Niente ritenute fiscali negli appalti se i beni strumentali non sono del committente

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 118 del 17 febbraio 2021, ha fornito chiarimenti in merito all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 241/1997, di contrasto dell’illecita somministrazione di manodopera, ai rapporti in cui il soggetto committente è un ente pubblico territoriale. Nel caso in esame, il Comune ha stipulato con la società in house un contratto di affidamento di servizi (con divieto assoluto di ogni forma di appalto o sub affidamento, compresi quelli a titolo gratuito) per lo svolgimento di funzioni amministrative e servizi strumentali che sono da considerarsi indispensabili e di pubblico interesse, quali manutenzione di strade ed edifici provinciali, pulizia ed igiene ambientale, accoglienza e centralino, facchinaggio, gestione autoparco, emergenza neve, servizio verde, rischio idrogeologico, rimozione rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria impianti fotovoltaici. La Società istante ritiene di essere esclusa, in relazione ai rapporti intercorrenti con il Comune sulla base del contratto di affidamento di servizi pluriennali in house providing, dall’ambito di applicazione del comma 1 dell’articolo 17-bis, in quanto organismo di diritto pubblico che non svolge attività di tipo commerciale, dotato dei necessari beni strumentali per lo svolgimento delle attività affidate dal Comune.
L’art. 4 del D.L. n. 124/2019, c.d. decreto fiscale (L. n. 157/2019), nell’introdurre il comma 17-bis al D.lgs. n. 241/1997, dispone che il committente (sostituto di imposta residente nel territorio dello Stato ai fini delle imposte sui redditi, stazioni appaltanti pubbliche) che affida il compimento di un’opera o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera (in contesti c.d. labour intensive), presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, è tenuto a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarla, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute. Il versamento delle ritenute è effettuato dall’impresa appaltatrice o affidataria e dall’impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità dì compensazione, in deroga all’articolo 17 del medesimo decreto legislativo n. 241.
Con la circolare n. 1/E del 12 febbraio 2020 l’Agenzia ha fornito i primi chiarimenti in merito alla disciplina di cui al menzionato articolo 17-bis del decreto legislativo n. 214 del 1997. In particolare, con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione è stato precisato che sono da escludersi «gli enti non commerciali (enti pubblici, associazioni, trust ecc.) limitatamente all’attività istituzionale di natura non commerciale svolta. Ai fini della disciplina qui in esame, anche per gli enti territoriali di cui al comma 1 dell’articolo 74 del TUIR è necessario discriminare tutte quelle attività diverse dalle commerciali mutuando i principi contenuti nell’articolo 143 del TUIR per gli «enti non commerciali». Per tali enti, in altri termini, a prescindere dalla rilevanza ai fini delle imposte dirette dei componenti di reddito relativi ai contratti qui in esame e dai principi adottati dall’ente ai fini dell’applicazione dell’IVA, la disciplina di cui all’articolo 17-bis trova applicazione esclusivamente in relazione alle attività qualificabili come “commerciali” nel senso sopra descritto. Nel caso di specie, essendo il soggetto committente (i.e. il Comune) un ente pubblico territoriale, la disciplina di cui all’articolo 17-bis si applica esclusivamente in relazione alle attività diverse da quella “istituzionale non commerciale”, nel senso sopra descritto, svolte dall’Ente. Pertanto rientrano nell’ambito della disciplina anche gli affidamenti alla società in house che, in qualità di società per azioni, integra la nozione di impresa così come definita dalle disposizioni e risulta affidataria del compimento di uno o più servizi (di importo complessivo annuo superiore ad euro 200.000) da parte del Comune. Inoltre, l’affidamento avviene tramite il contratto di servizi che, in linea di principio, potrebbe determinare il ricorso al “prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma”.
Nel caso di specie, l’applicazione della disciplina di cui all’art. 17-bis rimane comunque esclusa dalla mancata sussistenza, relativamente all’ambito oggettivo di applicazione, poiché i beni strumentali utilizzati dalla società, al fine di eseguire le prestazioni contemplate dal contratto di affidamento di servizi, sono di sua esclusiva proprietà.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti promiscui, calcolo della soglia dei 200.000 euro

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 492 del 21 ottobre 2020, fornisce chiarimenti in merito alla determinazione della soglia di 200.000 euro annui, ai fini dell’applicazione della procedura prevista dall’art. 17-bis del D.Lgs. n. 241/1997, nel caso in cui il committente (ente non commerciale pubblico o privato) effettui contratti di appalto “promiscui”, riferiti all’acquisto di servizi comuni di tipo generale, funzionali sia all’attività istituzionale sia a quella commerciale.
Come noto, l’art. 4 del D.L. n. 124/2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, c.d. decreto fiscale, ha introdotto al D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, l’art. 17-bis, ai sensi del quale il committente che affida il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo  superiore a 200.000 euro a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente, deve richiedere alle imprese appaltatrici   – subappaltatrici affidatarie copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali per i lavoratori dipendenti direttamente impiegati nei lavori o servizi. Gli enti non commerciali (pubblici e privati), come chiarito dalla circolare 12 febbraio 2020, n. 1/E, non sono tenuti all’applicazione dell’articolo 17-bis limitatamente all’attività istituzionale di natura non commerciale svolta.
Affinché l’articolo 17-bis in esame trovi applicazione è necessario, tra l’altro, che il contratto di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati siano “caratterizzati da un prevalente utilizzo di manodopera”. Con riferimento al concetto di “prevalenza”, la cui portata risulta decisiva in caso di stipula di contratti misti di affidamento del compimento di opere e servizi, nonché ai contratti di affidamento di opere, con la circolare n. 1/E del 2020, l’Agenzia ha precisato che al fine di determinare la prevalenza, occorre fare riferimento al rapporto tra la retribuzione lorda riferita ai soli percettori di reddito di lavoro dipendente e assimilato (numeratore) – stante l’espresso richiamo contenuto nel comma 1 dell’articolo 17-bis agli articoli 23 e 24 del d.P.R. n. 600 del 1973 – e il prezzo complessivo dell’opera o dell’opera e del servizio nel caso di contratti misti (denominatore).
Nell’ipotesi di contratti “promiscui”, ai fini del calcolo della soglia di euro 200.000 annui, l’articolo 17-bis troverà applicazione qualora il rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi relativi all’attività commerciale (numeratore) e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (denominatore), moltiplicato per il costo annuo pattuito per l’affidamento all’impresa del compimento di servizi generali funzionali sia all’attività istituzionale sia a quella commerciale, risulti di importo complessivo superiore ad euro 200.000. Tale rapporto va determinato con riferimento ai ricavi del periodo d’imposta precedente a quello di inizio di esecuzione del contratto promiscuo. Resta fermo che, al superamento della soglia come sopra determinata, gli obblighi previsti dall’articolo 17-bis in esame si applicheranno con riferimento all’intero contratto.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Split payment e reverse charge dentro la soglia del 10 per cento

Con la risoluzione n. 53/E del 22 settembre 2020, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che nell’ambito della disciplina delle ritenute negli appalti, per il calcolo della soglia del 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi, tra i versamenti  è ricompresa anche l’IVA assolta dal committente in regime di reverse charge e l’IVA relativa alle operazioni rese dalle imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici alla PA, obbligata allo split payment. L’Agenzia ha ricordato che l’articolo 17-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 241 del 1997 stabilisce che: “Gli obblighi previsti dal presente articolo non trovano applicazione qualora le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici di cui al comma 1 comunichino al committente, allegando la relativa certificazione, la sussistenza, nell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza prevista dal comma 2, dei seguenti requisiti:
a) risultino in attività da almeno tre anni, siano in regola con gli obblighi dichiarativi e abbiano eseguito, nel corso dei periodi d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio, complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;
b) non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione. Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano per le somme oggetto di piani di rateazione per i quali non sia intervenuta decadenza”.
In merito al requisito previsto alla lettera a) dell’articolo sopra richiamato l’Agenzia ritiene che, ai fini del calcolo della soglia del 10% dell’ammontare dei ricavi e dei compensi, tra i versamenti vada considerata anche l’Iva riguardante le operazioni effettuate dalle imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici nei confronti della Pubblica amministrazione e ai soggetti ad essa equiparati, obbligati allo split payment.
È il cedente o il prestatore il soggetto su cui ricade il debito d’imposta nei confronti del Fisco per le operazioni rese nei confronti di una Pubblica amministrazione o di un soggetto ad essa assimilato come indicato dall’articolo 17-ter del Dpr n. 633/1972 e per contrastare i comportamenti fraudolenti viene spostato sulla Pa e soggetti assimilati l’obbligo di versare l’Iva (cfr circolare n. 1/2015).
In merito alla possibilità di considerare nel calcolo della soglia del 10 per cento, tra i versamenti, anche l’ “imposta teorica” corrispondente al reddito della società, imputato per trasparenza ai soci (che provvedono al pagamento dell’imposta, nell’ipotesi di esercizio dell’opzione per la trasparenza fiscale) e l’“imposta sul valore aggiunto teorica” risultante dalla liquidazione periodica della società controllata, ma assolta dall’ente controllante, nel caso di opzione per la liquidazione Iva di gruppo, l’Agenzia ritiene possibile includere, tra i versamenti, anche le suddette imposte teoriche, in analogia con quanto già chiarito con la circolare n. 1/2020 per i soggetti aderenti al consolidato fiscale. Infatti, al pari del regime del consolidato fiscale di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR, anche i regimi della trasparenza fiscale e della liquidazione Iva di gruppo, si caratterizzano per il fatto che il debito tributario matura, in via autonoma, in capo a ciascuna delle società aderenti, che provvedono alla liquidazione della relativa imposta, mentre il solo assolvimento del debito tributario viene eseguito da un altro soggetto (il soggetto consolidante, il socio, l’ente controllante), legato al primo da rapporti di partecipazione/controllo.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION