In caso di scioglimento anticipato del consiglio, incombe sul Sindaco (dimissionario) sempre l’obbligo di firmare la relazione di fine mandato, prima di poter considerare conclusi i rapporti con il Comune. È quanto ha ribadito la Corte dei conti, Sez. Calabria, con deliberazione 95/2020, in risposta ad un quesito di un Comune volto ad appurare se la Relazione di fine mandato – visto il breve periodo di gestione sindacale (circa tre mesi del Sindaco dimissionario per sopraggiunti motivi di salute) e quello più lungo di gestione commissariale (circa nove mesi del Commissario Straordinario nominato a seguito dello scioglimento ) – debba essere redatta dal Sindaco o dal Commissario Prefettizio.
Nel merito, la Corte ricorda come l’art. 4, commi 1, 2 e 3 del d. lgs. n. 149/2011 individua i soggetti tenuti alla redazione della relazione di fine mandato e regola in maniera puntuale i tempi di disciplina, di redazione, certificazione e pubblicazione sul sito web dell’Ente di tale relazione per l’ipotesi sia della scadenza ordinaria della consiliatura, che per quella della scadenza anticipata. Il comma 3 dell’art. 4 chiarisce in modo puntuale i tempi per la sottoscrizione della relazione e la certificazione da parte degli organi di controllo interno senza indicare espressamente i soggetti tenuti a tale sottoscrizione. Tuttavia, la Sez. Autonomie della Corte dei conti , con deliberazione n. 15/2015, ha precisato che tale adempimento non può che spettare al Sindaco o al Presidente della Provincia poiché la norma pone in capo a tali soggetti l’obbligo di provvedere alla relazione di fine mandato. Inoltre, in caso di mancato adempimento dell’obbligo di redazione e di pubblicazione nel sito istituzionale dell’ente della relazione di fine mandato, è il Sindaco che subisce una decurtazione della propria indennità. La relazione di fine mandato costituisce, pertanto, atto proprio del Presidente della Provincia e del Sindaco non demandabile al Commissario straordinario nominato in seguito allo scioglimento dell’organo consiliare, posto che trattasi di fattispecie espressamente disciplinata dal comma 3, dell’art. 4 del d. lgs. n. 149/2011.”
Corte dei conti, FCDE e profili di non regolarità della relazione al rendiconto dell’Organo di revisione
Con deliberazione n. 68/2020, la Corte dei conti, Sez. Lombardia, all’esito dei controlli sul questionario al rendiconto 2017 di un Comune ha evidenziato evidenti criticità derivanti da un’errata applicazione del metodo ordinario nella determinazione del FCDE, con conseguente sottostima dello stesso, tale da rendere “disponibile” un risultato di amministrazione maggiore rispetto a quello corrispondente all’effettiva situazione finanziaria dell’Ente. Anche in presenza di un risultato di amministrazione positivo, un accantonamento a FCDE inferiore alle previsioni di legge può risultare in squilibri finanziari successivi.
Chiariti in punta di diritto i principi e le regole posti a fondamento della determinazione dell’FCDE, come evidenziati nell’esempio n. 5 del principio contabile applicato della contabilità finanziaria (all 4/2 al D.Lgs. 118/2011), la Corte rileva come l’ente abbia determinato un accantonato a FCDE in maniera non corretta, laddove i dati considerati a base del calcolo non risultano essere riferiti a “residui attivi iniziali” e “riscossioni in c/residui”, bensì ad “accertamenti” e “riscossioni” (riferimenti, questi, propri della determinazione dell’accantonamento in sede di bilancio di previsione, anziché in sede di rendiconto). Inoltre, la Corte rileva profili di non regolarità della Relazione al rendiconto 2017 da parte dell’Organo di revisione pro tempore dell’Ente, dalla quale non emergono valutazioni tecniche circa il metodo di calcolo o la congruità o meno della somma accantonata a FCDE. Nello specifico è emerso che il rendiconto sia stato approvato sulla base di una relazione incompleta, largamente lacunosa, ai fini di una rappresentazione adeguata dei complessivi equilibri finanziari dell’ente e, in particolare, ai fini del giudizio di congruità del FCDE e delle necessarie valutazioni sull’entità del FPV di parte capitale e dei rapporti con le società partecipate.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
Recupero delle maggiori somme confluite indebitamente nel fondo per le risorse decentrate
Con deliberazione n. 66/2020 la Corte dei conti, Sez. Veneto, ha fornito il proprio parere ad un quesito posto da un Comune in merito al recupero delle maggiori somme confluite indebitamente nel fondo per le risorse decentrate, e in particolare sulla possibilità di recupero mediante la rinuncia a capacità assunzionali, come previsto dall’articolo 1, commi 226 e 228, della legge n. 208/2015, usufruendo dell’importo derivante da tale rinuncia per più annualità, atteso che l’utilizzo delle capacità assunzionali ha effetti non limitati ad una sola annualità.
La Corte, all’esito di una ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, ha evidenziato il percorso di recupero nel caso in cui i fondi della contrattazione decentrata siano stati costituiti in violazione delle norme in materia di contenimento della spesa di personale o in misura eccedente a quella prevista dalla contrattazione, con graduale riassorbimento delle stesse, mediante quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento dei vincoli. Una prima forma di recupero dei fondi è prevista dall’utilizzo dei risparmi derivanti dalle misure di razionalizzazione organizzativa (indicate al secondo e terzo periodo del comma 1 dell’art. 4), nonché di quelli discendenti dai piani di razionalizzazione delle spese previsti dall’art. 16, commi 4 e 5, del decreto legge n. 98/2011, convertito dalla legge n. 111/2011. Altra modalità di recupero è rappresentata dall’utilizzo, in tutto o in parte, del tetto di spesa annuale destinato alle assunzioni. L’effettività del recupero finanziario deve essere garantita dalla rinuncia (anche solo parziale) o dal differimento di ogni tipologia di assunzione che non impegni, esclusivamente, le quote annuali di turn over. La quantificazione effettiva della capacità assunzionale al momento dell’utilizzazione deve essere determinata tenendo conto della capacità assunzionale di competenza, calcolata applicando la percentuale di turn over utilizzabile secondo la legge vigente nell’anno in cui si procede all’assunzione e sommando a questa gli eventuali resti assunzionali. I resti assunzionali sono rappresentati dalle capacità assunzionali maturate e quantificate secondo le norme vigenti ratione temporis dell’epoca di cessazione dal servizio del personale ma non utilizzate entro il quinquennio successivo alla maturazione.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
Vincolo di cassa per i proventi da alienazioni di immobili di edilizia residenziale pubblica
La Corte dei conti, Sez. Puglia, con deliberazione 31/2020, ha chiarito che i proventi delle alienazioni di immobili di edilizia residenziale pubblica (ERP), costituiscono entrate vincolate a destinazione specifica, ai sensi dell’art. 180, comma 3, lett. d) del D.lgs. 267/2000 (TUEL), per le quali opera il regime vincolistico anche in termini di cassa, impresso dal legislatore a detti proventi. A tale esito conducono, tra l’altro:
- la disciplina del 1993, che prevede il versamento di tali introiti in un apposito conto corrente denominato «Fondi CER destinati alle finalità della legge n. 560 del 1993, istituito presso la sezione di tesoreria provinciale, a norma dell’articolo 10, dodicesimo comma, della legge 26 aprile 1983, n. 130
- l’art. 13 del D.L. n. 112/2008 come novellato nel 2014, che impone un vincolo totale (segnalato dall’avverbio «esclusivamente») di tali risorse a un ben definito aggregato di spesa («programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente»).
L’esclusività e la specificità del vincolo impresso ex lege ai proventi in questione escludono in radice la possibilità di ricondurre gli stessi nel novero delle entrate con vincolo di destinazione generica; categoria, quest’ultima, destinata ad accogliere le entrate per le quali sia previsto un vincolo riferito a un ambito di spesa individuato in modo ampio, in linea con l’esemplificazione («spesa sanitaria») contenuta nel principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (allegato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011, punto 9.2).
La Corte dei conti, Sezione delle autonomie, aveva già fornito con la deliberazione 31/2015 delle linee di indirizzo in tema di gestione di cassa delle entrate vincolate e destinate alla luce della disciplina dettata dal Tuel e del d.lgs. 118/2011, laddove occorre distinguere tra:
- entrate vincolate a destinazione specifica, individuate dall’art. 180, comma 3, lett. d) del Tuel;
- entrate vincolate ai sensi dell’art. 187, comma 3 ter, lett. d);
- entrate con vincolo di destinazione generica.
Solo per le prime opera la disciplina prevista dagli artt. 195 (utilizzo di entrate vincolate) e art. 222 (anticipazioni di tesoreria) del Tuel, per quanto riguarda la loro utilizzabilità in termini di cassa. Dette risorse devono essere puntualmente rilevate sia per il controllo del loro utilizzo, sia per l’esatta determinazione dell’avanzo vincolato. I relativi movimenti di utilizzo e di reintegro sono oggetto di registrazione contabile secondo le modalità indicate nel principio applicato della contabilità finanziaria. L’utilizzo di somme vincolate riduce di pari misura il ricorso alle anticipazioni di tesoreria.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
Fuori dai vincoli i proventi da alienazioni di beni patrimoniali indisponibili
Con deliberazione n. 24/2020, la Sezione Lombardia della Corte dei conti, in risposta a due quesiti formulati da un comune volti ad appurare se, in caso di alienazioni di beni afferenti il patrimonio indisponibile asservito ad uso permanente di servizio pubblico (rete e impianti di distribuzione del gas naturale), trovino applicazione, in via analogica:
- la disposizione dell’art. 1, comma 443 della L. 228 del 24/12/2012, in applicazione del secondo periodo del comma 6 dell’articolo 162 del TUEL, in materia di vincoli di destinazione dei proventi da alienazione del patrimonio “disponibile”;
- la disposizione dell’art. 56-bis, comma 11 del decreto-legge n.69 del 21/06/2013 recante l’obbligo di destinazione vincolata del 10% dei proventi da alienazione del patrimonio disponibile all’estinzione anticipata del debito e se tale destinazione possa ritenersi “assorbita” da identica destinazione effettuata ai sensi della legge 228/2012, in caso di destinazione superiore al 10%.
I magistrati contabili evidenziano come l’art. 56 bis comma 11 del D.l.69/2013, così come modificato dal d.l. 78/2015, obbliga gli enti locali a destinare i proventi derivanti dalle cessioni di beni patrimoniali disponibili, al finanziamento delle spese per l’estinzione di mutui nella misura del 10%, a differenza di quanto disposto dal comma 443 della legge 228/2012 che invece prescriveva che i suddetti proventi fossero prioritariamente destinati agli investimenti, e soltanto in mancanza di quest’ultimi ovvero per l’eccedenza, venissero destinati all’estinzione del debito.
Il Collegio ritiene che le norme in materia di vincoli di destinazione dei proventi da alienazione del patrimonio disponibile non possano trovare applicazione nei confronti dei beni patrimoniali indisponibili, indipendentemente dalla loro commerciabilità. Trattasi, infatti, di norme aventi uno specifico ambito di applicazione oggettiva che non lascia spazio ad interpretazioni estensive. D’altra parte quando il legislatore ha voluto sottoporre allo stesso trattamento i beni patrimoniali disponibili e i beni patrimoniali indisponibili, non si è specificatamente riferito agli uni o agli altri; si pensi all’art. 1, comma 866, della legge n. 205/2017, dove la norma ha fatto, riferimento alla possibilità, per gli enti locali, di utilizzo dei proventi derivanti dalle “alienazioni patrimoniali”, anche di quelli derivanti da azioni o piani di razionalizzazione, senza distinguere tra beni del patrimonio disponibile o indisponibile dell’Ente.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
Spending review, prorogato al 30 aprile 2020 il termine di invio del questionario
La Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, con comunicato di oggi rende noto che è ulteriormente prorogato alla data del 30 aprile 2020 il termine ultimo di invio del questionario di cui all’art. 6, comma 3, del d.l. 174/2012 sull’attuazione delle misure dirette alla razionalizzazione della spesa degli enti locali, la cui precedente scadenza era fissata al 16 marzo 2020.