Sconta l’imposta di bollo il provvedimento di rinnovo delle concessioni di posteggio

È soggetto all’imposta di bollo il provvedimento di rinnovo delle concessioni di posteggio per l’esercizio delle attività di commercio su aree pubbliche, autonomo rispetto a quello precedente, ai sensi dell’articolo 4, comma 1 della tariffa, allegata al d.P.R. n. 642 del 1972. È quanto stabilito dall’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 573 del 30 agosto 2021. Il provvedimento di rinnovo si collega ad un’istanza, che seppur non presentata nuovamente, è stata comunque a suo tempo richiesta alla parte interessata. In altri termini, pur in assenza di un’ulteriore istanza per il rinnovo della concessione, il provvedimento di rinnovo conseguente all’indicato procedimento iniziato d’ufficio trae origine necessariamente da un’istanza/richiesta di parte.

L’Agenzia evidenzia che per effetto della disposizione di cui al comma 4-bis dell’art. 181 del DL n. 34/2020 (cd. Decreto Rilancio), convertito, con modificazioni, con legge n. 77/2020, le concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020, se non già riassegnate ai sensi dell’intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 5 luglio 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2013, nel rispetto del comma 4-bis dell’articolo 16 del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, sono rinnovate per la durata di dodici anni, secondo linee guida adottate dal Ministero dello sviluppo economico e con modalità stabilite dalle regioni entro il 30 settembre 2020. Il Ministero dello Sviluppo Economico è intervenuto con il decreto del 25 novembre 2020 e il relativo Allegato A), approvando le linee guida per il rinnovo delle concessioni dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza al 31 dicembre 2020. Le linee guida prevedono:
al punto 2: che sono oggetto di rinnovo le concessioni per l’esercizio del commercio su aree pubbliche relative a posteggi inseriti in mercati, fiere e isolati, ivi inclusi quelli finalizzati allo svolgimento di attività artigianali, di somministrazione di alimenti e bevande, di rivendita di quotidiani e periodici e di vendita da parte dei produttori agricoli, aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020;
al punto 4: che al fine di semplificare e ridurre gli oneri amministrativi a carico degli operatori economici, entro il 31 dicembre 2020 il Comune provveda d’ufficio all’avvio del procedimento di rinnovo e alla verifica del possesso, alla medesima data, dei requisiti previsti dalle linee guida;
al punto 13: che le regioni definiscano, con propri provvedimenti attuativi, le modalità di rinnovo delle suddette concessioni.
Con riferimento all’applicazione dell’imposta di bollo per le concessioni di posteggio, l’Agenzia ricorda che l’articolo 4, comma 1, della tariffa, allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, stabilisce che è dovuta l’imposta di bollo, fin dall’origine, nella misura di euro 16,00, per gli, «Atti e provvedimenti degli organi dell’amministrazione dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni, (…) degli enti pubblici in relazione alla tenuta di pubblici registri, rilasciati anche in estratto o in copia dichiarata conforme all’originale a coloro che ne abbiano fatto richiesta.» In linea generale, quindi, i provvedimenti sono soggetti all’imposta di bollo ai sensi dell’articolo 4 della tariffa allegata al d.P.R. n. 642 del 1972, nella misura di euro 16,00, per ogni esemplare. Nel caso di specie, il quadro normativo, volto a semplificare e ridurre gli oneri amministrativi a carico degli operatori economici, non comporta modifiche alla disciplina fiscale dell’imposta di bollo che, quindi, si applica per i provvedimenti di concessione di posteggio già esistenti (e rinnovati mediante la descritta procedura).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Distribuzione gas: sui canoni al Comune si paga l’IVA

Il canone percepito dal Comune per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale ad un soggetto terzo privato è rilevante agli effetti dell’Iva e, conseguentemente, le somme (sia quelle versate in misura fissa che una tantum) riconosciute dall’aggiudicatario devono essere regolarmente assoggettate al tributo per la sussistenza dei presupposti impositivi (soggettivo e oggettivo), ai sensi degli articoli 4 e 3 del DPR del 26 ottobre 1972, n. 633. È quanto ribadito dall’Agenzia delle entrate nella risposta n. 533 del 6/08/2021. Secondo l’Agenzia, il Comune, nell’affidare il servizio di distribuzione del gas naturale, non agisce nella veste di pubblica autorità, in quanto i rapporti tra lo stesso ente locale ed il concessionario sono disciplinati da un contratto di servizio, ai sensi dell’articolo 14, comma 1, del citato d.lgs. n. 164 del 2000, dalle cui disposizioni emerge che il rapporto tra le parti contraenti viene regolamentato sulla base di una pattuizione bilaterale che, pur presentando alcuni profili di natura amministrativa (in considerazione dell’interesse pubblicistico sotteso all’erogazione del servizio), concretizza una modalità di svolgimento dell’attività tipica degli operatori economici privati, basata sulla previsione delle reciproche obbligazioni e posizioni soggettive. Con la risoluzione n. 361285 del 31 dicembre 1986 l’Amministrazione finanziaria ha avuto modo di chiarire che la concessione del servizio di erogazione del gas, da parte di un Comune, sulla base di un atto negoziale, costituisce, per sua natura, attività economica non istituzionale, attratta nel campo di applicazione dell’IVA in virtù del DPR n. 633 del 1972, art. 3, comma 1. Tale affidamento assume rilevanza economica e conferisce carattere commerciale all’attività resa dall’ente locale nel rapporto con il soggetto gestore, garantendo il diritto dell’ente locale a percepire il canone, seppur, nel caso di specie, nelle modalità disciplinate dall’art. 46-bis, comma 4 della Legge 222/07. Trattandosi di corrispettivo (di regola integrativo, in questo caso corrispettivo ex novo) per la concessione del servizio, la natura dello stesso non muta per il fatto di aver fonte nella deliberazione da parte della Giunta del Comune. Non inficia, inoltre, la natura di corrispettivo di tali somme il fatto che l’incremento del canone, ai sensi del comma 4 dell’art. 46-bis, non rappresenta una somma “integralmente disponibile” per il Comune, essendo previsto che le risorse aggiuntive percepite dai Comuni che si avvalgono di tale facoltà siano destinate – prioritariamente ma non esclusivamente – a meccanismi volti a ridurre il costo dei consumi di gas in capo alle fasce di utenti economicamente più deboli.

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Agevolazione prima casa se si vende l’immobile ereditato entro l’anno

È possibile avvalersi dell’agevolazione prima casa per stipulare un nuovo atto di acquisto agevolato, se si possiede altro immobile nello stesso Comune acquistato con le agevolazioni ex art 69 L 342/00, purché si venda entro un anno l’immobile acquisito precedentemente a titolo gratuito mortis causa o inter vivos, sia pure per quanto riguarda le sole imposte ipotecarie e catastali. È quanto evidenziato dall’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 551 del 25 agosto 2021.
Nel caso di specie, l’istante, coniugato in regime di comunione dei beni, ha ereditato in comunione con il fratello la quota indivisa dell’immobile, in forza di successione in morte del proprio padre. La predetta successione è stata regolarmente registrata ed in tale sede l’istante chiedeva per sé l’agevolazione prima casa relativamente a detta quota indivisa. L’istante ha sempre adibito detto immobile a residenza ed abitazione principale propria e della propria famiglia. Essendo mutate le esigenze abitative della famiglia, l’istante intende acquistare una altra unità abitativa (già individuata) alienando il predetto immobile ma, per esigenze del venditore, non può attendere di perfezionare la vendita dell’immobile preposseduto né la registrazione della successione del proprio fratello. L’istante, quindi, chiede di sapere se è possibile usufruire delle agevolazioni prima casa, procedendo alla vendita dell’immobile preposseduto dopo aver acquistato il nuovo immobile, purché tale vendita sia effettuata entro l’anno dal detto acquisto, ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis, della Nota II-bis della Tariffa parte prima, allegata al TUR.
L’Agenzia ricorda che ai sensi dell’art. 69, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342 le imposte ipotecaria e catastale si applicano nella misura fissa per i trasferimenti della proprietà di case di abitazione non di lusso e per la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari relativi alle stesse, derivanti da successioni o donazioni, quando, in capo al beneficiario ovvero, in caso di pluralità di beneficiari, in capo ad almeno uno di essi, sussistano i requisiti e le condizioni previste in materia di acquisto della prima abitazione. Nel successivo comma 4 si stabilisce che l’interessato, nella dichiarazione di successione o nell’atto di donazione, deve altresì dichiarare il possesso dei requisiti e delle condizioni per beneficiare dell’agevolazione “prima casa”, prevedendo l’applicazione della relativa sanzione in caso di decadenza dal beneficio o di dichiarazione mendace. La circolare n. 207/E del 16 febbraio 2000 ha chiarito che l’articolo 69, comma 3, citato ha esteso l’agevolazione c.d. “prima casa” anche agli immobili trasferiti a titolo gratuito mortis causa o inter vivos, sia pure con riferimento alle sole imposte ipotecarie e catastali. L’agevolazione introdotta con l’articolo 69 della legge n. 342/2000 per l’acquisto a titolo gratuito non preclude, quindi, la possibilità di fruire, in caso di successivo acquisto a titolo oneroso di altra abitazione, dei benefici riservati alla “prima casa”, per la diversità dei presupposti che legittimano l’acquisto del bene in regime agevolato, purché si proceda alla vendita entro l’anno dell’immobile precedentemente acquistato a titolo gratuito e il nuovo immobile sia adibito a propria abitazione principale.

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Agenzia delle entrate, le novità contenute nel Decreto Sostegni bis – DL n. 73/2021

L’Agenzia delle entrate illustra le novità previste nel Decreto Sostegni-bis” (DL n. 73/2021), convertito con modificazioni dalla Legge n. 106/2021, recante “Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”, che ha fissato al 31 agosto 2021 il termine di sospensione delle attività di riscossione. Inoltre, pur non modificando le date di scadenza originariamente previste nella “Comunicazione delle somme dovute” della Definizione agevolata, ha fissato nuovi termini entro i quali poter effettuare il pagamento delle rate 2020 e 2021. Di seguito dettaglio le misure già introdotte dai precedenti provvedimenti normativi, aggiornate con le novità del “Decreto Sostegni-bis”.

Pagamento cartelle, avvisi di addebito e accertamento
Differimento al 31 agosto 2021 del termine “finale” di sospensione per il versamento di tutte le entrate tributarie e non tributarie derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento affidati all’Agente della riscossione. I pagamenti dovuti, riferiti al periodo dall’8 marzo 2020 (*) al 31 agosto 2021, dovranno essere effettuati entro il mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione e, dunque, entro il 30 settembre 2021.

Sospensione attività di notifica e pignoramenti
Sospensione fino al 31 agosto 2021 delle attività di notifica di nuove cartelle, degli altri atti di riscossione nonché delle procedure di riscossione, cautelari ed esecutive, che non potranno essere iscritte o rese operative fino alla fine del periodo di sospensione. Sono altresì sospesi fino al 31 agosto gli obblighi derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati, prima della data di entrata in vigore del decreto Rilancio (19/5/2020), su stipendi, salari, altre indennità relative al rapporto di lavoro o impiego, nonché a titolo di pensioni e trattamenti assimilati; le somme oggetto di pignoramento non sono, pertanto, sottoposte ad alcun vincolo di indisponibilità ed il soggetto terzo pignorato deve renderle fruibili al debitore; ciò anche in presenza di assegnazione già disposta dal giudice dell’esecuzione. Cessati gli effetti della sospensione, e quindi a decorrere dal 1° settembre 2021, riprenderanno ad operare gli obblighi imposti al soggetto terzo debitore (e quindi la necessità di rendere indisponibili le somme oggetto di pignoramento e di versamento all’Agente della riscossione fino alla concorrenza del debito).

Pagamento della PA superiori a 5 mila euro
Sospensione dall’8 marzo 2020 al 31 agosto 2021 delle verifiche di inadempienza che le Pubbliche Amministrazioni e le società a prevalente partecipazione pubblica devono effettuare, ai sensi dell’art. 48 bis del DPR 602/1973, prima di disporre pagamenti – a qualunque titolo – di importo superiore a cinquemila euro. La sospensione è decorsa dal 21 febbraio 2020 per i soli contribuenti che, alla medesima data, avevano la residenza, la sede legale o la sede operativa nei comuni della c.d. “zona rossa” (allegato 1 del DPCM 1° marzo 2020). Sono prive di qualunque effetto anche le verifiche disposte prima del 19/5/2020 (data di entrata in vigore del DL n. 34/2020), se l’Agente della riscossione non aveva notificato il pignoramento ai sensi dell’art. 72 bis del DPR n. 602/1973. Per le somme oggetto di tali verifiche, le Pubbliche Amministrazioni e le società a prevalente partecipazione pubblica possono quindi procedere al pagamento in favore del beneficiario.

Agenzia entrate, modalità di restituzione delle somme assoggettate a tassazione in anni precedenti

L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 8 del 14 luglio 2021, fornisce chiarimenti in merito alle modalità di restituzione, al sostituto, di somme indebitamente percepite, assoggettate a tassazione in anni precedenti. L’articolo 150 del DL n. 34/2020 (cd. decreto Rilancio), rubricato «Modalità di ripetizione dell’indebito su prestazioni previdenziali e retribuzioni assoggettate a ritenuta alla fonte a titolo di acconto», ha introdotto nell’articolo 10 del DPR n. 917/1986 (TUIR), il comma 2-bis con il quale è stata espressamente prevista la cosiddetta modalità di restituzione “al netto” in aggiunta a quella al “lordo” della ritenuta stabilita dall’articolo 10, lettera d-bis, al fine di ridurre l’insorgere di contenziosi tra i datori di lavoro e i dipendenti tenuti alla restituzione delle somme.
In base all’art. 10, comma 1, lettera d-bis) del TUIR, sono deducibili dal reddito le somme restituite al soggetto erogatore se tassate in anni precedenti, nel presupposto che la restituzione sia al lordo delle ritenute fiscali. La disciplina riguarda non solo i redditi di lavoro dipendente, bensì tutti i redditi tassati con il criterio di cassa e, quindi, anche i compensi di lavoro autonomo professionale o altri redditi di lavoro autonomo, come i diritti di autore, e i redditi diversi (quali lavoro autonomo occasionale o altro). In particolare, la disposizione si applica alle somme oggetto di restituzione, sia assoggettate a ritenuta a titolo di imposta (ovvero ad imposta sostitutiva) o a titolo di acconto, sia a quelle assoggettate ad Irpef in sede di dichiarazione dei redditi. Tali somme, pertanto costituiscono un onere deducibile indipendentemente dalla modalità di tassazione (anche separata) subìta. Con la modifica introdotta dal comma 174 dell’art. 1, della legge n. 147/2013 (Legge di Stabilità 2014) è stato previsto che l’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; in alternativa, il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto secondo modalità definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze», emanato il 5 aprile 2016.
Il comma 2-bis dell’art. 10 introdotto dal decreto Rilancio si disciplina espressamente una modalità di restituzione delle somme già assoggettate a tassazione, che si aggiunge a quella già prevista (al “lordo” della ritenuta) dalla citata lettera d-bis), disponendo la restituzione al “netto” della ritenuta. L’Agenzia chiarisce che la restituzione al “netto” della ritenuta possa avvenire nell’ipotesi in cui le somme da restituire siano state assoggettate a qualsiasi titolo, a ritenuta alla fonte, nonostante la rubrica dell’art. 150 del DL Rilancio faccia riferimento esclusivamente alle «ritenute alla fonte a titolo di acconto». Conseguentemente, la disposizione in esame potrà trovare applicazione, a titolo esemplificativo, anche in caso di restituzione di somme assoggettate ad imposta sostitutiva (es. restituzione di un premio di risultato assoggettato all’imposta sostitutiva del 10 per cento, ai sensi dell’articolo 1, comma 182 della legge 28 dicembre 2015, n. 208). Per la determinazione dell’importo netto da restituire, con particolare riferimento all’ipotesi in cui l’indebito sia relativo ad una parte della somma complessivamente erogata in anni precedenti, il sostituto dovrà sottrarre dall’importo lordo che il contribuente è tenuto a corrispondere, la quota parte delle ritenute operate ai fini Irpef, proporzionalmente riferibili all’indebito. Le somme, da restituire ai sensi del comma 2-bis, vanno calcolate al netto della ritenuta Irpef subìta e delle ritenute applicate a titolo di addizionali all’Irpef. In relazione ai soggetti che fruiscono del credito d’imposta pari al 30 per cento delle somme ricevute, la Circolare osserva che tale istituto è volto al recupero, da parte del sostituto d’imposta, delle ritenute operate e versate all’Erario per conto del percettore delle somme. Le Amministrazioni dello Stato, come previsto dal comma 1 dell’articolo 29 del d.P.R. n. 600 del 1973, all’atto del pagamento devono effettuare una “ritenuta diretta” in acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti «secondo le modalità previste dalle norme sulla contabilità generale dello Stato» (articolo 2 decreto Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602). Tale modalità di riscossione non comporta, in ragione della coincidenza tra il sostituto d’imposta e il soggetto creditore del tributo, il versamento all’Erario delle ritenute operate sulle somme erogate. Conseguentemente, il credito d’imposta, quale strumento volto a recuperare crediti nei confronti dell’Erario, non ha ragione di essere utilizzato dalle Amministrazioni dello Stato. Il credito d’imposta previsto potrà essere fruito dagli organismi indicati nel comma 3 dell’articolo 29 del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché dai soggetti indicati nell’articolo 23 del medesimo d.P.R., compresi, quindi, gli Enti Pubblici che «operano all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa».

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Istanze di rateizzazione tributi locali esenti dall’imposta di bollo

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 465/2021, ha chiarito che le istanze di rateizzazione di avvisi accertamento aventi ad oggetto i tributi locali quali l’ICI, l’IMU, la TASI, la TARI e il Contributo di Soggiorno, nonché le entrate extra-tributarie, devono ritenersi esenti dall’imposta di bollo.  L’articolo 3, comma 1, della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, stabilisce che è dovuta l’imposta di bollo, fin dall’origine, nella misura di euro 16,00, per ogni foglio, per le «Istanze, petizioni, ricorsi (…) diretti agli uffici e agli organi, anche collegiali dell’Amministrazione dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni, (…), tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo o il rilascio di certificati, estratti, copie e simili». In deroga alle predette disposizioni di carattere generale, nella tabella B annessa al richiamato d.P.R. n. 642 del 1972 sono disciplinate alcune ipotesi di atti e documenti esenti in modo assoluto dall’imposta di bollo. Il disposto dell’articolo 5, comma 4 della tabella, annessa al d.P.R. n. 642 del 1972, esenta in modo assoluto, dall’imposta di bollo, tra l’altro, gli «Atti e copie relativi al procedimento anche esecutivo, per la riscossione dei tributi, dei contributi e delle entrate extra tributarie dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e delle istituzioni pubbliche di beneficienza, dei contributi e delle entrate extra tributarie di qualsiasi ente autorizzato per legge ad avvalersi dell’opera dei concessionari del servizio nazionale di riscossione».

Autore: La redazione PERK SOLUTION

DL Lavoro, le misure in materia di riscossione e pagamenti della PA

L’Agenzia delle entrate-Riscossione illustra le novità introdotte dal DL n. 99/2021 (“Decreto Lavoro”), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 155 del 30 giugno 2021, recante “Misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese”.

Pagamento cartelle, avvisi di addebito e accertamento
È differito al 31 agosto 2021 il termine di sospensione del versamento di tutte le entrate tributarie e non tributarie derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento affidati all’Agente della riscossione. I pagamenti dovuti, riferiti al periodo dall’8 marzo 2020 al 31 agosto 2021, dovranno essere effettuati entro il mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione e, dunque, entro il 30 settembre 2021.

Sospensione attività di notifica e pignoramenti
Sono sospese fino al 31 agosto 2021 delle attività di notifica di nuove cartelle, degli altri atti di riscossione nonché delle procedure di riscossione, cautelari ed esecutive, che non potranno essere iscritte o rese operative fino alla fine del periodo di sospensione.
Sono altresì sospesi fino al 31 agosto 2021 gli obblighi derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati, prima della data di entrata in vigore del decreto Rilancio (19/5/2020), su stipendi, salari, altre indennità relative al rapporto di lavoro o impiego, nonché a titolo di pensioni e trattamenti assimilati; le somme oggetto di pignoramento non sono, pertanto, sottoposte ad alcun vincolo di indisponibilità ed il soggetto terzo pignorato deve renderle fruibili al debitore; ciò anche in presenza di assegnazione già disposta dal giudice dell’esecuzione.
Cessati gli effetti della sospensione, e quindi a decorrere dal 1° settembre 2021, riprenderanno ad operare gli obblighi imposti al soggetto terzo debitore (e quindi la necessità di rendere indisponibili le somme oggetto di pignoramento e di versamento all’Agente della riscossione fino alla concorrenza del debito).

Pagamenti della PA
Infine, sono sospese fino al 31 agosto 2021 le verifiche di inadempienza che le Pubbliche Amministrazioni e le società a prevalente partecipazione pubblica devono effettuare, ai sensi dell’art. 48 bis del DPR 602/1973, prima di disporre pagamenti – a qualunque titolo – di importo superiore a cinquemila euro. La sospensione è decorsa dal 21 febbraio 2020 per i soli contribuenti che, alla medesima data, avevano la residenza, la sede legale o la sede operativa nei comuni della c.d. “zona rossa” (allegato 1 del DPCM 1° marzo 2020).
Sono prive di qualunque effetto anche le verifiche disposte prima del 19/5/2020 (data di entrata in vigore del DL n. 34/2020), se l’Agente della riscossione non aveva notificato il pignoramento ai sensi dell’art. 72 bis del DPR n. 602/1973. Per le somme oggetto di tali verifiche, le Pubbliche Amministrazioni e le società a prevalente partecipazione pubblica possono quindi procedere al pagamento in favore del beneficiario.

Iva ridotta al 5% per le prestazioni rese da cooperativa sociale in una RSA di proprietà comunale

L’Agenzia delle entrate, con risposta n. 400 del 10 giugno 2021, nel fornire riscontro ad una istanza di interpello di un Comune (in qualità di proprietario della RSA) in merito al trattamento fiscale, agli effetti dell’IVA, applicabile alla prestazioni dalla Cooperativa Sociale (gestore del global service nella medesima RSA), ritiene che al corrispettivo versato alla Cooperativa Sociale debba applicarsi l’IVA nella misura del 5 per cento, dal momento che nel caso di specie sussistono i presupposti richiamati dalla citata parte II-bis) della Tabella A allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, ossia lo svolgimento di prestazioni proprie di una casa di riposo. Come già precisato dalla citata risoluzione n. 74/E del 2018, affinché possa trovare applicazione l’aliquota del 5 per cento è necessario che le cooperative sociali e/o loro consorzi effettuino, sia direttamente sia indirettamente tramite convenzioni e/o contratti in genere, le prestazioni nei confronti dei soggetti espressamente elencati nel numero 27-ter) dell’articolo 10 del d.P.R. n. 633, tra cui sono riconducibili anche «gli anziani ed inabili adulti». Tale circostanza risulta soddisfatta nella fattispecie prospettata in cui il Comune ha affidato alla Cooperativa Sociale la gestione globale (comprensiva quindi dell’alloggio e di tutte le altre prestazioni necessarie) della struttura RSA.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Agenzia delle Entrate, recupero maggiore IVA versata mediante il meccanismo dello split payment

In tema di recupero della maggiore IVA split versata da parte degli enti locali, l’Agenzia delle entrate, con la Risposta n. 424/2021, ha evidenziato che l’Ente committente, destinatario di una fattura emessa ai sensi dell’articolo 17-ter del decreto IVA, in relazione alla quale opera, appunto, la scissione dei pagamenti, non assumendo la qualifica di debitore d’imposta, non ha facoltà di variare autonomamente l’imposta addebitatagli in rivalsa, restando tale facoltà rimessa al cedente e/o prestatore nel presupposto che sarebbe quest’ultimo a rispondere dell’errore laddove fosse in seguito accertata una errata applicazione delle aliquote. Nel caso di specie, l’Ente istante nel rappresenta che per le fatture ricevute negli anni 2018-2019, per l’esecuzione di alcuni lavori, poteva applicarsi l’IVA al 10% anziché al 22%, ha chiesto come recuperare la maggiore imposta versata con riferimento alle fatture ricevute per le quali non è più possibile fare ricorso all’articolo 26 del DPR 633/1972 per l’emissione di note di variazione. L’Agenzia osserva che spetta al solo cedente/prestatore la facoltà di avvalersi dello strumento della nota di credito per rettificare l’IVA erroneamente addebitata. Tale assioma, peraltro, non è inciso dalla circostanza che, nel caso di specie, l’operazione è regolata mediante il meccanismo della scissione dei pagamenti (c.d. split payment), disciplinato dall’articolo 17-ter del decreto IVA. Con riferimento alle fatture per le quali il fornitore non ha più facoltà di emettere le note di variazione, essendo ormai decorso un anno dall’effettuazione dell’operazione il medesimo, laddove intenda recuperare la maggiore imposta addebitata per rivalsa, può attivare la procedura di rimborso di cui all’articolo 30-ter, comma 1, del decreto IVA. Tuttavia, essendo stata la maggiore imposta versata mediante il meccanismo dello split payment, l’Agenzia è dell’avviso che il fornitore debba indicare nell’istanza come beneficiario del rimborso, se spettante, l’Ente committente. In alternativa, laddove la richiesta di rimborso sia presentata direttamente dall’Ente committente, l’istanza andrà sottoscritta anche dal fornitore, parimenti responsabile di un eventuale rimborso non spettante.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Esentasse i contributi straordinari per l’emergenza da Covid-19

Ai contributi di qualsiasi natura erogati, in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica Covid-19, da chiunque e indipendentemente dalle modalità di fruizione, ai soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, si applica il regime esentativo previsto espressamente per talune tipologie di aiuti economici. È quanto chiarito dall’Agenza delle Entrate con la risposta n. 411 del 16 giugno 2021. In relazione al regime fiscale applicabile a tale emolumento, l’Agenzia osserva che l’articolo 10-bis del “decreto Ristori”, ha previsto che i contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza, da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, spettanti ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR, di cui al Dpr 22 dicembre 1986, n. 917. Nel caso di specie, l’Ente istante, Teatro Stabile, ha chiesto di conoscere il corretto trattamento fiscale del contributo straordinario ricevuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo (MiBACT), al quale è stata applicata la ritenuta del 4 per cento. Nella fattispecie in esame per l’Agenzia non osta all’applicazione del regime esentativo la circostanza che il contributo erogato sia stanziato con risorse del Fondo sviluppo e coesione di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e del Fondo unico dello Spettacolo, dal momento che l’articolo 10-bis fa esclusivo riferimento alla natura del contributo e alla sua discontinuità con quelli ordinariamente erogati; a nulla rilevando, pertanto, la provenienza delle risorse economiche destinate a finanziare i contributi erogati a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION