Limiti alla corresponsione di un compenso ai membri del Cda di una ASP

Con deliberazione n. 87/2020 fornisce chiarimenti in merito alla possibilità di riconoscere, ai membri del Consiglio di Amministrazione di un’Azienda pubblica di Servizi alla Persona (ASP ex IPAB) un compenso, anche in virtù del prevalente orientamento giurisprudenziale che equipara le ASP alle Aziende Speciali.
I giudici contabili, conformemente con quanto espresso dalla Sezione delle Autonomie, nella deliberazione n. 9/SEZAUT/2019/QMIG, hanno ricordato che il parametro per determinare la remunerabilità della partecipazione agli organi collegiali è quello della effettiva ricezione del contributo pubblico da parte dell’Azienda speciale. Secondo la Sezione, il principio della gratuità degli incarichi dei componenti del consiglio di amministrazione, ai sensi dell’art. 6, comma 2, d.l. n. 78/2010, andrebbe affermato allorché l’azienda speciale “viva” effettivamente delle risorse dell’ente locale, ricevendone in concreto contributi (la nozione di contributi a carico delle finanze pubbliche non comprende il conferimento del capitale di dotazione iniziale, né le erogazioni a titolo di contratto di servizio); allorché invece essa non abbia di fatto usufruito di contributi a carico delle finanze pubbliche, è ammissibile la corresponsione di un compenso ai componenti del consiglio di amministrazione, compenso che sarà tuttavia soggetto alla decurtazione prevista dall’art. 1, comma 554, legge 147/2013, laddove ne ricorrano i presupposti.
Nel merito, la Sezione richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 161/2012, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, rispetto all’art. 117, 3° comma, della Costituzione, di alcune norme regionali che prevedevano la corresponsione di un’indennità a favore del Presidente e dei membri del Consiglio di amministrazione di una (costituenda) Azienda di Servizi alla Persone. Norme queste che si ponevano in contrasto con il principio di coordinamento della finanza pubblica espresso dall’art. 6, comma 2, del D.L. n. 78/2010, convertito dalla l. n. 122/2010, a mente del quale la partecipazione agli organi collegiali degli enti “che comunque ricevono contributi a carico della finanza pubblica” è onorifica, e può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute, ove previsto dalla normativa vigente, nonché alla corresponsione, se così già previsto, di un gettone di presenza di importo non superiore a trenta euro a seduta giornaliera.
In definitiva, spetterà all’Ente, al fine di determinare l’ammissibilità o meno di un compenso per la partecipazione al consiglio di amministrazione verificare se, in concreto, l’ASP usufruisca di contributi a carico delle finanze pubbliche, tenendo a tal fine presenti sia le affermazioni della Corte costituzionale (la nozione di contribuzione pubblica copre, oltre alle erogazioni finanziarie propriamente dette “qualunque beneficio in risorse pubbliche, in grado di incrementare le componenti attive del bilancio dell’ente destinatario o di diminuirne quelle passive”), sia le precisazioni della Sezione delle autonomie (dai contributi pubblici sono esclusi i fondi di dotazione e le erogazioni a titolo di contratto di servizio).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Partecipazioni pubbliche: on line le schede per la rilevazione dei dati relativi alla revisione periodica

Il Dipartimento del Tesoro informa che entro il prossimo 31 dicembre 2020, le Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 – Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (Tusp) devono approvare il provvedimento di revisione periodica delle partecipazioni societarie detenute al 31 dicembre 2019 e la relazione sull’attuazione del precedente piano di razionalizzazione adottato con riferimento alle partecipazioni detenute al 31 dicembre 2018 (art. 20, commi 1 e 2 e comma 4, del Tusp). La comunicazione degli esiti attraverso l’applicativo Partecipazioni del Portale Tesoro https://portaletesoro.mef.gov.it avverrà con le medesime modalità previste in occasione della rilevazione dei dati riferiti al 31 dicembre 2018.
Come ausilio per l’elaborazione dei provvedimenti, pertanto, le amministrazioni possono utilizzare le schede in formato elaborabile rese disponibili lo scorso anno, nonché far riferimento a quanto riportato negli Indirizzi per gli adempimenti relativi alla revisione e al censimento delle partecipazioni pubbliche (art. 20 d.Lgs. n. 175/2016 e art. 17 d.l. n. 90/2014).
Sul sito del Dipartimento del Tesoro, inoltre, sono disponibili gli orientamenti, le indicazioni e le direttive della Struttura di indirizzo, monitoraggio e controllo sull’attuazione del Tusp.
Si ricorda che i documenti approvati ai sensi dell’art. 20 del Tusp devono essere inviati alla Struttura di indirizzo, monitoraggio e controllo sull’attuazione del Tusp (istituita presso il Dipartimento del Tesoro ai sensi dell’art. 15 del Tusp) esclusivamente attraverso l’applicativo Partecipazioni, fermo restando l’obbligo di comunicazione alla competente sezione della Corte dei conti ai sensi dell’art. 20, comma 3, del Tusp.
Analogamente allo scorso anno, attraverso l’applicativo Partecipazioni saranno acquisiti, contestualmente e in maniera integrata, anche i dati richiesti ai fini del censimento annuale delle partecipazioni in società e in soggetti di forma non societaria e dei rappresentanti in organi di governo di società o enti, ai sensi dell’art. 17 del d.l. n. 90/2014. Si rendono pertanto disponibili anche la scheda Partecipazioni, per il censimento delle forme non societarie, nonché delle forme societarie per le amministrazioni non soggette al Tusp, e la scheda Rappresentante.
L’avvio della rilevazione sarà comunicato con avvisi pubblicati sul sito internet del Dipartimento del Tesoro e sull’home page del Portale Tesoro e con l’invio di email ai responsabili e agli utenti registrati per l’applicativo Partecipazioni.
I responsabili e gli utenti già abilitati sono pertanto invitati a verificare l’accesso all’applicativo Partecipazioni, la correttezza dell’indirizzo email registrato per la propria utenza nel Portale Tesoro e delle utenze attive per la propria amministrazione e a provvedere alle opportune modifiche, disattivazioni e nuove attivazioni.
Le amministrazioni non ancora registrate devono procedere con l’individuazione di un responsabile per la comunicazione dei dati, che dovrà accreditarsi sul Portale Tesoro.
Per problemi di registrazione o di accesso all’applicativo è disponibile, sulla home page del Portale Tesoro, la funzionalità “richiesta assistenza”.

Documenti correlati
Applicativo Partecipazioni – Schede di rilevazione
Scheda Revisione periodica
Scheda Relazione attuazione
Scheda Partecipazione
Scheda Rappresentante

Revisione periodica delle partecipazioni pubbliche (art. 20 TUSP)

Corte dei conti, Le linee guida sul funzionamento dei controlli interni

La Sezione delle Autonomie della Corte dei conti ha approvato con delibera n. 19/2020 le linee guida per le relazioni annuali del Sindaco dei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, del Sindaco delle Città metropolitane e del Presidente delle Province sul funzionamento del sistema integrato dei controlli interni nell’esercizio 2019, e il relativo questionario.
Finalità delle linee guida è quella di fornire agli organi di vertice degli Enti indicazioni di principio e operative per valutare la coerenza e l’adeguatezza dei rispettivi sistemi di controllo interno, quale strumento di verifica dell’attuazione della sana gestione finanziaria e del rispetto del principio del buon andamento nel governo dei territori.
Un efficace sistema dei controlli, infatti, mette in luce la reale capacità del singolo ente di realizzare i programmi e di conseguire risultati concreti, utilizzando correttamente, nonché in modo economico ed efficiente, le risorse pubbliche, soprattutto in un contesto di crescenti difficoltà economiche e finanziarie derivanti dalla crisi epidemiologica da COVID-2019. Difficoltà che sembrano essere destinate ad incidere in modo particolarmente significativo sul quadro di detti controlli, in considerazione principalmente dell’esigenza di adattarne la struttura organizzativa e le modalità di gestione delle prestazioni lavorative allo scopo di garantire la tutela della salute del relativo personale dipendente.
In questa ottica, le verifiche della Corte dei conti investono il sistema dei controlli sugli organismi partecipati, per l’incidenza di tali gestioni sui bilanci degli enti, al fine di garantire la continuità dei servizi pubblici di interesse generale e predisporre piani di risanamento idonei a sostenere il sistema socio-economico territoriale. Sul piano del controllo strategico, occorrerà esaminare le varianti all’impostazione originaria del bilancio di previsione ed individuare le risorse e gli interventi ritenuti prioritari, con valutazione degli impatti strategici e operativi dei relativi rischi. Nell’ambito del controllo di gestione sarebbe utile stimare gli effetti della prosecuzione delle modalità di “lavoro agile” rispetto alle tradizionali modalità di lavoro e il possibile impatto dei processi di lavoro a distanza sull’intera organizzazione di lavoro. In questa fase, accanto alla necessità di potenziare gli strumenti di accesso e di monitoraggio delle attività e dei servizi a garanzia della sicurezza degli ambienti e delle persone, andrebbero altresì effettuate opportune analisi dirette a verificare la coerenza degli obiettivi di gestione e dei risultati raggiunti con l’evoluzione in atto, nonché l’appropriatezza degli indicatori adottati e il livello degli standard di qualità programmati.
Cruciale è il ruolo del responsabile del servizio economico – finanziario, chiamato non soltanto ad effettuare una prudente ricognizione delle risorse finanziarie disponibili, ma anche ad individuare il fabbisogno finanziario dell’Ente nonché l’eventuale disavanzo prospettico emergente dal quadro di riferimento gestionale. Ad esso è altresì affidato il difficile compito di garantire il finanziamento delle spese obbligatorie e indifferibili, oltreché degli interventi richiesti dall’emergenza in corso, senza compromettere la corretta contabilizzazione e l’effettivo utilizzo dei finanziamenti con vincolo di destinazione.
Resta ferma la facoltà per le Sezioni regionali di controllo di integrare le informazioni contenute nel presente schema di relazione con la richiesta di separati ed ulteriori elementi informativi, a maggiore illustrazione dei profili esaminati. Inoltre, le medesime Sezioni regionali competenti, laddove dalle risposte degli Enti dovessero ravvedere gli estremi di un ridotto grado di affidabilità nel funzionamento del sistema di controlli interni da essi adottato, impegneranno le suddette Amministrazioni in controlli più serrati diretti a ridurre il rischio di possibili ricadute sugli equilibri di bilancio e sulla sana gestione finanziaria dell’Ente.
Nella stessa ottica, presso le Sezioni giurisdizionali regionali, in forza del comma 4 dell’art. 148 del Tuel, potranno essere attivati giudizi per l’irrogazione di sanzioni agli amministratori nel caso le Sezioni di controllo dovessero rilevare l’assenza o l’inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie di controllo interno adottati dagli Enti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Costituzione di una Fondazione di partecipazione

La Corte di conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 130/2020/PAR fornisce chiarimenti in merito alla possibilità di un ente locale di costituire, in qualità di socio co-fondatore con un soggetto privato, una fondazione con finalità non strettamente rientranti tra quelle istituzionalmente spettanti ai comuni.
La Sezione, nel ripercorrere le fonti normative legittimanti la costituzione di una fondazione da parte di una pubblica amministrazione (commi 561 e 562 dell’art. 1 della Legge 27 dicembre 2013, n. 147 e all’art. 1, comma 4, lett. b), D. Lgs. 175/2016) evidenzia, preliminarmente, che il ricorso a modelli privatistici (nel caso di specie, la fondazione di partecipazione) sia soggetto a particolari condizioni di ammissibilità (“quomodo”), rilevanti sotto il profilo giuscontabile, perché trattasi di attività funzionalizzata, ossia preordinata al perseguimento dell’interesse pubblico quale intrinseco fine istituzionale dell’ente (cfr., in generale, art. 4, comma 1, D. Lgs. 175/2016). Nel caso di specie, la fondazione di partecipazione rappresenta uno strumento per regolamentare il partenariato pubblico-privato e si fonda su un negozio giuridico a struttura aperta, per cui risulta necessario valutare la struttura e le regole di funzionamento contenute nello Statuto dell’organismo e l‘impatto economico-finanziario che lo stesso ha per l’Ente locale. Tre sono i requisiti principali che la giurisprudenza contabile ritiene debbano essere soddisfatti affinché sia consentito l’ingresso di privati nel settore pubblicistico:
1) la fondazione di partecipazione deve essere dotata di personalità giuridica;
2) deve essere istituita per soddisfare esigenze generali, aventi finalità non lucrative;
3) deve essere finanziata in modo maggioritario da organismi di diritto pubblico e/o l’Organo di amministrazione o vigilanza dev’essere designato in maggioranza da un Ente pubblico.
Presupposto per il riconoscimento della personalità giuridica e presupposto dell’esistenza stessa della fondazione è la auto-sufficienza patrimoniale rispetto al soddisfacimento dello scopo prescelto, in termini economico-contabili, come capacità di agire economicamente garantendo, sulla base del patrimonio originariamente assegnato e per il tramite dell’attività esercitata, la copertura dei costi con i propri ricavi.
Inoltre, il rapporto finanziario tra ente locale e fondazione si deve esaurire nell’atto costitutivo del nuovo soggetto, salvo eventuali contributi, predeterminati da una specifica convenzione di servizio sulla base di un accertato e motivato interesse pubblico che il Comune abbia il compito di soddisfare e fermo restando il rispetto della disciplina in materia di erogazioni di risorse pubbliche a favore dei privati. L’ipotesi di una contribuzione “a regime” occorrente per colmare le perdite a cui la fondazione vada incontro e garantirne l’equilibrio economico-finanziario, altrimenti non salvaguardabile, non si concilia, pertanto, con l’istituto attivato dall’ente, a pena di snaturarne le caratteristiche essenziali e tradursi, sostanzialmente, nell’utilizzo di un generico schermo privatistico finalizzato all’esercizio di funzioni pubbliche svincolate dall’applicazione dello specifico regime ad esse connesso.
Le fondazioni di partecipazione, per il combinato disposto di normativa europea e nazionale (art. 3, c. 26, D. Lgs 163/2006), sono tenute, tra l’altro, ad osservare le procedure di evidenza pubblica proprie delle Pubbliche Amministrazioni.
Ulteriore requisito condizionante, sul piano ontologico, l’ammissibilità della fondazione comunale è la coerenza della fondazione medesima con l’esercizio di funzioni fondamentali o amministrative assegnate agli Enti locali. Tale coerenza deriva dalla preclusione che risorse finanziarie dell’ente locale siano destinate a funzioni estranee od ultronee all’ente medesimo, eludendo specifici vincoli funzionali di destinazione di spesa pubblica.
Infine, la Sezione ribadisce che l’ente locale non può accollarsi l’onere di ripianare le perdite gestionali di una fondazione perché deve necessariamente farvi fronte la fondazione stessa attraverso il suo patrimonio, rimanendo estranea a tale fattispecie l’art. 21, comma 3-bis, D. Lgs. 175/2016 (Corte dei conti, sez. controllo Piemonte, Delibera 17 novembre 2017, n. 201/PAR). Infatti, legittimando detta disposizione il ripiano delle perdite da parte dell’ente partecipante alle condizioni ivi previste, essa opera soltanto a fronte di partecipazioni in ambito strettamente societario, rimanendone escluse le fondazioni alla luce del citato art. 1, comma 4, lett. b), D. Lgs. 175/2016.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Appalti pubblici: la scelta dell’in house providing dev’essere specificamente motivata

Ai sensi dell’art. 192, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 («Codice dei contratti pubblici»), nella motivazione del provvedimento di affidamento in house le stazioni appaltanti devono dar conto «delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche» (cfr. Corte cost., sent. n. 100/2020). È quanto ribadito dal TAR Liguria, sezione II, sentenza 2 ottobre 2020, n. 680. L’art. 192 comma 2 D. Lgs. n. 50/2016 dispone che “ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
La norma – come precisato dal Collegio – muovendo dall’implicito presupposto della natura secondaria e residuale dell’affidamento in house, impone che l’affidamento in autoproduzione di servizi disponibili sul mercato sia specificamente motivato adducendo, tra l’altro, le ragioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato.
Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito come la relazione ex art. 34, c. 20, del D.L. n. 179/2012 sulle modalità di affidamento del servizio non possa essere degradata a mero orpello procedimentale, e come, nel caso in cui si opti per l’affidamento diretto in house, sia richiesto un onere motivazionale rafforzato e più incisivo circa la praticabilità delle scelte alternative, da compiersi mediante un’analisi effettuata in concreto, caso per caso, sulla base di dati comparabili.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Contributo straordinario a fondo perduto ad una società partecipata

La Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 119/2020, fornisce un’utile analisi in merito alla possibilità di un ente di deliberare l’erogazione di un contributo a fondo perduto ad una società partecipata. I giudici contabili, nel richiamare preliminarmente il principio generale in materia di provvedimenti attributivi di vantaggi economici contenuto nell’art. 12 della L. 7 agosto 1990, n. 241, ricordano che, sul piano gestionale, la violazione di detto articolo è ritenuta indice di una scorretta gestione delle risorse finanziarie di un ente locale.
In merito al divieto di soccorso finanziario, sancito dall’art. 14, comma 5 del D.Lgs. n. 175/2016, la giurisprudenza contabile (Corte dei conti, sez. contr. Piemonte, 29 settembre 2011, n. 119/PAR) ha stabilito che non può essere disconosciuta, in via generale, la possibilità per gli enti locali di utilizzare lo strumento dell’indebitamento nell’ambito della propria attività amministrativa, purché esso sia finalizzato a coprire spese da cui derivi un aumento di valore del loro patrimonio immobiliare e mobiliare (cfr. SS.RR. 28 aprile 2011n. 25) e, quindi, anche per il finanziamento, nei limiti normativamente previsti, di società di cui sono azionisti e, come nella specie, a partecipazione pubblica totalitaria, nonché affidatarie in house di servizi pubblici dal quale derivi un aumento di valore delle medesime. L’operazione deve rispettare i principi di cui agli artt. 201-204, D. Lgs. 267/2000 con riferimento agli equilibri di bilancio e ai vincoli di indebitamento. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dalla Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni. Il divieto di soccorso finanziario delle società partecipate in perdita è superabile, quindi, soltanto se ciò è giustificato da un piano di risanamento che garantisca l’equilibrio dei conti della partecipata.
In caso di trasferimento straordinario a fondo perduto a società partecipata (inteso come eccezionale, perché extra ordinem, dell’intervento contributivo) è possibile “derogare” al divieto di soccorso finanziario laddove l’eccezionalità del trasferimento trovi condizione legale di ammissibilità e, più specificamente, titolo giuridico nelle preliminari, specifiche cautele contemplate dalla disposizione di cui all’art. 14, comma 5, secondo periodo, ossia:
1) convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti;
2) contemplazione delle misure indicate in un piano di risanamento, approvato dalla Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all’articolo 5, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni.
In tal caso, l’ente pubblico è tenuto ad evidenziare ed esplicare in atti la straordinarietà dell’intervento nei termini sovra citati e a fornirne adeguata motivazione con puntuale esposizione delle ragioni fattuali e giuridiche che devono risultare logicamente differenti da quelle legittimanti la deroga espressa al divieto di soccorso finanziario, contemplate dal richiamato art. 14, comma 5, terzo periodo (gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità). Diversamente opinando verrebbe agevolmente eluso, in generale, l’intento del legislatore di razionalizzazione societaria in ambito pubblico e, in particolare, il predetto divieto.
Ulteriore aspetto dell’istanza di parere riguarda la possibilità di deliberazione unilaterale dell’intervento finanziario da parte dell’ente, senza condivisione con gli altri enti pubblici partecipanti la struttura societaria. Sul punto la Corte evidenzia che l’intervento straordinario in favore della società in mano pubblica pluripartecipata segue, per quanto in via derivata, le regole del controllo dei soci pubblici applicabili agli atti presupposti dell’intervento stesso.
E’ ragionevole, infatti, ritenere che tale principio di contribuzione in proporzione alla porzione giuridica partecipativa sia estensibile per analogia alla fattispecie degli “interventi straordinari”, di che trattasi, nel caso di società in mano pubblica pluripartecipata, salvo che nel conferimento del trasferimento straordinario ed unilaterale da parte di un socio pubblico, senza la compartecipazione degli altri, il soggetto conferente non configuri un’utilità corrispettiva -diretta od indiretta- comunque gravante sui soggetti non conferenti, escludendo in tal modo l’ipotesi dell’accollo di oneri altrui e/o dell’atto con causa mista di natura donativo/liberale.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Ripiano disavanzo di liquidazione Azienda speciale

Pur non avendo gli enti partecipanti un obbligo di ripiano del disavanzo di liquidazione, va sottolineato che secondo l’orientamento giurisprudenziale espresso da varie sezioni della Corte, non si può escludere che i comuni, che abbiano costituito un’azienda, possano deliberare, nell’esercizio dei propri poteri discrezionali, il ripiano del debito da liquidazione (Sezione Veneto deliberazione nr. 980 del 28.11.2012; Sezione Emilia Romagna, delibera n. 33/2011/PAR e Sezione Basilicata, delibera n. 28/2011 nonché del. n. 434/2012/PAR Veneto). L’esercizio di tale discrezionalità, deve, tuttavia, essere supportato da un’adeguata e rigorosa motivazione sulle ragioni di utilità e di vantaggio che depongono a favore di tale scelta (Cfr. deliberazione Sezione Basilicata 28/2011 /PAR). È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 96/2020/PAR. I giudici contabili, chiamati ad esprime parere su una serie di quesiti formulati da un Sindaco, ribadiscono alcuni importanti aspetti del complicato rapporto fra ente pubblico e soggetti partecipati.
I giudici hanno evidenziato che la copertura dei disavanzi delle aziende speciali debba avvenire, secondo la procedura del riconoscimento del debito fuori bilancio, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzioni o atti costitutivi e ove trattasi di disavanzo che derivi da fatti di gestione. Il mancato ricorso allo strumento del riconoscimento del debito fuori bilancio, di cui all’art.194, comma 1, lettera b) del D.lgs 267/2000, ovviamente, non esime gli enti dall’obbligo di ripianare, secondo l’ordinario ciclo di bilancio, i disavanzi accertati, stante la prioritaria esigenza di garantire l’integrità e la continuità aziendale, nonché il rispetto degli equilibri di bilancio. Anche nell’ipotesi di disavanzo di liquidazione, fattispecie ben diversa dal disavanzo di gestione, non è escluso che gli Enti possano deliberare, nell’esercizio dei propri poteri discrezionali, il ripiano del debito da liquidazione sulla scorta di una rigorosa motivazione. Per quanto riguarda, invece, l’applicazione della disposizione di cui all’art 1 comma 555 della legge 147/2013 (ai sensi del quale, in caso di risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti, le aziende speciali e le istituzioni sono posti in liquidazione entro sei mesi dalla data di approvazione del bilancio o rendiconto relativo all’ultimo esercizio) la Sezione ritiene che si debba dare rilievo all’effettiva situazione finanziaria, indipendentemente dalle circostanze che abbiano potuto determinare eventuali ritardi nell’accertamento del risultato effettivo di gestione e delle eventuali relative perdite. La mancata rappresentazione contabile del risultato di gestione, le cui perdite siano avvenute negli ultimi quattro esercizi, non può quindi escludere la configurazione della fattispecie prevista dal richiamato art 1 comma 555 della legge 147/2013, indipendentemente dai motivi che abbiano comportato la mancanza stessa.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Erogazioni liberali da parte delle società in house a favore degli Enti soci

In linea generale, le società in house possano porre in essere negozi a titolo gratuito o liberale, sempre che siano volti alla realizzazione di un interesse, patrimonialmente valutabile, rientrante nell’oggetto sociale. Tuttavia, compete esclusivamente all’ente socio valutare la rispondenza dell’atto dispositivo all’oggetto sociale e la compatibilità con la specifica destinazione impressa dalla società alle somme oggetto di liberalità in favore dei comuni soci, elementi sui quali la Corte dei conti non può interferire. È quanto previsto dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 100/2020/PAR in risposta ad una richiesta di parere in merito alla possibilità del Comune di ricevere, da parte di una società partecipata, erogazioni liberali in denaro a sostegno delle misure di contrasto all’emergenza epidemiologica da COVID-19, da destinare in favore di operatori economici individuati dall’Ente. L’ente istante riferisce che la società in house intende effettuare, in favore dei Comuni soci, erogazioni liberali di risorse economiche attualmente destinate alla mitigazione del costo del servizio di igiene urbana gravante sugli utenti finali. La somma sarebbe ripartita non in ragione della partecipazione al capitale di ciascun socio, ma del valore degli affidamenti ricevuti. Nel merito, i giudici hanno evidenziato che nel contesto della riforma delle società in controllo pubblico operata con il decreto legislativo n. 175/2016 (c.d. testo unico delle società partecipate), “le società cc.dd. pubbliche, al pari di tutte le altre società, possano propriamente disporre negozi gratuiti, ovvero caratterizzati dall’assenza di controprestazione, in quanto volti alla realizzazione di un proprio interesse, patrimonialmente valutabile, comunque rientrante nell’oggetto sociale”. In ogni caso, esiste un limite intrinseco alle liberalità poste in essere da organismi societari, rappresentato dalla riconducibilità all’oggetto sociale dell’atto dispositivo. È stato così sottolineato, da un lato, come “l’eventuale atto liberale o gratuito, estraneo all’oggetto sociale, pur rimanendo valido (arg. anche ex art. 2384 c.c.), sia di per sé suscettibile d’essere eventualmente sanzionato tramite le azioni civilistiche poste a presidio delle prerogative della società, dei soci e dei creditori sociali (artt. 2393, 2394 e 2395 c.c.)”. Dall’altro lato, “tali fattispecie, con riferimento specifico alle società in controllo pubblico, paiono in astratto idonee, di conseguenza, ad intersecare diminuzioni patrimoniali qualificabili, ricorrendone le condizioni, in termini di danno erariale, secondo la nozione ora accolta dall’art. 12, comma 2, del TUSP”. L’inerenza dell’atto dispositivo all’attività svolta dall’organismo societario e le ricadute dirette sul valore della partecipazione non rappresentano gli unici aspetti che condizionano l’atto donativo della società partecipata. Anche nell’ambito della più ampia funzione di vigilanza che l’ente pubblico socio istituzionalmente svolge nei confronti delle proprie partecipate ai sensi dell’art. 147- quater del TUEL, allorché venga in rilievo lo svolgimento di un servizio pubblico locale rivolto alla collettività, remunerato mediante tariffa, non possono essere obliterati gli effetti economici in capo all’utenza del servizio.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Società a controllo pubblico: L’applicazione ragionata della disciplina della pre-allerta del TUSP

Il Consiglio Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha pubblicato il documento “L’applicazione ragionata della disciplina della pre-allerta nelle società a controllo pubblico ai tempi del Covid-19”, ispirato dalla constatazione che la legislazione relativa alla gestione dell’emergenza Covid-19 non ha sospeso la parte speciale della disciplina della crisi di impresa dettata, per le società a controllo pubblico, dagli artt. 6, co. 2 e 14, co. 2, 3, 4 e 5 del d.lgs. 175/2016, pur essendo questa integrata, per ratio ispiratrice, al sistema di allerta predisposto dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, la cui entrata in vigore è invece stata differita dal Decreto Liquidità”.
In tale contesto è evidente la necessità di un’applicazione ragionata delle disposizioni in questione, dettata dall’assoluta eccezionalità del contesto emergenziale. Di conseguenza, viene raccomandato agli operatori (organi amministrativi e di controllo, nonché soci pubblici) di privilegiare una gestione conservativa e, sempreché non si tratti di impresa già in difficoltà prima dell’emergenza Covid-19, di soprassedere, pur a fronte dell’emersione di indicatori di crisi aziendale, dall’adottare misure e provvedimenti altrimenti imposti – in un contesto di normalità – ai sensi dell’art. 14 del TUSP”.
Il documento, quindi, ha un importante rilievo pratico, in quanto suggerisce, in chiusura, un iter argomentativo a sostegno di tale condotta prudenziale, rassicurando sul fatto che simile scelta operativa dovrebbe risultare immune dalla denunzia per gravi irregolarità ex art. 2409 cod. civ., senza poter del pari configurare, più in generale, titolo di responsabilità a carico degli organi societari e del socio pubblico”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION