Dall’ANCI la richiesta di accelerare l’iter di attuazione della legge per i piccoli comuni

“La legge ‘Realacci’ per i piccoli Comuni rappresenta certamente un valore aggiunto nel nostro ordinamento ma ad oltre due anni dalla sua approvazione necessita di una forte accelerazione”, dichiara Massimo Castelli, coordinatore nazionale Anci piccoli Comuni.
“I contenuti e i principi fissati nella legge 158 del 2017, qualora pienamente attuati, consentirebbero quel sostegno alla valorizzazione dei territori che tutti oggi sembrano riconoscere necessaria in tempo di Coronavirus. Qualità della vita, prodotti a km 0, spazi sconfinati tutti da vivere ma non solo nel fine settimana, storia, cultura, identità locali ma anche buone pratiche di innovazione e di uso razionale delle risorse, caratterizzano il 54% del territorio nazionale amministrato dai piccoli Comuni ma oggetto però da troppi anni di uno spopolamento che sembra inarrestabile”.
“L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo – sottolinea Castelli – ci obbliga una volta per tutte a ripensare le politiche del territorio, non abbiamo più tempo da perdere per frenare la progressiva scomparsa di mezza Italia. Per questi motivi sarebbe paradossale non potersi avvalere almeno per il 2020 di un fondo già previsto e finanziato nella legge 158 proprio per lo sviluppo strutturale economico e sociale dei piccoli Comuni. Fondo che dal 2017 ad oggi ha accantonato circa 85 milioni di euro ma è ancora del tutto inutilizzato. Non ce lo possiamo permettere”.
A tal riguardo, l’ANCI ha proposto un emendamento per sbloccare urgentemente per il 2020 tutte le risorse disponibili per i piccoli Comuni e dare ossigeno alla ripresa socio economica di questi territori, combattendo lo spopolamento, a beneficio dell’intero Paese.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Istituto credito sportivo, entro il 20 maggio la compilazione della domanda di sospensione mutui

L’Istituto del credito sportivo ha fornito le istruzioni per la sospensione per un anno delle rate dei finanziamenti in scadenza fino al 31 dicembre 2020. Entro il 20 maggio gli enti locali interessati dovranno procedere alla compilazione della domanda on-line, mentre la documentazione firmata digitalmente dovrà essere inviata entro il 26 maggio 2020, salvo il termine previsto solo per la consegna delle nuove delegazioni di pagamento che dovranno essere inviate tramite raccomandata A/R.  Per i mutui con scadenza diversa dal 30/6 e 31/12, gli enti verranno contattati direttamente dal personale dell’Istituto.
L’accordo prevede che a seguito della sospensione l’istituto estende la durata del piano originario per un periodo analogo, mantenendo le medesime condizioni economiche previste contrattualmente. Gli interessi maturati nel periodo di sospensione saranno corrisposti alle scadenze contrattualmente previste.
Sono esclusi dal beneficio gli enti locali che al momento di presentazione della domanda sono sottoposti a procedure di scioglimento conseguenti a fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso, gli enti morosi e gli in dissesto privi di ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Per poter beneficiare della sospensione, l’Istituto indica le caratteristiche dei finanziamenti, ovvero:

  • stipulati secondo la forma tecnica del mutuo;
  • essere intestati all’ente con oneri di rimborso direttamente a proprio carico;
  • il soggetto debito e il soggetto beneficiario devono essere coincidenti;
  • non devono essere stati concessi in base a leggi speciali;
  • non devono presentare rate scadute e non pagate da oltre 90 giorni al momento della presentazione della domanda;
  • devono essere in corso di ammortamento;
  • la durata complessiva, a seguito sospensione, non deve eccedere i 30 anni.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Bozza DL Rilancio, semplificazione procedure di adesione alla rinegoziazione mutui

L’art. 122 della bozza del DL Rilancio prevede la possibilità per gli enti locali di effettuare operazioni di rinegoziazione di mutui e di altre forme di prestito contratto con le banche, gli intermediari finanziari e la Cassa depositi e prestiti, anche nel corso dell’esercizio provvisorio di cui all’articolo 163 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, mediante deliberazione dell’organo esecutivo, fermo restando l’obbligo di provvedere alle relative iscrizioni nel bilancio di previsione.

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Bozza DL Rilancio, fondo di 3,5 miliardi a ristoro minori entrate

L’art. 113 della bozza di DL Rilancio, al fine di concorrere ad assicurare agli enti locali le risorse necessarie per l’espletamento delle funzioni fondamentali per l’anno 2020, anche in relazione alla possibile perdita di entrate connesse all’emergenza Covid19, stanzia un fondo di 3,5 miliardi di euro da ripartire sulla base della perdita di gettito delle entrate locali (tributarie ed extratributarie) e dei fabbisogni per le funzioni fondamentali valutati da un tavolo tecnico istituito presso il MEF con la partecipazione dei rappresentanti di ANCI e UPI.
Il fondo verrà ripartito tra comuni, province e città metropolitane, entro il 10 luglio 2020 con decreto del Ministero dell’interno di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze sulla base della perdita di gettito e dei fabbisogni per le funzioni fondamentali. Nelle more dell’adozione del decreto è previsto, è prevista l’erogare di un acconto pari al 30 per cento del fondo in proporzione alle entrate al 31 dicembre 2019 di cui ai titoli I e III, come risultanti dal SIOPE. Infine, in considerazione della circostanza che il riparto del fondo avverrà sulla base di informazioni sull’andamento delle entrate e delle spese parziali, si prevede una verifica del riparto operato entro il 30 giugno 2021 con conseguente eventuale rettifica delle somme originariamente attribuite. Si prevede che il Ragioniere generale dello Stato, possa attivare, anche con l’ausilio dei Servizi ispettivi di finanza pubblica, monitoraggi presso Comuni, Province e Città metropolitane.

 

Art.113 Fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali

1.Al fine di concorrere ad assicurare ai comuni, alle province e alle città metropolitane le risorse necessarie per l’espletamento delle funzioni fondamentali, per l’anno 2020, anche in relazione alla possibile perdita di entrate connesse all’emergenza Covid-19, è istituito presso il Ministero dell’Interno un fondo con una dotazione di 3,5 miliardi euro per il medesimo anno. Con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 10 luglio 2020, previa intesa in Conferenza stato città ed autonomie locali, sono individuati criteri e modalità di riparto del fondo di cui al presente articolo sulla base degli effetti dell’emergenza COVID-19 sulle minori entrate al netto delle minori spese e sui fabbisogni di spesa valutati dal tavolo di cui al comma 2. Nelle more dell’adozione del decreto di cui al periodo precedente, entro 10 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge, una quota pari al 30 per cento del fondo è erogata a ciascun ente, a titolo di acconto sulle somme spettanti, in proporzione alle entrate al 31 dicembre 2019 di cui ai titoli I e III, come risultanti dal SIOPE. A seguito della verifica a consuntivo della perdita di gettito e dell’andamento delle spese di cui al comma 2, da effettuare entro il 30 giugno 2021, si provvede all’eventuale conseguente regolazione dei rapporti finanziari tra Comuni, Province e Città metropolitane. All’onere di cui al presente comma si provvede ai sensi dell’articolo XXX.
2.Al fine di monitorare gli effetti dell’emergenza Covid-19 con riferimento alla tenuta delle entrate dei comuni, delle province e delle città metropolitane, ivi incluse le entrate dei servizi pubblici locali, rispetto ai fabbisogni di spesa, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge, è istituito un tavolo tecnico presso il Ministero dell’economia e delle finanze, presieduto dal Ragioniere generale dello Stato o da un suo delegato, composto da due rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, da due rappresentanti del Ministero dell’interno, da due rappresentanti dell’ANCI, di cui uno per le città metropolitane, da un rappresentante dell’UPI e dal Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Il tavolo esamina le conseguenze connesse all’emergenza Covid-19 per l’espletamento delle funzioni fondamentali, con riferimento alla possibile perdita di gettito relativa alle entrate locali rispetto ai fabbisogni di spesa. Il tavolo si avvale, senza nuovi o maggiori oneri, del supporto tecnico della SOSE – Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A.. Ai componenti del tavolo non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.
3.Il Ragioniere generale dello Stato, per le finalità di cui ai commi 1 e 2, può attivare, anche con l’ausilio dei Servizi ispettivi di finanza pubblica, monitoraggi presso Comuni, Province e Città metropolitane, da individuarsi anche sulla base delle indicazioni fornite dal Tavolo tecnico, per verificare il concreto andamento degli equilibri di bilancio, ai fini dell’applicazione del decreto di cui al comma 1 e della quantificazione della perdita di gettito, dell’andamento delle spese e dell’eventuale conseguente regolazione dei rapporti finanziari tra Comuni, Province e Città metropolitane.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

CDP, le FAQ sulla rinegoziazione dei prestiti 2020

Sono state pubblicate dalla Cassa Depositi e Prestiti le FAQ ricorrenti sulla procedura di rinegoziazione prestiti 2020.

Rinegoziazione prestiti CDP 2020

Quali Enti sono interessati dall’iniziativa?
CDP ha approvato una operazione di rinegoziazione in favore di Regioni, Province Autonome ed Enti Locali (Città Metropolitane, Province, Comuni, Comunità Montane, Unioni di Comuni).

L’operazione di rinegoziazione CDP prevede misure quali quelle disposte dall’art.112 del Decreto c.d. Cura Italia “Sospensione quota capitale enti locali”?
No, l’operazione di rinegoziazione deliberata da CDP riguarda esclusivamente le posizioni di prestito di propria titolarità e prevede caratteristiche peculiari, mentre quella di cui all’art. 112 si riferisce ai soli prestiti gestiti da CDP per conto del MEF.

A seguito della deliberazione delle operazioni di rinegoziazione da parte di CDP, come sono rese note le caratteristiche delle stesse e le modalità di adesione?
In analogia a precedenti operazioni di rinegoziazione, le condizioni e i termini di tale operazione sono state definite in una apposita Circolare CDP, la n. 1300 (di seguito la “Circolare”) che descrive in dettaglio tutte le informazioni utili per valutare l’adesione all’iniziativa.

Come si può aderire all’iniziativa?
La CDP mette a disposizione di ciascun Ente locale, nel periodo di adesione, l’elenco dei prestiti rinegoziabili e rende note le condizioni applicate alla rinegoziazione tramite una sezione dedicata all’operazione nel proprio sito internet www.cdp.it, con un apposito applicativo informatico di gestione (di seguito “Applicativo”).

Quali prestiti non potranno comunque essere rinegoziati?
La Circolare individua esaustivamente i prestiti che non potranno essere rinegoziati in funzione delle loro caratteristiche.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, qui di seguito si riportano alcune tra le principali cause di esclusione:
prestiti intestati ad Enti colpiti dagli eventi sismici del 2012 (che hanno interessato le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto), del 2016 e 2017 (che hanno interessato le regioni Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria), e del 2017 (Isola di Ischia), per i quali la CDP ha autorizzato il differimento del pagamento delle rate in scadenza nel 2020 di cui al piano di ammortamento originario;
prestiti intestati ad Enti morosi o in condizione di dissesto finanziario per i quali non risulti adottato, al momento della domanda di rinegoziazione, il decreto del Ministro dell’interno di cui all’articolo 261, comma 3, del TUEL;
prestiti intestati ad Enti che non abbiano approvato il bilancio di previsione 2020 (cfr. art. 163 TUEL).

L’operazione può essere autorizzata con una delibera di giunta?
No, è necessaria una delibera di Consiglio (esecutiva a tutti gli effetti di legge) i cui estremi devono essere indicati nella determina a contrattare.

Da dove è possibile accedere all’Applicativo?
Dall’area riservata del sito internet CDP, nel Portale ELPA, è possibile accedere al Portale dei Finanziamenti in cui sarà attivato l’Applicativo dedicato all’iniziativa. Preventivamente all’apertura della finestra temporale di adesione, è consigliabile verificare il corretto funzionamento dell’utenza che sarà utilizzata per l’accesso al portale ELPA. In caso di necessità, è possibile richiedere assistenza per la risoluzione di problemi tecnici o per una nuova richiesta di registrazione.

Entro quale data si può aderire alla Rinegoziazione nell’Applicativo?
Il periodo di adesione va dal 6 al 27 maggio 2020.

Quali sono le caratteristiche dei prestiti rinegoziabili degli enti locali?
Le caratteristiche dei prestiti rinegoziabili sono puntualmente individuate dalla Circolare.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, qui di seguito si riportano alcune delle principali caratteristiche:

  1. a) prestiti ordinari e flessibili, a tasso fisso o variabile;
  2. b) oneri di ammortamento interamente a carico dell’Ente beneficiario;
  3. c) in ammortamento al 1° gennaio 2020, con debito residuo a tale data ≥ EUR 10.000,00 e scadenza successiva al 31 dicembre 2020.

I prestiti rinegoziabili per ciascun Ente sono esclusivamente quelli inclusi nello specifico elenco reso disponibile attraverso l’Applicativo.

Quali sono le condizioni economiche dell’operazione?
I tassi di interesse applicati ai prestiti rinegoziati sono determinati secondo il principio dell’equivalenza finanziaria, assicurando l’uguaglianza tra il valore attuale dei flussi di rimborso del prestito originario e del prestito rinegoziato, sulla base dei fattori di sconto utilizzati per la determinazione delle condizioni applicate dalla CDP ai nuovi prestiti, tenuto conto della durata e delle condizioni di mercato vigenti alla data di determinazione dei tassi di interesse dei prestiti rinegoziati.

Quali sono i principali effetti della rinegoziazione?
I principali effetti dell’adesione alla rinegoziazione sono i seguenti:
la durata dei prestiti rinegoziati viene allungata fino al 2043 (tranne che per quelli la cui scadenza originaria è uguale o successiva al 31 dicembre 2043, la cui durata resta invariata);
corresponsione al 31 luglio 2020 della quota interessi maturata nel primo semestre 2020, calcolata al tasso di interesse applicabile ai prestiti ante rinegoziazione;
corresponsione al 31 dicembre 2020 di una rata comprensiva di una quota capitale, pari allo 0,25% del debito residuo in essere alla data del 1° gennaio 2020, e di una quota interessi calcolata in base al nuovo tasso di interesse fisso post rinegoziazione individuato secondo un criterio di equivalenza finanziaria;
corresponsione, dal 30 giugno 2021 fino alla scadenza, di rate semestrali costanti posticipate (comprensive di quota capitale e di quota interessi), calcolate al tasso di interesse fisso post rinegoziazione (piano di ammortamento c.d. “francese”).

È possibile allungare la durata dei prestiti?
La durata dei prestiti rinegoziati viene allungata fino al 2043 (tranne che per quelli la cui scadenza originaria è uguale o successiva al 31 dicembre 2043, la cui durata resta invariata).

Per poter aderire all’iniziativa, occorre necessariamente rinegoziare tutti i Prestiti Rinegoziabili?
No, mediante l’applicativo ciascun ente può selezionare i mutui che intende rinegoziare.
Quelli non selezionati continueranno ad essere disciplinati dai contratti vigenti.

Qual è la documentazione richiesta per aderire all’iniziativa?
La documentazione da presentare, di seguito sinteticamente riepilogata, è puntualmente elencata nella Circolare, deve essere firmata digitalmente e, tranne la delegazione di pagamento, deve essere trasmessa tramite l’applicativo:

  1. a) proposta contrattuale irrevocabile di rinegoziazione;
  2. b) determinazione a contrattare;
  3. c) modulo per l’attestazione dei poteri di firma del sottoscrittore del contratto;
  4. d) consenso al trattamento dei dati personali ed informativa privacy;
  5. e) delegazioni di pagamento in originale.

Entro quale data la CDP deve ricevere la documentazione istruttoria?
Entro il termine perentorio del 3 giugno 2020 per la documentazione da trasmettere mediante l’applicativo. Entro il medesimo termine del 3 giugno 2020 per gli originali cartacei delle delegazioni di pagamento relative a ciascun Prestito Rinegoziato. In considerazione dell’attuale contesto emergenziale dovuto alla crisi epidemiologica da COVID-19 è tuttavia accordata agli Enti la facoltà di trasmettere le predette delegazioni di pagamento anche successivamente al perfezionamento del contratto di rinegoziazione, ma entro e non oltre il 30 luglio 2020. La mancata ricezione delle citate delegazioni entro il suddetto termine potrà essere causa di risoluzione dei rapporti rinegoziati.

La Circolare CDP n. 1300 prevede che le delegazioni di pagamento debbano “essere trasmesse in originale alla CDP a mezzo corriere, tramite servizio postale o mediante consegna a mano”. E’ possibile procedere alla trasmissione delle delegazioni di pagamento anche a mezzo Posta Elettronica Certificata?
Sì, è possibile, a condizione che tramite PEC sia trasmesso l’originale di ciascuna delegazione di pagamento relativa a ciascun Prestito Rinegoziato, redatto nella forma del documento informatico (il file .pdf è generato dall’applicativo di CDP), completo della relata di notifica al tesoriere dell’Ente e debitamente sottoscritto digitalmente sia dal soggetto munito di idonei poteri che dal messo notificatore. In altri termini, a titolo esemplificativo, se un Ente rinegozia 7 prestiti, dovrà inviare – con unica PEC – 7 distinte delegazioni di pagamento (ossia, 7 distinti file). In funzione della numerosità delle delegazioni di pagamento da inviare, l’Ente potrà anche procedere con più trasmissioni via PEC, purché, in ogni caso, nel rispetto del termine massimo del 30 luglio 2020 stabilito dalla Circolare n. 1300.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Sostituzione revisore dei conti per assenza prolungata per malattia

L’art.235, comma 3, lettera c, del TUEL prevede che il revisore cessi dall’incarico per “impossibilità derivante da qualsivoglia causa a svolgere l’incarico per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell’ente”. Circa la disciplina dell’organo di revisione è evidente la volontà del legislatore di garantire la continuità dell’esercizio della funzione, poste le importanti funzioni attribuite allo stesso, in primis dall’art.239. A tale riguardo, il richiamato articolo 235 al comma 1, fa espresso riferimento all’istituto della proroga degli organi amministrativi alla scadenza dell’incarico, mentre il comma 3, dello stesso articolo 235 alla lettera b) prevede che il revisore debba comunicare con un preavviso di almeno 45 giorni le dimissioni volontarie. Appare utile rilevare come tale ultima disposizione sia stata introdotta nel 2014 (art.19, comma 1 bis lettera a, del decreto legge n.66 del 2014) con l’evidente finalità di garantire la necessaria continuità dell’incarico in esame, a salvaguardia della piena funzionalità delle attività dell’ente locale. In tale prospettiva occorre interpretare l’ipotesi di cessazione dall’incarico, prevista dal richiamato comma 3, lettera c) dell’art.235, con riferimento alla “impossibilità derivante da qualsivoglia causa a svolgere l’incarico per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell’ente”. In particolare, il rinvio alla fonte regolamentare ai fini della definizione del periodo temporale al quale ancorare il concetto di “impossibilità” non può non tener conto dell’evoluzione normativa relativa all’ampliamento delle funzioni attribuite all’organo di revisione e alla connessa importanza acquisita dal revisore nell’ambito della gestione dell’ente locale. In ogni caso, quindi, anche nel caso in cui il regolamento comunale stabilisse un termine particolare, occorre contemperare il tutto con le esigenze di continuità dell’esercizio della funzione di revisore. Tanto premesso, in base ad una interpretazione sistematica del quadro normativo vigente a parere di questo Ufficio è percorribile solo l’ipotesi di applicazione della cessazione dall’incarico prevista dal richiamato art.235, comma 3, lettera c), per scongiurare ogni possibile danno o pregiudizio a carico dell’ente. E’ quanto ha evidenziato il Ministero dell’Interno – Finanza Locale – in risposta ad un quesito di un Comune in merito alle possibili alternative di fronte all’assenza prolungata per malattia del proprio revisore.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Linee guida e relazioni del Collegio dei revisori su bilancio di previsione 2020-2022 e rendiconto 2019 delle Regioni e Province autonome

La Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, ha approvato le deliberazioni nn. 3 e 4 riguardanti rispettivamente le Linee guida per le relazioni del Collegio dei revisori dei conti sui rendiconti delle Regioni e delle Province autonome per l’esercizio 2019 (ai sensi dell’art. 1, commi 3 e 4, del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213) e le Linee guida per le relazioni del Collegio dei revisori dei conti sui bilanci di previsione delle Regioni e delle Province autonome per gli esercizi 2020-2022.

Inoltre, con deliberazione n. 5/2020 la Sezione delle Autonomie, ha approvato le linee guida per le relazioni annuali dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome sul sistema dei controlli interni e sui controlli effettuati nell’anno 2019 (ai sensi dell’art. 1, comma 6, del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

No alla compensazione di un debito tributario con la cessione di aree

Con deliberazione n. 35_2020, la Corte dei conti, Sez. Piemonte, in risposta a specifico quesito volto a verificare la possibilità da parte di un ente locale di accettare, in luogo dell’adempimento di un’obbligazione tributaria, consistente nel pagamento dell’imposta dovuta, una prestazione diversa costituita dalla cessione di un terreno, ha ricordato che in assenza di una normativa specifica al riguardo relativa ai tributi locali, non si ritiene possibile il ricorso generalizzato all’istituto della datio in solutum ex art. 1197 c.c., ai sensi del quale “il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta”. Ne deriva che l’attività che può porre in essere la Pubblica Amministrazione in materia tributaria è attività vincolata, in quanto sulla base del principio della riserva di legge, relativa, è la fonte normativa che disciplina i principi fondamentali del tributo tra cui l’an debeatur, il quantum e il soggetto passivo d’imposta. Detto in altri termini, deve essere il legislatore a disciplinare le fattispecie di tributo alle quali è possibile adempiere mediante prestazioni diverse dall’esatto adempimento. L’unica ipotesi di applicazione dell’istituto a prestazioni imposte dall’ente locale è quella contenuta nell’articolo 16, comma 2, D.P.R. 380/2001, che prevede la possibilità di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, a scomputo totale o parziale della quota del contributo di costruzione relativa alle stesse. Il contributo di costruzione, essendo codificato dall’ordinamento in termini di compartecipazione del privato alla spesa pubblica, tenuto conto del bisogno di opere di urbanizzazione aggiuntive conseguenti al nuovo insediamento edificatorio, integra una prestazione patrimoniale di carattere non tributario. La Corte ricorda che eventuali deroghe al principio di indisponibilità della pretesa tributaria debbono essere previste dal legislatore consentendo all’ente di disporre del credito tributario. Si tratta di eccezioni, da interpretarsi in modo rigoroso e restrittivo come nell’ipotesi dell’istituto del baratto amministrativo disciplinato dall’art. 190 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Inoltre, l’accettazione di una prestazione in luogo dell’adempimento di un debito tributario, determinerebbe come conseguenza la cancellazione di residui attivi. Ciò, inciderebbe in modo negativo sul risultato di amministrazione in particolar modo qualora dette prestazioni venissero considerate generalmente ammesse e la facoltà venisse riconosciuta a tutti i contribuenti in assenza di una disciplina specifica e tassativa.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION