Amministrazione. In ordine alla previsione dell’art. 33, comma 2 del D.L. 34/2019, ultimo periodo, secondo la quale “il limite del trattamento accessorio del personale di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, è 4 adeguato, in aumento o diminuzione, per garantire l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018”, la Sezione ribadisce che il tetto del salario accessorio deve essere considerato come complessivo: esso cioè non ha effetti distinti sui singoli fondi per la contrattazione decentrata ma sul complesso delle risorse destinate a tale scopo e quindi sia sul fondo per la contrattazione decentrata del personale che sul fondo per il trattamento accessorio dei dirigenti.

 

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Esclusi dalla procedura di stabilizzazione i rapporti instaurati ai sensi dell’art 110 del TUEL

Dalla procedura di stabilizzazione ex art. 20, d.lgs. 75/2017, devono ritenersi esclusi i rapporti finalizzati alla copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici (con qualifiche dirigenziali o meno o di alta specializzazione) instaurati ex art. 110 del Tuel e tanto in ragione delle caratteristiche proprie di tale tipologia di contratto, trattandosi di rapporti instaurati fiduciariamente, per loro natura temporanei e legati alla durata del mandato politico. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Puglia, con deliberazione n. 51/2021. L’art. 20 del D.lgs. n. 75/2017 prevede, ai primi due commi, un ventaglio di strumenti e soluzioni finalizzate a superare il fenomeno del precariato all’interno della pubblica amministrazione. Si prevedono, in particolare, modalità di reclutamento speciali, consistenti in assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale occupato a tempo determinato presso l’amministrazione e in possesso di determinati requisiti previsti dal comma 1 (l’essere in servizio presso l’amministrazione che procede all’assunzione successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015; l’essere stato reclutato con procedure concorsuali anche espletate presso pubbliche amministrazioni diverse da quella che procede all’assunzione; l’aver maturato alle dipendenze della pubblica amministrazione che procede all’assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni), ovvero, in alternativa, in procedure concorsuali riservate a titolari di rapporti di lavoro flessibile che abbiano maturato almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l’amministrazione che bandisce il concorso (comma 2). I commi successivi del medesimo art. 20 prevedono anche una serie di limiti e divieti per gli enti che non abbiano rispettato, per l’interno quinquenni 2012-2016, i vincoli di finanza pubblica. Con riferimento al caso di specie, la Sezione ricorda che il comma 7 dell’art. 20 esclude espressamente dal novero dei contratti di lavoro flessibile interessati dalla procedura di stabilizzazione quelli riferiti agli artt. 90 e 110 del TUEL. Sul punto si era già espresso il Dipartimento della Funzione pubblica, con risoluzione n. 14/2007, osservando che il contratto ex art. 110 Tuel «risulta escluso dal processo di stabilizzazione, essendo legato da un particolare rapporto di tipo fiduciario con l’organo di vertice che ha assegnato l’incarico. Lo stesso contratto, infatti, è caratterizzato, per sua stessa natura, dalla temporaneità e, dunque, l’incarico correlato è destinato ad esaurirsi con la scadenza del mandato politico». L’ambito soggettivo di applicazione della disposizione su richiamata, in coerenza con la ratio alla stessa sottesa, resta, quindi, circoscritto ai dipendenti pubblici assunti a tempo determinato e ai lavoratori flessibili (ivi compresi i collaboratori coordinati e continuativi) interessati dal fenomeno del precariato (in quanto rapporti di lavoro continuamente reiterati per fare fronte ad esigenze permanenti dell’amministrazione).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Maggiorazione retribuzione di posizione segretari in convenzione

Il riconoscimento della maggiorazione della retribuzione di posizione ex art. 41, comma 4 del CCNL del 16.5.2001 presso un ente della convenzione non comporta che il maggiore onere debba essere ripartito, automaticamente, anche con l’altro o gli altri enti convenzionati. È quanto chiarito dall’ARAN, con l’orientamento applicativo AFL8.
Nello specifico un Comune ha sottoscritto una convenzione per la sede di segreteria con altri Comuni e la Provincia presso la quale il Segretario presta servizio in modo largamente preminente; l’Ente chiede di sapere se l’onere corrispondente alla maggiorazione della retribuzione di posizione, che la Provincia riconosce al Segretario, debba essere sostenuto solo dall’ente concedente atteso che gli altri enti non potrebbero sostenerne la quota parte.
Al riguardo, l’Agenzia ritiene che un utile punto di riferimento possano essere alcune indicazioni ricavabili della delibera della Corte dei Conti – Sezione del controllo per la Regione Sardegna – n.30/2010/PAR., indicazioni che sono già state poste a fondamento di orientamenti applicativi anche sulla questione analoga concernente il riparto degli oneri conseguenti al riconoscimento al segretario, da parte di uno degli enti della convenzione, dell’emolumento di cui all’art. 41, comma 5, del CCNL 16.05.2001.
In particolare, acquistano specifico rilievo i seguenti passaggi della richiamata delibera della Corte dei Conti – Sezione del controllo per la Regione Sardegna:
“ …con riferimento agli altri Comuni aderenti alla convenzione ma rimasti estranei alla concessione degli aumenti in oggetto, si può osservare che:
– gli aumenti della retribuzione di posizione di cui all’art. 41 commi IV e V del citato C.C.N.L. possono essere concessi solo nei limiti delle risorse disponibili e nel rispetto della capacità di spesa del singolo Comune concedente. Nei confronti degli altri Comuni aderenti, qualora i predetti aumenti fossero ripartiti anche fra loro, potrebbe non ricorrere il rispetto dei predetti limiti;
– gli incrementi di cui al citato comma V presuppongono, inoltre, che all’interno dello stesso ente presti servizio un dirigente o altro personale che goda di una retribuzione di posizione più elevata di quella fino a quel momento fruita dal segretario comunale. Negli altri Comuni aderenti potrebbe non ricorrere questa ipotesi;
– gli incrementi in esame non possono comportare da parte del Comune concedente la violazione dei vincoli in materia di contenimento delle spese per il personale. La verifica del rispetto dei predetti limiti potrebbe portare ad esiti differenti se condotta nei confronti degli altri Comuni aderenti.
In conclusione, in mancanza di un puntuale riferimento all’interno della convenzione, qualora uno dei Comuni aderenti conceda autonomamente al segretario comunale in convenzione gli incrementi della retribuzione in questione, gli stessi non possono che gravare esclusivamente sul medesimo Comune concedente in proporzione alle ore di servizio effettivamente prestate presso lo stesso.”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti, liquidazione incentivi solo se previsti nei quadri economici dei singoli appalti

Ai fini dell’assunzione dell’impegno di spesa e della conseguente liquidazione degli incentivi richiesti è necessario che:
1) l’ente si sia dotato di un apposito regolamento interno in quanto esso costituisce condizione essenziale ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate sul fondo, essendovi indicate nel dettaglio le condizioni alle quali gli incentivi possono essere erogati in relazione alle funzioni espletate, fermo restando, ai fini dell’erogazione dell’incentivo, il completamento dell’opera o l’esecuzione della fornitura o del servizio che costituiscono oggetto dell’appalto, nel rispetto dei tempi e dei costi prestabiliti;
2) le risorse finanziarie del fondo costituito ai sensi dell’art. 113, comma 2, siano ripartite, per ciascuna opera, lavoro, servizio e fornitura, con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione integrativa decentrata;
3) l’impegno di spesa sia assunto a valere sulle risorse già accantonate nel quadro economico dell’appalto attraverso la costituzione del fondo nei limiti delle percentuali indicate dal legislatore e degli stanziamenti previsti per la realizzazione del singolo lavoro (o fornitura/servizio) negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti;
4) la liquidazione dell’incentivo sia preceduta dall’accertamento delle specifiche attività svolte dal dipendente a cura del dirigente o del responsabile del servizio, anche attraverso l’acquisizione di una relazione redatta dal dipendente che non è, tuttavia, da sola sufficiente a garantire il corretto accertamento propedeutico all’erogazione.
È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Toscana, con deliberazione n. 43/2021, nel dare riscontro ad una richiesta di parere concernente la possibilità, o meno, di liquidare gli incentivi in assenza di: a) apposito quadro economico predisposto dal RUP, approvato dal Responsabile del Servizio e sottoposto alla Giunta Comunale; b) di apposito accantonamento; c) di una definizione delle quote percentuali da riconoscere ai soggetti coinvolti, d) nonché di una relazione sulle attività svolte da ogni singolo soggetto interessato dalla procedura di che trattasi.
La Sezione, dopo la ricostruzione del quadro normativo di riferimento ha osservato che l’approvazione del regolamento comunale non è determinante ai fini della costituzione del fondo, essendo l’ente autorizzato direttamente dalla legge a procedere all’accantonamento nei limiti massimi previsti (2%), ma è condizione necessaria per la ripartizione del fondo tra gli aventi diritto. Il regolamento dell’ente locale costituisce un elemento atto ad integrare la “fattispecie complessa” che conduce alla liquidazione del compenso incentivante. Ai regolamenti dell’amministrazione è demandata dalla legge l’individuazione delle tipologie dei dipendenti beneficiari degli incentivi, nonché l’indicazione dell’ammontare delle percentuali da corrispondere a ciascuna figura professionale interna. L’emanazione dell’atto regolamentare è, quindi, funzionale all’assunzione degli impegni di spesa e all’effettuazione dei pagamenti. Resta inteso che è preclusa per l’ente la possibilità di liquidare gli incentivi non previsti nei quadri economici dei singoli appalti.
Con specifico riferimento all’aspetto contabile, la Sezione evidenzia come sia rilevante ai fini dell’assunzione dell’impegno, il momento di effettivo svolgimento dell’attività. A questo riguardo, considerato che le spese in questione afferiscono ad un appalto, la tempistica per l’adozione dei relativi impegni di spesa non può che seguire lo sviluppo del servizio oggetto dell’affidamento nel cui ambito viene svolta l’attività per la quale è riconosciuto l’incentivo. La scadenza di ogni obbligazione, pertanto, andrà individuata nel momento in cui, secondo lo sviluppo temporale dell’appalto, si prevede che la singola attività sarà conclusa, con conseguente diritto del dipendente di esigere il pagamento dell’incentivo a fronte della prestazione eseguita. Il momento dell’impegno va tenuto distinto da quello della liquidazione, la quale comporta la verifica da parte dell’amministrazione del corretto svolgimento dell’attività incentivata, con la possibilità, quando ne ricorrano i casi, di eventuali riduzioni o addirittura di esclusioni del compenso, secondo le previsioni del regolamento approvato dall’ente. Quindi, in presenza di accantonamenti già effettuati dall’ente nelle more dell’approvazione del regolamento, l’impegno di spesa dovrà essere assunto, a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento, anche per attività svolte in precedenza, con l’unico limite di quelle relative ad appalti che si siano già conclusi prima dell’adozione del regolamento stesso.

 

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ARAN, precisazioni sulla trattativa per l’adesione al fondo pensione Perseo Sirio

In merito alla trattativa sindacale in corso per introdurre la formula del “silenzio-assenso” tra le modalità di adesione al Fondo Perse-Sirio, l’ARAN con apposita nota chiarisce che la proposta è assolutamente trasparente e prevede che il lavoratore, al momento dell’assunzione, riceve una dettagliata informativa dalla propria amministrazione sull’esistenza del Fondo, sulla possibilità di iscriversi e sul silenzio-assenso. Nei sei mesi successivi, il lavoratore può iscriversi espressamente o dichiarare che non vuole iscriversi (in tale ultimo caso, come è ovvio, non scatta alcun silenzio-assenso). Se non fa né l’una, né l’altra cosa allo scadere dei sei mesi egli è iscritto. A questo punto, riceve una seconda informativa da parte del Fondo, che dovrà informarlo dell’avvenuta iscrizione e ricordargli che, entro un mese, potrà esercitare il diritto di recesso. Solo dopo che è trascorso questo ulteriore periodo, senza che sia stata manifestata alcuna volontà, l’iscrizione si perfeziona.
L’adesione tacita alla previdenza complementare non è una stranezza che si sta cercando di introdurre, di soppiatto, nel pubblico per fare un favore ad alcuni sindacati (come commentato nell’articolo), ma una modalità di adesione che già esiste da molti anni nel “privato” (l’adesione tacita nel privato è prevista in Italia dal d. lgs. n. 252/2005) e in molti altri Paesi europei (sia nel pubblico che nel privato). Ad esempio, nel Regno Unito, l’iscrizione automatica si verifica subito dopo l’assunzione; in Francia, l’adesione alla previdenza complementare è obbligatoria per tutti i dipendenti pubblici.
Non è strano che la legislazione italiana e quella di altri Paesi prevedano forme di adesione di questo tipo, poiché vi è un interesse pubblico allo sviluppo della previdenza complementare, soprattutto di fonte negoziale (il cosiddetto “secondo pilastro”). Aderire alla previdenza complementare permette, infatti, ai lavoratori di aggiungere una pensione che si somma a quella corrisposta dalla previdenza obbligatoria. Questa pensione integrativa è, inoltre, pagata in parte con contributi versati dal datore di lavoro (il contributo dei datori pubblici è pari all’1% della retribuzione). Con l’adesione alla previdenza complementare, i lavoratori potranno, quindi, avere una pensione complessiva non troppo distante dall’ultima retribuzione.
L’Agenzia ricorda infine che l’accordo in discussione non riguarda tutti i lavoratori, ma solo quelli assunti dopo il 1° gennaio 2019. Si rivolge, dunque, espressamente, ai giovani, cioè la fascia meno tutelata dalla pensione obbligatoria.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

I periodi di congedo straordinario Covid non sono computabili ai fini della maturazione di ferie e tredicesima mensilità

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con il parere 30 marzo 221, n. prot. 20896, fornisce chiarimenti in merito alla portata applicativa della normativa sui congedi straordinari previsti dall’articolo 25 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per consentire la cura e/o tutela dei figli a seguito dell’emergenza sanitaria dovuta al COVID19, con particolare riferimento alla eventuale maturazione delle ferie durante il periodo di assenza dei dipendenti che utilizzino tale congedo.
Secondo il Dipartimento tale congedo straordinario, retribuito ai sensi dell’articolo del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e recentemente riproposto anche dall’art. 2 del decreto legge 13 marzo 2021, n. 30, rappresenta un beneficio di natura eccezionale ed aggiuntivo rispetto al congedo parentale tipizzato dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. E’, tuttavia, possibile, per i genitori che fruiscano del periodo di congedo parentale ex artt. 32 e 33 del citato decreto legislativo n. 151/2001, chiederne la conversione nel congedo straordinario di che trattasi, con relativo diritto alla percezione dell’indennità spettante nella misura del 50% della retribuzione. Dal quadro regolatorio sopra esposto, si desume che il congedo straordinario in argomento – anche in ragione della sua prevista convertibilità nel congedo parentale retribuito al 30% – può ritenersi giuridicamente assimilabile a quest’ultimo, dovendosi, quindi, richiamare, anche in questo caso, la disciplina prevista dall’articolo 34, comma 5, del decreto legislativo n. 151/2001 che, in relazione ai periodi di congedo parentale, esclude, in particolare, gli effetti relativi alle ferie ed alla tredicesima mensilità. Pertanto, ne consegue che i periodi di congedo straordinario Covid non sono computabili ai fini della maturazione di ferie e tredicesima mensilità.

 

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RGS, Relazione allegata al Conto Annuale (anno 2020) e Monitoraggio anno 2021

Con la Circolare n. 10 del 7/4/2021 la RGS fornisce le istruzioni necessarie all’acquisizione dei dati della Relazione allegata al conto annuale per l’anno 2020 e di quelli del Monitoraggio 2021. L’invio dei dati relativi all’anno 2020 avverrà con le stesse modalità e contenuti rispetto alla rilevazione relativa all’anno precedente. Sono tenuti all’invio della relazione allegata i Comuni, le Unioni di comuni, le Province, le Città metropolitane, i Ministeri, le Agenzie fiscali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, le Aziende del Servizio Sanitario Nazionale (ASL e Aziende Ospedaliere. Le Aziende del Servizio Sanitario Nazionale (ASL e Aziende Ospedaliere) inviano i dati direttamente in SICO che provvede ad inviarli al Sistema Informativo del Ministero della Salute (NSIS). I termini di invio dei dati in SICO sono stabiliti dal 12 aprile al 21 maggio 2021 per tutte le tipologie di enti.
Il monitoraggio trimestrale costituisce, invece, lo strumento per anticipare i risultati del conto annuale sull’andamento della consistenza del personale. Per l’anno 2021 partecipano al monitoraggio le seguenti tipologie di enti: Comuni (limitatamente ad un campione formato da 603 enti); Province; Città metropolitane; Aziende Sanitarie ed Ospedaliere; Istituti di Ricoveri e Cura a Carattere Scientifico; Aziende ospedaliere universitarie; Enti pubblici non economici (con più di 200 unità nella dotazione organica); Enti di ricerca e sperimentazione (con più di 200 unità nella dotazione organica); La rilevazione relativa al 2021, che comporta l’invio con cadenza trimestrale dei dati mensili, segue lo schema già adottato per l’anno 2020. Gli Enti tenuti all’invio dei dati del monitoraggio trimestrale trasmettono i dati in SICO utilizzando le specifiche maschere web accessibili all’indirizzo www.sico.tesoro.it.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION