Diritto di accesso agli atti e interruzione di pubblico servizio

L’esercizio legittimo del diritto d’accesso previsto dalla L. n. 241 del 1990, art. 22 e ss., non integra, anche quando esercitato con plurime richieste, l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 340 c.p., se non è dimostrato il nesso di causalità fra le plurime richieste e il turbamento dell’attività del pubblico ufficio o servizio, né l’elemento soggettivo, se non sia accertata la coscienza e volontà, anche nella forma del dolo eventuale, del privato di strumentalizzare il diritto d’accesso per turbare il regolare funzionamento delle attività contemplate dall’art. 340 c.p.. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. Sentenza 1° luglio 2021, n. 25296. Nel caso di specie, la Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 6690/2019 del 28/11/2019, riformando la decisione del Tribunale di Firenze, ha assolto il privato cittadino dal reato residuo ascrittogli ex artt. 81 e 340 c.p. – per avere turbato con condotte intimidatorie la regolarità dei servizi del Comune con continue e immotivate richieste di accesso agli atti così da impegnare totalmente (dal luglio del 2011 al gennaio del 2014) i servizi tecnici e legali a copiare gli atti per rispondere ai quesiti da lui posti circa svariate pratiche edilizie. La Corte ha evidenziato che costituisce interruzione di ufficio o di pubblico servizio ogni condotta che determini una qualunque temporanea alterazione, oggettivamente apprezzabile, della regolarità dell’ufficio o del servizio, anche se coinvolgente un settore e non la totalità delle attività (Sez. 6, n. 1334 del 12/12/2018, dep. 2019, Carannante, Rv. 274836; Sez. 5, n. 1913 del 16/10/2017, dep. 2018, Andriulo, Rv. 272321; Sez. 6, n. 19676 del 16/04/2014, Musolino, Rv. 259768), il che particolarmente vale quando il settore si inserisce in un ufficio di non grandi dimensioni (Sez. 6 n. 6412 del 2 febbraio 2016, Caminiti, non mass.). Tuttavia, il reato ex art. 340 c.p., non è configurabile se il servizio pubblico nel suo complesso continua a funzionare regolarmente adempiendo allo scopo per il quale è stato predisposto (Sez. 6, n. 9422 del 17/02/2016, non mass.). La Corte di appello ha rilevato, in specie, che dai contenuti delle testimonianze acquisite si ricava che: a) l’imputato (che agì rappresentando soggetti che avevano interessi specifici in relazione alle situazioni oggetto delle istanze e che esercitavano il diritto riconosciuto dalla L. n. 241 del 1990, art. 22) si è sempre comportato educatamente, ha rispettato i protocolli – senza pretendere trattamenti di favore o risposte prima dello scadere dei termini fissati dalla legge – e non ha formulato istanze pretestuose o richiesto atti inesistenti; b) l’ufficio comunale non è mai stato costretto a chiudere a causa della condotta di G., nè, in conseguenza dei colloqui fra gli impiegati e l’imputato si sono mai formate code tali da congestionare l’uffici impedendone il normale funzionamento.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Sperimentazione del voto elettronico per le politiche, europee ed i referendum

Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha adottato, di concerto con il ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale, Vittorio Colao, il decreto che individua le modalità attuative per l’utilizzo del Fondo per la sperimentazione del voto e dello scrutinio elettronico per le elezioni politiche ed europee e per i referendum.
Il provvedimento approva le “linee guida” per la sperimentazione di modalità di espressione del voto in formato digitale.
Per verificare il corretto funzionamento del sistema di voto e dello scrutinio elettronico, il documento prevede una gradualità della sperimentazione, con una prima fase di “simulazione” del voto e dello scrutinio elettronico priva di valore legale, che coinvolgerà un campione significativo di elettori.
All’esito della fase di simulazione, si potrà procedere alla sperimentazione dell’utilizzo del sistema di voto elettronico in un evento elettorale, avente valore legale.

ANCI, proposte revisione norme sui Sindaci

Il Consiglio nazionale dell’Anci ha approvato all’unanimità il documento che il presidente Antonio Decaro, insieme ad una delegazione di primi cittadini sottoporrà alla presidenza del Consiglio dei ministri come risultato delle richieste che i sindaci fanno al Governo e al Parlamento per richiedere maggiori tutele e rispetto per il loro lavoro. L’Anci rileva come da anni si susseguono casi e fattispecie che vedono i sindaci, gli amministratori e i dirigenti destinatari di provvedimenti relativi a imputazioni di responsabilità in sede penale, civile, amministrativa ed erariale che si concludono nella stragrande maggioranza con archiviazioni. In questo contesto, emerge la debolezza o l’assenza del nesso di causalità fra la condotta censurata e l’evento, mentre i sindaci risultano sempre responsabili per l’esercizio o il mancato esercizio di un potere, molto al di là dei compiti e delle responsabilità. Sostanzialmente, i Sindaci chiedono l’affermazione concreta di un principio di eguaglianza e di pari dignità con le altre cariche elettive e di governo”. Su questi temi l’Anci ha elaborato sei richieste specifiche predisponendo apposite proposte di norme con cui si richiede al Governo e al Parlamento, a tutti i gruppi parlamentari di maggioranza ed opposizione un impegno formale e concreto che porti all’adozione nell’arco dei prossimi tre mesi di un decreto-legge.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

ANAC, Obblighi di pubblicazione degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici

L’ANAC, con deliberazione n. 468/2021, ha formalizzato le nuove linee guida in merito all’applicazione degli obblighi di pubblicazione degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici a persone fisiche ed enti pubblici e privati (artt. 26 e 27 d.lgs. n. 33/2013). Con tale provvedimento, l’Autorità intende dare nuove indicazioni di carattere generale per l’applicazione della disciplina della trasparenza agli atti di concessione di benefici economici comunque denominati che sostituiscono gli orientamenti ad oggi espressi nella delibera 59/2013.
L’ambito soggettivo di applicazione degli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013, alla luce delle modifiche apportate dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, è ora disciplinato dall’art. 2-bis del richiamato decreto n. 33/2013. Esso ricomprende, al comma 1, tra i destinatari delle citate disposizioni, tutte le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi comprese le autorità portuali, le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione. Rientrano nell’ambito applicativo degli artt. 26 e 27 anche le società a partecipazione pubblica, le associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato con bilancio superiore a cinquecentomila euro che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o gestione di servizi pubblici, tenuti ad applicare la medesima disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni “in quanto compatibile” e “limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea” (art. 2-bis, co. 3, d.lgs. 33/2013). L’obbligo di pubblicazione sussiste solo ove il totale dei contributi concessi a un medesimo beneficiario nel corso dell’anno solare sia superiore a mille euro. La pubblicazione si può effettuare, ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. 33/2013, mediante collegamento ipertestuale ad altra sezione del sito in cui gli atti previsti sopra siano già eventualmente pubblicati. Inoltre, è superato l’orientamento ANAC nelle delibere 59 del 15 luglio 2013 e 618 del 26 giugno 2019 per definire l’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 26 comma 1 del d.lgs. 33/2013 secondo cui, nei casi in cui l’elemento prestazionale che costituisce l’oggetto della concessione di un vantaggio abbia un peso maggiore rispetto a minime forme di contributo della stessa, si tratta di prestazioni di servizi da non sottoporre a pubblicazione obbligatoria ai sensi degli artt. 26 e 27 del d.lgs. 33/2013. Alla mancata pubblicazione di quanto prevede l’art. 26 – sia nell’ipotesi di mancata pubblicazione degli atti di determinazione dei criteri (comma 1) che dei provvedimenti di concessione delle sovvenzioni, dei contributi e dei sussidi (comma 2) – si applica la norma generale in tema di responsabilità per violazione degli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 46, co. 1, del d.lgs. 33/2013. Ai sensi di tale norma, l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione costituisce elemento di valutazione negativa della responsabilità dirigenziale a cui applicare la sanzione di cui all’articolo 47, comma 1-bis (id est decurtazione dal 30 al 60 per cento dell’indennità di risultato), ed eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione, valutata ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili. Il responsabile non risponde dell’inadempimento se prova che esso è dipeso da causa a lui non imputabile.

Consiglio di Stato: scioglimento dei Consigli comunali

Il Consiglio di Stato, nell’adunanza della Commissione speciale del 14 giugno 2021, in riscontro ad una richiesta di parere del Ministero dell’Interno, ha chiarito che nella fattispecie prevista dall’art. 141, comma 1, lett. b), n. 4), del T.U.O.E.L., l’impossibilità per il Consiglio comunale, in prima convocazione, di raggiungere il quorum previsto dal proprio regolamento per la validità della riunione sussistendo – almeno in astratto – il quorum strutturale per la validità della riunione in seconda convocazione, non configura un’ipotesi dissolutoria del consiglio medesimo. L’impossibilità di funzionamento dell’organo rappresentativo dovrebbe costituire ipotesi residuale ed eccezionale, insuscettibile di applicazioni estensive. Come ha precisato il Consiglio di Stato (v. sez. III, nn. 2273 del 2021 e 4545 del 2021), non si può prescindere, ai fini dell’approvazione della surroga in seconda convocazione, dalla giuridica possibilità di convocare la seduta in prima convocazione; invece sono indifferenti le ragioni per cui la prima convocazione non si sia in concreto tenuta, tanto più quando esse integrino, con il fenomeno del c.d. aggancio, un mezzo ostruzionistico per opporsi alla doverosa surroga del consigliere di maggioranza dimissionario. E’ poi da considerare un elemento aggiuntivo, rispetto a quanto già ampiamente rappresentato nelle più recenti sentenze della sez. III del Consiglio di Stato nn. 2273 del 2021 e 4545 del 2021, In base alle disposizioni di rango primario, la doppia convocazione per la medesima riunione, con quorum distinti a scalare, non costituisce un obbligo ma esclusivamente una prassi consolidata prevista dai regolamenti consiliari e, in genere, dalla disciplina regolatoria di non pochi organi collegiali. La doppia convocazione è diretta a contemperare, nell’ordine, la maggiore rappresentatività del quorum strutturale e l’esigenza di snellimento ed efficienza dell’attività dell’organo rappresentativo. La seconda convocazione, in assenza di una espressa previsione legislativa, non può svolgere un ruolo recessivo rispetto alla prima, non fosse altro che per la necessità di evitare esiti di segno opposto alla volontà espressa dall’elettorato al momento delle elezioni. Né, come si è visto, le eventuali manovre opportunistiche svolte in seno al consiglio dai componenti possono comportare lo scioglimento quale prodotto automatico della mancanza del numero legale in prima convocazione. ​​​​​​​Merita soprattutto sottolineare, rispetto al silenzio del legislatore sulla necessità della doppia convocazione, che, proprio la natura non obbligatoria della doppia convocazione con quorum distinti potrebbe condurre a esiti palesemente contraddittori con riguardo alla fattispecie astratta in esame. E infatti, in linea ipotetica, non è interdetta dalla legge al regolamento consiliare la possibilità di escludere la doppia convocazione e di stabilire un quorum unico di validità della seduta, senza distinzione tra prima e seconda convocazione (ad es. il quorum di un terzo). Ebbene, il consiglio che, in ipotesi, si fosse dato un regolamento con doppia convocazione e quorum a scalare (ad es. la metà dei consiglieri assegnati, in prima convocazione, e poi un terzo, in seconda convocazione), dovrebbe essere sciolto anche ove fosse in grado di raggiungere il secondo quorum mancando il primo; diversamente, il consiglio che si fosse dato direttamente un unico quorum strutturale di un terzo non verrebbe sciolto. Un esito del genere risulta, allo stato, intrinsecamente contraddittorio.

Whistleblowing, le nuove linee guida ANAC

Il Consiglio di ANAC ha approvato lo schema di linee guida per il whistleblowing. Lo scopo è di fornire indicazioni sull’applicazione della legge 179/2017. Le linee guida sono rivolte alle pubbliche amministrazioni e agli altri enti indicati dalla legge tenuti a prevedere misure di tutela per il dipendente che segnala condotte illecite, nonché ai potenziali segnalanti. Nella predisposizione delle linee guida l’Autorità ha considerato i principi espressi in sede europea dalla Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019.
Le Linee guida sono suddivise in tre parti. Una prima parte dà conto dei principali cambiamenti intervenuti sull’ambito soggettivo di applicazione dell’istituto, con riferimento sia ai soggetti (pubbliche amministrazioni e altri enti) tenuti a dare attuazione alla normativa, sia ai soggetti – i segnalanti – beneficiari del regime di tutela. Si forniscono anche indicazioni sulle caratteristiche e sull’oggetto della segnalazione, sulle modalità e i tempi di tutela, nonché sulle condizioni che impediscono di beneficiare della stessa.
Nella seconda parte si declinano, in linea con quanto disposto dalla normativa, i principi di carattere generale che riguardano le modalità di gestione della segnalazione preferibilmente in via informatizzata. Si definisce il ruolo fondamentale svolto dai RPCT e si forniscono indicazioni operative sulle procedure da seguire per la trattazione delle segnalazioni.
Nella terza parte si dà conto delle procedure gestite da ANAC cui è attribuito uno specifico potere sanzionatorio ai sensi del comma 6 dell’art. 54-bis.

Allegati: Modulo segnalazioni

 

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Elezioni consigli comunali per motivi diversi dalla scadenza del mandato

Il Dipartimento degli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno, con Circolare n. 35/2021, inviata alla Prefetture, ricorda che in considerazione della situazione epidemiologica in atto, le elezioni dei consigli comunali e circoscrizionali previste per il turno annuale ordinario “di primavera” sono state previste, limitatamente all’anno in corso, in una data compresa tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2021, come stabilito dal Decreto legge 5 marzo 2021 n. 25, coordinato con la Legge di conversione 3 maggio 2021 n. 58. In tale turno sono state inserite anche le elezioni nei comuni i cui organi devono essere rinnovati per motivi diversi dalla scadenza del mandato, se le condizioni che lo rendono necessario si verificano entro il 27 luglio 2021. Alle prossime consultazioni sono pertanto interessati i consigli comunali per i quali entro il predetto termine sia intervenuto il provvedimento di scioglimento, ai sensi dell’art. 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. In considerazione dell’approssimarsi della scadenza del termine richiamato, il Ministero invita le Prefetture a dare tempestiva comunicazione delle fattispecie perfezionate alla data del 23 luglio p.v. per le quali dovrà adottarsi il provvedimento di scioglimento dell’organo consiliare, con l ‘invio delle relative proposte. Ciò al fine di garantire il perfezionamento della procedura di scioglimento del consiglio comunale entro il termine ultimo del 27 luglio 2021, fissato dalla legge.

Garante Privacy, sanzionato Comune per aver monitorato la navigazione internet dei lavoratori

Non è possibile monitorare la navigazione internet dei lavoratori in modo indiscriminato. Indipendentemente da specifici accordi sindacali, le eventuali attività di controllo devono comunque essere sempre svolte nel rispetto dello Statuto dei lavoratori e della normativa sulla privacy.
È quanto affermato dal Garante per la protezione dei dati personali in un provvedimento sanzionatorio nei confronti del Comune di Bolzano, avviato sulla base del reclamo presentato da un dipendente che, nel corso di un procedimento disciplinare, aveva scoperto di essere stato costantemente controllato. L’amministrazione, che inizialmente gli aveva contestato la consultazione di Facebook e Youtube durante l’orario di lavoro, aveva poi archiviato il procedimento per l’inattendibilità dei dati di navigazione raccolti.
Dagli accertamenti del Garante è emerso che il Comune impiegava, da circa dieci anni, un sistema di controllo e filtraggio della navigazione internet dei dipendenti, con la conservazione dei dati per un mese e la creazione di apposita reportistica, per finalità di sicurezza della rete. Sebbene il datore di lavoro avesse stipulato un accordo con le organizzazioni sindacali, come richiesto dalla disciplina di settore, il Garante ha evidenziato che tale trattamento di dati deve comunque rispettare anche i principi di protezione dei dati previsti dal Gdpr. Il sistema, implementato dal Comune, senza aver adeguatamente informato i dipendenti, consentiva invece operazioni di trattamento non necessarie e sproporzionate rispetto alla finalità di protezione e sicurezza della rete interna, effettuando una raccolta preventiva e generalizzata di dati relativi alle connessioni ai siti web visitati dai singoli dipendenti. Il sistema raccoglieva inoltre anche informazioni estranee all’attività professionale e comunque riconducibili alla vita privata dell’interessato.
Nel provvedimento l’Autorità ha rimarcato che l’esigenza di ridurre il rischio di usi impropri della navigazione in Internet non può portare al completo annullamento di ogni aspettativa di riservatezza dell’interessato sul luogo di lavoro, anche nei casi in cui il dipendente utilizzi i servizi di rete messi a disposizione del datore di lavoro.
Nell’ambito dell’istruttoria, sono state inoltre riscontrate violazioni anche in merito al trattamento dei dati relativi alle richieste di accertamento medico straordinario da parte dei dipendenti, effettuate attraverso un apposito modulo, Il modulo, messo a disposizione dall’amministrazione, prevedeva la presa visione obbligatoria da parte del dirigente dell’unità organizzativa, circostanza che comportava un trattamento di dati sulla salute illecito.
Il Garante, tenendo conto della piena collaborazione dell’amministrazione, ha disposto una sanzione di 84.000 euro per l’illecito trattamento dei dati del personale. Il Comune dovrà anche adottare misure tecniche e organizzative per anonimizzare il dato relativo alla postazione di lavoro dei dipendenti, cancellare i dati personali presenti nei log di navigazione web registrati, nonché aggiornare le procedure interne individuate e inserite nell’accordo sindacale.

Censimento autovetture di servizio 2020 , c’è tempo fino al 30 giugno 2021

C’è tempo fino al 30 giugno 2021 per trasmettere, in via telematica, al Dipartimento della Funzione Pubblica,  i dati relativi alle autovetture di servizio riferiti all’anno 2020. L’obbligo di comunicazione compete alle amministrazioni anche nel caso in cui non dispongono di auto di servizio. I dati comunicati sono resi pubblici per tutte le amministrazioni dal Dipartimento  in un’apposita sezione del proprio sito.
Gli enti, inoltre, hanno l’obbligo di pubblicare sui propri siti istituzionali, con le modalità di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, il numero e l’elenco delle autovetture di servizio a qualunque titolo utilizzate, distinte tra quelle di proprietà e quelle oggetto di contratto di locazione o di noleggio, con l’indicazione della cilindrata e dell’anno di immatricolazione.
Sono escluse dal censimento le autovetture indicate al comma 2 dell’art.1 del DPCM 25 settembre 2014:
– Auto in uso all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
– auto in uso al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco;
– auto in uso per servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica;
– auto in uso per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli di assistenza (es. auto mediche e/o sanitarie, trasporto diversamente abili…);
– auto in uso per i servizi istituzionali svolti nell’area tecnico-operativa della difesa;
– auto in uso per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale di gestita da ANAS SpA;
– auto in uso per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale sulla rete delle strade provinciali;
– auto in uso per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale sulla rete delle strade comunali;
– auto in uso per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all’estero.
– veicoli non immatricolati come autovettura (Automezzi ad uso promiscuo persone e cose, Scuolabus, Minibus, Ambulanze, Autocarri, Motocarri, Motocicli, Ape car, Quadricicli (Porter), Spazzaneve, Mezzi per pulizia strade, Auto storiche, ecc.).
Si rammenta che ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto‐legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, le amministrazioni pubbliche che non adempiono all’obbligo di comunicazione  non possono effettuare spese complessive annuali di ammontare superiore al 50 per cento del limite di spesa previsto per l’anno 2013 per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture, nonché per l’acquisto di buoni taxi.

Vedi: Circolare n. 20924 del 30 marzo 2021

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Ministero dell’interno: 65 milioni di euro per la sicurezza urbana

È stato firmato dal Ministro dell’Interno il decreto che attribuisce le risorse del Fondo per la sicurezza urbana per il triennio 2021-2023. Si tratta di 65 milioni di euro destinati alle città metropolitane, con una quota parte riservata a quelle in dissesto o in riequilibrio finanziario, nonché a sostenere economicamente le iniziative dei comuni contro l’abusivismo commerciale e lo spaccio di droga nei pressi degli istituti scolastici.
Questa rete di finanziamenti consentirà, tra l’altro, agli enti locali di procedere ad assunzioni a tempo determinato di unità aggiuntive nei corpi di polizia locale, nonché alla messa in sicurezza e alla riqualificazione di aree degradate.
Inoltre, per rafforzare i servizi di vigilanza nelle località interessate da una maggiore affluenza turistica, è stato disposto come di consueto  l’invio di 2.300 unità di personale interforze in 65 province, in attuazione del Piano di potenziamento estivo dei presidi di polizia definito dal Dipartimento della pubblica sicurezza, tenuto anche conto delle esigenze manifestate dai rappresentanti delle istituzioni territoriali. Le unità straordinarie saranno utilizzate nell’ambito dei dispositivi di controllo definiti in sede di Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.