Spese per l’attuazione delle elezioni comunali del 14 e 15 maggio 2023. Competenza degli oneri. Rendicontazione delle spese

Con la circolare n. 68 del 9 maggio 2023, il Ministero dell’interno fornisce chiarimenti in merito alle spese per l’attuazione delle elezioni comunali del 14 e 15 maggio 2023. Per la competenza degli oneri, vige il principio generale che le spese di organizzazione e di attuazione delle elezioni dei consigli regionali, comunali e circoscrizionali sono a carico delle Amministrazioni interessate. Detto principio è sancito dall’articolo 17, secondo comma, della legge 23 aprile 1976, n. 136. Sono, comunque, a carico dello Stato (articolo 17, comma 3, della legge n. 136 del 1976) le spese di spedizione delle cartoline avviso agli elettori residenti all’estero, la fornitura di manifesti recanti i nomi dei candidati e degli eletti, le schede per la votazione, buste e stampati occorrenti per le operazioni degli uffici elettorali di sezioni.

In occasione delle elezioni amministrative, sono comunque a carico dello Stato le spese per la spedizione delle cartoline avviso agli elettori residenti all’estero. Le predette cartoline devono essere spedite, da parte dei comuni, per posta prioritaria sia per i Paesi oltremare che per quelli europei.
La relativa spesa sarà anticipata dai comuni e rimborsata sulla base del documentato rendiconto da presentarsi entro il termine perentorio di quattro mesi dalla data delle consultazioni (articolo 15 decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, e successive modifiche e integrazioni).
In esecuzione di quanto disposto in merito dall’articolo 23 del Decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2003, n. 104, i comuni dovranno indicare, oltre alla spesa sostenuta a tale titolo, il numero degli elettori residenti all’estero aventi diritto, ai quali sono state speditele le cartoline avviso.

 

La redazione PERK SOLUTION

Anac: Segretari comunali e conflitti di interesse

Anac, con Atto del Presidente del 22 febbraio 2023, fascicolo N. 353, ha fornito risposta ad un Comune in merito alla sussistenza di un eventuale conflitto di interesse derivante dalla nomina del Segretario Generale a Presidente della Commissione giudicatrice di due concorsi pubblici indetti dall’ente locale, in cui concorrono quali candidati sia dirigenti interni all’amministrazione che esterni, con i quali l’interessato ha o ha avuto stretti rapporti di natura lavorativa come tali comportanti rapporti di collaborazione costanti e frequenti.

L’Autorità ha sollecitato il Comune a tener conto delle “gravi ragioni di convenienza”, proprio perché il Presidente sarà chiamato a valutare candidati “con i quali sta avendo o, in altri casi, ha avuto stretti rapporti di natura lavorativa come tali comportanti rapporti di collaborazione costanti e frequenti con, dunque, il possibile concretizzarsi di gravi ragioni di convenienza”.

Secondo l’interpretazione data dalla giurisprudenza amministrativa, la situazione di conflitto di interessi si
configura quando le decisioni che richiedono imparzialità di giudizio siano adottate da un soggetto che abbia,
anche solo potenzialmente, interessi privati in contrasto con l’interesse pubblico alla cui cura è preposto.
L’interesse privato che potrebbe porsi in contrasto con l’interesse pubblico può essere di natura finanziaria,
economica o dettato da particolari legami di parentela, affinità, convivenza o frequentazione abituale con i
soggetti destinatari dell’azione amministrativa. Vanno, inoltre, considerate tutte quelle ipotesi residuali in cui ricorrano “gravi ragioni di convenienza” per cui è opportuno che il funzionario pubblico si astenga dall’esercizio della funzione amministrativa, al fine di evitare potenziali conseguenze quali il danno all’immagine di imparzialità dell’amministrazione nell’esercizio delle proprie funzioni.

Riguardo ai componenti delle commissioni giudicatrici dei concorsi pubblici, Anac già nella delibera n. 25 del 15 gennaio 2020, denominata “Indicazioni per la gestione di situazioni di conflitto di interessi a carico dei componenti delle commissioni giudicatrici di concorsi pubblici e dei componenti delle commissioni di gara per l’affidamento di contratti pubblici”, ha rilevato come i principi generali in materia di astensione e ricusazione del giudice, previsti dagli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile, trovino applicazione anche nello svolgimento di procedure concorsuali, in quanto strettamente connessi al trasparente e corretto esercizio delle funzioni pubbliche.

L’Autorità ha indicato al Comune di “tener conto della sussistenza di un legame di colleganza e/o di subordinazione o collaborazione tra i soggetti interessati, idoneo ad alterare sensibilmente la par condicio tra i concorrenti, caratterizzato da intensità, assiduità e sistematicità, o semplicemente per ‘gravi ragioni di convenienza’ per cui è opportuno che l’interessato si astenga, al fine di evitare potenziali conseguenze quali il danno all’immagine di imparzialità dell’amministrazione nell’esercizio delle proprie funzioni”.

Criticità concorrenziali negli affidamenti esternalizzati dei servizi legali

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella sua adunanza del 4 aprile 2023, ha inteso formulare alcune osservazioni ai sensi dell’articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in relazione alle criticità concorrenziali derivanti da previsioni contenute in avvisi pubblici per l’affidamento esternalizzato dei servizi legali.

In generale, sia in ipotesi di conferimento di singolo incarico sia in ipotesi di attribuzione di incarico di rappresentanza/difesa/consulenza esteso a un determinato periodo di tempo sia in ipotesi di costituzione di un albo fornitori, da cui attingere in caso di necessità di natura legale da parte dell’Ente pubblico aggiudicatore, l’Autorità osserva la presenza del requisito di partecipazione (che, in alcuni casi, diviene anche criterio di valutazione della componente tecnico-professionale dell’offerta) consistente nell’aver maturato una qualificata attività pregressa, nelle materie oggetto del bando, esclusivamente con riferimento a soggetti di natura pubblica/pubblicistica (Pubbliche amministrazioni, Enti locali, Asl, ecc.). In altri casi si osserva invece la presenza di vincoli di partecipazione relativi a requisiti impostati su base territoriale (iscrizione all’Albo di un determinato  Foro geografico, localizzazione dello studio legale del professionista in una certa area geografica, ecc.). Si tratta di restrizioni concorrenziali che non risultano proporzionate né, comunque, giustificate e necessarie ai fini del perseguimento dell’obiettivo pubblico che deve porsi la stazione appaltante.

L’Autorità ha più volte censurato, in numerosi interventi di advocacy, previsioni di atti pubblici che introducevano ingiustificati e anacronistici requisiti di accesso/esercizio su base territoriale, evidenziando come la previsione di requisiti di residenza per accedere o esercitare attività economiche (o per ottenere l’autorizzazione all’esercizio ove prescritta) introducesse un criterio ingiustificatamente gravoso per l’effettivo svolgimento delle diverse attività economiche, lesivo di un corretto svolgimento del gioco concorrenziale in quanto idoneo a limitare sensibilmente la possibilità di accesso di operatori concorrenti.

L’Autorità ha anche osservato che l’eventuale giustificazione di siffatte previsioni, consistente nell’esigenza della stazione appaltante di poter disporre di un’assistenza immediata del proprio consulente legale, può essere pienamente soddisfatta con modalità alternative (videoconferenze, telefonate, domiciliazioni, ecc.) o anche con l’appoggio presso altri studi o spazi. La seconda restrizione concorrenziale che emerge dall’analisi condotta è relativa alla formulazione di requisiti di partecipazione alle procedure (che, come evidenziato, in tre casi divengono anche criteri di valutazione della parte tecnica dell’offerta presentata dal concorrente-avvocato), i quali, nel richiedere, legittimamente, la dimostrazione di una qualificata competenza sotto forma di esperienza pregressa nelle materie interessate, prevedono che la stessa possa valere solo qualora maturata con Pubbliche amministrazioni o soggetti comunque di natura pubblica/pubblicistica.

Ciò si traduce in una evidente e indebita penalizzazione di potenziali concorrenti che, pur disponendo della qualificazione necessaria per poter eseguire l’incarico legale eventualmente affidato loro, abbiano in precedenza lavorato esclusivamente, o anche prevalentemente, difendendo gli interessi giuridici di soggetti privati o di natura privatistica. Si tratta quindi di un requisito di partecipazione non giustificato né necessario, atteso che la pregressa qualificata esperienza nelle materie oggetto dei bandi può evidentemente essere maturata nel passato anche in assenza di patrocini prestati in favore di soggetti pubblici.

 

La redazione PERK SOLUTION

Rafforzamento capacità amministrativa dei Comuni: la nota di lettura di ANCI

Anci ha pubblicato la prima nota di lettura sul Decreto-legge 22 aprile 2023 recante “Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche”. Il provvedimento è stato trasmesso alla Camera dei Deputati (commissioni Affari Costituzionali e Lavoro) per l’avvio dell’iter di conversione in legge.

La relazione illustrativa (al ddl di conversione, n. 1114 AC).

 

La redazione PERK SOLUTION

Legittimo il diniego alla richiesta del Consigliere di accedere con cadenza settimanale a tutto il protocollo del Comune

È legittimo il diniego opposto dall’Amministrazione alla richiesta avanzata da un consigliere comunale di accedere con cadenza settimanale a tutto il protocollo del Comune, trattandosi di modalità che esorbita dai limiti funzionali di esercizio del diritto di accesso previsto dall’art. 43, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. È quanto evidenziato dal Consiglio di Stato, con sentenza del 6 aprile 2023, n. 3564.

Secondo il collegio,  l’accesso con cadenza settimanale a tutto il protocollo dell’ente non può rivelarsi strettamente funzionale ai compiti che deve assolvere il consigliere. Sul piano del congestionamento degli uffici, occorre rilevare che la stessa Sezione (cfr. sentenza 3 febbraio 2022, n. 769) ha evidenziato come debba essere operata una certa distinzione tra semplice accesso agli atti ed accesso che implica, nella sostanza, una “innovazione organizzativa radicale” ossia “un nuovo atto organizzativo generale”. Ciò avviene nella misura in cui si chiede una mole di dati ed informazioni “pari alla latitudine dell’intera amministrazione di riferimento”. Circostanza questa che si verifica anche nel caso di specie, allorché si chiede di accedere settimanalmente (e dunque anche sistematicamente) a tutto il protocollo dell’ente. Ebbene in queste ipotesi il diritto del consigliere, che non è illimitato, trova un limite nella sua funzione stessa (che non è quella di affiancarsi alla struttura amministrativa istituendo, in concreto, una nuova figura organizzativa e dunque nuovi assetti funzionali e ulteriori modelli procedimentali) e soprattutto nel principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.

Più in particolare, una siffatta domanda è diretta non tanto ad esercitare un ben delimitato (per quanto vasto) accesso agli atti ma, piuttosto, ad introdurre e implementare un nuovo modello organizzativo e procedimentale, diretto come tale a consentire in maniera sistematica un determinato modus operandi a carico della P.A. In altre parole, il perimetro di azione e di conoscenza rispetto a determinati dati ed informazioni non risulta ampio e allo stesso tempo comunque delimitato come in occasione dei precedenti della Sezione stessa [es. gestione tassa rifiuti (sentenza n. 2189 del 1° marzo 2023); concessione dei benefici post COVID (sent. n. 2089 dell’11 marzo 2021); abusi edilizi territorialmente e temporalmente circoscritti (sent. n. 8667 del 10 ottobre 2022); servizio TARI per un biennio (sent. n. 3161 del 19 aprile 2021)] ma si rivela, piuttosto, irragionevolmente e indistintamente esteso a tutta l’attività dell’amministrazione comunale.

 

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La responsabilità extracontrattuale dell’amministrazione pubblica secondo il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3094 del 27 marzo 2023, n. 3094 ha statuito che la responsabilità della pubblica amministrazione da illegittimo esercizio della funzione pubblicistica è di natura extracontrattuale, non potendo, infatti, configurarsi un rapporto obbligatorio nell’ambito di un procedimento amministrativo in quanto:
-nel procedimento amministrativo, a differenza del rapporto obbligatorio, sussistono due situazioni attive, cioè il potere della p.a. e l’interesse legittimo del privato;
-il rapporto tra le parti non è paritario, ma di supremazia dell’amministrazione.
Il risarcimento può essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo avrebbe avuto titolo per mantenere o ottenere, secondo la dicotomia interessi legittimi oppositivi e pretensivi ed alla luce di una loro dimensione sostanzialistica.

Spetta dunque al danneggiato fornire in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria, dovendo provare:
-sul piano oggettivo, la presenza di un provvedimento illegittimo causa di un danno ingiusto, con la necessità di distinguere l’evento dannoso, derivante dalla condotta, che coincide con la lesione o compromissione di un interesse qualificato e differenziato, meritevole di tutela nella vita di relazione, e il conseguente pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale scaturitone, suscettibile di riparazione in via risarcitoria;
– sul piano soggettivo, l’integrazione del coefficiente di colpevolezza, con la precisazione che l’ingiustificata o illegittima inerzia dell’amministrazione o il ritardato esercizio della funzione amministrativa non integrano la colpa dell’Amministrazione.

 

La redazione PERK SOLUTION

Procedura di revoca del presidente del consiglio comunale

La revoca del presidente del consiglio comunale, al pari dell’elezione, esprime una scelta amministrativa che deve rispettare le finalità normative di garantire la continuità e la correttezza del concreto espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo dell’ente. È questa, in sintesi, la risposta del Ministero dell’interno ad una richiesta di parere in merito all’ammissibilità ed alla legittimità della mozione nei confronti del presidente del consiglio per motivi non strettamente attinenti la funzione svolta dal medesimo, ma per motivi connessi a procedimenti giudiziari in cui è coinvolto lo stesso.

La presentazione delle mozioni, ricorda il ministero, deve conformarsi a quanto disciplinato dal regolamento dell’Ente. Inoltre, secondo i principi espressi dal giudice amministrativo “… sia l’elezione a presidente del consiglio comunale, sia la relativa revoca, esprimono una scelta ampiamente fiduciaria delle forze politiche rappresentate nell’organo consiliare, convergente verso una personalità in grado di rispondere alle suddette necessità istituzionali o, al contrario, manifestano il ripensamento di quella scelta iniziale, così che la revoca – al pari dell’elezione – pur non essendo scevra da apprezzamenti di natura latamente politica, esprime nondimeno una scelta amministrativa che non è libera nei fini e che deve pertanto rispettare le finalità normative di garantire la continuità e la correttezza del concreto espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo dell’ente”.

 

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Ineleggibilità a Revisore degli enti locali del dipendente dell’Amministrazione Provinciale in aspettativa per incarico direttore ASP

È ineleggibile come revisore dei conti il dipendente della Provincia in aspettativa, ai sensi dell’articolo 9 comma 3 del decreto legislativo 4 maggio 2001, n.207, a seguito della nomina a Direttore dell’Azienda di Servizi alla Persona. È questa in sintesi la risposta del ministero dell’interno ad una richiesta di parere di un revisore, Dirigente dell’Amministrazione provinciale di XXX, in aspettativa ai sensi dell’articolo 9 comma 3 del decreto legislativo 4 maggio 2001, n.207 a seguito della nomina a Direttore dell’Azienda di Servizi alla Persona in provincia di YYY, che ha chiesto di conoscere se, in caso di estrazione per la nomina a revisore negli enti locali nella provincia XXX, permane il vincolo di ineleggibilità di cui all’articolo 236 del TUEL.

L’articolo 236 citato prevede, tra l’altro, che l’incarico di revisore non possa essere esercitato dai dipendenti delle regioni, delle province e delle città metropolitane negli enti locali compresi nella circoscrizione territoriale di competenza. Il collocamento in aspettativa senza assegni non incide sullo status di dipendente della provincia e, di conseguenza il ministero ritiene che, nella fattispecie, permanga il divieto di svolgere la funzione di revisore nell’ambito della provincia. Relativamente all’attuale rapporto di lavoro costituito con l’Ente ASP, viene evidenziato che non sembrerebbe comunque possibile svolgere l’incarico di revisore in nessun ente locale.

La tipicità della nomina a Direttore dell’ASP, regolata da un contratto di diritto privato, non sembrerebbe escludere i vincoli derivanti dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, come si evince dalla sentenza della Cassazione n.n25369 del 2020 riferita agli enti del SSN, nella quale vengono espresse considerazioni generali che potrebbero essere estese anche all’incarico in questione. “Ai sensi dell’articolo 384 codice di procedura civile si ritiene opportuno enunciare il seguente principio di diritto: ai direttori generali (e anche ai direttori sanitari e ai direttori amministrativi) degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale si applica la normativa in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi (oltre che quella sulla inconferibilità degli incarichi stessi) – con le relative sanzioni – dettata dall’articolo 53 del d.lgs. n.165 del 2001 (nonché, ratione temporis, dalla disciplina specifica per i titolari di incarichi dirigenziali di cui al d.lgs. n.39 del 2013). Tale normativa ha carattere imperativo e inderogabile, essendo irrilevante il fatto che il rapporto del direttore generale di un ente del SSN – peraltro, dalla legge qualificato “esclusivo” – sia di natura autonoma e sia regolato da un contratto di diritto privato, perché, agli indicati fini, quel che conta è lo svolgimento di funzioni in qualità di “agente dell’Amministrazione pubblica”, da cui deriva il rispetto del primario dovere di esclusività del rapporto con la P.A.”.

 

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Chi svolge incarichi legali continuativi per il Comune non può essere nominato dirigente

Chi ha svolto incarichi legali per conto del Comune, difendendolo in cause e contenziosi, non può essere nominato dal sindaco Dirigente dell’Ufficio legale e del Settore Affari Generali del Comune stesso. L’incarico è, cioè, inconferibile, per violazione dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 39/2013 secondo la quale: “a coloro che, nei due anni precedenti, (…) abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico, non possono essere conferiti: c) gli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell’amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento”.

Dalla lettura della disposizione emerge, perciò, che gli elementi costitutivi della prospettata fattispecie di inconferibilità attengono tanto all’incarico in provenienza quanto a quello in destinazione e sono:
a) avere svolto, nei due anni precedenti (c.d. “periodo di raffreddamento”) l’assunzione dell’incarico dirigenziale, attività professionale regolata, finanziata o comunque retribuita dall’amministrazione che conferisce l’incarico = incarico di provenienza;
b) assumere un incarico dirigenziale esterno nella pubblica amministrazione afferente allo specifico settore o ufficio dell’amministrazione che esercita i poteri di regolazione o finanziamento = incarico di destinazione.

Pertanto la nomina decade, e sono nulli tutti gli atti adottati dall’insediamento inconferibile. Non solo. Sindaco e giunta del Comune che hanno deliberato l’incarico non potranno per tre mesi conferire alcun incarico di natura amministrativa di loro competenza, come prescrive la legge, secondo sanzione ex articolo 18.

E’ quanto ha ribadito l’Autorità Nazionale Anticorruzione con la delibera n. 136 del 4 aprile 2023.   

 

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Il condannato in primo grado non può fare l’istruttore direttivo contabile del Comune

Un condannato in primo grado per i reati di abuso d’ufficio e falsità ideologica non può ricoprire l’incarico di istruttore direttivo contabile del Comune, anche se la pena è stata sospesa. Lo stabilisce l’Anac nell’atto del presidente del 4 aprile 2023 approvato in seguito alla richiesta di parere di un comune laziale.

La norma a cui fa riferimento l’Autorità è l’articolo 35 bis del decreto legislativo 165/2001 che “rappresenta una nuova e diversa fattispecie di inconferibilità, atta a prevenire il discredito, altrimenti derivante all’Amministrazione, dovuto all’affidamento di funzioni sensibili a dipendenti che, a vario titolo, abbiano commesso certi reati o siano sospettati di infedeltà”. È precluso quindi il conferimento di alcuni uffici o lo svolgimento di specifiche attività ed incarichi particolarmente esposti al rischio corruzione non solo, come stabilito dall’articolo 3 del decreto legislativo 39/2013, a coloro che esercitano funzioni dirigenziali ma anche a quanti vengano affidati meri compiti di segreteria o funzioni direttive e non di vertice.

È vietata sine die l’assegnazione dei compiti e delle funzioni descritte dall’art. 35 bis d.lgs. n. 165/2001 al dipendente condannato per i reati di abuso d’ufficio e falsità ideologica anche se la pena risulti sospesa. Tuttavia Anac rimanda a quanto stabilito di recente dalla giurisprudenza amministrativa: la condanna non esclude l’assunzione in servizio presso una pubblica amministrazione, ma soltanto eventualmente l’assegnazione di specifiche funzioni incompatibili con la condanna penale. Spetta pertanto all’amministrazione valutare, nel caso specifico, i presupposti per l’assunzione e l’eventuale assegnazione di mansioni non incompatibili, in conformità con il quadro normativo di riferimento ed il proprio ordinamento.

 

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