Nomina del Responsabile Anticorruzione: Le indicazioni di Anac

Il responsabile anticorruzione (RPCT) di un ente va individuato tra i dirigenti di ruolo in servizio, disponendo eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell’incarico con piena autonomia ed effettività. E’ quanto ha ribadito Anac con Atto del Presidente del 20 marzo 2024, rispondendo a richiesta di Parere di una società di servizi idrici integrati.

È opportuno – scrive l’Autorità – che l’incarico di RPCT sia attribuito ad un soggetto che abbia adeguata conoscenza dell’organizzazione e del funzionamento dell’amministrazione, sia dotato della necessaria autonomia valutativa e non si trovi in situazioni di conflitto di interessi. Tale ruolo, pertanto, non dovrebbe essere conferito a soggetti assegnati ad uffici che svolgano attività di gestione e di amministrazione attiva nonché assegnati a settori che sono considerati più esposti a rischio corruttivo.

È possibile nominare un dirigente esterno quale RPCT; trattasi di ipotesi eccezione, che necessita di una motivazione puntuale, anche in ordine all’assenza di soggetti aventi i requisiti previsti dalla legge. Qualora – aggiunge Anac – in ragione delle ridotte dimensioni di tali enti e degli organici estremamente ridotti, le figure che avrebbero le competenze per ricoprire tale incarico sono assenti o si trovano in una posizione di conflitto di interesse, essendo impegnate in settori esposti a rischio corruttivo, l’incarico, a titolo esemplificativo,  può essere affidato a titolari di posizioni organizzative o comunque a profili non dirigenziali che garantiscano comunque le competenze adeguate e la posizione di autonomia e indipendenza richiesta dalla legge. In tale ipotesi, l’organo di indirizzo è chiamato a svolgere una vigilanza stringente sulle attività del soggetto incaricato. In circostanze eccezionali, si ritiene inoltre possibile attribuire il ruolo di RPCT anche all’Amministratore di una società, ma alla sola condizione che non abbia deleghe gestionali.

 

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Linee guida per la pubblicazione e la trasmissione della relazione di fine mandato

La Corte dei conti, Sez Emilia-Romagna, con deliberazione n. 16/2024/INPR, ha approvato le linee guida per la pubblicazione e la trasmissione della relazione di fine mandato (art. 4, del D.Lgs. n. 149/2011). Come noto, ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 149/2011 e s.m.i., la relazione di fine mandato, redatta dal responsabile del servizio finanziario o dal segretario generale, è sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco non oltre il sessantesimo giorno antecedente la data di scadenza del mandato.
La relazione risponde al principio di accountability degli amministratori locali, chiamati a dare conto della gestione, al fine di favorire e rendere effettivo il controllo democratico dei cittadini in occasione delle elezioni amministrative; essa si inserisce fra gli strumenti di attuazione dei principi di massima responsabilizzazione, di effettività e trasparenza del controllo democratico da parte dell’elettorato e risponde, pertanto, all’esigenza di consentire l’effettiva conoscenza della situazione dell’ente locale. Per agevolare gli enti nell’assolvimento del suddetto obbligo di rendicontazione, con D.M. del 26 aprile 2013, d’intesa con la Conferenza Stato – città ed autonomie locali, sono stati approvati i tre allegati di schemi tipo di relazione di fine mandato, rispettivamente per i Presidenti delle Province (allegato A), per i Sindaci di Comuni con popolazione pari o superiore a 5000 abitanti (allegato B) e per i Sindaci di Comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti (allegato C).

La scansione procedimentale
Le tempistiche da rispettare differiscono leggermente, a seconda che ci si trovi: 1) nell’ipotesi di scadenza ordinaria della consiliatura, ovvero 2) in quella di scioglimento anticipato. Nel primo caso, la relazione di fine mandato, redatta dal Responsabile del servizio finanziario o dal Segretario generale, deve essere sottoscritta dal Presidente della Provincia o dal Sindaco non oltre il sessantesimo giorno antecedente la data di scadenza del mandato e certificata dall’Organo di revisione dell’ente locale entro e non oltre quindici giorni dalla sottoscrizione. Nel caso di scioglimento anticipato del Consiglio comunale o provinciale, la stessa norma stabilisce che la sottoscrizione della relazione e la certificazione da parte degli organi di controllo interno devono avvenire entro venti giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni. Nei tre giorni successivi alla data di certificazione – effettuata dall’Organo di revisione dell’ente locale – la relazione e la certificazione stessa devono essere trasmesse dal Presidente della Provincia o dal Sindaco alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, e, entro i sette giorni successivi alla data di certificazione, devono essere pubblicate sul sito istituzionale dell’ente, con l’indicazione della data di trasmissione alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

La scadenza del mandato
La Sezione ribadisce che la data di inizio del mandato decorre dall’atto della proclamazione, verbale redatto dall’ufficio elettorale, effettuata dopo la chiusura delle operazioni di scrutinio, ai sensi del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, «Testo unico delle 7 leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali». Di conseguenza, la scadenza del mandato andrebbe quindi individuata, innanzitutto, tenendo conto della fine dei cinque anni decorrenti dalla data della proclamazione. Assume rilevanza decisiva la proclamazione dei nuovi eletti. La data fissata per le nuove elezioni può infatti non coincidere con la naturale scadenza del precedente mandato, potendo collocarsi anche antecedentemente o posteriormente rispetto ad essa.

Decorrenza dei termini in caso di proclamazione dei nuovi eletti anteriore alla scadenza naturale del precedente mandato
Innanzitutto, può verificarsi il caso in cui la proclamazione dei nuovi eletti preceda il compimento del quinquennio del precedente mandato. In tal caso, i sessanta giorni andrebbero calcolati a ritroso dal momento in cui, proclamati i nuovi eletti, cessa il precedente mandato. La proclamazione degli eletti non è, tuttavia, una data certa determinabile a priori. La data certa è quindi unicamente quella delle elezioni. Prendendo atto di tali circostanze, la giurisprudenza della Corte dei conti ha ritenuto che, in caso di elezioni anteriori alla scadenza del mandato, il termine dei sessanta giorni antecedenti la scadenza del mandato deve essere calcolato a ritroso rispetto alla data delle elezioni amministrative, fissate con decreto del Ministro dell’Interno.

Decorrenza dei termini in caso di proclamazione dei nuovi eletti posteriore alla scadenza naturale del precedente mandato
Nel caso di proclamazione dei nuovi eletti successiva alla scadenza naturale del precedente mandato, i sessanta giorni andrebbero calcolati a ritroso dal momento in cui, proclamati i nuovi eletti, cessa il precedente mandato. Quindi, in caso di elezioni posteriori alla scadenza naturale del precedente mandato, il termine entro cui il Sindaco deve sottoscrivere la
relazione di fine mandato coincide con il mero decorso dei cinque anni, a partire dalla data della sua elezione formalizzata con verbale di proclamazione (cfr. Corte dei conti, Sezioni Riunite, in sede giurisdizionale, con sentenza n. 5/2021). Lo slittamento delle consultazioni determina una nuova ed eccezionale ipotesi di “prorogatio” delle funzioni (ma non del mandato), in deroga a quella ordinariamente prevista dall’art. 1 del D.L. n. 293/1991 (conv. L. n. 444/1994).

Soggetti tenuti alla sottoscrizione finale della relazione di fine mandato in caso di scioglimento anticipato del Consiglio comunale
La norma di cui al c. 3, dell’art. 4 del D.Lgs. n. 149/2011, relativa al caso di scioglimento anticipato del Consiglio comunale, non indica i soggetti tenuti alla sottoscrizione della relazione di fine mandato; pertanto, questi vanno individuati considerando le vicende che conseguono allo scioglimento dei Consigli. L’art. 53 del T.U.E.L. specifica che: «In caso, di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il consiglio e la giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco e del presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente». Nei casi in esame, pertanto, è agevole ricondurre l’obbligo di sottoscrizione della sottoscrizione della relazione di fine mandato in capo al Vicesindaco e al Vicepresidente della Provincia, nella veste di vertice politico dell’ente di cui ha assunto le funzioni di Sindaco o di Presidente fino alle nuove elezioni.  In caso di scioglimento anticipato degli organi dell’ente, con conseguente nomina di un Commissario, la relazione di fine mandato costituisce un atto proprio del Sindaco non demandabile al Commissario straordinario nominato in seguito allo scioglimento dell’Organo consiliare e, pertanto, la sottoscrizione della stessa spetta al soggetto che ha ricoperto la carica di Sindaco o Presidente della Provincia prima dello scioglimento.
L’unico caso in cui l’obbligo di sottoscrivere la relazione di fine mandato sussiste in capo al Commissario consegue all’annullamento giurisdizionale delle operazioni elettorali, in quanto esso toglie efficacia alla stessa instaurazione del rapporto di servizio onorario, perché non avvenuta conformemente alle procedure e alle forme di legge (Corte conti, Sez. Aut., Del. n. 18/ 2021/QMIG).  Nel caso, invece, di scioglimento anticipato degli organi democratici dell’ente locale, il termine di riferimento è la data delle elezioni (art. 4, comma 3, D.lgs. n. 149/2011 e art. 2 della L. n. 182/1991), e la relazione di fine mandato deve essere sottoscritta e certificata «entro venti giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni».

Impianto sanzionatorio
L’art. 4, c. 6, del D.Lgs. 149/2011 prevede che «In caso di mancato adempimento dell’obbligo di redazione e di pubblicazione, nel sito istituzionale dell’ente, della relazione di fine mandato, al sindaco e, qualora non abbia predisposto la relazione, al responsabile del servizio finanziario del comune o al segretario generale è ridotto della metà, con riferimento alle tre successive mensilità, rispettivamente, l’importo dell’indennità di mandato e degli emolumenti. Il sindaco è, inoltre, tenuto a dare notizia della mancata pubblicazione della relazione, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell’ente». La sanzione è contemplata, pertanto, solo in due casi: la mancata «redazione e pubblicazione» (deve intendersi: da parte del Sindaco) e/o la mancata predisposizione (da parte del Responsabile o Segretario) della relazione di fine mandato. La verifica degli ulteriori presupposti per l’applicazione della sanzione resta in capo all’ente stesso, mentre alle Sezioni regionali spetta esclusivamente l’accertamento del presupposto sanzionatorio oggettivo della mancata redazione e pubblicazione della relazione di fine mandato.

 

 

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Inopportuno far gestire le risorse finanziarie di un Comune a un dirigente rinviato a giudizio per concussione

Attribuire la gestione delle risorse finanziarie di un Comune a un dirigente rinviato a giudizio per concussione per fatti commessi in un’altra amministrazione, è inopportuno. Va valutato il pregiudizio che tale incarico arreca all’amministrazione e il danno all’immagine di imparzialità dell’ente che la nomina comporterebbe. E’ quanto stabilito da Anac con Atto del Presidente del 28 febbraio 2024, in risposta ad un parere richiesto da un’importante Comune della Romagna.

L’articolo 3 della legge N. 97/2001– evidenzia Anac – non contempla l’ipotesi in cui il fatto penalmente rilevante sia stato commesso in un’amministrazione differente da quella presso la quale l’imputato risulta in servizio al momento dell’avvio del procedimento. Si ritiene, pertanto, che debba escludersene l’applicabilità nel caso di specie e debba procedersi, invece, alla verifica dei presupposti per l’operatività della rotazione straordinaria. Questa è finalizzata ad evitare un pregiudizio all’immagine dell’ente che potrebbe derivare dalla permanenza nell’ufficio del dipendente indagato o imputato in un procedimento penale. Essa si differenzia dalla rotazione ordinaria, che si inserisce nel quadro degli strumenti organizzativi dell’Amministrazione, garantendo l’alternanza del personale nelle aree più esposte al rischio di fenomeni correttivi con l’obiettivo di neutralizzare il consolidamento nel tempo delle relazioni connesse alla posizione rivestita.

Il Comune è obbligato ad adottare un provvedimento nell’ambito del quale debba valutare la condotta ascritta all’imputato, con particolare riguardo all’impatto che avrebbe l’incarico attualmente ricoperto (o da assegnare) al dirigente sull’immagine di imparzialità dell’ente.

 

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Unione di Comuni – Dimissioni del presidente

Con il parere del 20 febbraio 2024, il Ministero dell’interno fornisce chiarimenti in merito alla questione relativa alle dimissioni presentate da un presidente di una Unione di Comuni e recepito dal Consiglio in data 29 gennaio 2024, e in particolare sulla continuità amministrativa dell’ente tenuto conto che le nomine dei responsabili di settore erano state prorogate con decreto del presidente fino al 31 gennaio 2024.

Il Ministero evidenzia come la figura del presidente sia disciplinata dagli artt. 24 e 25 dello statuto dell’Unione dei Comuni. In particolare, il comma 2, lett.d) del citato art. 25 annovera, tra le funzioni e competenze spettanti allo stesso, anche quella di nominare “il Segretario dell’Unione e i responsabili degli uffici e dei servizi”, la cui compiuta disciplina è rinvenibile agli artt.18 e ss. del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi. Si è, di conseguenza, posta la questione concernente l’individuazione del soggetto competente all’esercizio delle funzioni presidenziali.

Al riguardo, la normativa sopra menzionata non disciplina espressamente l’ipotesi delle dimissioni del presidente. Tuttavia, l’art.26 dello statuto, nel prevedere la figura del vice presidente, specifica che esso viene nominato dal presidente tra i sindaci dei comuni aderenti all’Unione, e che “sostituisce il Presidente in caso di assenza o di impedimento temporaneo”. Tanto premesso, pur a fronte della mancata espressa previsione della figura a cui spetterebbe esercitare le funzioni presidenziali, in caso di dimissioni del presidente, ed alla luce della lettera della disposizione statutaria da ultimo richiamata, sembrerebbe che nulla osti alla possibilità di interpretare estensivamente la locuzione “assenza”, in maniera tale da ricomprendervi anche l’ipotesi delle dimissioni, quale forma di assenza a carattere non temporaneo.

La prospettata soluzione interpretativa garantirebbe la continuità dell’azione amministrativa, che altrimenti rischierebbe di risultare paralizzata. Da ultimo, il Ministero rammenta che, nell’ambito dell’autonomia organizzativa riconosciuta dall’ordinamento agli enti locali, spetterebbe all’ente interessato valutare l’opportunità di indicare, con apposita normativa statutaria o regolamentare, una disciplina puntuale in materia di dimissioni del presidente dell’Unione dei Comuni, ovvero, alternativamente, procedere ad una interpretazione autentica della disposizione sopra esaminata.

 

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Incarico Avvocato: È legittima la procura del Sindaco e non necessita di autorizzazione della Giunta

La Corte di Cassazione Civ., Sez. II, con sentenza n. 1571 del 16.01.2024, ha ribadito la legittimità della procura alle liti rilasciata dal Sindaco a margine della comparsa di costituzione in giudizio, risultando concluso un valido contratto di patrocinio che fonda il diritto al compenso.

La procura, d’altro canto, non necessita – se conferita dal sindaco – né di previa determina né di autorizzazione della Giunta perché nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, competente a conferire al difensore del Comune la procura alle liti è il Sindaco; la delibera della Giunta comunale è un atto meramente gestionale e tecnico, privo di valenza esterna (Cass., Sez. I, n. 11516 del 17/5/2007; Sez. 6 – 2, n. 5802 del 23/03/2016; Sez. 1, n. 16457 del 21/06/2018).

La procura alle liti, quale negozio unilaterale di conferimento della rappresentanza in giudizio, si distingue dal contratto di patrocinio che è, invece, un negozio bilaterale con cui e conferito l’incarico al professionista. È vero altresì che, ai sensi dell’art. 83 cod. proc. civ., il conferimento della procura è accettato dal professionista con il concreto esercizio della rappresentanza giudiziale e la sottoscrizione dell’atto di difesa, sicché in questa forma di accettazione del mandato alle liti apposto sull’atto è stato individuato, nella giurisprudenza, il contratto di patrocinio tra ente pubblico e professionista. Del contratto di patrocinio con la pubblica Amministrazione sono, infatti, presenti tutti i requisiti necessari e, cioè, l’incontro di volontà tra ente pubblico e difensore, la funzione economico-sociale (causa) del negozio, l’oggetto e la forma scritta ad substantiam; l’esigenza di identificarne il contenuto negoziale e di rendere possibili i controlli dell’autorità tutoria è, infine, soddisfatta dal collegamento necessario, funzionale e di contenuto tra la procura alle liti, sottoscritta dal rappresentante dell’Ente e l’atto di difesa (citazione, ricorso o comparsa) sottoscritto dal difensore.

 

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Le società private che lavorano col pubblico sono tenute a obblighi di trasparenza e pubblicità

Tra i soggetti menzionati dall’art. 2 bis, comma 3, d.lgs. n. 33/2013 rientrano anche le società interamente private, con bilancio superiore a 500.000 euro, che, indipendentemente dalla partecipazione di pubbliche amministrazioni, esercitino funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore di pubbliche amministrazioni o di gestione di servizi pubblici. È quanto evidenziato dall’ANAC, con la delibera n. 24 del 17 gennaio 2024, emanando un provvedimento di adeguamento del sito web di una società bresciana che si occupa di servizi di ecologia, pulizia aree lacustri, manutenzione aree verdi e giardini, pulizie condominiali e uffici, affidataria di contratti di appalto da parte della amministrazione del territorio.

 

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La registrazione integrale dell’adunanza del consiglio non può avere validità di un verbale

La registrazione integrale dell’adunanza del consiglio non può avere validità di un verbale, atteso che l’art.97, c.4, lett.a), del TUEL assegna al segretario  dell’ente locale la cura della verbalizzazione delle riunioni di consiglio. Si è espresso così il Ministero dell’interno, con il parere n.2673 del 24.1.2024.

L’art. 97, comma 4, lett.a), del TUEL prevede che il segretario dell’ente locale “partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta e ne cura la verbalizzazione”. Il Consiglio di Stato-sez.IV, con sentenza n.4373 del 2018, nell’esaminare un caso diverso da quello in esame, ha osservato che “il verbale, atto giuridico appartenente alla categoria degli atti certificativi, è il documento preordinato alla descrizione di atti o fatti, rilevanti per il diritto, compiuti alla presenza di un soggetto verbalizzante, appositamente incaricato di tale compito.” L’Alto Consesso ha, altresì, evidenziato che “negli organi collegiali, dove la funzione di verbalizzazione e il verbale assumono rilievo decisivo e necessità indefettibile, il tratto di collegamento tra esternazione dell’atto amministrativo (che normalmente avviene in forme diverse dalla scritta) e documentazione dell’atto (ad esempio, deliberazione) è rappresentato dal verbale della seduta, che costituisce la ‘memoria’ di quanto è accaduto e documenta i fatti salienti della seduta stessa. Il verbale ha il compito di attestare il compimento dei fatti svoltisi al fine di verificare il corretto iter di formazione della volontà collegiale e di permettere il controllo delle attività svolte, senza che sia peraltro necessario indicare minutamente le singole attività compiute e le singole opinioni espresse (Cons. Stato-sez.IV, 25 luglio 2001, n.4074).

Inoltre, dalla sentenza del Consiglio di Stato del 4 giugno 2020, n.3544, si evince che “… l’atto di verbalizzazione ha una funzione di certificazione pubblica, contiene e rappresenta i fatti e gli atti giuridicamente rilevanti che è necessario siano conservati per le esigenze probatorie con fede privilegiata – dal momento che sono redatti da un pubblico ufficiale – che si sostanzia essenzialmente nella attendibilità in merito alla provenienza dell’atto, alle dichiarazioni compiute innanzi al pubblico ufficiale ed ai fatti innanzi a lui accaduti (cfr. Cass.-sez.I, 3 dicembre 2002, n.17106)”.

Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale richiamato, il Ministero ritiene che il consiglio comunale, nell’esercizio della propria autonomia funzionale ed organizzativa di cui all’articolo 38, comma 3, del TUEL, abbia la possibilità di regolamentare la registrazione del dibattito e delle votazioni con mezzi audiovisivi, ma le norme statutarie e quelle regolamentari dell’ente locale devono, comunque, trovare una necessaria armonizzazione con le norme statali. Nel caso di specie, l’articolo 56, comma 8, del regolamento del consiglio comunale non risulta coerente con il disposto dell’art. 97, comma 4, del d.lgs. n.267/2000, in quanto la verbalizzazione è attività propria del segretario comunale, il quale, oltre a riportare gli interventi dei singoli consiglieri e degli altri partecipanti alla seduta, può segnalare fatti e circostanze avvenuti che non emergano dalla registrazione vocale. Inoltre, la forma scritta fornisce certezza in ordine alla modalità della deliberazione maturata in sede di riunioni degli organi collegiali.

 

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Responsabile protezione dati, il Garante sanziona 4 Comuni. Al via una nuova serie di controlli su una vasta platea di enti locali

Con l’adozione di quattro provvedimenti [doc. n. 9979112997912899791529979171] sanzionatori nei confronti di enti locali, il Garante Privacy ha concluso la prima fase dell’indagine avviata per verificare il rispetto dell’obbligo di comunicazione all’Autorità dei dati di contatto del Responsabile della protezione dei dati (RPD, o Data protection officer, DPO).

Ed è già al via una nuova serie di controlli indirizzati ad una platea ancora più ampia di Comuni che non hanno comunicato all’Autorità i dati di contatto del RPD. Rilevata la violazione per la mancata comunicazione del RPD il Garante ha comminato a tre enti locali una sanzione di 2.000 euro ciascuno, mentre al quarto ha applicato una sanzione di 5.000 euro, maggiorata poiché l’inadempimento ha riguardato la nomina di due RPD.

In tutti i provvedimenti sanzionatori il Garante ha ricordato che, per essere in linea con il Regolamento Ue, se il titolare del trattamento dei dati personali è un soggetto pubblico, quali, ad esempio, amministrazioni dello Stato, Regioni, Province, Comuni, università, aziende del Servizio sanitario nazionale, è obbligato a designare un RPD e a comunicarne i dati di contatto al Garante privacy, attraverso l’apposita procedura messa a disposizione dall’Autorità sul suo sito.

L’obbligo della comunicazione, previsto nel Regolamento Ue, mira a garantire la possibilità per l’Autorità di garanzia di contattare in modo facile e diretto il RPD, figura che ha tra i suoi compiti anche quello di fungere da punto di riferimento fra il titolare (o responsabile) del trattamento e l’Autorità stessa.

 

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Pubblicato in G.U. il decreto Election Day 2024

È stato pubblicato in G.U. n. 23 del 29 gennaio 2024 il decreto n. 7/2024, recante “Disposizioni urgenti per le consultazioni elettorali dell’anno 2024 e in materia di revisione delle anagrafi della popolazione residente e di determinazione della popolazione legale”.

Il provvedimento, approvato dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio 2024, fissa le elezioni europee all’8 e 9 giugno e l’accorpamento delle amministrative e regionali. Per l’anno 2024, in considerazione del prolungamento delle operazioni di votazione, ai componenti degli uffici elettorali di sezione e dei seggi speciali di cui all’articolo 9 della legge 23 aprile 1976, n. 136, spettano gli onorari fissi forfetari di cui all’articolo 1 della legge 13 marzo 1980, n. 70, aumentati del 15 per cento.

L’art. 2 modifica e integra la vigente disciplina del censimento permanente della popolazione e delle abitazioni dettata dall’art. 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018), intervenendo, in particolare, sulle disposizioni dedicate, rispettivamente, alla revisione delle anagrafi della popolazione residente (comma 233) e alla determinazione della “popolazione legale” (comma 236).

L’art. 3 interviene per garantire uniformità in tutto il territorio nazionale sia in ordine alla determinazione dei capoluoghi di provincia, evitando che sia lasciata alla mera discrezionalità delle amministrazioni provinciali, sia con riferimento al sistema elettorale agli stessi applicabile. Si stabilisce, infatti, che il sistema elettorale applicabile a tutti i comuni capoluoghi di provincia, indipendentemente dal relativo numero di abitanti, è quello previsto dagli articoli 72 e 73 del T.U.O.E.L. per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. In base a tale sistema, il consiglio comunale è eletto con metodo proporzionale e per l’elezione del sindaco si fa luogo a un turno di ballottaggio, ove nessun candidato abbia ottenuto al primo turno la maggioranza assoluta dei voti. Si disciplina, inoltre, l’ipotesi in cui la denominazione della provincia sia costituita dal nome di più comuni, stabilendo che in tal caso il capoluogo è individuato in ciascuno dei comuni medesimi. Ciò anche al fine di valorizzare lo status degli enti locali da cui la provincia deriva la propria denominazione e in conformità, del resto, a quanto già previsto dalla legge 11 giugno 2004, n. 148 istitutiva della provincia di Barletta-Andria-Trani.

L’art. 4 innalza il limite da due a tre mandati consecutivi per i Sindaci dei Comuni che si collocano nella fascia demografica da 5.001 a 15.000 abitanti eliminando, al contempo, ogni limite di mandato nei comuni fino a 5.000 abitanti. In deroga all’articolo 71, comma 10, del TUEL, si dispone che per l’anno 2024, per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti, ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti i candidati compresi nella lista e il candidato a sindaco collegato, purché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti e il numero dei votanti non sia stato inferiore al 40 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune. Qualora non siano raggiunte tali percentuali, l’elezione è nulla.

 

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ANAC, inconferibilità e incompatibilità: consultazione per i modelli delle dichiarazioni pubbliche

L’ANAC ha avviato una consultazione on line sui modelli relativi alle dichiarazioni di incompatibilità e inconferibilità che dirigenti e direttori i titolari di incarichi dirigenziali e amministrativi presso enti pubblici, pubbliche amministrazioni, enti di diritto privato in controllo pubblico ed enti sanitari, devono rendere pubbliche.

L’obiettivo più generale dell’Autorità è quello di semplificare la pubblicazione e la consultazione dei dati, documenti e informazioni da pubblicare ai sensi delle norme su anticorruzione e trasparenza (decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33). Per far ciò ha avviato un percorso per la realizzazione di una Piattaforma unica della trasparenza, concepita come unico punto di accesso e consultazione dei dati che le amministrazioni sono chiamate a rendere conoscibili in virtù del citato decreto. La consultazione on line sui modelli per le dichiarazioni di inconferibilità e incompatibilità, che terminerà il 14 febbraio 2024, si inserisce in questo percorso già avviato.

 

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