Piano nazionale anticorruzione 2025 in consultazione fino al 30 settembre

Rafforzare la trasparenza e la programmazione di efficaci misure di prevenzione della corruzione. E’ questo l’obiettivo del Piano nazionale anticorruzione (PNA) 2025 predisposto dall’Anac. Il Piano, in consultazione sul sito dell’Autorità fino al 30 settembre 2025, è stato elaborato come uno strumento di supporto alle amministrazioni pubbliche e agli enti per la migliore attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione.

Per la prima volta il PNA include una strategia nazionale anticorruzione e integrità pubblica, con:

  • linee strategiche
  • obiettivi
  • azioni e tempi
  • indicatori e target annuali

Obiettivo: una visione chiara e schematica delle politiche di prevenzione e dei risultati attesi.

Struttura del PNA 2025

Parte generale

  • Interoperabilità con il PIAO (Piano integrato di attività e organizzazione).
  • Indicazioni per superare criticità riscontrate da ANAC in sede di vigilanza e consulenza.

Parte speciale (3 approfondimenti):

  • Contratti pubblici (D.Lgs. 209/2024 – Correttivo): rischi corruttivi e misure di prevenzione legate a PAD, FVOE, conflitti di interesse, appalti delegati, qualificazioni delle stazioni appaltanti, CCT, digitalizzazione (Allegato I.9 d.lgs. 36/2023).
  • Inconferibilità e incompatibilità (d.lgs. 39/2013): con schemi esplicativi per chiarire ratio e ambiti applicativi.
  • Trasparenza e accessibilità: indicazioni per la sezione “Amministrazione Trasparente” nei siti istituzionali, con raccomandazioni per superare le criticità emerse.

 

La redazione PERK SOLUTION

Inconferibilità degli incarichi, nuova segnalazione di Anac a Governo e Parlamento

L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha trasmesso un nuovo atto di segnalazione al Governo e al Parlamento per sollecitare una revisione complessiva del D.lgs. n. 39/2013, che disciplina l’inconferibilità e l’incompatibilità degli incarichi nella Pubblica Amministrazione.

Il D.lgs. 39/2013 è stato oggetto, negli anni, di interventi normativi parziali e disorganici, generando incertezza applicativa; alcune disposizioni sono divenute difficilmente interpretabili e inefficaci nella prevenzione dei conflitti di interesse. ANAC fa riferimento a una pronuncia di incostituzionalità (sentenza della Corte costituzionale n. 98/2024) che ha ulteriormente indebolito il quadro normativo, rendendo urgente una revisione organica.

Anac segnala la necessità di estendere la disciplina delle inconferibilità anche ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione, indipendentemente dal fatto che ricoprano o meno incarichi dirigenziali. Questi soggetti partecipano in modo significativo al processo decisionale e, quindi, devono essere inclusi nelle previsioni di prevenzione del conflitto d’interessi.

La redazione PERK SOLUTION

Anac, Piao: Ulteriori indicazioni per la definizione della Sottosezione “Rischi corruttivi e trasparenza”

In attesa del PNA 2025, ANAC ha approvato un documento guida per supportare le amministrazioni nella predisposizione della sottosezione 2.3 del PIAO (Piano Integrato di Attività e Organizzazione). Il documento risponde alla necessità di integrare le politiche di prevenzione della corruzione nel più ampio disegno del PIAO e di coordinare le sottosezioni tra loro.

L’obiettivo è quello di mettere a disposizione sin da subito una guida per le amministrazioni/enti che hanno avviato le attività volte alla definizione della strategia anticorruzione 2026-2028. Resta fermo che ogni amministrazione può redigere la Sottosezione adeguandola alla propria organizzazione e attività.

La Sottosezione 2.3 del PIAO viene predisposta dal RPCT coordinandosi con i responsabili delle altre Sottosezioni e Sezioni (performance, organizzazione, lavoro agile, personale, formazione) nonché con i Responsabili delle diverse tematiche oggetto di programmazione (ad esempio bilancio, digitalizzazione, comunicazione). ANAC già nel PNA 2022 ha valorizzato l’importanza della sinergia e del coordinamento tra RPCT e gli altri responsabili delle Sezioni/Sottosezioni del PIAO e quindi di una nuova impostazione del lavoro all’interno delle amministrazioni / enti.

A tal fine le amministrazioni/enti potranno costituire al proprio interno, in base alla propria articolazione e dimensione, una struttura organizzativa/gruppo di lavoro dedicato e integrato che favorisca il coordinamento e la condivisione delle valutazioni. Al gruppo di lavoro potranno partecipare anche soggetti esterni all’amministrazione, quali cittadini, imprese e altri stakeholder. La collaborazione fra questi soggetti deve essere continua e riguardare l’intera attività di predisposizione e attuazione della strategia di prevenzione, contribuendo a creare un contesto istituzionale e organizzativo di reale supporto al RPCT.

 

La redazione PERK SOLUTION

Il tetto retributivo nel pubblico impiego: la Corte costituzionale riafferma il parametro del trattamento del primo presidente della Corte di Cassazione

Con la sentenza n. 135 del 2025, la Corte costituzionale ha chiarito e ribadito un principio fondamentale in materia di limite massimo retributivo per i dipendenti pubblici, affermando l’illegittimità costituzionale della previsione contenuta nell’art. 13, comma 1, del decreto-legge n. 66 del 2014, come convertito, che aveva fissato in via fissa il tetto retributivo a 240.000 euro lordi annui.

Il limite massimo retributivo era stato introdotto con il decreto-legge n. 201 del 2011, come convertito, per tutti coloro che ricevono emolumenti o retribuzioni a carico delle finanze pubbliche, mediante rinvio allo stipendio del primo presidente della Corte di cassazione. Con il decreto-legge n. 66 del 2014 il “tetto retributivo” è stato invece determinato nel suo ammontare in misura fissa, con una significativa decurtazione del trattamento economico di alcuni magistrati. Per i primi anni in cui la norma ha trovato applicazione essa è stata ritenuta non costituzionalmente illegittima poiché considerata una misura straordinaria e temporanea, giustificata dalla situazione di eccezionale crisi finanziaria in cui versava
il Paese. Con il trascorrere del tempo, tuttavia, essa ha definitivamente perso quel requisito di temporaneità, posto a tutela della indipendenza della magistratura e necessario ai fini della sua compatibilità costituzionale.

La pronuncia si pone in linea con i principi ai quali si ispirano plurimi ordinamenti costituzionali di altri Stati. Nello stesso senso, del resto, si è espressa la Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 25 febbraio 2025 (grande sezione, cause C-146/23 e C-374/23), nella quale è stata analogamente censurata la riduzione del trattamento retributivo dei magistrati. La Corte costituzionale ha inoltre ritenuto che l’incostituzionalità della citata norma, in ragione del carattere generale del “tetto retributivo”, non possa che operare in riferimento a tutti i pubblici dipendenti. Trattandosi di una incostituzionalità sopravvenuta, la declaratoria di illegittimità non è retroattiva e produrrà i suoi effetti solo dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

 

La redazione PERK SOLUTION

Diritto di accesso civico generalizzato agli atti, la legge lo riconosce a chiunque

Con parere adottato dal Consiglio dell’Autorità il 9 luglio 2025, l’ANAC ha chiarito, su richiesta di un’Unione di Comuni, l’ambito applicativo dell’accesso civico generalizzato. L’Autorità ha confermato che si tratta di un diritto riconosciuto a “chiunque”, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridiche soggettive e senza necessità di motivare la richiesta.

Questo tipo di accesso si differenzia dall’accesso documentale previsto dalla Legge 241/1990 e da quello “civico semplice”, perché si estende a tutti i dati, documenti e informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni, anche se non soggetti a obbligo di pubblicazione. I limiti sono esclusivamente quelli indicati dalla normativa a tutela di interessi pubblici o privati.

L’ANAC ha inoltre escluso che si possa negare l’accesso sulla base dell’anzianità degli atti richiesti, non essendovi alcuna previsione normativa che limiti temporalmente la conoscibilità dei documenti detenuti dalle PA. L’unica eccezione ammessa è costituita da richieste manifestamente onerose o sproporzionate, in grado di compromettere il buon andamento amministrativo.

Il parere ribadisce quindi che l’accesso civico generalizzato è uno strumento chiave per la trasparenza e il controllo diffuso sull’azione amministrativa, e non può essere condizionato né da valutazioni soggettive sull’interesse del richiedente, né da considerazioni sulla data di formazione del documento richiesto.

 

La redazione PERK SOLUTION

Limiti all’esercizio dell’attività professionale da parte dell’Assessore

Nulla osta alla nomina ad assessore di un professionista (architetto, ingegnere o geometra) con delega alla Cultura o all’Ambiente, e non sussiste per tale assessore alcun obbligo di astenersi dall’esercizio di detta attività professionale ai sensi dell’art. 78, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000, sempre che le materie ivi previste (urbanistica, edilizia e lavori pubblici) non rientrino indirettamente nell’esercizio della delega suddetta. Resta comunque fermo l’obbligo per lo stesso assessore di astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti, non solo la materia urbanistica e/o di edilizia privata e pubblica, ma più in generale interessi propri o di suoi parenti o affini sino al quarto grado, ai sensi del comma 2 del citato art. 78.

È quanto evidenziato dal Ministero dell’interno, con parere dell’8 Luglio, 2025, in riscontro ad un quesito in merito all’obbligo di astensione previsto dall’art. 78 comma 3 del TUEL e se lo stesso valga anche per assessori che non hanno deleghe nei settori dell’urbanistica, edilizia e lavori pubblici, ma che esercitano come liberi professionisti (architetti, ingegneri, geometri) in quegli stessi ambiti all’interno del Comune. La norma dispone: al comma 2 che gli amministratori […] devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore, o di parenti o affini fino al quarto grado; al comma 3 che i componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.

La ratio di tale previsione normativa risiede nell’esigenza di evitare che il professionista tragga vantaggio nella sua attività professione dal mandato pubblico rivestito e di precludere, per ragioni di trasparenza e buon andamento dell’amministrazione dell’ente territoriale, che l’esercizio delle funzioni collegate a tale mandato sia sviato dall’interesse personale dell’amministratore. Tra i destinatari dell’obbligo di astensione rientrano, sia gli assessori ai quali siano state conferite deleghe nei settori dell’urbanistica, dell’edilizia e dei lavori pubblici, sia il Sindaco sul quale, come organo responsabile dell’amministrazione del Comune e presidente della giunta comunale, grava l’onere di sovraintendere su tutte le attività del Comune, anche su quelle delegate.

Secondo il Ministero, il professionista (architetto, ingegnere o geometra) può essere nominato assessore con delega alla Cultura o all’Ambiente, non rientrando tali deleghe nel novero di quelle contemplate dall’art. 78, comma 3, del TUEL (materia urbanistica, edilizia e lavori pubblici), sempre che dette materie non rientrino indirettamente nell’esercizio della delega alla Cultura o all’Ambiente. Una volta nominato, non sussisterà alcun obbligo di astenersi dall’esercizio dell’attività professionale in materia edilizia (privata e pubblica) nel Comune in oggetto, con l’accortezza di cui sopra. E dunque sempre che detto obbligo di astensione non si renda necessario per effetto dell’indiretta inclusione delle suddette materie (urbanistica, edilizia e lavori pubblici) nell’esercizio, in concreto, della delega alla Cultura o all’Ambiente.
Sotto altro e diverso profilo, occorre rilevare che ai sensi del comma 2 della norma sopra citata lo stesso assessore dovrà comunque astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti, non solo la materia urbanistica e/o di edilizia privata e pubblica, ma più in generale interessi propri o di suoi parenti o affini sino al quarto grado. Fermo restando che tale obbligo di astensione non si applicherà ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’assessore, o di suoi parenti o affini fino al quarto grado.

 

La redazione PERK SOLUTION

Termine per la sottoscrizione della relazione di fine mandato in caso di scadenza della consiliatura oltre il quinto anno

Con la delibera n. 17/2025, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti ha chiarito i criteri per determinare il termine entro cui deve essere sottoscritta la relazione di fine mandato nei casi in cui la consiliatura si prolunghi oltre il quinto anno. Tale situazione, che coinvolge numerosi enti locali, è riconducibile principalmente al rinvio delle elezioni disposto durante l’emergenza Covid (cfr. D.L. n. 26/2020 e D.L. n. 25/2021).

La Sezione ha precisato che, in questi casi, il termine per la sottoscrizione della relazione – previsto dall’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011 – deve essere calcolato a ritroso dalla data effettiva delle elezioni, e non dalla scadenza naturale del quinquennio. Questa interpretazione consente di evitare periodi non coperti dall’obbligo informativo tra una consiliatura e la successiva, assicurando che la relazione di fine mandato svolga pienamente la propria funzione: fornire ai cittadini un quadro aggiornato e completo dell’attività amministrativa svolta, a supporto di un voto consapevole.

 

La redazione PERK SOLUTION

Corte Costituzionale: Depositate le motivazioni della sentenza sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio

L’abrogazione del reato di abuso di ufficio da parte del legislatore italiano non contrasta con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (la cosiddetta Convenzione di Mérida); e la Corte costituzionale non può sindacare la complessiva efficacia del sistema di prevenzione e contrasto alle condotte abusive dei pubblici agenti risultante da tale abrogazione, sovrapponendo la propria valutazione a quella del legislatore.

Lo scrive la Corte costituzionale nelle motivazioni (sentenza n. 95/2025) della decisione già preannunciata lo scorso 8 maggio, con cui sono state ritenute non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate da quattordici giudici, tra cui la Corte di cassazione, contro l’abrogazione del delitto di abuso d’ufficio ad opera della legge numero 114 del 2024. La Corte ha ritenuto ammissibili le questioni che i giudici rimettenti avevano formulato con riferimento all’articolo 117, primo comma, della Costituzione, che condiziona l’esercizio della potestà legislativa al rispetto degli obblighi internazionali, tra cui quelli derivanti da convenzioni internazionali ratificate dall’Italia.

Se una convenzione dovesse effettivamente prevedere l’obbligo, per il legislatore nazionale, di prevedere come reato una certa condotta, la Corte ben potrebbe dichiarare l’illegittimità della legge che abbia abrogato quel reato, violando l’obbligo assunto dallo Stato in sede internazionale. L’effetto della pronuncia della Corte sarebbe, in tal caso, quello di ripristinare la legge in precedenza in vigore. Nel merito, la Corte – dopo aver dettagliatamente esaminato tutte le norme della Convenzione di Mérida invocate dai giudici rimettenti – ha però escluso che da esse possa ricavarsi un obbligo di prevedere come reato le condotte di abuso di ufficio, reato che peraltro non è uniformemente presente in tutti gli ordinamenti penali degli Stati firmatari.

I giudici rimettenti avevano anche sostenuto che la scelta del legislatore si sia posta in contrasto con il principio di uguaglianza, tutelato dall’articolo 3 della Costituzione, dal momento che il legislatore avrebbe lasciato irragionevolmente prive di sanzione penale condotte più gravi di altre, che continuano anche oggi a essere qualificate come reati. Inoltre, le ordinanze di rimessione avevano sottolineato il vuoto di tutela che, per effetto dell’abrogazione, si sarebbe creato rispetto a condotte gravemente dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, sanciti dall’articolo 97 della Costituzione.

Queste due ultime censure sono però state dichiarate inammissibili, sulla base della costante giurisprudenza della Corte che ritiene precluso l’esame di questioni di legittimità costituzionale formulate sulla base degli articoli 3 o 97 della Costituzione, quando il loro accoglimento produrrebbe un effetto “in malam partem”, e cioè espansivo della punibilità. In definitiva, ha concluso la Corte, “se gli indubbi vuoti di tutela penale che derivano dall’abolizione del reato (…) possano ritenersi o meno compensati dai benefici che
il legislatore si è ripromesso di ottenere, secondo quanto puntualmente illustrato nei lavori preparatori della riforma, è questione che investe esclusivamente la responsabilità politica del legislatore, non giustiziabile innanzi a questa Corte al metro dei parametri costituzionali e internazionali esaminati”.

Linee guida per la definizione dei modelli organizzativi omogenei degli Ambiti Territoriali Sociali per l’attuazione dei LEPS

Con Decreto interministeriale del 24 giugno 2025 sono state approvate le Linee guida per la definizione dei modelli organizzativi omogenei degli Ambiti Territoriali Sociali per l’attuazione dei LEPS (Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali), predisposte in attuazione dell’articolo 1, comma 161, della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio per il 2022). Tramite l’adozione dell’Intesa in sede di Conferenza unificata, i diversi livelli istituzionali – Ministero, Regioni ed Enti Locali – assumono impegni reciproci nella prospettiva di una rinnovata azione di governance sugli obiettivi comuni.

L’obiettivo principale del documento è quello di favorire il rafforzamento della gestione associata degli ATS, con particolare riferimento a modelli e processi organizzativi funzionali all’attuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali sull’intero territorio nazionale, al fine di garantire:

  • un impiego ottimale delle risorse finanziarie trasferite per l’attuazione dei LEPS;
  • un elevato livello di monitoraggio;
  • un costante aggiornamento dei processi di rendicontazione, consentendo così un più omogeneo sviluppo delle risposte integrate ai cittadini in difficoltà su tutto il territorio nazionale.

Il comma 160 dell’articolo 1 della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 chiarisce che gli ATS rappresentano la dimensione organizzativa necessaria nella quale programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi, i servizi e le attività utili al raggiungimento dei LEPS sul territorio. L’Ambito Territoriale Sociale, pertanto, rappresenta la sede principale della programmazione, concertazione e coordinamento degli interventi, dei servizi sociali e delle altre prestazioni integrate, attive a livello locale. L’ambito è individuato dalle Regioni, ai sensi della legge quadro n. 328 del 2000 tramite concertazione con gli enti locali interessati.

 

La redazione PERK SOLUTION

Nomina del presidente del consiglio comunale nei Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti

Con il parere n. 15738/2025, il Ministero dell’interno chiarisce un’importante questione in tema di nomina del Presidente del Consiglio comunale nei Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, sulla base di una modifica statutaria sopravvenuta dopo l’insediamento del Consiglio. A differenza dei Comuni con popolazione superiore a 15.000 ab, dove il presidente del consiglio è obbligatorio, nei comuni più piccoli si tratta di una facoltà statutaria, da esercitarsi con apposita modifica dello statuto comunale.

Nel caso di specie, il consiglio comunale si è insediato il 30 giugno 2022, data in cui la figura del presidente non era ancora prevista nello statuto. Lo statuto è stato modificato con delibera del 19 novembre 2022, introducendo l’art. 9-bis, che prevede espressamente l’istituzione della figura del Presidente del Consiglio. La nomina del presidente è avvenuta nella prima seduta utile successiva all’entrata in vigore della modifica statutaria, cioè il 31 gennaio 2023.

Secondo il Ministero la modifica statutaria è pienamente legittima e conforme all’art. 39 TUEL.; l’elezione del Presidente del Consiglio è stata effettuata secondo quanto previsto dalla nuova formulazione dello statuto, e cioè nella prima seduta successiva all’entrata in vigore dell’art. 9-bis. Non rileva, ai fini della validità della nomina, che il Consiglio fosse già in carica prima della modifica statutaria: ciò che conta è che la procedura di nomina sia avvenuta nel rispetto delle previsioni dello statuto vigente al momento della nomina stessa.

La redazione PERK SOLUTION