Nota Anci sullo svolgimento delle sedute degli organi in modalità da remoto o mista

Anci, al fine di fornire linee di indirizzo operative e fugare possibili dubbi interpretativi, ha predisposto una nota per supportare gli enti circa la possibilità di poter continuare a svolgere le sedute dei propri organi da remoto o in modalità mista ( in parte da remoto e in parte in presenza) anche successivamente alla cessazione dello stato di emergenza dello scorso 31 marzo.
La nota ricorda come gli enti locali abbiano la potestà regolamentare di disciplinare il funzionamento delle sedute delle giunte comunali e dei consigli comunali e metropolitani. Talune amministrazioni locali, ancor prima dell’entrata in vigore della normativa emergenziale, in ottemperanza all’art. 12 del d.lgs. 7 marzo 2005, n.82 (codice dell’amministrazione digitale – CAD), avevano già adottato norme statutarie o regolamentari che danno facoltà a tutti o solo ad una parte dei componenti della giunta o delle commissioni consiliari di partecipare alle riunioni in videoconferenza senza raggiungere fisicamente la sede comunale. La ratio legis dell’articolo 73 del DL 18/2020 quale norma emergenziale era, invece, quella di consentire, in fase pandemica e per motivi legati ovviamente alla sicurezza e alle prevenzione sanitaria della diffusione del virus Covid-19, anche in assenza di una specifica previsione regolamentare, la possibilità di svolgere le sedute degli organi collegiali in modalità da remoto o mista.  La norma aveva carattere di temporalità solo ed esclusivamente per l’aspetto relativo alla deroga appena descritta. Dunque, tutti i regolamenti adottati dagli enti locali prima e durante lo stato emergenziale, per disciplinare lo svolgimento delle sedute dei propri organi da remoto o in modalità mista, continuano ad essere efficaci anche successivamente al termine di cessazione dello stato emergenziale (31 marzo u.s.). Ovviamente, stesso ragionamento vale per gli enti che, dopo il 31 marzo, vorranno dotarsi di
tale strumento regolamentare della materia “de qua”. Unica fattispecie che residua e su cui invece Anci ritiene sussistano forti dubbi
interpretativi circa la sua praticabilità giuridica è quella relativa all’ente locale che, non avendo ancora adottato alcun regolamento, voglia proseguire con le modalità di svolgimento delle sedute degli organi collegiali in modalità mista o solo da remoto, anche successivamente alla data di cessazione dell’emergenza e cioè dopo il 31 marzo u.s.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Elezioni amministrative nelle regioni a statuto ordinario, si voterà domenica 12 giugno

Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese con apposito decreto ha fissato la data di svolgimento del turno elettorale nelle regioni a statuto ordinario per domenica 12 giugno 2022 con eventuale turno di ballottaggio per l’elezione diretta dei sindaci domenica 26 giugno. Le operazioni di voto si svolgeranno dalle ore 7 alle ore 23.
Inoltre, il Consiglio dei Ministri ha deliberato per la stessa data del 12 giugno 2022 la convocazione dei comizi per i cinque referendum popolari abrogativi (dichiarati ammissibili con sentenze della Corte Costituzionale nn. 56, 57, 58, 59 e 60 del 16 febbraio e 8 marzo 2022) che saranno indetti con decreti del Presidente della Repubblica, come previsto dall’articolo 34, comma 1, della legge n. 352/70.

La Circolare inviata ai Prefetti

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Sanzioni pecuniarie personali per il CDA dell´Ente in caso di mancata adozione del Piano anticorruzione

L’omessa adozione del Piano triennale di prevenzione della corruzione ha comportato per alcuni membri del Cda dell’Azienda territoriale per l’Edilizia di un importante Comune laziale un procedimento sanzionatorio da parte di Anac. Con la delibera di sanzione, la numero 124 del 16 marzo 2022, l’Autorità ha irrogato una sanzione pecuniaria complessiva pari a 5000 euro agli amministratori e responsabili dell’ente, sanzione che dovrà essere saldata personalmente dagli stessi amministratori per la mancata adozione e successiva pubblicazione annuale del Piano sul sito istituzionale. Il Piano triennale è stato approvato dal Cda dell’ente solo in data successiva all’avvio da parte di Anac del procedimento sanzionatorio, con un anno di ritardo rispetto alle scadenze di legge.

“L’organo di indirizzo politico – sottolinea Anac – non può esimersi dalle proprie responsabilità, in quanto la legge gli riconosce l’obbligo di controllo generalizzato affinché le disposizioni normative e regolamentari siano attuate”. “Si evidenzia che il Piano – aggiunge la delibera – è un atto programmatorio, non costituisce un insieme astratto di previsioni e misure, trattandosi quindi di uno strumento dinamico che si evolve insieme alla struttura amministrativa cui pertiene, e in relazione al progredire della strategia di prevenzione, il ritardo nell’adozione non appare scusabile. A sottolineare la responsabilità, vale la considerazione che essendo il Piano di natura programmatica, perde la sua finalità se viene redatto quando il periodo di riferimento è già concluso. La mancata adozione del Piano Anticorruzione rappresenta pertanto una condotta omissiva che integra un illecito permanente i cui effetti si protraggono fino a quando l’adempimento richiesto dalla legge non viene effettivamente eseguito. Infatti, l’adozione di un provvedimento di programmazione e organizzazione, quale è il Piano Anticorruzione, richiede una serie di azioni di ricognizione di attività e di consultazione di cui non si è ricavata traccia dalla consultazione del sito, né è stata fatta menzione nelle controdeduzioni prodotte”.

 

Contributo ANAC per l’anno 2022

Pubblicata sulla G.U. n. 64 del 17.03.2022 la Delibera ANAC 21 dicembre 2021 n. 830 recante “Attuazione dell’art. 1, commi 65 e 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per l’anno 2022” con aggiornamento dell’importo del contributo dovuto dalle Stazioni Appaltanti e dagli Operatori Economici.

Sono obbligati alla contribuzione a favore dell’A.N.AC i seguenti soggetti pubblici e privati:
a) le stazioni appaltanti di cui all’art. 3, comma 1, lettera o), del decreto legislativo n. 50/2016;
b) gli operatori economici, di cui all’art. 3, comma 1, lettera p), del decreto legislativo n. 50/2016 che intendano partecipare a procedure di scelta del contraente attivate dai soggetti di cui alla lettera sub a);
c) le società organismo di attestazione di cui all’art. 84 del decreto legislativo n. 50/2016.

Sono esentati dall’obbligo di contribuzione le stazioni appaltanti e gli operatori economici in relazione alle procedure di:
a) affidamento di lavori, servizi e forniture espletati nell’ambito della ricostruzione, pubblica e privata, a seguito degli eventi sismici del 2016 e 2017 così come individuate con le delibere dell’A.N.AC. n. 359 del 29 marzo 2017 e n. 1078 del 21 novembre 2018;
b) affidamento alle quali si applica il decreto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale del 2 novembre 2017, n. 192.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Nei comuni con meno di 15.000 ab., il vicesindaco che non riveste la carica di consigliere sostituisce il sindaco anche quale componente del consiglio

Il Tar Lazio, sez. II bis, con la sentenza 17 marzo 2022, n. 3080 ha stabilito che “nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, allorché il vicesindaco sostituisca il primo cittadino in caso di sospensione di quest’ultimo dall’esercizio della funzione disposta ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. n. 235/2012, i poteri vicariali da egli esercitati non incontrano, nel vigente sistema normativo, alcuna esclusione o limitazione a particolari categorie di atti, estendendosi anche alle funzioni, spettanti al sindaco, di componente, con diritto di voto, del consiglio comunale, e ciò anche nell’ipotesi in cui il vicesindaco non faccia parte del cennato organo elettivo tanto perché, sin dall’inizio, non ha mai rivestito la carica di consigliere quanto perché, come nel caso di specie, abbia successivamente rassegnato le dimissioni per divenire esclusivamente componente della giunta ”.
Infatti, nell’ordinamento vigente sono rinvenibili plurimi indici normativi che depongono nel senso che il meccanismo surrogatorio previsto dall’art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 operi senza limitazione alcuna a particolari categorie di atti o di funzioni, e ciò è tanto più vero laddove la situazione di fatto legittimante la sostituzione si rinvenga nell’essere stato il sindaco raggiunto dalla sospensione delle funzioni prevista dall’art. 11 del d.lgs. n. 235/2012.
In questa ipotesi, la durata preventivamente non determinabile della situazione di interdizione che ha colpito il primo cittadino, in uno con l’incertezza in ordine agli esiti che detta sospensione potrà conoscere, impone di salvaguardare la continuità dell’esercizio delle funzioni sindacali evitando che le vicissitudini personali del sindaco si trasformino in una deminutio capitis dell’ente.
Né a conclusioni dissimili potrebbe pervenirsi invocando eventuali disposizioni statutarie o regolamentari che escludono la possibilità, per gli assessori non consiglieri, di esprimere il proprio voto all’interno del consiglio comunale, disposizioni che, ove presenti, si limitano a disciplinare il c.d. “diritto di tribuna” spettante agli assessori “esterni” ma che, di certo, non giustificano deroghe ad una disposizione legislativa precisa ed inequivocabile quale quella recata nell’art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000.
Infine, proprio la natura tendenzialmente non occasionale assunta dalla sostituzione vicariale nell’ipotesi di sospensione dalla carica del sindaco e la circostanza che lo statuto dell’ente abbia, nell’esercizio di una facoltà di scelta riconosciuta dalla legge, affidato la presidenza dell’assemblea ad un consigliere anziché al sindaco, sono da ritenere elementi sufficienti a scongiurare il rischio di una delega o sostituzione nelle funzioni di componente dell’assemblea elettiva.

 

Onere di verifica del Comune sulla legittimazione a richiedere il permesso di costruire

Ai sensi dell’art. 11, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il permesso di costruire può essere rilasciato non solo al proprietario dell’immobile, ma a chiunque abbia titolo per richiederlo, e tale ultima espressione va intesa nel senso più ampio di una legittima disponibilità dell’area, in base ad una relazione qualificata con il bene, sia essa di natura reale, o anche solo obbligatoria, purché, in questo caso, con il consenso del proprietario.
Sul punto, il Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 15 marzo 2022, n. 1827, ha chiarito che ciò comporta, per un verso, che chi richiede il titolo autorizzatorio edilizio deve comprovare la propria legittimazione all’istanza, per altro verso, che è onere del Comune ricercare la sussistenza di un titolo (di proprietà, di altri diritti reali, etc.) che fondi una relazione giuridicamente qualificata tra soggetto e bene oggetto dell’intervento, e che dunque possa renderlo destinatario di un provvedimento amministrativo autorizzatorio. Tale verifica, tuttavia, deve compiersi secondo un criterio di ragionevolezza e secondo dati di comune esperienza, con la conseguenza che l’Amministrazione, quando venga a conoscenza dell’esistenza di contestazioni sul diritto di richiedere il titolo abilitativo, deve compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, ma senza tuttavia assumere valutazioni di tipo civilistico sulla “pienezza” del titolo di legittimazione addotto dal richiedente. L’onere di verifica del Comune sulla legittimazione a richiedere il permesso di costruire, di cui all’art. 11, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, assume connotati differenti a seconda che la detta legittimazione si fondi sulla titolarità di un diritto reale, ovvero attenga ad una disponibilità del bene a titolo diverso. In tale ultimo caso (ad esempio, bene detenuto per effetto di contratto di locazione), l’Amministrazione è tenuta ad accertare la sussistenza del consenso del proprietario, con la conseguenza che, laddove questo difetti, non potrà procedere al rilascio del permesso di costruire.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Vanno pubblicati gli incarichi conferiti a dipendenti pubblici e il relativo compenso

In materia di trasparenza è necessario che le pubbliche amministrazioni pubblichino l’elenco degli incarichi conferiti o autorizzati a ciascuno dei propri dipendenti, con l’indicazione della durata e del compenso spettante per ogni incarico. Lo ribadisce l’ANAC con un atto del Presidente del 2 marzo 2022, intervenendo al termine di una verifica effettuata su un Comune.

L’art. 18 del d.lgs. 33/2013 prescrive infatti che: “Fermo restano quanto previsto dall’art. 9-bis, le pubbliche amministrazioni pubblicano l’elenco degli incarichi conferiti o autorizzati a ciascun dei propri dipendenti, con l’indicazione della durata e del compenso spettante per ogni incarico”. Risponde alla ratio della disposizione normativa, la pubblicazione in apposite tabelle del nominativo del dipendente pubblico interessato e dei dati relativi all’incarico come l’oggetto, la durata e il compenso.

Tale modalità di pubblicazione agevola un controllo diffuso sulla corretta utilizzazione delle risorse pubbliche, per far emergere eventuali situazioni di conflitto di interessi, garantire l’imparzialità e il perseguimento dell’interesse pubblico nello svolgimento dell’incarico, oltre quello di favorire il principio di rotazione nell’attribuzione di incarichi al personale dipendente.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

ANAC, l’accesso civico generalizzato non può intralciare il buon funzionamento della P.a.

L’ANAC, con Atto del Presidente 9 marzo 2022, prot. n. 18068, rispondendo ad una richiesta di parere da parte di RPCT di un Comune in circa il comportamento da assumere a fronte del ricevimento, da parte di un’associazione, di plurime istanze di accesso civico generalizzato, ha chiarito che l’accesso civico, ossia la possibilità di ogni cittadino di accedere a dati, documenti e informazioni delle pubbliche amministrazioni, non può essere causa di intralcio al loro buon funzionamento. E’ uno strumento che “va usato con buona fede e senza malizia”, affinché non si crei una sorta di effetto boomerang sulla Pubblica amministrazione destinataria.

Ricordando le linee guida contenute nella delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016, Anac ha precisato che “quando viene presentata domanda di accesso civico generalizzato per un numero manifestamente irragionevole di documenti tale da paralizzare il buon funzionamento dell’amministrazione, quest’ultima può ponderare da un lato l’interesse dell’accesso del pubblico ai documenti e dall’altro il carico di lavoro che ne deriverebbe e decidere di salvaguardare l’interesse ad un buon andamento dell’amministrazione”.

Con la sentenza del 13 agosto 2019,  il Consiglio di Stato ha evidenziato che, in base all’art. 1 del D.lgs. 33/2013, l’accesso civico ha pur sempre la sua ratio esclusiva nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni d’istituto e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, nonché nella promozione della partecipazione al libero dibattito pubblico, onde esso non è utilizzabile in modo disfunzionale rispetto alla predetta finalità ed essere trasformato in una causa di intralcio al buon funzionamento della P.A.; va usato secondo buona fede, sicché la valutazione del suo uso va svolta caso per caso e con prudente apprezzamento, al fine di garantire, secondo un delicato ma giusto bilanciamento che non obliteri l’applicazione di tal istituto, che non se ne faccia un uso malizioso e, per quel che concerne nella specie, non si crei una sorta di effetto “boomerang” sulla P.A. destinataria.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Banca dati sull’abusivismo edilizio: pubblicato il decreto del Mims

Pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 60 del 12 marzo 2022 il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili 8 febbraio 2022, recante “Istituzione della Banca dati nazionale sull’abusivismo edilizio” (BDNAE) – ai sensi dell’articolo 1, comma 27, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – in cui saranno raccolte e rese disponibili le informazioni sugli immobili e le opere realizzate in violazione di legge. Lo schema di decreto è stato oggetto di una informativa alla Conferenza Unificata del 2 febbraio scorso.
Nella prima fase la banca dati sarà alimentata con le informazioni sugli immobili e le opere abusive oggetto delle segnalazioni effettuate dai Comuni. Le successive estensioni avverranno con la collaborazione dei Ministeri dell’Interno, della Giustizia, della Transizione ecologica, della Cultura, dell’Economia e delle Finanze, dell’Agenzia delle Entrate, delle Regioni e dei Comuni. Le modalità operative saranno definite mediante tavoli congiunti ed apposite convenzioni. La completa attuazione del decreto è, infatti, demandata ad un successivo provvedimento amministrativo per:

  1. definire in modo strutturato l’insieme dei dati che dovrà comporre il sistema informativo, in accordo con le finalità descritte all’art. 2 del decreto stesso ed al contenuto informativo minimo per le segnalazioni ai sensi dell’art. 31, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
  2. definire gli organi competenti per ciascun territorio, esplicitandone i relativi ambiti di competenza;
  3. definire le modalità di accreditamento ed i criteri di abilitazione relativi ai singoli utenti afferenti a ciascun organo competente;
  4. definire l’insieme di dati minimo e la relativa struttura per:
    – la trasmissione di una segnalazione relativa ad un illecito accertato e/o provvedimento emesso;
    – la trasmissione di un’operazione di censimento di ciascun manufatto abusivo da parte di ciascun organo competente;
    – definire i criteri di validazione delle informazioni trasmesse dagli organi competenti;
    – definire i criteri e le modalità di aggiornamento delle informazioni fornite da ciascun organo competente per ciascun elemento trasmesso;
    – definire con quali modalità dovrà essere dato riscontro a ciascun organo competente a seguito della ricezione e dell’avvenuta validazione di una trasmissione;
    – definire gli indicatori da produrre in base ai dati, che costituiranno la base dati alimentata dagli organi competenti;
    – definire i criteri di visibilità e l’insieme dei dati da esporre per la consultazione da parte delle amministrazioni pubbliche competenti in materia di abusivismo edilizio;
    – stabilire le eventuali necessità di integrazione con le banche dati nazionali.

Nella banca dati saranno censiti i manufatti abusivi presenti sul territorio nazionale e le relative informazioni potranno essere consultate dalle amministrazioni pubbliche competenti in materia di abusivismo edilizio. Il sistema consentirà di agevolare la programmazione e il monitoraggio degli interventi di demolizione delle opere abusive da parte dei Comuni. Le amministrazioni e gli enti competenti in materia di abusivismo sono tenuti ad alimentare la banca dati, a condividere e trasmettere le informazioni sugli illeciti accertati e sui conseguenti provvedimenti emessi. Si segnala infine che per sostenere i Comuni negli interventi di demolizione delle opere abusive è istituito presso il Ministero un fondo di 15 milioni di euro, rifinanziato con la legge di bilancio per il 2022 (Fonte Anci).

 

Siti web della Pa: OK del Garante privacy alle Linee guida AgID

Il Garante privacy ha dato il via libera alle modalità per la realizzazione e la modifica dei siti delle pubbliche amministrazioni, proposte dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) e contenute nelle nuove “Linee guida di design per i siti internet e i servizi digitali della PA”.
Lo schema delle Linee guida, come evidenzia l’Autorità nel provvedimento, rappresenta un’opportunità per offrire ai titolari del trattamento, e ai soggetti a vario titolo coinvolti, indicazioni utili ad assicurare la protezione dei dati personali trattati dalle pubbliche amministrazioni nell’ambito della gestione dei siti web e dei servizi digitali, in ossequio al principio di privacy by design e by default.
Nell’esprimere il parere favorevole, il Garante per la protezione dei dati personali ha però indicato la necessità di alcune integrazioni, per assicurare la conformità delle Linee guida al Regolamento e al Codice della privacy.
In presenza di un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche, è necessario che nello schema venga indicata l’effettuazione della valutazione d’impatto sulla protezione dati prima di procedere al trattamento e, se del caso, la consultazione preventiva dell’Autorità.
Altre integrazioni riguardano le informazioni sul trattamento dei dati personali, che devono essere concise, trasparenti, intelligibili, facilmente accessibili e formulate con un linguaggio semplice e chiaro, specialmente nel caso d’informazioni destinate ai minori.
Massima attenzione, infine, al ricorso a cookie e altri strumenti di tracciamento: lo schema di decreto dovrà espressamente richiamare le Linee guida predisposte dal Garante in materia, assicurando, in ogni caso, la piena fruibilità del sito o del servizio digitale anche quando l’utente non intende prestare il proprio consenso all’archiviazione di informazioni sul proprio dispositivo o all’accesso alle informazioni ivi archiviate.
Le pubbliche amministrazioni, sottolinea l’Autorità, devono valutare attentamente l’effettiva necessità di far ricorso a questi strumenti rispetto alle finalità perseguite, e indicare nell’informativa del sito l’uso di cookie o altri identificatori. Nei rapporti con i fornitori di servizi di hosting o cloud computing, rispetto ai quali la PA agisce in qualità di titolare, qualora essi siano stabiliti in Paesi terzi, occorre rispettare le regole per il trasferimento dei dati personali in tali Paesi.