Audizione della Corte dei conti sul Piano Nazionale di ripresa e resilienza

In data 8 febbraio 2021 si è svolta l’audizione informale dei rappresentanti della Corte dei conti, presso le commissioni riunite Bilancio, tesoro e programmazione di Camera dei deputati e Senato della Repubblica e commissione Politiche dell’Unione europea del Senato, nell’ambito dell’esame della proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza. Nella relazione la Corte si sofferma anche sul ruolo degli enti locali nell’attuazione del Piano, che potrebbero essere responsabili dell’utilizzo di un ammontare complessivo di risorse per circa 48 miliardi, di cui poco meno di 19 già scontati nei tendenziali, 29 miliardi di nuovi finanziamenti dal dispositivo europeo RRF e circa 1,6 dal React-EU. Risorse che rappresentano circa il 22 per cento dei finanziamenti totali, il 28,8 per cento degli stanziamenti già in essere e quasi il 20 per cento rispetto alle nuove risorse. Le aree di azione che vedranno come soggetti attuatori prevalentemente gli enti locali si possono ricondurre per sintesi alla tutela e valorizzazione del patrimonio e del territorio, alle infrastrutture sociali e al rafforzamento dei servizi essenziali per le collettività. Sono ambiti interconnessi e reciprocamente funzionali che esprimono, oltre alla sfera di competenza costituzionalmente attribuita alle autonomie locali, anche la vocazione di prossimità di tali enti. I progetti hanno prevalentemente natura di investimento, ma, in particolare per le azioni di rafforzamento dei servizi socioassistenziali, alle spese di infrastrutturazione si associano incrementi di spesa corrente. In diversi casi le azioni rappresentano una prosecuzione o un restyling di linee progettuali precedenti ed ora che le maggiori risorse del Recovery plan costituiscono l’occasione per assicurare un finanziamento pubblico consistente, la programmazione avanzata di progetti non ancora tradotti in appalti, a causa delle risorse finanziarie limitate, può rappresentare un vantaggio. La Corte evidenzia come in diversi casi, tuttavia, gli interventi in via di pianificazione appaiono contrassegnati da una storia di ritardi e sospensioni non strettamente riconducibili alla scarsità delle risorse a disposizione e che pertanto se non adeguatamente e dettagliatamente riprogrammati attraverso una chiara identificazione delle responsabilità attuative, della tempistica e delle modalità di attuazione con target intermedi e finali credibili, potrebbero essere soggetti ad una valutazione negativa in base ai criteri di ammissibilità individuati dal regolamento per la Recovery and Resilience Facility. Per contro, i progetti di investimento a trazione locale possono costituire un punto di forza della pianificazione per diversi motivi: sono idonei a produrre effetti rapidi – trattandosi di interventi di dimensioni contenute e quindi più agevoli e veloci da realizzare – e positivi per numerosi beneficiari (criterio incluso tra le condizionalità per la selezione degli interventi). In secondo luogo, consentono di incrementare la dotazione di capitale e rafforzare i servizi in aree considerate marginali dal mercato. Gli enti locali, inoltre, negli anni più recenti, si sono dimostrati reattivi rispetto alle misure di incentivazione degli investimenti, intensificando progressivamente la numerosità degli interventi di loro competenza. A fronte di questi aspetti, ve ne sono da considerare altri che invece possono costituire fattori di debolezza, quali: la dimensione dei quadri economici decisamente contenuta che ne può ridurre l’impatto macroeconomico; ritardi accumulati nella realizzazione degli interventi e alle opere incompiute.
Per la Corte, tali fattori di rischio richiedono la necessaria attivazione di idonee politiche di supporto, tese in particolare a:
– sostenere le capacità progettuali degli enti locali al fine di compensare con la numerosità e la diffusione capillare delle iniziative le ridotte dimensioni economiche delle stesse;
– migliorare ed accelerare la fase di coordinamento centrale degli investimenti;
– migliorare e dare continuità alle attività di manutenzione e monitoraggio degli interventi per evitare la dispersione delle risorse, introducendo eventualmente anche meccanismi sanzionatori/premianti che costituiscono uno strumento di coordinamento della finanza pubblica – già sperimentato in passato, ad esempio, per il Patto di stabilità interno – idoneo a rafforzare il livello di responsabilità dei soggetti attuatori.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti, al via il questionario on-line sugli oneri da contenzioso 2019

La Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, comunica l’apertura dei termini per l’acquisizione dei dati relativi ai debiti fuori bilancio 2019 rivenienti da sentenza ex art. 194 lett. a) del TUEL nonché in ordine alla costituzione e all’adeguatezza del fondo rischi contenzioso, attraverso il sistema Con.Te. raggiungibile dalla piattaforma FITNET (https://servizifitnet.corteconti.it/fitnet/private/home).
Il relativo questionario, debitamente compilato, va trasmesso, entro l’8 marzo 2021, seguendo le modalità operative descritte all’interno dei box delle comunicazioni presenti nei sistemi Fitnet e Con.Te.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Il concessionario del servizio di illuminazione votiva è agente contabile

Il concessionario del servizio di illuminazione votiva deve rendere il conto giudiziale, quale agente contabile del Comune limitatamente alle entrate riscosse (tariffe versate dagli utenti) e ai versamenti del canone effettuati nel corso di ciascun esercizio. È quanto chiarito dalla Corte dei conti, Sez. Giurisdizionale Sardegna, con la sentenza n. 17/2021. Per quanto concerne l’obbligo di depositare il conto, la Sezione rammenta che la Corte Suprema di Cassazione – Sez. Unite Civili – con ordinanza n. 14234 del 2020, ha ritenuto che l’eventuale regime privatistico in cui operi il soggetto privato titolare di concessione per la gestione di servizi comunali non impedisce che lo stesso rivesta la qualifica di agente contabile, come tale soggetto al giudizio di conto, posto che l’indicata figura è assolutamente indipendente dalla natura, pubblica o privata, del soggetto e dal titolo giuridico in forza del quale la gestione viene svolta, essendo elemento necessario e sufficiente, che, in relazione al maneggio del denaro, sia costituita una relazione tra ente pubblico ed altro soggetto, a seguito del quale la percezione del denaro avvenga, in base a un titolo di diritto pubblico o di diritto privato, in funzione della pertinenza di tale denaro all’ente pubblico e secondo uno schema procedimentale di tipo contabile che comporta l’assunzione della veste di agente contabile, e la conseguente sottoposizione alla giurisdizione contabile. Le Sezioni Unite hanno sottolineato, altresì, che non è controverso che la società concessionaria riscuota dall’utenza anche la quota di introiti che ha l’obbligo di riversare al Comune quale pagamento del canone annuo; pertanto vi è maneggio di denaro con assunzione della qualifica di agente contabile a norma dell’art. 93 del d.lgs. n. 267 del 2000 e conseguente sottoposizione alla giurisdizione della Corte dei Conti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Le modalità di affidamento dell’incarico professionale non mutano in ragione dell’importo

Con riferimento alle procedure di conferimento degli incarichi e alle forme di pubblicità non risulta conforme al dettato normativo la previsione del regolamento comunale, volta ad individuare due procedure differenziate a seconda dell’importo dell’incarico. A differenza di quanto avviene per gli appalti pubblici, infatti, le modalità di affidamento dell’incarico professionale non mutano in ragione dell’importo dell’incarico da conferire, ma devono essere sempre conformi alle regole di pubblicità, trasparenza e parità di trattamento nell’assegnazione dell’incarico. Ne deriva che qualunque incarico, a prescindere dal suo importo, può essere conferito solo dopo una procedura pubblica comparativa, caratterizzata da trasparenza e pubblicità e, dunque, instaurata a seguito di un’adeguata pubblicizzazione dell’avviso relativo. Per tali ragioni è da escludere che, con riferimento agli incarichi di importo più contenuto, il comune possa limitarsi, in assenza di alcun riferimento alla doverosa pubblicizzazione della selezione ed alla garanzia della parità di accesso degli interessati, a ricorrere ad “apposita selezione comparativa”. Sono alcuni dei rilievi mossi dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, Deliberazione n. 3 del 21.01.2021, nell’espletamento delle funzioni di controllo sul Regolamento per la disciplina degli incarichi ad esperti esterni di un Comune.
La Sezione rammenta che, ai sensi del comma 6 dell’art. del D.Lgs. 165/2001, i presupposti necessari per poter conferire incarichi individuali con contratto di lavoro autonomo da parte delle PA riguardano:
a) l’oggetto della prestazione, che deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;
b) l’impossibilità oggettiva, preliminarmente accertata, di utilizzare le risorse umane disponibili all’interno dell’amministrazione;
c) la natura temporanea e altamente qualificata della prestazione (è possibile prescindere dal requisito della comprovata specializzazione universitaria solo nei casi espressamente previsti dalla normativa); l’eventuale proroga dell’incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell’incarico;
d) la preventiva determinazione della durata, dell’oggetto e del compenso della collaborazione;
e) il ricorso a procedure comparative, adeguatamente pubblicizzate;
f) la valutazione dell’organo di revisione per gli enti locali con popolazione superiore ai 5.000 abitanti.
Le deroghe al principio concorsuale hanno carattere eccezionale e sono sostanzialmente riconducibili a circostanze del tutto particolari quali “procedura concorsuale andata deserta, unicità della prestazione sotto il profilo soggettivo, assoluta urgenza determinata dalla imprevedibile necessità della consulenza in relazione ad un termine prefissato o ad un evento eccezionale.
Quanto agli adempimenti relativi alla pubblicità degli incarichi esterni, la Sezione, nel richiamare quanto previsto dall’art. 15 del d.lgs. n. 33/2013 in merito alla individuazione delle informazioni che devono essere pubblicate e costantemente aggiornate, evidenzia la necessità del rispetto della tempistica prevista dall’art. 15, comma 4, del d.lgs. 33/2013, secondo cui “Le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui ai commi 1 e 2 entro tre mesi dal conferimento dell’incarico e per i tre anni successivi alla cessazione dell’incarico”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Unioni di comuni legittimate a ricorrere all’attività consultiva della Corte dei conti

L’Unione di comuni, in persona del Presidente, è legittimata a ricorrere all’attività consultiva della Corte, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003, limitatamente a questioni inerenti alle funzioni proprie esercitate dall’Unione stessa”. È il principio di diritto enunciato dalla Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 01/SEZAUT/2021/QMIG, pronunciandosi su una questione di massima rimessa dalla Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, concernente la legittimazione delle Unioni di comuni a richiedere pareri alla Corte in relazione a funzioni attribuite alle Unioni stesse.
In breve, la Sezione ha rilevato che i comuni, secondo la normativa vigente, possano e, in alcuni casi, siano obbligati ad esercitare le proprie funzioni mediante l’Unione di comuni, ente locale autonomo espressione degli stessi comuni, al tempo stesso strumento di razionalizzazione di risorse pubbliche e soggetto destinatario diretto di norme di coordinamento della finanza pubblica. La gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali è finalizzata a superare le difficoltà legate alla frammentazione dei piccoli Comuni e per conseguire condivisibili obiettivi di razionalizzazione della spesa e di una maggiore efficienza dei servizi (in tal senso, deliberazione n. 15/2020/SEZAUT). Occorre considerare che le funzioni di cui si tratta sono funzioni proprie dell’ente “comune” che devono necessariamente essere svolte o dall’ente uti singulus o, in virtù del patto associativo (normativamente imposto o liberamente contratto), dall’Unione di cui fa parte. In questa prospettiva, le Unioni di comuni sono quindi proiezioni dei singoli enti partecipanti finalizzate all’esercizio congiunto di funzioni di competenza dei comuni, cui si applicano i principi previsti per l’ordinamento di tali enti. In questi termini, la Sezione, nell’alveo della tassatività dell’elencazione dei soggetti legittimati a richiedere pareri ex art. 7, comma 8, della legge 131/2007, estende solo alle Unioni, e non altre forme associative (consorzi, ATO, etc.), la possibilità di accedere alla Corte dei conti in funzione consultiva.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Danno erariale per il conferimento di incarichi di consulenza legale in difetto dei presupposti di legge

Risponde del danno cagionato all’erario il dirigente pubblico che abbia conferito incarichi di consulenza a un soggetto esterno all’Amministrazione (nel caso di specie, a un avvocato) in difetto dei presupposti e delle condizioni stabiliti dalla legge. È quanto stabilito dalla Corte dei conti, sezione I centrale d’appello, 2 dicembre 2020, sentenza n. 333.
Nel caso di specie è emerso che la Procura Regionale della Corte dei conti per la Puglia aveva convenuto in giudizio il direttore generale pro-tempore dell’Agenzia regionale delle attività irrigue e forestali per la Regione Puglia (ARIF), per sentirlo condannare al risarcimento del danno di euro 64.396,80 oltre a rivalutazione monetaria e interessi di legge, a cagione di incarichi di consulenza legale dallo stesso affidati a soggetti esterni all’Ente asseritamente in violazione di legge.
Secondo quanto riportato in citazione, gli incarichi si sarebbero rivelati dannosi in quanto conferiti senza che ricorressero i presupposti normativi di cui all’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, atteso che essi risultavano sostanzialmente immotivati e generici e con delibere di conferimento reiterate a fronte di procedure del tutto irregolari. La Procura aveva contestato al dirigente l’affidamento della medesima tipologia di incarichi per i quali non veniva esplicitato alcunché in ordine alle problematiche sottese alla attività stragiudiziale da porre in essere, né tantomeno in ordine alle diffide o istanze presentate all’ente idonee a dar vita a futuri contenziosi.
I giudici della Sezione d’appello, nel confermare la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia n. 127/2019 – ravvisando nella condotta osservata dal dirigente l’elemento soggettivo della colpa grave per aver egli agito in spregio alle più elementari regole dell’agire amministrativo – hanno ricordato che la materia degli incarichi a consulenti esterni alla pubblica amministrazione, disciplinata dall’art. 7, comma 6, del d.lgs. 30 marzo 2011, n. 165, si inserisce in un contesto nel quale le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di svolgere i compiti istituzionali avvalendosi di personale interno, essendo tale regola espressione del principio costituzionale di buon andamento dell’azione amministrativa anche, e soprattutto, sotto il profilo dell’economicità della stessa.
In quest’ottica, gli incarichi di consulenza a soggetti esterni possono sì rappresentare un’opzione operativa percorribile, ma a condizione che ricorrano specifiche situazioni, ovvero:
• la carenza organica che impedisca, o renda oggettivamente difficoltoso, l’esercizio di una determinata funzione, da accertare per mezzo di una reale ricognizione condotta sulle professionalità in servizio;
• la complessità dei problemi da risolvere, che richiedano conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale interno;
• l’indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell’incarico e la sua durata;
• la proporzione fra il compenso corrisposto al soggetto incaricato e l’utilità conseguita dall’Amministrazione.
Tali condizioni, che per la giurisprudenza (cfr. ex plurimis, Sez. II d’appello, sent. n. 625 del 2018 e sent. n. 327/2019) costituiscono altrettanti presupposti di legittimità, non solo devono coesistere, ma devono anche essere logicamente esplicitati nel provvedimento amministrativo di conferimento, in quanto indefettibilmente concorrenti a costituirne il supporto motivazionale. Pur con l’ovvia precisazione che un profilo di illegittimità formale non possa di per sé costituire fonte di danno erariale, non si può tuttavia revocare in dubbio che, soprattutto in una materia quale quella in esame in cui la condotta da osservare risulta delineata da ristretti ambiti normativi, l’assenza di questo o quel presupposto di legittimità del provvedimento appare chiaramente sintomatica di un comportamento contrario, o quantomeno non in linea, con il modello legale della corretta gestione amministrativa.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti, referto sul processo di razionalizzazione delle partecipazioni societarie

La Corte dei conti, Sezioni riunite, con deliberazione n. 19/SSRRCO/2020 ha approvato il referto sui piani di revisione straordinaria e razionalizzazione periodica 2018 e 2019 delle partecipazioni delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici nazionali, tra cui gli ordini e le federazioni professionali, attribuiti alla competenza della magistratura contabile. Dagli accertamenti istruttori condotto emergono alcuni profili di non conformità al dettato legislativo. In particolare,

  1. ritardata formalizzazione, da parte di alcuni ministeri, dei provvedimenti di revisione o dell’invio della prescritta comunicazione negativa;
  2. incompleta esplicitazione, in alcuni provvedimenti approvati da ministeri, enti pubblici nazionali ed ordini professionali, o nelle allegate schede tecniche di dettaglio, della ricorrenza di tutti i parametri elencati nell’art. 20 del d.lgs. n. 175 del 2016;
  3. omessa ricognizione, nei provvedimenti adottati dal Ministero dell’economia e delle finanze, delle società quotate in mercati regolamentati, nonché delle partecipazioni indirette detenute tramite queste ultime;
  4. adozione dei piani di revisione straordinaria e periodica, da parte di alcuni ministeri, con provvedimento adottato da organo differente rispetto a quello di vertice politico-amministrativo;
  5. ritardata conclusione, in alcuni casi, di programmate alienazioni di partecipazioni societarie; omessa esplicitazione, nei piani di revisione, delle motivazioni per le quali il costo del personale e, in generale, i costi di  funzionamento non necessitino di interventi di razionalizzazione, come da parametro contenuto nell’art. 20, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 175 del 2016;
  6. mancata adozione, e relativa pubblicazione sui siti internet istituzionali, da parte di alcune amministrazioni ed enti pubblici nazionali, di obiettivi specifici sui costi di funzionamento e del personale delle società a controllo pubblico,
    prescritti dall’art. 19, comma 5, del d.lgs. n. 175 del 2016;
  7. omessa o ritardata adozione, da parte di alcuni enti pubblici nazionali, dei provvedimenti di revisione straordinaria o periodica o dell’invio della prescritta comunicazione negativa;
  8. incompleta esplicitazione, nel provvedimento di autorizzazione alla costituzione di una nuova società, adottato da un ente pubblico nazionale, dei parametri motivazionali prescritti dall’art. 5 del d.lgs. n. 175 del 2016;
  9. presenza di procedure di liquidazione di società partecipate avviate da tempo e non ancora concluse, nonché, a volte, decisione di sciogliere la società intervenuta pochi anni dopo la costituzione;
  10. omessa indicazione, in alcuni piani di revisione periodica degli enti pubblici nazionali, dei dati necessari a valutare il costo medio annuo del personale;
  11. omessa o ritardata approvazione, da parte di alcuni ordini professionali nazionali e territoriali, dei provvedimenti di revisione straordinaria e di razionalizzazione periodica o dell’invio della comunicazione negativa prescritta dagli artt. 20 e 24 del d.lgs. n. 175 del 2016;
  12. mancata rilevazione, nei piani di revisione adottati da alcuni ordini professionali nazionali, delle società detenute indirettamente tramite un ente controllato non avente natura societaria;
  13. assenza o carenza, in alcuni piani di revisione approvati dagli ordini professionali nazionali e territoriali, delle motivazioni a supporto del mantenimento di partecipazione societarie, in presenza di uno o più parametri elencati nell’art. 20 del d.lgs. n. 175 del 2016;
  14. omessa o incompleta adozione, da parte di alcune società controllate da ordini professionali nazionali, della delibera assembleare motivata, prescritta dall’art. 11, comma 3 del d.lgs. n. 175 del 2016, a fondamento dell’opzione dell’organo di amministrazione collegiale.

Per il recupero del disavanzo da riaccertamento straordinario prima dei termini serve atto formale

Qualora l’Ente intenda modificare le modalità e le tempistiche con cui ha, in precedenza, deciso di recuperare il maggior disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario, dovrà adottare, nel rispetto del principio del contrarius actus, una delibera consiliare – corredata dal parere dell’Organo di revisione – da cui emerga l’avvenuto recupero anticipato del disavanzo da riaccertamento straordinario, con espressa indicazione delle entrate utilizzate per la copertura del disavanzo, ai fini della sua riduzione o azzeramento, in applicazione della disciplina prevista dall’art. 3 del d.lgs. n. 118/2011 e dell’art. 2 del D.M. 2 aprile 2015. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Lazio, con la deliberazione n. 109/2020/PRSE, a seguito dell’esame dei questionari per gli esercizi finanziari dal 2014 al 2018 di un Comune. Dall’esame della documentazione contabile dell’Ente (coinvolto nella sperimentazione dell’armonizzazione nel 2014) è emerso che, in sede di riaccertamento straordinario dei residui, abbia riconosciuto un maggior disavanzo pari ad euro – 3.517.454,62, da ripianare in n. 30 rate, ciascuna da euro 117.248,48 48. In sede di bilancio 2017, la quota di disavanzo iscritta nella parte spesa è risultata pari ad euro 90.321,65 in quanto il rendiconto 2016 si è chiuso con un disavanzo pari al medesimo ammontare iscritto nel 2017, dimostrando un recupero del disavanzo trentennale che è avvenuto in maniera tempestiva. Nel bilancio di previsione 2018, non essendoci un disavanzo da ripianare (il risultato di amministrazione 2017 si è chiuso con un avanzo disponibile, lett. E) positivo), non è stato iscritto alcun disavanzo. Nel merito, i giudici contabili hanno evidenziato che i risultati conseguiti nel corso del 2016 e del 2017 non possono, ex se, esimere l’Ente né dal documentare, sotto il profilo contabile, l’effettivo recupero anticipato del disavanzo maturato in sede di riaccertamento straordinario, né dall’approvare formalmente il recupero anticipato del disavanzo in parola. Tali operazioni, difatti, si rendono necessarie prima di poter procedere, in via automatica, alla mancata iscrizione, in uscita, della quota annuale di euro 117.248,48 per le annualità successive al 2017. Ancorché l’Ente abbia la possibilità di rivedere – nel rispetto dei limiti massimi previsti dal d.lgs. n. 118/2011 e dal D.M. 2 aprile 2015, nonché degli altri vincoli di finanza pubblica- il piano di recupero del disavanzo, occorre l’adozione di uno o più atti da cui emergano le entrate che vanno a coprire il disavanzo, riducendone o, come nel caso di specie, azzerandone l’importo. Diversamente, ove l’Ente, nella sua piena discrezionalità, intenda proseguire nel recupero del disavanzo da riaccertamento straordinario, secondo il piano originario, sarà tenuto al recupero della quota annuale, per gli esercizi finanziari in cui la stessa non è stata applicata al bilancio di previsione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Corte dei conti, Linee di indirizzo per i controlli interni durante l’emergenza da COVID-19

Con la deliberazione n. 18/SEZAUT/2020/INPR, la Corte dei conti, Sezione delle autonomie, ha adottato le linee guida per indirizzare e sostenere le amministrazioni, in questo periodo delicato di emergenza sanitaria, nel rafforzamento dei sistemi di controlli interni.
L’emergenza sanitaria indotta dalla pandemia da COVID-19, senza precedenti per imprevedibilità degli esiti, per gravità, durata e dimensioni, ha aperto scenari inediti per gli enti del settore pubblico, mettendo a dura prova la loro finanza a causa degli evidenti e immediati riflessi sulle entrate, sulle spese, sugli investimenti e, in definitiva, sugli equilibri di bilancio.
In questo contesto, che ha finito per alterare tutti i processi di gestione del rischio esistenti, le varie componenti del sistema integrato di controllo interno sono chiamate a non affidarsi esclusivamente ai principi anteriormente vigenti e alle prassi, ma dovranno “modificare sostanzialmente l’approccio ai controlli sotto svariati profili, al fine di operare in modo efficace e rispondere tempestivamente alle emergenze attuali e future”, dotandosi anche di adeguati strumenti (organizzativi, informatici e metodologici).
Pur dovendo essere adattati dalle strutture di controllo interno allo specifico ambito dell’organizzazione presso cui operano, questi orientamenti mirano a fornire alcuni alert su aree o aspetti significativi, prendendo in considerazione tutte le tipologie di controllo interno: di regolarità amministrativa e contabile; di gestione; strategico; degli equilibri finanziari; sugli organismi gestionali esterni e sulle società partecipate non quotate; della qualità dei servizi.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Costituzione di una Fondazione di partecipazione

La Corte di conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 130/2020/PAR fornisce chiarimenti in merito alla possibilità di un ente locale di costituire, in qualità di socio co-fondatore con un soggetto privato, una fondazione con finalità non strettamente rientranti tra quelle istituzionalmente spettanti ai comuni.
La Sezione, nel ripercorrere le fonti normative legittimanti la costituzione di una fondazione da parte di una pubblica amministrazione (commi 561 e 562 dell’art. 1 della Legge 27 dicembre 2013, n. 147 e all’art. 1, comma 4, lett. b), D. Lgs. 175/2016) evidenzia, preliminarmente, che il ricorso a modelli privatistici (nel caso di specie, la fondazione di partecipazione) sia soggetto a particolari condizioni di ammissibilità (“quomodo”), rilevanti sotto il profilo giuscontabile, perché trattasi di attività funzionalizzata, ossia preordinata al perseguimento dell’interesse pubblico quale intrinseco fine istituzionale dell’ente (cfr., in generale, art. 4, comma 1, D. Lgs. 175/2016). Nel caso di specie, la fondazione di partecipazione rappresenta uno strumento per regolamentare il partenariato pubblico-privato e si fonda su un negozio giuridico a struttura aperta, per cui risulta necessario valutare la struttura e le regole di funzionamento contenute nello Statuto dell’organismo e l‘impatto economico-finanziario che lo stesso ha per l’Ente locale. Tre sono i requisiti principali che la giurisprudenza contabile ritiene debbano essere soddisfatti affinché sia consentito l’ingresso di privati nel settore pubblicistico:
1) la fondazione di partecipazione deve essere dotata di personalità giuridica;
2) deve essere istituita per soddisfare esigenze generali, aventi finalità non lucrative;
3) deve essere finanziata in modo maggioritario da organismi di diritto pubblico e/o l’Organo di amministrazione o vigilanza dev’essere designato in maggioranza da un Ente pubblico.
Presupposto per il riconoscimento della personalità giuridica e presupposto dell’esistenza stessa della fondazione è la auto-sufficienza patrimoniale rispetto al soddisfacimento dello scopo prescelto, in termini economico-contabili, come capacità di agire economicamente garantendo, sulla base del patrimonio originariamente assegnato e per il tramite dell’attività esercitata, la copertura dei costi con i propri ricavi.
Inoltre, il rapporto finanziario tra ente locale e fondazione si deve esaurire nell’atto costitutivo del nuovo soggetto, salvo eventuali contributi, predeterminati da una specifica convenzione di servizio sulla base di un accertato e motivato interesse pubblico che il Comune abbia il compito di soddisfare e fermo restando il rispetto della disciplina in materia di erogazioni di risorse pubbliche a favore dei privati. L’ipotesi di una contribuzione “a regime” occorrente per colmare le perdite a cui la fondazione vada incontro e garantirne l’equilibrio economico-finanziario, altrimenti non salvaguardabile, non si concilia, pertanto, con l’istituto attivato dall’ente, a pena di snaturarne le caratteristiche essenziali e tradursi, sostanzialmente, nell’utilizzo di un generico schermo privatistico finalizzato all’esercizio di funzioni pubbliche svincolate dall’applicazione dello specifico regime ad esse connesso.
Le fondazioni di partecipazione, per il combinato disposto di normativa europea e nazionale (art. 3, c. 26, D. Lgs 163/2006), sono tenute, tra l’altro, ad osservare le procedure di evidenza pubblica proprie delle Pubbliche Amministrazioni.
Ulteriore requisito condizionante, sul piano ontologico, l’ammissibilità della fondazione comunale è la coerenza della fondazione medesima con l’esercizio di funzioni fondamentali o amministrative assegnate agli Enti locali. Tale coerenza deriva dalla preclusione che risorse finanziarie dell’ente locale siano destinate a funzioni estranee od ultronee all’ente medesimo, eludendo specifici vincoli funzionali di destinazione di spesa pubblica.
Infine, la Sezione ribadisce che l’ente locale non può accollarsi l’onere di ripianare le perdite gestionali di una fondazione perché deve necessariamente farvi fronte la fondazione stessa attraverso il suo patrimonio, rimanendo estranea a tale fattispecie l’art. 21, comma 3-bis, D. Lgs. 175/2016 (Corte dei conti, sez. controllo Piemonte, Delibera 17 novembre 2017, n. 201/PAR). Infatti, legittimando detta disposizione il ripiano delle perdite da parte dell’ente partecipante alle condizioni ivi previste, essa opera soltanto a fronte di partecipazioni in ambito strettamente societario, rimanendone escluse le fondazioni alla luce del citato art. 1, comma 4, lett. b), D. Lgs. 175/2016.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION