ARAN: Pubblicato il Rapporto sul Monitoraggio della Contrattazione Integrativa nel Settore Pubblico

L’Aran ha pubblicato il suo dodicesimo Rapporto sul monitoraggio della contrattazione integrativa nel lavoro pubblico, relativo agli anni 2023 e 2024. Il Rapporto, redatto ai sensi del D.lgs. n. 165/2001, analizza l’attività negoziale nelle sedi di contrattazione integrativa ed offre una panoramica dettagliata e un’analisi comparativa dei dati. Il Rapporto si divide in due parti: nella prima parte, viene svolta un’analisi generale sulle risultanze dell’anno 2024; nella seconda parte, si approfondiscono, con un’analisi di maggior dettaglio, i contenuti dei contratti pervenuti nel 2023.

Prime risultanze dell’anno 2024

Aumento dei contratti integrativi: l’attività contrattuale delle amministrazioni nel 2024 ha registrato un aumento del 7% rispetto all’anno precedente. I comparti che hanno contribuito maggiormente a questa crescita sono Funzioni Locali e Istruzione e Ricerca, entrambi con un incremento del 10%.

Aumento delle sedi di contrattazione che hanno inviato almeno un contratto: nel 2024, il 72% delle sedi di contrattazione ha trasmesso almeno un atto negoziale, il dato più alto mai registrato finora. Questo dato mostra, oltre all’aumento dell’attività negoziale, anche un maggior tasso di adesione e di conformità all’obbligo di trasmissione dei contratti integrativi alla banca dati di Aran e Cnel.

Focus geografico: La Lombardia si conferma la regione con il maggior numero di contratti integrativi inviati (2.940), mentre il Veneto si distingue per il più alto tasso di sedi di contrattazione attive (73%).

Contenuto dei contratti: in base a quanto dichiarato dalle amministrazioni nella trasmissione, i contratti integrativi del 2024 sono soprattutto di tipo economico (51%), ma vi è comunque una quota significativa di contratti normativi (44%). Questo dato evidenzia una tendenza a regolare le materie del secondo livello in modo più organico, frutto anche di una maggiore attenzione alle norme del contratto nazionale che spingono in questa direzione.

Adesione della RSU: il 92% dei contratti ha visto anche l’adesione delle RSU, indicatore di buona qualità delle trattative.

Atti unilaterali: lo strumento dell’atto unilaterale è stato utilizzato solo nello 0,7% dei casi, a conferma dell’efficacia della negoziazione tra le parti.

Composizione della delegazione di parte pubblica: nell’85% dei contratti trasmessi la delegazione datoriale è formata esclusivamente da dirigenti o funzionari; nel restante 15% vi sono anche componenti di organi politici; molto rilevante la presenza della componente politica nelle Università (in quanto presente il Rettore o un Consigliere nell’81% dei contratti sottoscritti) e negli egli Enti di ricerca (18 su 34, pari al 53%).

 

Analisi di dettaglio dei contenuti dei contratti del 2023

Funzioni Centrali: l’83% delle trattative è stato finalizzato alla distribuzione delle risorse decentrate. Sono state rilevati, in pochi casi, alcune materie non contrattabili (ad esempio, procedure per le progressioni verticali in deroga, mobilità tra sedi).

Funzioni Locali: è prevalente la quota dei contratti di tipo economico (63%), ma riveste una certa importanza anche quella dei contratti di tipo normativo (33%). Vi sono alcuni contratti che trattano materie non contrattabili in base alle norme nazionale: ad esempio, i contenuti generali dei piani di formazione, l’istituzione della mensa ed i buoni pasto, i criteri di conferimento degli incarichi di elevata qualificazione.

Istruzione e Ricerca: è stata rilevante la percentuale di contratti a carattere normativo (60%), soprattutto nel settore della Scuola. È stato osservato, in quest’ultimo settore, un certo numero di materie non contrattabili, soprattutto in ambiti quali, l’assegnazione del personale alle diverse sedi dell’Istituzione scolastica, i criteri per la fruizione di alcuni permessi, l’articolazione dell’orario di lavoro.

Sanità: I contratti di tipo economico e quelli su materie specifiche sono la parte preponderante de contratti pervenuti (46% e 38% rispettivamente). Tra le materie rilevate non contrattabili, si segnalano i criteri per la valutazione del personale, i contenuti generali dei piani per la formazione.

 

La redazione PERK SOLUTION

I proventi da sanzioni stradali destinati al welfare della Polizia Locale restano fuori dal tetto del trattamento accessorio

Con la deliberazione n. 281/2025/PAR, la Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per la Lombardia – ha chiarito che le risorse destinate al welfare integrativo del personale di Polizia Locale, quando finanziate con i proventi delle sanzioni amministrative ex art. 208 del Codice della strada, non sono soggette al limite del trattamento accessorio previsto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017.

Le risorse destinate al welfare integrativo hanno natura non retributiva ma assistenziale-previdenziale, come già affermato dalla giurisprudenza contabile (Sezione Autonomie n. 17/2024/QMIG). L’art. 1, c. 124, l. 207/2024 ha stabilito che, in via generale, anche le risorse per il welfare integrativo concorrono al limite dell’art. 23, salvo che si tratti di fondi “riconosciuti a tale fine da specifiche disposizioni di legge o da previgenti norme di contratto collettivo nazionale”.

L’art. 208, c. 4, lett. c), d.lgs. 285/1992 prevede che una quota pari al 50 per cento (ovvero in diversa misura ex comma 5 dello stesso art. 208) dei proventi da sanzioni stradali spettanti agli enti locali possa essere destinata, tra l’altro, a misure di assistenza e di previdenza per il personale appartenente ai Corpi e ai Servizi di Polizia municipale.

Quand’anche si dovesse ritenere che la destinazione delle risorse al welfare integrativo del personale di Polizia locale non possa ritenersi impressa da una specifica disposizione di legge, integrando la detta finalità una delle possibili destinazioni che le amministrazioni locali possono imprimere ai proventi da sanzioni stradali, l’art. 98, c. 1, lett. b), del contratto collettivo relativo al triennio 2019-2021 e sottoscritto a novembre 2022, recependo l’art. 208, c. 4, lett. c), abilita espressamente le amministrazioni locali a devolvere i proventi anche a finalità assistenziali del detto personale, nell’ambito delle misure di welfare integrativo, secondo la disciplina dell’art. 82 del contratto collettivo (cfr. Sezione delle Autonomie n. 5/2019/QMIG, che valorizza, ai fini del vincolo sulle risorse – seppure in relazione alle finalità previste dal comma 5 bis dell’art. 208 – la fonte contrattuale).

Ne consegue, quindi, che dette risorse possano ritenersi tuttora escluse dal limite normativo previsto dall’art. 23, c. 2, d.lgs. 75/2017.

 

La redazione PERK SOLUTION

Orientamenti applicativi ARAN

Pubblichiamo gli ultimi orientamenti applicativi ARAN volti a supportare le amministrazioni pubbliche nella corretta applicazione dei contratti colletivi di lavoro, nell’ambito del lavoro pubblico.

1. La dichiarazione congiunta n.2 del CCNL 5.10.2001, concernente la possibilità dell’ente di rinunciare all’indennità in caso di mancato preavviso a seguito di dimissioni del dipendente presentate per assumere presso altra amministrazione a seguito di concorso pubblico, può considerarsi applicabile a fattispecie intervenute dopo la stipulazione del CCNL del 9.5.2006, che ha definito una nuova disciplina dell’istituto del preavviso (art.12) e che non contiene alcuna analoga dichiarazione congiunta in materia?
Nel merito del quesito formulato, si ritiene utile precisare quanto segue: a)    la dichiarazione congiunta n. 2, allegata al CCNL del 5.10.2001, non incide in alcun modo direttamente sulla disciplina del preavviso (in senso limitativo o impeditivo), né del resto avrebbe potuto farlo, non essendo, tecnicamente, una clausola del CCNL; b)    la suddetta dichiarazione congiunta n. 2 si è limitata solo a suggerire agli enti uno dei casi (ma non il solo) in cui è possibile valutare positivamente e con disponibilità, ove non ostino particolari esigenze di servizio, la possibilità di rinunciare al preavviso; c)    proprio perché essa rappresenta solo un mero auspicio delle parti negoziali ad un determinato comportamento del datore di lavoro pubblico, senza alcun profilo di precettività o vincolatività (ogni valutazione è rimessa sempre al singolo ente: “Le parti ritengono che gli enti possono valutare …..”), si ritiene che essa, essendo legata sostanzialmente alla disciplina del preavviso possa ritenersi ancora attuale, pure in presenza della nuova regolamentazione dell’istituto del preavviso, contenuta nell’art.12 del CCNL del 9-5-2006. Infatti, questa nulla ha innovato in ordine allo specifico punto della possibile rinuncia da parte del datore di lavoro al preavviso, cui la dichiarazione congiunta si collega, sia pure solo nei termini sopra descritti.

2. Possibile fruire il permesso di cui all’art. 33 della L. 104/92 per frazioni di ora?
La disciplina dell’istituto in esame è contenuta all’art. 33 del CCNL 21.05.2018 che si limita a prevedere, nel comma 1, che tali permessi possono essere utilizzati ad ore, nel limite massimo di 18 ore mensili.
Atteso che nel nuovo CCNL del 16.11.2022, sia per i permessi orari di cui all’art. 41, per particolari motivi personali o famigliari, che per i permessi, di cui all’art. 44, per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche, è stata introdotta la possibilità della fruizione degli stessi per frazioni di ora solo dopo la prima ora, si ritiene che tale modalità di fruizione possa essere estesa anche al permesso orario in oggetto.

3 In caso di progressione tra le aree, oltre le ferie maturate e non godute è possibile dare continuità ai permessi e alla banca delle ore?
L’unica previsione contrattuale che preveda che non ci sia una soluzione di continuità tra la posizione nell’area originaria e quella nell’area nuova, per effetto della progressione, è contenuta all’art. 15 comma 2 del CCNL 16.11.2022 ai sensi del quale:  “In caso di passaggio all’area immediatamente superiore, il dipendente, è esonerato dal periodo di prova ai sensi dell’art. 25 (Periodo di prova) comma 2 e, nel rispetto della disciplina vigente, conserva le giornate di ferie maturate e non fruite. Conserva, inoltre la retribuzione individuale di anzianità (RIA) che, conseguentemente non confluisce nel Fondo risorse decentrate.”, ragione per cui solo in questi casi al dipendente potrà essere garantita la continuità degli istituti rispetto alla precedente area.

4. Con l’entrata in vigore del nuovo ordinamento professionale del CCNL 16.11.2022, la specifica indennità riconosciuta alle categorie A e B1, prevista dall’art. 70 septies del CCNL del 21 maggio 2018, a chi spetta?

Per dare una risposta esaustiva è necessario fare un distinguo tra personale già in servizio alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento (1° di aprile 2023) e personale assunto dopo tale data.
Personale già in servizio alla data del 1° di aprile 2023:

  • la specifica indennità di cui all’art. 70 septies del CCNL del 21 maggio 2018 continuerà ad essere riconosciuta, anche dopo l’entrata in vigore del nuovo ordinamento professionale (1° aprile 2023), a tutti i soggetti legittimati a riceverla, in quanto inquadrati (entro il 31 marzo 2023) in profili della categoria A o in profili collocati nella categoria B, posizione economica B1, a prescindere dalla trasposizione automatica che avverrà in Area Operatori o Operatori Esperti dal 1° di aprile.

Personale assunto dal 1° di aprile 2023:

  • la specifica indennità di cui all’art. 70 septies del CCNL del 21 maggio 2018 sarà riconosciuta a favore del personale che verrà assunto dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema di classificazione (1° aprile 2023) ascritto all’Area Operatori.

 

Cassazione: Il permesso Legge 104 è legittimo anche se l’assistenza avviene durante le ore notturne

Con l’ordinanza n. 23185 del 12.08.2025, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo, e non sanzionabile, l’utilizzo dei permessi ex lege 104/1992 per l’assistenza prestata al proprio familiare, in particolare durante le ore notturne nelle quali era necessaria la detta assistenza per la particolari ragioni mediche.

Nel caso di specie, un lavoratore era stato licenziato dopo aver utilizzato il permesso ex Legge 104/1992 per assistere la madre disabile, ma è stato fotografato in spiaggia tra le 8:00 e le 13:00 in due dei tre giorni di permesso. La Corte d’appello aveva rigettato il licenziamento, ritenendo che il datore di lavoro non avesse dimostrato che il lavoratore non era effettivamente presente presso il parente disabile nelle ore notturne, quando l’assistenza era invece necessaria per motivi clinici.

La Cassazione ha rigettato il licenziamento, ribadendo che l’assistenza notturna, se necessaria, è compatibile con l’uso del permesso 104; sul piano giuridico non è richiesto che l’assistenza debba essere prestata necessariamente in corrispondenza dell’orario di lavoro che il lavoratore avrebbe dovuto svolgere, posto che si tratta di diritto del lavoratore che non ha siffatta limitazione temporale nella legge. L’onere della prova in materia circa l’uso improprio o fraudolento da parte del lavoratore dei permessi cui ha diritto – quale fatto posto a fondamento del licenziamento per giusta causa o della sanzione disciplinare irrogata dal datore – è a carico del datore di lavoro e che, nella specie, tale onere non è stato adempiuto.

La redazione PERK SOLUTION

Cessione della capacità assunzionale e deroga ai limiti di spesa del personale nelle Unioni di Comuni

Con la Deliberazione n. 143/2025/PAR della Sezione regionale di controllo per il Veneto, nell’affrontare il coordinamento tra la disciplina della capacità assunzionale introdotta dal D.L. 34/2019 (e dal D.M. 17 marzo 2020) per i Comuni “virtuosi” e il regime speciale delle Unioni di Comuni, ha evidenziato che l’Unione può assumere autonomamente, applicando la regola del 100% turnover ex L. 208/2015 (spazi propri), ovvero con spazi ceduti dai Comuni “virtuosi” (art. 32, comma 5, TUEL). In tale ipotesi, all’Unione si trasferiscono anche i corollari del regime comunale: a) deroga ai commi 557-quater e 562 (art. 7, co. 1, D.M. 17/3/2020); b) adeguamento del tetto del trattamento accessorio (art. 33, co. 2, D.L. 34/2019, ult. periodo). Tale ultima interpretazione risulta, infatti, coerente con il senso sotteso all’art. 5, comma 3, dello stesso D.M. che – come già specificato – concede addirittura spazi in più ai piccoli comuni (ovvero con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti), affinché siano utilizzati per l’Unione alla quale aderiscono (ma attraverso l’istituto del «comando»).

La Sezione precisa che anche le assunzioni attraverso cessione di spazi assunzionali potranno avvenire soltanto a condizione che i comuni ne tengano conto come se si trattasse di maggiore spesa propria ai fini dell’art. 33, comma 2, del D.L. 34/2019, oltre che delle disposizioni generali sul contenimento della spesa di personale.

Del resto, una lettura in tal senso orientata si porrebbe anche a salvaguardia del principio di necessario coordinamento della finanza pubblica, sotteso alla finalità, evidenziata dalla Sezione delle Autonomie con la pronuncia n. 4/2021/QMIG – attraverso il rinvio alla sentenza n. 22/2014 della Corte Costituzionale – finora perseguita dal legislatore, di incentivare le Unioni di comuni “orientate ad un contenimento della spesa pubblica, creando un sistema tendenzialmente virtuoso di gestione associata di funzioni (e, soprattutto, di quelle fondamentali) tra Comuni, che mira ad un risparmio di spesa sia sul piano dell’organizzazione amministrativa, sia su quello dell’organizzazione politica”.

A sua volta, la Sezione di controllo della Toscana, con la citata deliberazione n. 158/2023, ha ribadito che “laddove la cessione abbia luogo a beneficio di Unioni di Comuni, come previsto dal ridetto art.32 Tuel, il Comune, in virtù dell’art.7, comma 1, D.M. 17 marzo 2020, non debba includere i relativi importi nel computo del limite di spesa di cui all’art. 1, commi 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dal momento che per il Comune la cessione della capacità assunzionale equivale, quoad effectum, alla avvenuta utilizzazione della stessa mediante assunzione diretta, tenuto conto che una volta ceduta la capacità assunzionale non può più essere utilizzata dal Comune cedente”.

 

La redazione PERK SOLUTION

Incentivi per funzioni tecniche cumulabili con l’indennità per specifiche responsabilità

L’ARAN, con orientamento applicativo n. 35075 del 9 luglio 2025, si esprime in merito alla possibilità di riconoscere gli incentivi per funzioni tecniche  al personale titolare di incarico di E.Q, ed alla cumulabilità degli incentivi con l’indennità per specifiche responsabilità, ha confermato che gli incentivi per le funzioni tecniche possono essere riconosciuti al personale titolare di incarico di EQ (elevata qualificazione) e sono cumulabili anche con l’indennità per specifiche responsabilità di cui all’art. 84 del CCNL del 16.11.2022.

La disciplina contrattuale non prevede forme di incumulabilità tra l’indennità di specifiche responsabilità, di cui all’art. 84 del CCNL del 16.11.2022, e l’incentivo per funzioni tecniche e neppure con la retribuzione di posizione e di risultato degli EQ. Con riferimento, in particolare, a quest’ultima fattispecie, Aran evidenzia che, ai sensi dell’art. 20 del CCNL 16.11.2022, gli incentivi per funzioni tecniche sono esplicitamente annoverati tra i compensi aggiuntivi che possono essere erogati al personale incaricato di EQ. Inoltre, tra le materie di contrattazione integrativa, all’art. 7 comma 4 lett. J) del CCL 16.11.2022 del comparto FL è stata prevista la possibilità di introdurre nel CCI una clausola che preveda “la correlazione tra i compensi di cui all’art. 20 comma 1, lett. h) (Compensi aggiuntivi ai titolari di incarichi di EQ) del presente CCNL e la retribuzione di risultato dei titolari di incarico di EQ”.

 

La redazione PERK SOLUTION

Corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare – Rivalutazione dei livelli di reddito per il periodo dal 1° luglio 2025 – 30 giugno 2026

Con la circolare INPS 19 maggio 2025, n. 92, l’Istituto comunica i nuovi livelli di reddito e gli importi mensili dell’Assegno per il Nucleo Familiare (ANF), da applicare alle diverse tipologie di nuclei familiari dal 1° luglio 2025 al 30 giugno 2026. La circolare, inoltre, specifica che dal 1° marzo 2022 i nuovi livelli di reddito familiare riguardano solo i nuclei con familiari diversi da quelli con figli e orfanili e, quindi, composti dai coniugi, dai fratelli, dalle sorelle e dai nipoti.

Gli stessi livelli di reddito avranno validità per la determinazione degli importi giornalieri, settimanali, quattordicinali e quindicinali della prestazione.

L’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 13 maggio 1988, n. 153, concernente la normativa in materia di assegno per il nucleo
familiare, ha disposto, al comma 12, la rivalutazione annua, con effetto dal 1° luglio di ciascun anno, dei livelli di reddito familiare e delle relative maggiorazioni in misura pari alla variazione percentuale dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenuta tra l’anno di riferimento dei redditi per la corresponsione dell’assegno e l’anno immediatamente precedente. La suddetta variazione percentuale rilevata dall’ISTAT, da considerare ai fini della rivalutazione in oggetto dal 1° luglio 2025, risulta pari allo 0,8 per cento.

Al riguardo, si fa presente che il decreto legislativo 21 dicembre 2021, n. 230, ha istituito, a decorrere dal 1° marzo 2022, l’assegno unico e universale per le famiglie con figli a carico
prevedendo, all’articolo 10, comma 3, limitatamente ai nuclei familiari con figli e orfanili, la cessazione tra l’altro delle prestazioni previste dall’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153 (assegno per il nucleo familiare). Pertanto, restano in vigore e continuano a essere riconosciute le prestazioni del predetto assegno per il nucleo familiare per i nuclei diversi da quelli con figli e orfanili e, quindi, composti dai coniugi, dai fratelli, dalle sorelle e dai nipoti. Conseguentemente, la rivalutazione dei nuovi livelli di reddito familiare riguarda esclusivamente le tabelle 19, 20A, 20B, 21A, 21B, 21C, 21D.

 

La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti: “Monte salari” relativo alla retribuzione accessoria dei Segretari comunali e provinciali

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 158/2025 – in riscontro ad una richiesta di parere in merito alla corretta interpretazione della menzionata disposizione contrattuale, circa la possibilità di includere nella definizione di “monte salari” anche: i) le eventuali indennità a scavalco percepite per prestazioni svolte in enti non appartenenti alla convenzione di segreteria e ii) i diritti di segreteria riscossi in quanto titolare della funzione rogante, laddove previsti – ha ricordato che “non esiste una definizione normativa del monte salari” e che, tuttavia, anche in base agli stessi orientamenti applicativi dell’ARAN (cfr. da ultimo anche l’orientamento applicativo del 31 marzo 2021) “…rientrano in tale definizione tutte le somme corrisposte nell’anno di riferimento, come rilevate dai dati inviati da ciascun Enteai sensi dell’art. 60 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165a titolo di trattamento economico sia principale che accessorio, ivi comprese le incentivazioni, al netto degli oneri accessori e riflessi a carico dell’amministrazione e con esclusione degli emolumenti non correlati ad effettive prestazioni lavorative, mentre non costituiscono base di calcolo per la determinazione del “monte salari”, oltre che le voci relative agli assegni per il nucleo familiare, anche, ad esempio, i buoni pasto, i rimborsi spese etc., né concorrono alla determinazione del monte salari gli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti (cfr. dichiarazione congiunta n. 1 CCNL comparto regioni e autonomie locali 11 aprile 2008- parere ARAN 499-15A1)”.

In base a tale interpretazione, emergono due criteri definitori che appaiono dirimenti anche rispetto al duplice quesito posto dall’odierno parere. Rientrano nella definizione di monte salari di cui all’art. 61, comma 2 del CCNL: a) i trattamenti economici correlati a prestazioni lavorative; b) rese nei confronti dell’amministrazione a cui spetta erogarli.

Non possono essere ricomprese nel monte salari, le indennità a scavalco percepite dal Segretario a fronte delle prestazioni rese, ai sensi dell’art. 62 del CCNL, a Comuni diversi da quelli stipulanti la convenzione di segreteria. In tali casi, infatti, il trattamento economico grava sugli Enti locali presso cui l’incarico viene espletato. Tali indennità, pertanto, rileveranno esclusivamente sul monte salari di quest’ultimi Comuni, pena l’indebita duplicazione della loro incidenza.

Vanno ricompresi nel monte salari i c.d. “diritti di rogito”, in quanto remunerativi di prestazioni rese dal Segretario comunale nell’esercizio di una funzione tipicamente segretariale, ancorché peculiare: quella rogante. Quest’ultima funzione, come recentemente ricordato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2023, ha origini remote, rinvenendosene traccia già nel R.D. 8 giugno 1865, n. 2321 e nel R.D. 21 marzo 1929, n. 371 (Norme integrative ed esecutive del R. D.L. 17 agosto 1928, n. 1953, sullo stato giuridico ed economico dei segretari comunali), successivamente confluito nel testo unico della legge comunale e provinciale approvato con il R.D. n. 383 del 1934.

 

La redazione PERK SOLUTION

Superamento trattamento accessorio personale: i chiarimenti della Ragioneria generale dello Stato

Il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, ha pubblicato una nota operativa con le indicazioni sull’applicazione dell’articolo 14, comma 1-bis, del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69 del 9 maggio 2025 “Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionamento delle pubbliche amministrazioni”) sul trattamento accessorio del personale non dirigenziale di regioni, città metropolitane, province e comuni.

La norma prevede che, a decorrere dall’anno 2025 – al fine di armonizzare il trattamento accessorio del personale dipendente – le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni, nel rispetto dell’equilibrio pluriennale di bilancio asseverato dall’organo di revisione, possano incrementare, in deroga al limite di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017, il Fondo risorse decentrate destinato al personale in servizio, fino al conseguimento di un’incidenza non superiore al 48 per cento delle somme destinate alla componente stabile del predetto Fondo, maggiorate degli importi relativi alla remunerazione degli incarichi di
posizione organizzativa, sulla spesa complessivamente sostenuta nell’anno 2023 per gli stipendi tabellari delle aree professionali.

La facoltà potrà essere esercitata nel presupposto che:

  • sia rispettata la citata disciplina introdotta dall’articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, basata sulla sostenibilità finanziaria definita dai valori soglia indicati dai relativi decreti attuativi del 3 settembre 2019 per le regioni a statuto ordinario, del 17marzo 2020 per i comuni e dell’11 gennaio 2022 per le province e le città metropolitane;
  • sia assicurato l’equilibrio pluriennale di bilancio come da asseverazione dall’organo di revisione.

Ai fini della quantificazione del valore massimo delle risorse incrementali del fondo, la nota chiarisce che occorra prendere a riferimento per ciascuna delle quattro categorie e delle aree professionali il valore complessivo degli stipendi tabellari lordo dipendente corrisposti dagli enti al personale effettivamente in servizio, comprensivi della tredicesima mensilità, in applicazione dei diversi ordinamenti professionali e delle strutture della retribuzione previsti, rispettivamente, per il periodo gennaio-marzo 2023 e per il periodo aprile-dicembre 2023, dal CCNL del triennio 2019-2021. Nel valore complessivo degli stipendi tabellari va considerata anche la relativa spesa per i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo determinato. Non va computata, invece, la spesa sostenuta per l’Indennità di Vacanza Contrattuale (IVC) di cui all’articolo 47-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 corrisposta ai sensi dell’articolo 1, comma 609, della legge n. 234 del 2021, in quanto rappresenta una anticipazione sui miglioramenti contrattuali del CCNL.

Il valore massimo che la componente stabile del Fondo, maggiorata della quota destinata alla remunerazione degli incarichi di Elevata Qualificazione, può assumere è determinato moltiplicando per 0,48 la spesa sostenuta per gli stipendi tabellari nell’anno 2023. Al fine di determinare il valore massimo delle risorse incrementali da destinare al Fondo, vanno sottratti i seguenti importi:

  • valore della componente stabile del Fondo dell’anno 2025, ridotto delle decurtazioni operate al fine di assicurare il rispetto del limite finanziario di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017. Tra le predette decurtazioni non sono comprese quelle temporanee finalizzate alla attuazione dei piani di recupero delle somme indebitamente corrisposte a seguito del superamento dei vincoli finanziari di cui all’articolo 40, comma 3-quinquies del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell’articolo 4 del decreto-legge n. 16 del 2014;
  • importo per la remunerazione degli incarichi di Elevata Qualificazione relativo all’anno 2025.

Le risorse incrementali di cui al citato articolo 14, comma 1-bis da destinare al Fondo sono, in coerenza con quelle che già alimentano il fondo, al netto degli oneri riflessi a carico degli enti.

Si precisa che l’ente potrà destinare all’incremento della componente stabile del Fondo dell’anno 2025 l’intero valore così determinato oppure frazionarlo in più annualità, destinando ad incremento della predetta componente importi annui inferiori al valore incrementale massimo consentito. Le risorse incrementali, in quanto alimentanti la componente stabile del Fondo, danno luogo a un onere permanente a carico del bilancio dell’ente e, pertanto, la nota richiama, al riguardo, la necessità che i relativi effetti vengano valutati sotto il profilo della sostenibilità finanziaria su un arco temporale adeguatamente lungo e correlato, quindi, al vincolo del rispetto dell’equilibrio di bilancio su base pluriennale.

Le maggiori risorse destinate al trattamento accessorio in attuazione di quanto previsto dell’articolo 14, comma 1-bis, del decreto-legge n. 25 del 2025, vanno considerate ai fini dell’aggregato “spese di personale” di cui all’articolo 1, commi 557 e segg. della legge n. 296 del 2006.

Si chiarisce che le risorse aggiuntive, incrementando la componente stabile del Fondo, assumono natura strutturale e in quanto tali possono essere destinate a tutti gli istituti permanenti quali, ad esempio, il finanziamento dell’attribuzione dei differenziali stipendiali di cui all’articolo 14 del CCNL (Progressioni economiche all’interno delle aree) come previsto dal comma 2, lettera j), del citato articolo, e il finanziamento del welfare integrativo come previsto dall’articolo 82, comma 2, del citato CCNL. Inoltre, le risorse aggiuntive possono essere destinate anche all’incremento del trattamento accessorio del personale destinatario degli incarichi di Elevata Qualificazione previsto dall’articolo 17 del CCNL Comparto funzioni locali del triennio 2019-2021, costituito dalla retribuzione di posizione e dalla retribuzione di risultato, il cui finanziamento è posto a carico del bilancio degli enti e non del Fondo risorse decentrate, ai sensi dell’articolo 67, comma 7, del CCNL Comparto funzioni locali – triennio 2016-2018.

L’articolo 14, comma 1-bis, del decreto-legge n. 25 del 2025, sebbene non comprenda direttamente tra gli enti destinatari anche le Unioni di comuni, può essere applicato alle stesse in via indiretta, laddove i comuni possano cedere alle Unioni dei comuni a cui aderiscono una quota dell’incremento delle risorse affluite alla componente stabile dei propri Fondi, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 14, comma 1-bis, del decreto legge n. 25 del 2025, con la contestuale riduzione di pari importo di tale componente – certificata dall’organo di revisione – al fine di assicurare l’invarianza finanziaria complessiva, nel rispetto dei principi di armonizzazione dei trattamenti economici accessori indicati dall’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 75 del 2017. Le risorse cedute alle Unioni di comuni sono computate, da parte dei rispettivi comuni cedenti, ai fini del rispetto dell’incidenza percentuale del 48 per cento e dei valori soglia di cui all’articolo 33, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2019. Pertanto, la cessione di tali risorse determina una corrispondente riduzione delle capacità assunzionali dei comuni cedenti.

 

 

La redazione PERK SOLUTION

Corte dei Conti: Principio gratuità incarico a soggetti pensionati

Il principio di gratuità degli incarichi previsto dall’articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012 deve essere inteso nel senso che lo stesso deve trovare applicazione nel solo caso di attribuzione dell’incarico a soggetto pensionato, e non anche nel caso in cui tale status intervenga in corso di contratto. È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 14/2025, in riscontro ad una richiesta di parere da parte del Presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, che ha chiesto di sapere se l’incarico di direttore legittimamente conferito ad un dipendente in aspettativa non retribuita che ha sottoscritto un contratto di diritto privato e che successivamente, in vigenza del citato contratto abbia maturato gli anni per poter beneficiare del trattamento pensionistico rientri nel divieto dell’art. 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito nella legge n. 135 del 2012.

Ai fini della risoluzione del quesito posto dal Presidente di Regione Lombardia, la Sezione prende a riferimento i principi di diritto affermati dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 127/2025, laddove è stato evidenziato che “il dato letterale del sopra riportato comma 9 è chiaro. Il divieto previsto è di “attribuire”. Situazione diversa è quella di precludere il “mantenimento” di un incarico legittimamente attribuito che configura una cessazione ope legis dell’incarico per effetto di una interpretazione estensiva. Come osservato dalla giurisprudenza amministrativa ancor prima della proliferazione legislativa delle richiamate deroghe, la norma in questione limita un diritto costituzionalmente garantito “quale quello di esplicare attività lavorative sotto qualunque forma giuridica” (cfr. C.d.S, Sez. I, parere 15 gennaio 2020, n. 309); tanto preclude della stessa una interpretazione estensiva che potrebbe determinare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionaleAnche questa Corte (Cass. 7 febbraio 2023, n. 3643, punto 5.3 della motivazione) ha rilevato, ancorché con riguardo alla possibilità di estendere la disposizione agli incarichi in favore dei medici convenzionati, che, a fronte del chiaro tenore letterale della norma, non risulta percorribile un’interpretazione estensiva (né, tanto meno, analogica), trattandosi di una disposizione limitativa di una libertà e dovendosi piuttosto adottare un’interpretazione restrittiva. Alla luce dell’indicato principio, il testo, che espressamente preclude la possibilità di conferire un incarico a chi è stato collocato in quiescenza, non può essere interpretato nel senso che tale incarico cessa ope legis per effetto della sopravvenuta quiescenza”.

Tuttavia, la Corte segnala, per completezza, che conferimenti attribuiti in prossimità del diritto a conseguimento della pensione, con possibilità del mantenimento sia della retribuzione che del trattamento pensionistico, potrebbero risultare elusivi del principio della gratuità degli incarichi medesimi – v. a tal fine, Consiglio di Stato, Sez. I, parere n. 309/2020.

Infine, la Sezione ha evidenziato che il principio di gratuità dell’incarico ai soggetti pensionati, fatto salvo il caso di mantenimento del contratto e di tutte le altre ipotesi che consentono il cumulo dei trattamenti, non viene meno, né si pone in contraddizione con l’articolo 8 del Codice dei contratti pubblici che consente la conclusione di contratti anche gratuiti e detta principi in altro campo materiale, né con l’articolo 1, comma 489, della legge n. 147/2013, in quanto il cumulo tra trattamento pensionistico e trattamento economico derivante da incarichi pubblici (con la fissazione di un limite) non avrebbe avuto senso se l’art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012 avesse inteso prevedere, egualmente in via generale, anche il divieto di mantenimento dell’incarico in favore del dipendente collocato in quiescenza dopo l’affidamento dello stesso e nelle altre ipotesi derogatorie previste dalla legge”.

 

La redazione PERK SOLUTION