DL Infrastrutture, Disposizioni in materia di protezione civile nelle isole minori

L’art. 13-ter del DDL di conversione in legge del DL n. 121/2021 (c.d. Decreto Infrastrutture), ora all’esame del Senato per la definitiva conversione in legge, prevede che i sindaci dei comuni delle isole minori sul cui territorio abbiano sede uno o più comuni, per l’esercizio delle funzioni ad essi spettanti in qualità di autorità territoriale di protezione civile, possono, anche congiuntamente, istituire un apposito organismo consultivo per l’esercizio delle loro attribuzioni in materia.
I sindaci, nell’ambito dell’organismo consultivo, possono designare i rappresentanti delle rispettive amministrazioni e possono essere supportati nelle attività di protezione civile da soggetti dotati di competenze scientifiche tecniche e amministrative dirette alla identificazione degli scenari di rischio connessi con i rispettivi territori. Per favorire il tempestivo intervento in vista o in occasione degli eventi emergenziali di protezione civile i comuni delle isole minori possono prevedere la costituzione di un fondo per le attività di protezione civile di competenza comunale nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente nei rispettivi bilanci. Inoltre, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, i comuni delle isole minori che non vi abbiano ancora provveduto predispongono il piano di protezione civile, con il supporto della regione competente.
I sindaci, il cui territorio ricade in ambiti interessati dal rischio vulcanico, sentite le autorità di protezione civile nazionale e regionale e le locali autorità marittime, in caso di crisi vulcaniche possono regolamentare ovvero contingentare l’accesso alle isole, al fine di assicurare le condizioni di sicurezza dei cittadini, anche in riferimento alle capacità di accoglienza delle isole e dei rispettivi ambiti portuali.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Corte Costituzionale: illegittima la sanatoria regionale delle dighe, costruite in violazione dell’autorizzazione paesaggistica

La disciplina delle opere di sbarramento idrico – come le dighe, gli impianti a fini antincendio e per l’innevamento artificiale delle piste da sci – assegnate alle Regioni in base alla loro dimensione, non può prevedere la sanatoria di opere che siano state realizzate in mancanza dell’autorizzazione paesaggistica o in difformità dalla stessa.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 201, depositata il 28 ottobre 2021.
La pronuncia, pur ribadendo la competenza delle Regioni in materia di opere di sbarramento idrico di minori dimensioni, con riferimento sia alla loro costruzione che alla vigilanza delle stesse, dichiara l’incostituzionalità – tra gli altri – dell’articolo 11 della legge veneta n. 23/2020. Si tratta della disposizione con cui la regione Veneto aveva consentito ai proprietari o ai gestori di dighe precedentemente «non denunciate» o «realizzate in difformità dai progetti approvati» di regolarizzarle.
La Corte ha ritenuto che questa previsione contrasti con la tutela dell’ambiente perché l’ampio e indistinto riferimento alle opere abusive che essa contiene è idoneo a farvi rientrare anche quelle realizzate in assenza o in violazione dell’autorizzazione paesaggistica, delle quali, quindi, finisce per consentire una “sanatoria”.
Ma la regolarizzazione delle opere sotto il profilo paesaggistico – ha spiegato la Corte – concerne la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ed è perciò riservata alla competenza del legislatore statale, che l’ha consentita nelle sole e tassative ipotesi previste dal codice dei beni culturali.
L’ampliamento di tali ipotesi ad opera della regione Veneto costituisce, pertanto, violazione di un istituto di protezione ambientale uniforme, valido in tutto il territorio nazionale.

Anci, Indagine disagio abitativo. Prorogato al 20 novembre il termine per la restituzione questionario

Partita la mappatura sulla condizione abitativa dei lavoratori agricoli promossa da Anci-Cittalia e ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. L’indagine è condotta tramite un questionario che i Comuni potranno restituire, inizialmente entro il 15 ottobre, termine che è stato prorogato al 20 novembre, per consentirne la più ampia partecipazione.
L’invio dei questionari segue la lettera congiunta inviata nei giorni scorsi ai sindaci dal presidente dell’Anci Antonio Decaro e dal ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando.
“La mappatura – spiega il delegato Anci all’Immigrazione Matteo Biffoni – consentirà di acquisire un quadro di dettaglio sulle condizioni, formali e informali, in cui abitano i lavoratori del settore agroalimentare. Si tratta – continua il sindaco di Prato – di una ricerca ambiziosa, ad alta valenza istituzionale, su cui il ministero del Lavoro ha deciso di investire insieme ad Anci, con l’obiettivo di accompagnare l’attuazione concreta delle misure previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020 – 2022”.
“Con questa operazione – aggiunge Biffoni – intendiamo ricostruire un quadro dettagliato delle condizioni di disagio abitativo connesso al lavoro agricolo, ma anche un quadro più chiaro delle risorse, in termini di strutture e servizi, che i Comuni possono mettere in campo per migliorare le condizioni alloggiative”.
L’indagine contribuirà ad orientare in maniera mirata e puntuale lo stanziamento di risorse stanziate proprio al fine di superare degrado e marginalità abitativa, a partire dai 200 milioni di euro che il PNRR stanzia proprio con queste finalità.
Inoltre si inquadra nell’ambito di una più vasta collaborazione con il ministero del Lavoro che prende il via dall’ambito agricolo ma che è comune intendimento estendere ad altri ambiti di sfruttamento lavorativo altrettanto rilevanti.
“Sappiamo di chiedere ai Comuni uno sforzo significativo – conclude Biffoni – dovendo fornire informazioni che non sempre sono reperibili in singole unità organizzative o uffici. Contiamo sulla visione strategica e sulla disponibilità dei sindaci che comprenderanno, come sempre accade quando è Anci a rivolgersi ai Comuni, la valenza fortemente operativa dell’indagine”.

Consigliere dimissionario, la delibera di surroga è un atto dovuto

La delibera di surroga è un atto dovuto, non discrezionale, quindi obbligatorio e la sua eventuale mancata adozione costituisce una violazione di legge con le conseguenze previste dal vigente ordinamento degli enti locali. È questa la risposta del Ministero dell’Interno ad una richiesta di parere in merito alla procedura corretta per la sostituzione di un consigliere comunale dimissionario.
Riguardo alla necessità dell’adozione della deliberazione di surroga ed alle conseguenze in caso di mancata approvazione della stessa, il Ministero, con parere del 12 marzo 2018, ha osservato quanto segue: “[…] la deliberazione di surroga, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, non può essere considerata atto saltuario, eventuale, ma necessario e dovuto. L’obbligatorietà dell’atto e la sua natura vincolata (quanto alla determinazione del contenuto) lo sottrae a qualsiasi relazione con la discrezionalità amministrativa e con l’indirizzo politico della maggioranza espressa dall’assemblea consiliare (vedi T.A.R. Abruzzo, 30 luglio 2005, n. 667). Conseguentemente, l’ipotesi di votazione contraria alla deliberazione di surroga da parte dell’organo consiliare potrebbe verificarsi unicamente in presenza di una causa di ineleggibilità o di incompatibilità, da contestare al surrogante con le modalità previste dalla legge.”.
Sullo stesso argomento è recentemente intervenuto il Consiglio di Stato che con la sentenza n. 2273 del 17 marzo 2021, ha precisato che “…la surroga del consigliere dimissionario,…costituisce un atto dovuto – v., sul punto, Cons. St., sez. III, 12 giugno 2020, n. 3736 – e, in quanto tale, non può essere impedita o venire a mancare per effetto di manovre dilatorie ed ostruzionistiche in seno al Consiglio comunale che paralizzino il regolare svolgimento della vita democratica dell’ente locale  e il funzionamento dei suoi organi elettivi….”.

 

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Accesso al servizio Durc On Line tramite SPID, CIE e CNS.

Con la Circolare n. 146 del 7/10/2021, l’INPS illustra le nuove modalità di accesso al servizio Durc On Line tramite SPID, CIE e CNS. Come disposto dall’articolo 24, comma 4, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, a partire dal 1° ottobre 2021 l’accesso ai servizi online dell’Inps è previsto esclusivamente tramite SPID, CIE e CNS.
Per accedere al servizio in esame l’utente deve selezionare sul portale www.inps.it la voce “Prestazioni e Servizi” > “Servizi” > “Durc On Line”, e accedere con SPID, CIE e CNS.
Una volta eseguita l’autenticazione con la modalità prescelta, il sistema riconosce l’utente e gli sottopone automaticamente i servizi a cui è abilitato e ai quali in precedenza accedeva con il PIN e la password. Dal 1° ottobre 2021, pertanto, cessano di avere validità le utenze e le password per l’accesso al predetto servizio.
Da tale data la creazione/abilitazione delle Stazioni appaltanti/Amministrazioni procedenti, il subentro nell’abilitazione per la richiesta d’ufficio del Durc On Line, nonché l’aggiornamento dell’anagrafica delle Stazioni appaltanti/Amministrazioni procedenti già abilitate, non avverrà più tramite l’accesso a sportellounicoprevidenziale.it.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Interoperabilità: AgID adotta le Linee Guida

Terminata la procedura di consultazione e informazione, l’Agenzia per lìItalia Digitale (AgiD), con determinazione n. 547/2021, ha adottato e pubblicato le “Linee guida sull’interoperabilità tecnica delle Pubbliche Amministrazioni” e le “Linee guida Tecnologie e standard per la sicurezza dell’interoperabilità tramite API dei sistemi informatici”, ai sensi dell’art. 71 del CAD e della Direttiva (UE) 2015/1535.
Entrambe le Linee Guida contribuiscono alla definizione del modello di interoperabilità delle pubbliche amministrazioni (ModI), definito da AgID ai sensi dell’art. 73, comma 3-bis, lett. b) del CAD, in coerenza con il nuovo European Interoperability Framework.
Le prime si focalizzano sulle tecnologie e le loro modalità di utilizzo per garantire la sicurezza delle transazioni digitali realizzate tra e verso le pubbliche amministrazioni che utilizzano le application programming interface tramite rete di collegamento informatica (di seguito API).
Le seconde individuano le tecnologie e gli standard che le Pubbliche Amministrazioni devono tenere in considerazione durante la realizzazione dei propri sistemi informatici, per permettere il coordinamento informativo e informatico dei dati tra le amministrazioni centrali, regionali e locali, nonché tra queste e i sistemi dell’Unione Europea, con i gestori di servizi pubblici e dei soggetti privati.

ISTAT: al via la nuova edizione del Censimento della popolazione e delle abitazioni

Parte nei primi giorni di ottobre la terza edizione del Censimento permanente della Popolazione e delle Abitazioni.
Scopo del Censimento è il conteggio della popolazione italiana e delle sue caratteristiche socio-economiche e strutturali, che rappresenta la base informativa ufficiale pubblica e legale utilizzata nelle decisioni politiche e nei confronti internazionali. Il Censimento fornisce anche importanti informazioni sul patrimonio abitativo delle famiglie.
Fino al 2011 il Censimento generale della popolazione era realizzato ogni dieci anni (salvo qualche interruzione) e aveva carattere universale, coinvolgeva cioè tutte le famiglie sul territorio nazionale. A partire dal 2018 questa modalità è stata sostituita dal Censimento permanente realizzato attraverso una rilevazione a cadenza annuale su un campione di famiglie. Questa novità è resa possibile dalle tecniche statistiche e organizzative innovative e non sminuisce la qualità e la quantità delle informazioni raccolte.
I vantaggi della rilevazione permanente campionaria sono numerosi. I costi di realizzazione sono molto più contenuti; è minore il disturbo della richiesta statistica per le famiglie coinvolte; c’è una maggiore facilità organizzativa della rilevazione a livello comunale; il rilascio dei dati ha cadenza annuale.
Nel 2021 prenderanno parte al Censimento poco meno di 2 milioni e mezzo di famiglie (2.472.400) residenti in oltre 4.500 comuni presenti su tutto il territorio nazionale.
La data di riferimento del Censimento è il 3 ottobre 2021, ossia le risposte ai quesiti inseriti nel questionario devono essere riferite a questa data. I primi risultati saranno invece diffusi a dicembre 2022.
La partecipazione al Censimento rappresenta un obbligo di legge e la violazione dell’obbligo di risposta prevede una sanzione.
Il Censimento permanente della popolazione è realizzato attraverso due indagini campionarie annuali sul territorio,
– una basata sulle liste anagrafiche, la “rilevazione da lista”
Questa rilevazione interessa quest’anno circa 1,7 milioni di famiglie, le quali stanno ricevendo in questi giorni una lettera che le invita a compilare il questionario per mezzo della piattaforma online, utilizzando le credenziali di accesso riportate nell’informativa ricevuta, oppure presso uno dei Centri Comunali di Rilevazione. Dall’8 novembre le famiglie non ancora rispondenti possono essere contattate dal Comune o ricevere una visita da parte del rilevatore. La rilevazione da Lista prende avvio il 4 ottobre e termina il 23 dicembre 2021;
– l’altra su un campione di indirizzi, la “rilevazione areale”.
Per la rilevazione areale sono chiamate invece a partecipare circa 700mila famiglie, informate tramite locandina e lettera non nominativa presso gli indirizzi verificati. In questo caso la compilazione del questionario avviene attraverso un’intervista faccia a faccia presso il proprio domicilio con un rilevatore, o mediante autocompilazione del questionario su un tablet fornito dallo stesso rilevatore presso il proprio domicilio. In alternativa si può effettuare l’intervista presso uno dei Centri Comunali di Rilevazione. La rilevazione Areale inizia il 14 ottobre (dopo la verifica degli indirizzi da parte del rilevatore) e termina il 18 novembre 2021.

Incompatibilità del Sindaco nei cui confronti è stato accertato il mancato pagamento dell’IMU e della TASI

Sussiste la causa di incompatibilità del Sindaco prevista dall’art.63, comma 1, n. 6) del TUEL, quando vi sia stata la notifica della cartella di pagamento, in quanto solo in seguito alla stessa ed alla sua mancata impugnazione (o alla sua impugnazione con esito negativo) può considerarsi cristallizzato l’accertamento del debito tributario, ovvero sia stata emessa ingiunzione di pagamento di cui al regio decreto n.639 del 1910 nell’ambito delle procedure di riscossione coattiva. In caso di rateizzazione del debito la causa di incompatibilità viene meno solo al pagamento dell’ultima rata del piano di rientro del debito. È la risposta del Ministero dell’Interno ad una richiesta di parere concernente l’eventuale sussistenza di una causa di incompatibilità in capo ad un sindaco, nei cui confronti è stato accertato il mancato pagamento dell’IMU e della TASI, debito tributario che l’amministratore avrebbe richiesto di estinguere con pagamenti rateali.
L’articolo 63, comma 1, n. 6), del D.lgs. 267/2000 dispone testualmente che: “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale: (…) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602 (…)”. Ne consegue che è incompatibile a ricoprire la carica di sindaco colui che ha un debito liquido ed esigibile verso il comune e che, per lo stesso, sia stato legalmente messo in mora dall’ente creditore, senza che sia avvenuto il pagamento del quantum dovuto. L’incompatibilità sussiste solo nel caso in cui l’amministratore, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei confronti del comune, abbia ricevuto invano la notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46, del D.P.R. n.602/1973.
Il richiamo a tale ultima disposizione normativa deve ritenersi come “necessariamente riferito alla cartella di pagamento, che, qualora notificata e non impugnata dal contribuente, svolge una funzione assimilabile all’avviso di mora in quanto idoneo a cristallizzare definitivamente l’esistenza del debito tributario consentendo l’espropriazione forzata, e, quindi ad integrare la causa di incompatibilità prevista per colui che voglia ricoprire una delle cariche pubbliche indicate al primo comma del medesimo art.63 n.6” (così Cass. Civ., sez. I, n.10947/2015).
Pertanto, in presenza di un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi del comune, affinché possa ritenersi sussistente la causa di incompatibilità prevista dall’art. 63, comma 1, n. 6), è necessario che ci sia stata la notifica della cartella di pagamento, in quanto solo in seguito alla stessa ed alla sua mancata impugnazione (o alla sua impugnazione con esito negativo) può considerarsi cristallizzato l’accertamento definitivo dell’esistenza del debito tributario. Inoltre, nell’ipotesi in cui il comune, avvalendosi della facoltà di procedere alla riscossione coattiva tramite ingiunzione di pagamento di cui al regio decreto n.639 del 1910, emetta una ingiunzione di pagamento, quest’ultima, al pari della cartella di pagamento, è idonea a far sorgere la causa di incompatibilità.
L’obbligo di pagare il debito è correlato al sorgere del diritto di credito in favore del comune ed a nulla rileva la concessione da parte dell’ente di un piano di rientro al fine di far venire meno la sussistenza della causa di incompatibilità. In caso di concessione della rateizzazione, infatti, è solo il pagamento dell’ultima rata del piano ad estinguere il debito e, dunque, a far cessare il conflitto d’interesse derivante dalla contestuale posizione di amministratore dell’ente e debitore dello stesso.

Istat, le unità istituzionali appartenenti al settore delle Amministrazioni Pubbliche

Sulla base del Sistema europeo dei conti (SEC 2010, definito dal Regolamento (Ue) del Parlamento europeo e del Consiglio, n. 549/2013) e delle interpretazioni del SEC stesso fornite dal Manual on Government Deficit and Debt pubblicato da Eurostat (Edizione 2019), l’Istat predispone l’elenco delle unità istituzionali che fanno parte del settore delle Amministrazioni Pubbliche (Settore S.13).

Nell’ambito delle statistiche di contabilità nazionale, per tale settore, l’Istat compila il conto economico consolidato che costituisce il riferimento per gli aggregati trasmessi alla Commissione Europea, in applicazione del Protocollo sulla Procedura per i Deficit Eccessivi annesso al Trattato di Maastricht.

I criteri utilizzati per la classificazione delle unità istituzionali nei settori definiti dal SEC sono di natura statistico-economica (si veda la Nota esplicativa) e sono soggetti a continui approfondimenti e precisazioni – svolti in accordo con le Autorità Statistiche Europee – al fine di garantire la necessaria armonizzazione a livello europeo.

L’elenco sintetico 2021 è riportato in allegato. La lista esaustiva verrà pubblicata entro il 24 ottobre.

Ai sensi dell’art. 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n.196 e ss.mm. (Legge di contabilità e di finanza pubblica), l’elenco riportato nell’Allegato 1 è altresì pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 234 del 30 settembre 2021.

L’elenco precedente è disponibile nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 275 del 4 novembre 2020 (rettifica dell’elenco pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 242 del 30 settembre 2020).

Vedi anche Nota esplicativa 2021

ANCI, quaderno operativo sugli adempimenti per i sindaci e gli amministratori

L’ANCI ha predisposta un quaderno operativo di facile e pronta consultazione, con un quadro chiaro e sintetico, dei principali adempimenti che attendono i Sindaci e gli amministratori locali neo eletti, in vista della tornata amministrativa 2021 che coinvolgerà 1.348 Comuni dove saranno eletti 16.523 consiglieri e nominati circa 4.538 assessori.

Il manuale per i sindaci elezioni amministrative 2021’ una sintetica ma puntuale disamina delle prime attività che devono svolgere i Sindaci subito dopo il loro insediamento nonché i primi adempimenti a cui è tenuto il Consiglio comunale. Il volume fornisce anche un quadro d’insieme delle regole che presidiano la governance complessiva dell’ente. Il Manuale è arricchito da modelli, schemi di provvedimenti e deliberazioni, che forniscono strumenti operativi pronti all’uso.