Al via l’acquisizione dei provvedimenti di revisione periodica delle partecipazioni pubbliche

Il Dipartimento del Tesoro informa che a partire dal 3 marzo 2021 le Amministrazioni pubbliche possono comunicare attraverso l’applicativo Partecipazioni del Portale Tesoro https://portaletesoro.mef.gov.it i dati relativi:
• al provvedimento di revisione periodica delle partecipazioni societarie detenute al 31/12/2019, da adottare entro il 31/12/2020 (art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 – Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica – TUSP);
• alla relazione, da approvare entro il 31/12/2020, sull’attuazione del precedente piano di razionalizzazione adottato (art. 20, comma 4, del TUSP);
• alle partecipazioni detenute al 31/12/2019 in società e in soggetti di forma non societaria (art. 17, commi 3 e 4, del D.L. n. 90/2014);
• ai rappresentanti in organi di governo di società ed enti al 31/12/2019 (art. 17, commi 3 e 4, del D.L. n. 90/2014).
Il sistema resterà aperto per l’invio delle comunicazioni fino al 28 maggio 2021.
L’applicativo Partecipazioni è stato sviluppato per assolvere contestualmente e in maniera integrata agli adempimenti informativi introdotti dal TUSP e a quelli relativi al censimento annuale delle partecipazioni pubbliche e dei rappresentanti, condotto dal Dipartimento del tesoro e condiviso con la Corte dei conti.
Pertanto, le Amministrazioni individuate ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), del TUSP devono comunicare, per le partecipazioni oggetto di revisione periodica, le informazioni richieste per il censimento delle partecipazioni detenute al 31/12/2019 nonché le ulteriori informazioni rilevanti per la verifica del rispetto del TUSP (esito della revisione, stato di attuazione del precedente piano di razionalizzazione) e devono altresì caricare nell’applicativo i provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 20 del TUSP.
I provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 20 del TUSP possono essere trasmessi alla Struttura per l’indirizzo, il controllo e il monitoraggio di cui all’art. 15 del TUSP esclusivamente attraverso l’applicativo Partecipazioni, fermo restando l’obbligo di comunicazione alla competente Sezione della Corte dei conti ai sensi dell’art. 20, comma 3, del TUSP.
Come già annunciato in occasione della pubblicazione delle schede per la rilevazione dei dati degli adempimenti in oggetto, la comunicazione non presenta elementi di novità rispetto a quella dello scorso anno (dati 2018).
Per entrambi i richiamati adempimenti è previsto l’obbligo di comunicazione anche in caso di assenza di dati, prestando esplicita dichiarazione da inoltrare attraverso l’applicativo. Nel caso di Amministrazioni soggette al TUSP deve essere caricato a sistema il provvedimento, adottato dall’organo competente, attestante la non detenzione di partecipazioni in società.
Nella compilazione delle schede l’applicativo non richiede l’inserimento dei dati già acquisiti da registri ufficiali (es. Registro Imprese-InfoCamere) o inseriti a sistema da altro utente che ha censito la partecipata per primo. L’applicativo, inoltre, esegue un controllo delle quote di partecipazione inserite a sistema su una stessa partecipata per evitare lo sforamento del cento per cento.
I responsabili e gli utenti già abilitati sono invitati a verificare la correttezza dell’indirizzo email registrato per la propria utenza nel Portale Tesoro e delle utenze attive per la propria Amministrazione e a provvedere alle opportune modifiche, disattivazioni e nuove attivazioni.
Per problemi di accesso all’applicativo è disponibile la funzionalità “Richiesta Assistenza” sulla Home page del Portale Tesoro https://portaletesoro.mef.gov.it.
Richieste di supporto alla comunicazione dei dati possono essere inoltrate alla casella : supportotematicopatrimonio@mef.gov.it.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Svincolo fondo perdite società partecipate

Con deliberazione n. 25/2021, la Corte dei conti, Sez. Sicilia, fornisce chiarimenti in merito alla possibilità dell’Ente di riacquistare la disponibilità delle somme accantonate qualora la partecipata abbia ripianato la perdita in un momento non contestuale all’approvazione del bilancio. Nel merito, i giudici contabili hanno ricordato che la norma di cui all’articolo 21 del D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), prevede che, qualora un organismo partecipato presenti un risultato di esercizio negativo che non venga immediatamente ripianato, l’Ente locale partecipante è tenuto ad accantonare, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, l’importo corrispondente in apposito fondo vincolato del bilancio di previsione dell’anno successivo. Viene, dunque, creata una relazione diretta tra le perdite registrate dagli organismi partecipati e la consequenziale contrazione degli spazi di spesa effettiva disponibili per gli enti proprietari a preventivo, con l’obiettivo di una maggiore responsabilizzazione degli enti locali nel perseguimento della sana gestione degli organismi partecipati. Come precisato dalla giurisprudenza contabile, “il meccanismo dell’accantonamento risponde all’esigenza di consentire una costante verifica delle possibili ricadute delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti locali e si pone quindi nell’ottica dalla salvaguardia degli equilibri finanziari presenti e futuri degli enti stessi. L’ente obbligato ad effettuare l’accantonamento in occasione della redazione del preventivo solo dopo la certificazione del risultato negativo, anche prima dell’approvazione del bilancio d’ esercizio della partecipata, pur senza esservi espressamente obbligato dall’art. 21 del D.Lgs. 175 del 2016, ben potrebbe valutare di procedere prudenzialmente ad accantonamenti, se dal monitoraggio sull’andamento della gestione societaria dovessero emergere perdite non ancora certificate (cfr. la deliberazione n. 127/2018/PAR Sez. Liguria). Le citate disposizioni prevedono anche che le somme accantonate nel fondo vincolato in questione tornino nuovamente nella disponibilità dell’ente partecipante (e possano cioè essere destinate alla copertura di spese effettive) qualora il medesimo ripiani le perdite di esercizio o dismetta la partecipazione, oppure il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Lo stesso effetto si realizza ove le perdite conseguite in esercizi precedenti siano ripianate dagli stessi soggetti partecipati, cioè siano riassorbite attraverso la gestione successiva (cfr. Sez. Liguria, deliberazione n. 24/2017/PAR). Pur in presenza degli accantonamenti in argomento, pertanto, il “soccorso finanziario” nei confronti degli organismi partecipati si ritiene permanga del tutto precluso allorché si versi nella condizione di reiterate perdite di esercizio, presa in considerazione dall’articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con disposizione confermata dall’art. 14, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016.
Per quanto riguarda, invece, le modalità di “liberazione” dell’avanzo accantonato corrispondente alla quota del fondo perdite per le società partecipate, la Sezione ricorda che le stesse sono disciplinate anche dalla regola generale di cui all’art. 46, comma 3, D.lgs. 118 del 2011, secondo cui il vincolo apposto sui fondi confluiti nella missione “fondi e accantonamenti” può essere rimosso solo quando la spesa potenziale cui è preordinato non può più verificarsi. Lo svincolo della quota accantonata non può che coincidere con quello in cui ha effettivamente luogo la copertura da parte della società delle perdite, ottenuta attraverso l’utilizzo delle proprie riserve o di nuovi finanziamenti dei soci, anche, eventualmente, per mezzo la modifica del capitale sociale. La copertura, invece, non può essere definita effettiva, con conseguente mancata integrazione del presupposto normativamente richiesto, se la perdita è stata solo “rinviata a nuovo” dalla partecipata. La liberazione delle risorse accantonata presuppone, quindi, l’esercizio di un adeguato controllo della partecipante sull’evoluzione della situazione contabile della società e che l’esito delle verifiche effettuate abbia escluso la reiterazione di nuovi risultati di esercizio negativi, registrandosi, all’opposto, un’inversione della precedente tendenza.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Organismi partecipati, la verifica dei crediti e debiti deve recare la doppia asseverazione degli organi di revisione

La Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 35/2021/PRSE, nell’ambito dell’attività di controllo dei questionari sui rendiconti 2017 e 2018 di un Comune, ha rilevato che i prospetti dimostrativi di cui art. 11, comma 6, lett. j, d.lgs. n. 118/2011, concernenti i debiti e crediti reciproci tra l’Ente e gli organismi partecipati non recano la doppia asseverazione degli organi di revisione. A tal riguardo, la Sezione ha rammentato che la norma citata dispone che la relazione sulla gestione da allegare al rendiconto dell’ente territoriale debba riportare gli esiti della verifica dei crediti e debiti reciproci con i propri enti strumentali e le società controllate e partecipate, aggiungendo che: “la predetta informativa, asseverata dai rispettivi organi di revisione, evidenzia analiticamente eventuali discordanze e ne fornisce la motivazione. In tal caso l’ente assume senza indugio, e comunque non oltre il termine dell’esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle partite debitorie e creditorie. La verifica dei crediti e debiti reciproci  risponde all’esigenza di garantire trasparenza e veridicità delle risultanze del bilancio degli enti partecipati.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Natura giuridica del Gruppo di Azione Locale (GAL)

Il TAR Umbria, con sentenza n. 44 dell’8 febbraio 2021, pronunciandosi in merito al ricorso presentato da alcuni comuni contro l’Associazione Gruppo Azione Locale (GAL) per l’annullamento della deliberazione dell’assemblea dell’Associazione ne ha fornito un inquadramento giuridico, quali soggetti protagonisti dello sviluppo locale di tipo partecipativo cofinanziato dai fondi strutturali e di investimento europei. L’Analisi svolta dai giudici amministrativi fa emergere la complessità che deriva dalla particolare natura di tali soggetti: enti privati partecipati anche da enti pubblici.
“I gruppi di azione locale (GAL) costituiscono i soggetti deputati a svolgere importanti funzioni nel sistema relativo alla gestione dei fondi strutturali e di investimento europei (SIE), spettando ad essi, ai sensi dell’art. 32 del regolamento UE n. 1303/2013 del 17.12.2013, la gestione dello strumento denominato “Sviluppo locale di tipo partecipativo” (SLTP).
Lo stesso art. 32, par. 2, lett. b), del regolamento UE n. 1303/2013 stabilisce che i gruppi di azione locale siano «composti da rappresentanti degli interessi socio-economici locali sia pubblici che privati, nei quali, a livello decisionale, né le autorità pubbliche, quali definite conformemente alle norme nazionali, né alcun singolo gruppo di interesse rappresentano più del 49% degli aventi diritto al voto».
L’art. 34, par. 2, del regolamento dispone, poi, che «[l]’autorità o le autorità di gestione responsabili provvedono affinché i gruppi di azione locale scelgano al loro interno un partner capofila per le questioni amministrative e finanziarie, oppure si riuniscano in una struttura comune legalmente costituita».
La definizione della forma giuridica dei GAL è lasciata alle autorità di gestione responsabili dei programmi che finanziano le strategie locali, pur nel rispetto di alcune indicazioni di fondo rinvenibili nel regolamento europeo. In particolare, è prevista la necessaria rappresentazione organica nel GAL, accanto agli interessi privati, degli interessi pubblici (tramite la partecipazione degli enti locali dell’ambito territoriale, delle camere di commercio, degli enti parco etc.). Il peso della presenza della componente pubblica è però significativamente attenuato dalla disposizione dell’art. 32, par. 2, lett. a), del regolamento UE, che stabilisce che nell’organo decisionale dei GAL né le autorità pubbliche, né alcun singolo gruppo di interesse rappresentano più del 49% degli aventi diritto al voto: dunque, la componente pubblica nell’organo decisionale sarà sempre minoritaria. Inoltre, l’art. 34, par. 3, lett. b), del regolamento prevede, per la selezione degli interventi che attuano la strategia, che «almeno il 50% dei voti espressi nelle decisioni di selezione provenga da partner che sono autorità non pubbliche». Dunque, laddove riuniti in una “struttura comune legalmente costituita”, i GAL assumono la configurazione di soggetto collettivo di diritto privato a partecipazione pubblica necessaria e minoritaria.
Per stabilire la disciplina concretamente applicabile all’attività dei GAL occorre muovere dalla natura degli atti concretamente assunti, secondo la prospettiva della nozione funzionale e dinamica dell’ente pubblico fatta propria anche dalla giurisprudenza amministrativa, che ha osservato che «quando un ente viene dalla legge sottoposto a regole di diritto pubblico, quell’ente, limitatamente allo svolgimento di quell’attività procedimentalizzata, diviene, di regola, “ente pubblico” a prescindere dalla sua veste formale. Deve essere ribadito che lo diviene non in maniera statica ed immutevole, ma dinamica e mutevole, perché dismette quella veste quando svolge altre attività non procedimentalizzate» (Cons. Stato, sez. VI, 11 luglio 2016, n. 3043).
Il caso dei gruppi di azione locale si inquadra nell’approccio da ultimo ricordato, giacché non tutte le manifestazioni della loro attività appaiono essere sottoposte alle regole del diritto pubblico.
Così, in via esemplificativa, avendo riguardo alle regole ed ai principi che il GAL si trova, di volta in volta, a dover applicare:
a) per quanto concerne i procedimenti istruttori finalizzati all’approvazione delle graduatorie per l’erogazione dei finanziamenti sui fondi SIE, la giurisprudenza ha ritenuto la sussistenza della giurisdizione amministrativa, sul presupposto che, in materia, i GAL sono tenuti al rispetto dei principi che riguardano l’attività amministrativa ai sensi dell’art. 1, c. 1-ter, della legge n. 241/1990): infatti, «gli atti con i quali i gruppi di Azione Locale (cosiddetti Gal), incaricati di gestire sovvenzioni pubbliche da concedere ai destinatari finali del finanziamento, procedono, attraverso un procedimento di evidenza pubblica, all’individuazione delle proposte progettuali più vantaggiose, costituiscono esercizio di funzioni oggettivamente pubblicistiche, per cui sono soggetti alla giurisdizione del g.a.» (TAR Sardegna, sez. I, 15 luglio 2016, n. 616);
b) per quello che riguarda l’applicazione delle norme sulle procedure di scelta delle controparti contrattuali ai fini dell’acquisizione di beni e servizi e la conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, devono ritenersi sussistenti i requisiti dell’organismo di diritto pubblico di cui all’art. 3, c. 1, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016, trattandosi di enti: 1) istituiti per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale (consistenti nei compiti correlati alla gestione delle strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo di cui agli artt. 32 e ss. del regolamento UE n. 1303/2013); 2) dotati di personalità giuridica (laddove organizzati, ai sensi dell’art. 34, par. 2, del regolamento UE, in una “struttura comune legalmente costituita”); 3) finanziati in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico (tramite il sostegno finanziario dei fondi SIE ai sensi dell’art. 35 del regolamento UE n. 1303/2013).
c) ai GAL, se costituiti in forma societaria, è applicabile anche la normativa di cui al d.lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), tanto che lo stesso legislatore si premura di fare «salva la possibilità di costituire società o enti in attuazione dell’articolo 34 del regolamento (CE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 e dell’articolo 61 del regolamento (CE) n. 508 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio 15 maggio 2014» per escludere gli stessi enti dall’ambito di applicazione del divieto di costituzione di società ovvero di acquisto e mantenimento di partecipazioni, anche di minoranze, in società non strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente costituente o partecipante;
d) l’applicabilità del d.lgs. n. 175/2016 assume rilievo ai fini del reclutamento del personale ai sensi dell’art. 19 del Testo unico;
e) deve poi ritenersi che i GAL, «limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario», sono qualificabili come pubblica amministrazione ai fini dell’applicazione della normativa in materia di accesso di cui agli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990;
f) infine, alle condizioni di cui all’art. 2-bis, c. 3, del d.lgs. n. 33/2013, e limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea, ai GAL sarà applicabile la disciplina in materia di accesso civico e di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni di cui al medesimo decreto.
Tenuto conto della nozione “funzionale” dell’ente pubblico sopra ricordata, non possono invece ritenersi soggetti alla disciplina pubblicistica gli atti nei quali si esplica la “vita interna” dell’organismo collettivo (associativo o societario)”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Linee guida ANAC in materia di affidamenti in house, avvio consultazione on line

L’ANAC ha deliberato l’adozione delle Linee guida Recanti «Indicazioni in materia di affidamenti in house di contratti aventi ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza ai sensi dell’articolo 192, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i.» al fine di fornire indicazioni utili alle stazioni appaltanti per la formulazione della motivazione richiesta dalla disposizione richiamata nel caso di affidamento diretto a società in house. Nel documento di consultazione è stata offerta una lettura dell’articolo 192, comma 2, nel senso che le stazioni appaltanti nel motivare le ragioni del mancato ricorso al mercato, devono esplicitare le valutazioni effettuate in merito alla congruità economica dell’offerta e ai benefici per la collettività della forma di gestione prescelta. Questa ricostruzione è confermata nel parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema di codice dei contratti pubblici (parere n. 855 del 1/4/2016, laddove è chiarito che «l’art. 192, comma 2, impone alle stazioni appaltanti, per l’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, l’obbligo di dare conto, nella motivazione del provvedimento di affidamento, delle ragioni del mancato ricorso al mercato nonché dei benefici, per la collettività, della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché, ancora e infine, di ottimale impiego delle risorse pubbliche. Si tratta di un onere motivazionale rafforzato, che consente un penetrante controllo della scelta effettuata dall’Amministrazione, anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche».
Per quanto attiene al contenuto della motivazione, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1900/2016, seppur in negativo, ha indicato il contenuto minimo della valutazione, sostenendo che la stessa, per soddisfare l’onere di motivazione aggravato previsto dalla norma deve essere concreta, riscontrabile, controllabile, intellegibile e pregnante sui profili della convenienza, non solo economica, della scelta.
Le Linee guida saranno adottate, all’esito della consultazione pubblica, ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici.
Gli Stakeholder potranno far pervenire le loro osservazioni mediante utilizzo del modulo informatico accessibile sul sito dell’Autorità nella sezione Consultazioni entro il giorno 15 marzo 2021 ore 24.00.

 

Partecipate in perdita, piano di risanamento e divieto di soccorso finanziario

Il “soccorso finanziario” nei confronti degli organismi partecipanti è da considerare precluso, allorché si versi nella condizione di reiterate perdite di esercizio, e di cui all’articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con disposizione confermata dall’art. 14, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016. Per le società partecipate che gestiscono servizi di pubblico interesse in caso di crisi d’impresa è necessario predisporre un piano di risanamento, approvato dall’autorità di regolazione di settore comunicato alla Corte dei conti, ai sensi dell’art 14, co. 5, d.lgs. 175/2016, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni, nell’ottica della continuità aziendale. Non costituisce un idoneo piano di risanamento “la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell’amministrazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività svolte, approvato ai sensi del comma 2, anche in deroga al comma 5”. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario.
Inoltre, la norma di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (TUSP), prevede che, qualora un organismo partecipato presenti un risultato di esercizio negativo che non venga immediatamente ripianato, l’Ente locale partecipante è tenuto ad accantonare, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, l’importo corrispondente in apposito fondo vincolato del bilancio di previsione dell’anno successivo. Come precisato dalla giurisprudenza contabile, “il meccanismo dell’accantonamento risponde all’esigenza di consentire una costante verifica delle possibili ricadute delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti locali e si pone quindi nell’ottica dalla salvaguardia degli equilibri finanziari presenti e futuri degli enti stessi. Le citate disposizioni prevedono anche che le somme accantonate nel fondo vincolato in questione tornino nuovamente nella disponibilità dell’ente partecipante (e possano cioè essere destinate alla copertura di spese effettive) qualora il medesimo ripiani le perdite di esercizio o dismetta la partecipazione, oppure il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Lo stesso effetto si realizza ove le perdite conseguite in esercizi precedenti siano ripianate dagli stessi soggetti partecipati, cioè siano riassorbite attraverso la gestione successiva” (Sez. Liguria, deliberazione n. 24/2017/PAR). L’adempimento dell’obbligo di accantonamento di quote di bilancio, in correlazione a risultati gestionali negativi degli organismi partecipati, non comporta l’insorgenza a carico dell’Ente socio, anche se unico, di un conseguente obbligo di ripiano di dette perdite o all’assunzione diretta dei debiti del soggetto partecipato. Pur in presenza degli accantonamenti in argomento, pertanto, il “soccorso finanziario” nei confronti degli organismi partecipati permane del tutto precluso, allorché si versi nella condizione di reiterate perdite di esercizio, presa in considerazione dall’articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con disposizione confermata dall’art. 14, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016. Ne deriva che un ente locale, che dovesse assorbire , sistematicamente, a carico del proprio bilancio, i risultati negativi della gestione di un organismo partecipato, pur in presenza degli accantonamenti prudenziali di cui all’art. 21, sarà tenuto a dimostrare lo specifico interesse pubblico perseguito, in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando in particolare le ragioni economico-giuridiche dell’operazione, le quali, devono necessariamente essere fondate sulla possibilità di assicurare una continuità aziendale finanziariamente e positivamente sostenibile. La trasgressione degli obblighi di vigilanza, d’indirizzo e di controllo, unitamente al perdurare di scelte del tutto irrazionali e antieconomiche, può far scaturire una responsabilità per danno erariale dei pubblici amministratori. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Piemonte, con deliberazione n. 33/2021/SRCPIE/PRSE.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti, inosservanza degli obblighi normativi in tema di revisione ordinaria delle partecipate

L’art. 24 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 s.m.i. prevede, come noto, che le partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche in società non riconducibili ad alcuna delle categorie di cui all’articolo 4, ovvero che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, o che ricadono in una delle ipotesi di cui all’articolo 20, comma 2, siano alienate o, in alternativa, oggetto delle altre misure di razionalizzazione indicate all’articolo 20, commi 1 e 2.
L’art. 20, comma 1, dello stesso d.lgs. n. 175/2016 prevede che le amministrazioni pubbliche sono tenute ad effettuare annualmente, con proprio provvedimento, un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti di cui al comma 2, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione.
Con riferimento ai termini di presentazione, a norma degli artt. 20, comma 3 e 26, comma 11, del TUSP., la revisione periodica, secondo quanto evidenziato dalla Sezione delle autonomie, nella deliberazione 21 dicembre 2018, n. 22/INPR, è adempimento da compiere entro il 31 dicembre di ogni anno. L’esito della ricognizione, anche in caso negativo, va comunicato, con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto-legge n. 90/2014 (convertito dalla legge n. 114/2014) e le informazioni vanno rese disponibili alla Sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell’articolo 5, comma 4, al fine di verificare il puntuale adempimento degli obblighi prescritti.
Inoltre, l’art. 20, comma 7, dello stesso TUSP stabilisce che “la mancata adozione degli atti di cui ai commi da 1 a 4 da parte degli enti locali comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti”. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 10/2021/VSG con la quale accerta l’inadempimento del Comune agli obblighi di revisione ordinaria delle partecipazioni detenute ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 175/2016, con conseguente segnalazione alla competente Procura contabile per le valutazioni di competenza.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale delle società partecipate, avviata la consultazione pubblica

Il Dipartimento del Tesoro informa che è stata avviata la consultazione pubblica sulle indicazioni della Struttura di monitoraggio  sull’attuazione del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (TUSP) in merito ai principali contenuti del “Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale”, da adottare ai sensi dell’art. 6, comma 2, del TUSP. Eventuali commenti o osservazioni potranno pervenire entro il 9 febbraio 2021 al seguente indirizzo di posta elettronica dir8.dt.monitoraggio@mef.gov.it.
La predisposizione del Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale rappresenta un adempimento temporalmente antecedente rispetto alle disposizioni contenute nel Codice della Crisi di impresa e dell’insolvenza – Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 che, in conseguenza della proroga prevista nell’articolo 5 del D.L. n. 23 del 2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40,  ntrerà in vigore a partire dal 1° settembre 2021. Nel merito, l’articolo 6, comma 2, del D. Lgs. n. 175/2016 (di seguito “TUSP”) fa obbligo alle società a controllo pubblico di predisporre specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale e di informarne l’Assemblea nell’ambito della relazione sul governo societario, la quale viene predisposta annualmente dall’organo amministrativo della società, a chiusura dell’esercizio sociale e pubblicata nel registro delle imprese contestualmente al bilancio di esercizio. Tale disciplina è funzionale a quanto previsto dall’art. 14, comma 2, del TUSP, il quale dispone che, laddove “emergano, nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio di cui all’articolo 6 comma 2, uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo delle società a controllo pubblico debba adottare senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento”. La mancata adozione di tali provvedimenti costituisce grave irregolarità ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile.
Il documento illustra, in via esemplificativa, i principali contenuti di un Programma-tipo di valutazione del rischio di crisi aziendale e fornisce indicazioni sulle modalità di monitoraggio delle aree di rischio individuate. Esso intende valorizzare la finalità informativa di detto Programma, il quale se ben redatto consente: i) ai soci pubblici di analizzare e valutare lo stato di salute delle società partecipate e, quindi, tra l’altro, la convenienza economico-finanziaria di tale modalità di gestione del servizio rispetto ad altre alternative possibili; ii) all’organo amministrativo di assicurare la salvaguardia del patrimonio sociale, l’efficienza e l’efficacia dei processi aziendali, il rispetto di leggi e regolamenti nonché dello statuto sociale e delle procedure interne.
Il rispetto dell’obbligo di predisposizione del Programma ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del TUSP, è oggetto di interesse da parte della Corte dei conti nelle Linee guida annuali sul funzionamento integrato dei controlli interni di enti locali, Regioni e Province
autonome. In tale ambito, l’indagine della magistratura contabile attiene all’attività di verifica dell’ente pubblico socio sulle società partecipate, in relazione ad una puntuale valutazione di eventuali riflessi sulla propria situazione economica e finanziaria.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Il principio di gratuità degli incarichi dei componenti del CdA di Aziende speciali

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 177/2020, ha chiarito che la prestazione di garanzie da parte del Comune in favore dell’Azienda Speciale per mutui contratti da quest’ultima per investimenti e l’incremento del fondo di dotazione iniziale dell’Azienda Speciale per la realizzazione di investimenti integrano ipotesi di contributi a carico della finanza pubblica, alle quali si applica il principio di gratuità, sancito dall’art. 6, comma 2, del D.L. n. 78/2010. Tale disposizione prevede che “…la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti i gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta giornaliera…”.
Nel merito, la Sezione, in linea con i principi espressi dalla Sezione delle Autonomie con deliberazione n. 9/SEZAUT/2019/QMIC, ribadisce che il regime vincolistico di cui all’art. 6, comma 2 non comprende il conferimento del capitale di dotazione iniziale, né le erogazioni a titolo di contratto di servizio. Come è stato osservato in un recente pronunciamento della Sezione regionale per il Lazio, che ha integralmente recepito i principi di diritto espressi in sede nomofilattica, “in presenza di un corrispettivo, il denaro rappresenta la controprestazione del rapporto obbligatorio, mentre, in presenza di un contributo, il denaro costituisce l’oggetto stesso della prestazione, potendosi prescindere, dunque, da un principio di sinallagmaticità delle prestazioni” (deliberazione n. 73/2020/PAR). Un contributo, in linea generale, costituisce una erogazione di denaro fine a sé stessa, talvolta condizionata al verificarsi di determinati eventi nella sfera giuridica del beneficiario, ma che comunque non rappresenta mai il pagamento di un corrispettivo, per la prestazione di un servizio o per la cessione di un bene. La stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 161 del 2012, ha evidenziato che “nella locuzione generale di enti «che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche» rientrino non solo quelli che ricevono erogazioni finanziarie, bensì tutti quelli che ricevono qualunque beneficio in risorse pubbliche, in grado di incrementare le componenti attive del bilancio dell’ente destinatario o di diminuirne quelle passive”, cioè a dire “utilità economica”, quali sovvenzioni in denaro, garanzie, esenzioni da tributi, canoni, etc.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Corte dei conti, referto sul processo di razionalizzazione delle partecipazioni societarie

La Corte dei conti, Sezioni riunite, con deliberazione n. 19/SSRRCO/2020 ha approvato il referto sui piani di revisione straordinaria e razionalizzazione periodica 2018 e 2019 delle partecipazioni delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici nazionali, tra cui gli ordini e le federazioni professionali, attribuiti alla competenza della magistratura contabile. Dagli accertamenti istruttori condotto emergono alcuni profili di non conformità al dettato legislativo. In particolare,

  1. ritardata formalizzazione, da parte di alcuni ministeri, dei provvedimenti di revisione o dell’invio della prescritta comunicazione negativa;
  2. incompleta esplicitazione, in alcuni provvedimenti approvati da ministeri, enti pubblici nazionali ed ordini professionali, o nelle allegate schede tecniche di dettaglio, della ricorrenza di tutti i parametri elencati nell’art. 20 del d.lgs. n. 175 del 2016;
  3. omessa ricognizione, nei provvedimenti adottati dal Ministero dell’economia e delle finanze, delle società quotate in mercati regolamentati, nonché delle partecipazioni indirette detenute tramite queste ultime;
  4. adozione dei piani di revisione straordinaria e periodica, da parte di alcuni ministeri, con provvedimento adottato da organo differente rispetto a quello di vertice politico-amministrativo;
  5. ritardata conclusione, in alcuni casi, di programmate alienazioni di partecipazioni societarie; omessa esplicitazione, nei piani di revisione, delle motivazioni per le quali il costo del personale e, in generale, i costi di  funzionamento non necessitino di interventi di razionalizzazione, come da parametro contenuto nell’art. 20, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 175 del 2016;
  6. mancata adozione, e relativa pubblicazione sui siti internet istituzionali, da parte di alcune amministrazioni ed enti pubblici nazionali, di obiettivi specifici sui costi di funzionamento e del personale delle società a controllo pubblico,
    prescritti dall’art. 19, comma 5, del d.lgs. n. 175 del 2016;
  7. omessa o ritardata adozione, da parte di alcuni enti pubblici nazionali, dei provvedimenti di revisione straordinaria o periodica o dell’invio della prescritta comunicazione negativa;
  8. incompleta esplicitazione, nel provvedimento di autorizzazione alla costituzione di una nuova società, adottato da un ente pubblico nazionale, dei parametri motivazionali prescritti dall’art. 5 del d.lgs. n. 175 del 2016;
  9. presenza di procedure di liquidazione di società partecipate avviate da tempo e non ancora concluse, nonché, a volte, decisione di sciogliere la società intervenuta pochi anni dopo la costituzione;
  10. omessa indicazione, in alcuni piani di revisione periodica degli enti pubblici nazionali, dei dati necessari a valutare il costo medio annuo del personale;
  11. omessa o ritardata approvazione, da parte di alcuni ordini professionali nazionali e territoriali, dei provvedimenti di revisione straordinaria e di razionalizzazione periodica o dell’invio della comunicazione negativa prescritta dagli artt. 20 e 24 del d.lgs. n. 175 del 2016;
  12. mancata rilevazione, nei piani di revisione adottati da alcuni ordini professionali nazionali, delle società detenute indirettamente tramite un ente controllato non avente natura societaria;
  13. assenza o carenza, in alcuni piani di revisione approvati dagli ordini professionali nazionali e territoriali, delle motivazioni a supporto del mantenimento di partecipazione societarie, in presenza di uno o più parametri elencati nell’art. 20 del d.lgs. n. 175 del 2016;
  14. omessa o incompleta adozione, da parte di alcune società controllate da ordini professionali nazionali, della delibera assembleare motivata, prescritta dall’art. 11, comma 3 del d.lgs. n. 175 del 2016, a fondamento dell’opzione dell’organo di amministrazione collegiale.