Affidamento del servizio a un’azienda speciale richiede gli stessi adempimenti dell’in-house

L’Anac, con il parere in funzione consultiva n.27 del 30 maggio 2023, ha chiarito che l’affidamento in gestione da parte dell’ente pubblico farmacie comunali o servizi sociali a un’Azienda speciale richiede gli stessi adempimenti dell’in-house.

Ai sensi dell’art. 114 del d.lgs. 267/2000, ’Azienda speciale è distinta dall’ente locale e dispone di autonomia imprenditoriale, ma riveste un ruolo strumentale per l’Amministrazione pubblica, secondo principi di economicità, efficacia ed efficienza gestionale. L’Azienda speciale, pertanto, gode di autonomia imprenditoriale, ma la sua attività è diretta e orientata dall’ente controllante come fosse un in-house.

La giurisprudenza amministrativa riconduce le aziende speciali, costituite per la gestione di servizi pubblici locali e con le caratteristiche sopra delineate, nel novero degli enti pubblici economici (ex multis Cons. Stato n. 641/2014, sulla base di precedenti pronunce della Corte di Cassazione nn. 15661/06, 14101/06, 18015/02 e 10968/01), ossia degli enti (come indicato dalla dottrina) titolari di impresa e che agiscono con gli strumenti di diritto comune. Detti enti, tuttavia, come ulteriormente chiarito dalla giurisprudenza «restano nell’alveo della pubblica amministrazione pur quando eventualmente operino con strumenti privatistici» (Corte di Cassazione SS.UU., 2 settembre 2013 n. 20075). Inoltre (…) «sotto il profilo sostanziale (…) le aziende speciali, così come le società in house, come … affermato dalle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sentenza 25 novembre 2013, n 26283, ribadito con Ordinanza 2 dicembre 2013, n. 26936), possono essere considerate come enti che rappresentano delle vere e proprie articolazioni della Pubblica Amministrazione, atteso che gli organi di queste sono assoggettate a vincoli gerarchici facenti capo alla Pubblica Amministrazione, i cui dirigenti sono dunque legati alla Pubblica amministrazione da un rapporto di servizio come avviene per i dirigenti preposti ai servizi direttamente erogati dall’ente pubblico (…) le aziende speciali sono enti che conservano natura pubblica, non possedendo nemmeno uno statuto privatistico di tipo societario e non relazionandosi con l’ente istitutivo secondo schemi e modelli privatistico.

L’affidamento diretto di servizi pubblici a rilevanza economica tramite azienda speciale presenta molte similarità con gli affidamenti dell’in-house. Quindi, da parte dell’Azienda speciale va presentata un’offerta tecnico-economica per la gestione del servizio pubblico da sottoporre al vaglio della Pubblica Amministrazione. L’Amministrazione, per poter dimostrare la sostenibilità e la convenienza di un eventuale affidamento alla propria azienda speciale, l’ente deve tenere conto delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali, della situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l’ente locale e per gli utenti, dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili, nonché dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l’ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati.

«Degli esiti della valutazione si dovrà dare conto, prima dell’avvio della procedura di affidamento del servizio, in un’apposita relazione nella quale sono evidenziate altresì le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione europea per la forma di affidamento prescelta, nonché illustrati gli obblighi di servizio pubblico e le eventuali compensazioni economiche, inclusi i relativi criteri di calcolo, anche al fine di evitare sovra compensazioni.

 

La redazione PERK SOLUTION

Gestione della farmacia comunale mediante società in house

Il Consiglio di Stato, sez. I, 30 marzo 2022, n. 687 ha evidenziato che la gestione di una farmacia comunale – da qualificarsi servizio pubblico di rilevanza economica – può essere esercitata dall’ente, oltre che con le forme dirette previste dall’ art. 9, l. n. 475 del 1968, sempre in via diretta, anche mediante società di capitali a partecipazione totalitaria pubblica (in house), ovvero può essere affidata in concessione a soggetti estranei al comune previo espletamento di procedure di evidenza pubblica in modo da garantire la concorrenza.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha esaminato più volte la questione concernente l’ammissibilità di forme di gestione delle farmacie comunali non previste dall’art. 9, l. n. 475 del 1968, poiché, ad esempio, fra le forme di gestione individuate dalla predetta norma speciale non è stato previsto l’affidamento in concessione a terzi. Sul punto osserva la sentenza, sez. III, 13 novembre 2014, n. 5587, che lo stesso legislatore ha previsto forme di gestione del servizio farmaceutico comunale ulteriori rispetto a quelle indicate nell’art. 9, l. n. 475 del 1968 che, dunque, non sono tassative. Ed invero, “non si dubita … che la gestione di una farmacia comunale possa essere esercitata da un comune mediante società di capitali a partecipazione totalitaria pubblica (in house), benché tale modalità non sia stata prevista dal legislatore del 1968 (e del 1991), in coerenza con l’evolversi degli strumenti che l’ordinamento ha assegnato agli enti pubblici per svolgere le funzioni loro assegnate; e non si dubita che la gestione possa essere esercitata anche da società miste pubblico/private (…), con il superamento del limite dettato dall’art. 9 della l. n. 475 del 1968, secondo cui la gestione poteva essere affidata a società solo se costituite tra il comune e i farmacisti. (…) L’affidamento della gestione è peraltro consentito in house a patto che il Comune eserciti sulla società un “controllo analogo” a quello che eserciterebbe su proprie strutture organizzative, nel concetto di controllo analogo essendo peraltro ricompresa la destinazione prevalente dell’attività dell’ente in house in favore dell’amministrazione aggiudicatrice”.
È stato altresì chiarito con la stessa pronuncia che “si deve ritenere che un comune, nel caso in cui non intenda utilizzare per la gestione di una farmacia comunale i sistemi di gestione diretta disciplinati dall’art. 9 della legge n. 475 del 1968, possa utilizzare modalità diverse di gestione anche non dirette; purché l’esercizio della farmacia avvenga nel rispetto delle regole e dei vincoli imposti all’esercente a tutela dell’interesse pubblico. In tale contesto, pur non potendosi estendere alle farmacie comunali tutte le regole dettate per i servizi pubblici di rilevanza economica, non può oramai più ritenersi escluso l’affidamento in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali attraverso procedure di evidenza pubblica. Del resto l’affidamento in concessione a terzi attraverso gare ad evidenza pubblica costituisce la modalità ordinaria per la scelta di un soggetto diverso dalla stessa amministrazione che intenda svolgere un servizio pubblico”.
Peraltro, si ritiene oggi unanimemente che l’assenza di una norma positiva che autorizzi la dissociazione tra titolarità e gestione non crei un ostacolo insormontabile all’adozione del modello concessorio. Con riguardo al profilo afferente alla tutela della salute, l’obiettivo del mantenimento in capo al Comune delle proprie prerogative di Ente che persegue fini pubblicistici può essere garantito – in caso di affidamento a terzi – dalle specifiche regole di gara e, più precisamente, dagli obblighi di servizio pubblico da imporre al concessionario, idonei a permettere un controllo costante sull’attività del gestore e di garantire standard adeguati di tutela dei cittadini. In questo senso, l’impostazione risulta perfettamente in linea con il principio comunitario di proporzionalità, per cui le restrizioni al regime di piena concorrenza sono effettivamente ammesse nei limiti in cui risulti strettamente necessario con l’obiettivo da perseguire (nella specie, la salvaguardia della salute pubblica e del benessere dei cittadini) (Tar Brescia, sez. II, 1 marzo 2016, n. 309).

Ddl Concorrenza, ANAC: serve più libero mercato e meno in-house

Per favorire maggiore concorrenza anche nei servizi pubblici che vengono gestiti dalle municipalizzate occorre indicare con chiarezza nel ddl Concorrenza che, prima di ricorrere ad assegnazioni di appalti e concessioni in-house, le stazioni appaltanti debbano fornire e rendere pubbliche con precise motivazioni di convenienza economica e sociale le ragioni che portano a scegliere l’in-house, invece della gara. È quanto affermato dall’ANAC nelle proprie osservazione e proposte al ddl Concorrenza. La richiesta di Anac è motivata dai dati sul ricorso agli affidamenti a società controllate dalle amministrazioni. Il ricorso all’in-house porta, infatti, gli enti locali ad assegnare in affidamento diretto fino al 93% degli affidamenti, lasciando alle gare per i servizi una quota irrisoria pari a soltanto il 5% del totale.

Anac chiede, inoltre, di inserire un termine di trenta giorni durante i quali sarà possibile valutare l’adeguatezza delle ragioni delle amministrazioni ed eventualmente impugnare il ricorso all’in-house. In ogni caso, anche tali affidamenti dovrebbero confluire nella banca dati nazionale dei contratti pubblici. Questo per permettere un confronto sulla convenienza, guardando come sono realizzati i servizi sul mercato, e a quale prezzo. In tal modo aumenterà la trasparenza e così, alla fine, si incentiveranno le scelte dirette a offrire servizi migliori ai cittadini. Per Anac, la norma già messa a punto dal governo e ora all’esame del Senato, deve essere rafforzata e messa a sistema.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Affidamenti in house, il Consiglio di Stato sospende parere sulle Linee guida ANAC

Il Consiglio di Stato, con atto n. 01614 del 7/10/2021 ha sospeso il parere sullo schema di Linee Guida ANAC recanti «Indicazioni in materia di affidamenti in house di contratti aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture disponibili sul mercato in regime di concorrenza ai sensi dell’articolo 192, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i.», in attesa di ulteriori approfondimenti istruttori da parte dell’Autorità sui profili di impatto operativo, nel contesto di attuazione del PNRR.
Le linee guida sono adottate ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici e si pongono l’obiettivo di fornire indicazioni utili alle stazioni appaltanti per la formulazione della motivazione richiesta dall’articolo 192, comma 2, del codice dei contratti pubblici nel caso di affidamento diretto ad organismi in house. Lo scopo è quello di fornire indicazioni pratiche per orientare l’azione degli enti interessati verso comportamenti conformi alla normativa vigente ed uniformi, favorendo la diffusione di best-practice.
I giudici, nel presupposto che le linee guida in questione costituiscono un atto privo di efficacia normativa vincolante, che nasce da un’iniziativa discrezionale dell’Autorità, rispetto al quale il parere del Consiglio di Stato ha natura facoltativa, evidenziano come l’articolo 10 (rubricato “Misure per accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici”) del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, ha ampliato l’area applicativa del ricorso all’in house providing; il comma 3 del medesimo articolo, modificato dalla legge di conversione n. 108 del 2021, reca poi una disciplina ad hoc della motivazione del ricorso alla formula dell’in house in deroga al mercato, di cui all’art. 192, comma 2; in Parlamento è in discussione la delega per la riforma degli appalti; sussiste un consolidato orientamento giurisprudenziale in merito all’applicazione dell’articolo 192 c. 2 del dlg. 50/2016. Tutti elementi da considerare ed approfondire prima di emanare le linee Guida.
Le citate riflessioni inducono, quindi, il Consiglio di Stato “prima di procedere all’analisi delle linee guida e delle diverse, spesso complesse e delicate, problematiche ivi affrontate, a demandare preliminarmente all’Autorità un ulteriore approfondimento sui profili di impatto operativo, nel contesto di attuazione del PNRR, acquisendo eventualmente anche l’avviso sulle prossime prospettive de iure condendo del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e della Presidenza del consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (che potrà se del caso consultare anche gli appositi organismi introdotti con il predetto decreto-legge n. 77 del 2021, quali la Segreteria tecnica presso la Presidenza del consiglio dei ministri e la “Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione”.

ANAC, Affidamenti in-house è l’eccezione non la regola

Nella seduta del Consiglio dell’8 settembre scorso, l’ANAC ha approvato la proposta di Nuove Linee guida in fatto di affidamenti in-house per le società pubbliche. Prima di ricorrere ad assegnazioni di appalti e concessioni in-house, le stazioni appaltanti dovranno fornire e rendere pubbliche con precise motivazioni di convenienza economica e sociale le ragioni che portano a scegliere l’in-house, invece della gara. In tal modo mettendo in grado anche cittadini e operatori economici esclusi dall’in-house di verificare e controllare se tali motivazioni esistano veramente, o sono soltanto uno strumento fittizio da parte di amministrazioni pubbliche e società controllate per evitare la gara.

ANAC dà indicazioni precise su come va effettuata tale dichiarazione. Soprattutto ribadisce il principio che senza una motivazione adeguata l’affidamento di appalti e concessioni in-house è da considerarsi illegittimo. L’utilizzo ampio ed eccessivo, finanche indiscriminato, dell’in-house, che porta gli enti locali ad assegnare in affidamento diretto fino al 93% delle assegnazioni, lasciando alle gare per i servizi una quota irrisoria pari a soltanto il 5% del totale, ha spinto l’Autorità a intervenire con forza.

Infatti l’abuso dell’in-house significa carenza di trasparenza, eccesso di discrezionalità, applicazione del processo senza gara a situazioni opache. Spesso poi le società affidatarie risultano prive di requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla normativa. E soprattutto non presentano chiare ragioni di convenienza economica per tale affidamento, mostrando più una volontà di evitare la gara e privilegiare l’assegnazione diretta. Tutto questo senza alcuna preventiva verifica comparativa che spieghi in quale posizione stiano gli affidamenti decisi rispetto al benchmark di settore.

Nell’ambito della gestione dei rifiuti, per esempio, gli affidamenti in-house sono quasi il 70% del totale: settanta affidamenti su 105 nel quadriennio 2016-2020.

 

AGCOM, illegittimo il sub-affidamento in via diretta di una società in house

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM), nella riunione del 23 marzo 2021, in riscontro ad una richiesta di parere di un Comune, ha ritenuto non compatibilità con la normativa in materia di concorrenza la procedura seguita dalla società in house per il sub-affidamento del servizio di raccolta rifiuti e spazzamento delle strade. Nel caso di specie, la società X, società in house della Provincia che la controlla integralmente, è stata costituita ai sensi dell’art. 11 del D.L. 30 dicembre 2009, n. 195, che contiene norme speciali per la gestione dei rifiuti nella Regione Campania, attribuendo alle Province compiti relativi alla programmazione in materia di gestione integrata dei rifiuti, nonché la competenza a costituire società che possono subentrare nelle gestioni in essere relative all’attività di raccolta, trasporto, trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti in ambito provinciale. Dal 2010 la Società è subentrata nelle gestioni della raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti che, in precedenza, i comuni del territorio provinciale avevano affidato ad altri operatori. Il subentro ha riguardato anche il comune istante. Con decorrenza 1° dicembre 2020, la società ha sub-affidato in via diretta ad altra società alcune attività relative alla gestione del ciclo dei rifiuti che interessavano il territorio del comune, in particolare, il servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti urbani e assimilati, raccolta differenziata porta a porta, servizio di spazzamento stradale ed altri sevizi accessori. Nel merito, l’Autorità ritiene che il suddetto sub-affidamento non possa essere considerato legittimo alla luce dei principi concorrenziali e del quadro normativo applicabile. Infatti, l’obbligo di seguire procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento di servizi a terzi da parte di un concessionario in house discende dalla qualifica soggettiva di quest’ultimo. Al riguardo si fa presente che il D. lgs. n. 175/2016, all’art. 16 (Società in house), ultimo comma, a proposito delle società affidatarie in house prevede espressamente: “Le società di cui al presente articolo sono tenute all’acquisto di lavori, beni e servizi secondo la disciplina di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016. In qualità di società in house, rientra nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici, tra i c.d. organismi di diritto pubblico, ai sensi del Codice dei contratti pubblici (D. lgs. n. 50/2016)”. Tali amministrazioni, ove intendano affidare a soggetti terzi contratti di appalto per l’acquisizione di lavori, servizi o forniture, sono tenuti ad espletare procedure a evidenza pubblica in applicazione del Codice. Pertanto, nel caso in esame, l’affidamento delle attività di spazzamento strade e di raccolta dei rifiuti a una società terza, che si configura come appalto di servizi, in quanto avente ad oggetto l’espletamento del relativo servizio dietro pagamento di un corrispettivo, avrebbe dovuto essere assoggettato all’indizione di procedure ad evidenza pubblica previste nel Codice dei contratti pubblici per la selezione del fornitore, non potendo, viceversa, essere affidato in via diretta.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Niente ritenute fiscali negli appalti se i beni strumentali non sono del committente

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 118 del 17 febbraio 2021, ha fornito chiarimenti in merito all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 241/1997, di contrasto dell’illecita somministrazione di manodopera, ai rapporti in cui il soggetto committente è un ente pubblico territoriale. Nel caso in esame, il Comune ha stipulato con la società in house un contratto di affidamento di servizi (con divieto assoluto di ogni forma di appalto o sub affidamento, compresi quelli a titolo gratuito) per lo svolgimento di funzioni amministrative e servizi strumentali che sono da considerarsi indispensabili e di pubblico interesse, quali manutenzione di strade ed edifici provinciali, pulizia ed igiene ambientale, accoglienza e centralino, facchinaggio, gestione autoparco, emergenza neve, servizio verde, rischio idrogeologico, rimozione rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria impianti fotovoltaici. La Società istante ritiene di essere esclusa, in relazione ai rapporti intercorrenti con il Comune sulla base del contratto di affidamento di servizi pluriennali in house providing, dall’ambito di applicazione del comma 1 dell’articolo 17-bis, in quanto organismo di diritto pubblico che non svolge attività di tipo commerciale, dotato dei necessari beni strumentali per lo svolgimento delle attività affidate dal Comune.
L’art. 4 del D.L. n. 124/2019, c.d. decreto fiscale (L. n. 157/2019), nell’introdurre il comma 17-bis al D.lgs. n. 241/1997, dispone che il committente (sostituto di imposta residente nel territorio dello Stato ai fini delle imposte sui redditi, stazioni appaltanti pubbliche) che affida il compimento di un’opera o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera (in contesti c.d. labour intensive), presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, è tenuto a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarla, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute. Il versamento delle ritenute è effettuato dall’impresa appaltatrice o affidataria e dall’impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità dì compensazione, in deroga all’articolo 17 del medesimo decreto legislativo n. 241.
Con la circolare n. 1/E del 12 febbraio 2020 l’Agenzia ha fornito i primi chiarimenti in merito alla disciplina di cui al menzionato articolo 17-bis del decreto legislativo n. 214 del 1997. In particolare, con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione è stato precisato che sono da escludersi «gli enti non commerciali (enti pubblici, associazioni, trust ecc.) limitatamente all’attività istituzionale di natura non commerciale svolta. Ai fini della disciplina qui in esame, anche per gli enti territoriali di cui al comma 1 dell’articolo 74 del TUIR è necessario discriminare tutte quelle attività diverse dalle commerciali mutuando i principi contenuti nell’articolo 143 del TUIR per gli «enti non commerciali». Per tali enti, in altri termini, a prescindere dalla rilevanza ai fini delle imposte dirette dei componenti di reddito relativi ai contratti qui in esame e dai principi adottati dall’ente ai fini dell’applicazione dell’IVA, la disciplina di cui all’articolo 17-bis trova applicazione esclusivamente in relazione alle attività qualificabili come “commerciali” nel senso sopra descritto. Nel caso di specie, essendo il soggetto committente (i.e. il Comune) un ente pubblico territoriale, la disciplina di cui all’articolo 17-bis si applica esclusivamente in relazione alle attività diverse da quella “istituzionale non commerciale”, nel senso sopra descritto, svolte dall’Ente. Pertanto rientrano nell’ambito della disciplina anche gli affidamenti alla società in house che, in qualità di società per azioni, integra la nozione di impresa così come definita dalle disposizioni e risulta affidataria del compimento di uno o più servizi (di importo complessivo annuo superiore ad euro 200.000) da parte del Comune. Inoltre, l’affidamento avviene tramite il contratto di servizi che, in linea di principio, potrebbe determinare il ricorso al “prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma”.
Nel caso di specie, l’applicazione della disciplina di cui all’art. 17-bis rimane comunque esclusa dalla mancata sussistenza, relativamente all’ambito oggettivo di applicazione, poiché i beni strumentali utilizzati dalla società, al fine di eseguire le prestazioni contemplate dal contratto di affidamento di servizi, sono di sua esclusiva proprietà.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Linee guida ANAC in materia di affidamenti in house, avvio consultazione on line

L’ANAC ha deliberato l’adozione delle Linee guida Recanti «Indicazioni in materia di affidamenti in house di contratti aventi ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza ai sensi dell’articolo 192, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i.» al fine di fornire indicazioni utili alle stazioni appaltanti per la formulazione della motivazione richiesta dalla disposizione richiamata nel caso di affidamento diretto a società in house. Nel documento di consultazione è stata offerta una lettura dell’articolo 192, comma 2, nel senso che le stazioni appaltanti nel motivare le ragioni del mancato ricorso al mercato, devono esplicitare le valutazioni effettuate in merito alla congruità economica dell’offerta e ai benefici per la collettività della forma di gestione prescelta. Questa ricostruzione è confermata nel parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema di codice dei contratti pubblici (parere n. 855 del 1/4/2016, laddove è chiarito che «l’art. 192, comma 2, impone alle stazioni appaltanti, per l’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, l’obbligo di dare conto, nella motivazione del provvedimento di affidamento, delle ragioni del mancato ricorso al mercato nonché dei benefici, per la collettività, della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché, ancora e infine, di ottimale impiego delle risorse pubbliche. Si tratta di un onere motivazionale rafforzato, che consente un penetrante controllo della scelta effettuata dall’Amministrazione, anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche».
Per quanto attiene al contenuto della motivazione, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1900/2016, seppur in negativo, ha indicato il contenuto minimo della valutazione, sostenendo che la stessa, per soddisfare l’onere di motivazione aggravato previsto dalla norma deve essere concreta, riscontrabile, controllabile, intellegibile e pregnante sui profili della convenienza, non solo economica, della scelta.
Le Linee guida saranno adottate, all’esito della consultazione pubblica, ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici.
Gli Stakeholder potranno far pervenire le loro osservazioni mediante utilizzo del modulo informatico accessibile sul sito dell’Autorità nella sezione Consultazioni entro il giorno 15 marzo 2021 ore 24.00.