La proroga della concessione demaniale sconta l’imposta di registro

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 569 del 9 dicembre 2020, fornisce chiarimenti sull’applicazione dell’imposta di registro sulle concessioni per la gestione delle stazioni marittime e dei servizi di supporto ai passeggeri, ritenendo che la proroga ex lege delle concessioni demaniali, indipendentemente dalla modalità utilizzata per la loro formalizzazione, fa sorgere in capo alle parti l’obbligo di denuncia della proroga della concessione, e l’obbligo di pagamento della relativa imposta commisurata sul nuovo periodo della concessione.
Sotto il profilo fiscale, le concessioni demaniali marittime sono soggette ad obbligo di registrazione ai sensi del combinato disposto dell’articolo 5 del d.P.R. 26 aprile 1986, n.131 (TUR) e dell’articolo 5 della Tariffa, parte prima, allegata al medesimo decreto. L’imposta di registro si applica, quindi, in misura proporzionale con aliquota del 2% applicata sull’ammontare del canone complessivamente pattuito per l’intera durata della concessione (cfr. art. 45 TUR e Ris. n.15/E del 05/02/1999). In caso di proroga ex lege di tali concessioni, l’Agenzia richiama l’articolo 36, comma 3 del Tur, che disciplina i contratti con proroga tacita, ai sensi del quale l’imposta è applicata in relazione alla durata pattuita, salvo l’obbligo delle parti di denunciare a norma dell’art. 19 l’ulteriore periodo di durata del rapporto e di pagare la relativa imposta in base alle norme vigenti al momento in cui il contratto è divenuto vincolante per il nuovo periodo.
Pertanto, la differente durata della concessione, prorogata per effetto dell’articolo 199, comma 3, lettera b), del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (ai sensi del quale “La durata delle concessioni rilasciate nei porti ai sensi dell’articolo 36 del codice della navigazione e dell’articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, nonché delle concessioni per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri, attualmente in corso o scadute tra la data del 31 gennaio 2020 e la data di entrata in vigore del presente decreto, è prorogata di 12 mesi”), dovrà essere denunciata, nel termine di 20 giorni dalla data in cui ha effetto la proroga (art. 19 del d.P.R. 26 aprile 1986, n.131 – TUR). A seguito di tale denuncia l’Ufficio procederà a liquidare la relativa imposta di registro, nella misura del 2% calcolata sul canone pattuito per tutta la durata di proroga, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Esclusione della permuta e applicazione dello split payment

Non si configura operazione permutativa il rapporto negoziale in base al quale le parti si impegnano ad effettuare due autonome prestazioni (da parte della Società la realizzazione dell’impianto e da parte del Comune l’affidamento alla stessa della gestione del medesimo impianto), con la definizione di un corrispettivo relativo alla prestazione di costruzione dell’impianto da parte della Società il cui importo potrà essere eventualmente pagato con le fatture del Comune relative ai canoni per l’uso dell’impianto. È quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate nella risposta n. 552 del 20 novembre 2020. L’Agenzia ricorda che il negozio di permuta è disciplinato dall’articolo 1552 del codice civile come il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o altri diritti, da un contraente all’altro. Si configura, quindi, un’operazione di permuta se le reciproche operazioni sono effettuate ciascuna in controprestazione dell’altra e la seconda prestazione funge da corrispettivo della prima. Ciò che connota un’operazione avente le caratteristiche di una permuta (con conseguente inapplicabilità del meccanismo della scissione dei pagamenti) consiste nella natura della controprestazione, rappresentata non dalla corresponsione di un “prezzo” in denaro, bensì dalla cessione di un bene o di una prestazione a fronte di una cessione di un bene e/o di una prestazione di servizio della controparte.
Nel caso di specie, le parti hanno definito sia il corrispettivo relativo alla realizzazione dell’impianto sia il canone per la concessione in uso dello stesso, stabilendo, altresì, che il relativo pagamento delle fatture riguardanti la costruzione dell’opera potrà, in accordo tra le Parti, avvenire mediante compensazione con le fatture del Comune relative ai canoni d’uso dell’impianto. Ad avviso dell’Agenzia, detta compensazione delle reciproche posizioni di debito e credito rappresenta una mera modalità regolazione dei rapporti commerciali di natura finanziaria derivante dalle modalità di pagamento di quanto dovuto dal Comune alla Società che realizza l’impianto. Inoltre, non emerge dalla convenzione che le reciproche prestazioni delle parti contraenti costituiscano l’una il corrispettivo dell’altra. Pertanto, la prestazione di servizi relativa alla realizzazione dell’impianto da parte della Società rientra nel meccanismo dello split payment, ai sensi dell’articolo 17-ter del citato d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto operazione effettuata nei confronti di un ente pubblico territoriale.
Conseguentemente, il Comune è tenuto a versare all’Erario l’IVA addebitata al momento di ciascun pagamento ovvero al momento di ricezione e/o registrazione delle fatture di acquisto del suddetto servizio. Per la Società (che rimane pur sempre debitore d’imposta) il tributo esposto in fattura non confluisce nella liquidazione periodica, essendo tenuto al versamento dello stesso il Comune che, nella propria liquidazione periodica, potrà beneficiare della possibilità di detrarre l’imposta addebitata sulla medesima fattura, in quanto risulta acquirente di un servizio nella veste di soggetto passivo, in considerazione della natura commerciale dell’attività avente per oggetto la concessione dell’impianto a titolo oneroso.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Agenzia delle entrate, Fatture elettroniche ed esterometro

L’Agenzia delle entrate ha reso disponibile la nuova guida sulla compilazione delle fatture elettroniche, che risponde all’esigenza di tracciare in modo puntuale le diverse tipologie di operazioni IVA nella trasmissione dei dati delle fatture elettroniche e delle operazioni transfrontaliere. Il documento rappresenta un utile riferimento per le software house per la generazione delle fatture elettroniche e la registrazione delle stesse sia in relazione alle operazioni attive che a quelle passive. I dati puntuali delle diverse operazioni Iva, comunicati attraverso il nuovo tracciato delle fatture elettroniche, consentiranno di poter elaborare, a partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2021, i documenti precompilati Iva, ossia i registri in prima battuta e successivamente le Lipe e la dichiarazione Iva (articolo 4 del Dlgs n. 127/2015), con un maggior numero di informazioni e maggiori livelli di dettaglio e conseguire, quindi, evidenti benefici sotto il profilo della semplificazione degli adempimenti tributari e dichiarativi.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Regime tributario delle alienazioni di immobili pubblici

In tema di dismissioni di immobili pubblici, l’acquirente ha diritto all’esenzione dalle imposte prevista dall’art. 20, comma 4-ter dl 133/2014 se i beni dismessi rientrano nello specifico decreto dirigenziale autorizzativo del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Dipartimento del Tesoro). A tal fine è necessaria una deliberazione da parte dell’ente territoriale che conferisca mandato al Ministero di operare in tal senso. È quanto ribadito dalla CTR di Trieste, con sentenza del 14/09/2020 n. 112Nel caso di specie, il contribuente, titolare di ditta individuale, aveva stipulato atto di compravendita, riguardante la cessione di un complesso immobiliare (ex macello) da parte di un Comune (a seguito di deliberazione comunale), atto relativamente al quale era stata richiesta l’esenzione da ogni imposta ai sensi dell’art. 1, comma 275, della L. 311/2004, stante alienazione avvenuta ai sensi dell’art. 58 D.L. 112/2008 convertito nella L. 133/2008. In sede di liquidazione dell’imposta (tramite avviso notificato al notaio) la richiesta di esenzione era stata respinta, stante che la normativa non veniva a ricomprendere nel presupposto esentivo la cessione di beni comunali a favore di soggetti diversi da quelli in essa contemplati (fondazioni, associazioni riconosciute e società di cartolarizzazione). Con applicazione dell’imposizione indiretta ordinaria con aliquota del 9% (euro 27.540,00); ipotecaria e catastale nelle misure fisse di euro 50,00 ciascuna, e così per totali euro 27.640,00. Il contribuente aveva presentato richiesta di rimborso delle citate somme, cui l’Ufficio aveva opposto tacito diniego. Avverso il silenzio-rifiuto dell’ufficio, il contribuente proponeva ricorso innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Pordenone. La Commissione Provinciale, con sentenza 17/02/17, nella considerazione che a seguito dell’intervenuto decreto 133/2014 (c.d. sblocca Italia) era stata ripristinata l’agevolazione tributaria del 2004 per cessioni nel quadro di operazioni di cartolarizzazione di beni di proprietà anche di enti locali con ampliamento della platea dei destinatari (incluso imprenditori), accoglieva il ricorso del contribuente.  La CTR di Trieste, nel riformare la sentenza di primo grado, ha escluso la possibilità di usufruire del regime agevolato, per le seguenti ragioni:

  • l’esenzione di cui all’art. 20, comma 4-ter DL 12 settembre 2014, n. 133 è esplicitamente riferita agli atti di cui alle procedure di cui all’art. 11-quinquies;
  • tale ‘procedura’ (applicabile sia a beni di competenza dell’Agenzia del Demanio, che ai beni di proprietà di enti territoriali e pubblici, con cessioni anche tramite trattativa privata) implica necessariamente l’adozione di un decreto autorizzativo della Direzione del Tesoro;
  • onde fare rientrare i beni da dismettere da parte degli enti territoriali e pubblici nel decreto della Direzione del Tesoro, la ‘deliberazione’ dell’ente territoriale e pubblico deve conferire espresso mandato per l’inserimento del bene nel citato decreto del Tesoro;
  • nel caso di specie, il Comune non ha fatto ricorso alla citata procedura, ragione per cui l’applicazione dell’imposta proporzionale appare legittima, così come l’applicazione in misura fissa delle imposte ipotecaria e catastale.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Numerazione parziale progressiva giornaliera delle fatture

L’ordine sequenziale dei documenti è essenziale per ottemperare alla predisposizione per conto dei contribuenti – a partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° gennaio 2021, a norma dell’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 – delle bozze precompilate, ai fini Iva, dei registri, delle liquidazioni periodiche e della dichiarazione annuale. È quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 505 del 29 ottobre 2020. L’Agenzia ricorda che, dal 1° gennaio 2013, le fatture devono essere numerate con un numero progressivo in grado di identificarle in modo univoco (articolo 21, comma 2, lettera b), Dpr n. 633/1972), senza più la necessità di osservare la sequenzialità per anno solare (ogni anno si ricominciava dalla fattura n. 1). La risoluzione n. 1/E del 10 gennaio 2013 ha precisato che “è compatibile con l’identificazione univoca prevista dalla formulazione attuale della norma qualsiasi tipologia di numerazione progressiva che garantisca l’identificazione univoca della fattura, se del caso, anche mediante riferimento alla data della fattura stessa.” In senso conforme le istruzioni fornite con la circolare n. 14/E del 17 giugno 2019, paragrafo 3.1, secondo cui “In considerazione del fatto che per una fattura elettronica veicolata attraverso lo SdI, quest’ultimo ne attesta inequivocabilmente e trasversalmente (all’emittente, al ricevente e all’Amministrazione finanziaria) la data (e l’orario) di avvenuta “trasmissione”, è possibile assumere che la data riportata nel campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file della fattura elettronica sia sempre e comunque la data di effettuazione dell’operazione. Ciò significa che, anche se l’operatore decidesse di “emettere” la fattura elettronica via SdI non entro le ore 24 del giorno dell’operazione (caso tipico della fattura immediata) bensì in uno dei successivi 10 giorni (12 giorni nella formulazione vigente dell’articolo 21, comma 4, del decreto IVA) previsti dal novellato articolo 21, comma 4, primo periodo, del decreto IVA, la data del documento dovrà sempre essere valorizzata con la data dell’operazione e i 10 giorni citati potranno essere sfruttati per la trasmissione del file della fattura elettronica al Sistema di Interscambio.

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Fatture verso la PA, valide anche se successivamente rifiutate

L’Agenzia delle entrate, con il principio di diritto n. 17 del 30 ottobre 2020, ha evidenziato che ai fini dell’emissione della fattura nei confronti della PA non rileva l’eventuale successivo rifiuto del documento da parte della PA medesima. Laddove le fatture per prestazioni di servizi dipendenti da contratti d’appalto, emesse nei confronti della PA in deroga agli accordi contrattuali, ma nel rispetto delle disposizioni del decreto IIVA, si considerano comunque emesse al momento del rilascio della ricevuta di consegna da parte del Sistema di interscambio, anche se successivamente rifiutate dalla PA.
L’Agenzia ricorda che, ai sensi dell’art. 6 del decreto IVA (Dpr n. 633/1972), le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo. Secondo quanto stabilito dall’art. 24 del decreto è necessario emettere fattura entro 12 giorni  dall’effettuazione dell’operazione. Tuttavia, il momento di emissione della fattura può anche essere stabilito dagli accordi contrattuali (ad esempio, dopo la verifica e l’accettazione della prestazione), ma in ogni caso prima del pagamento del corrispettivo. In tal caso, nel rispetto delle disposizioni IVA, il documento emesso in deroga agli accordi contrattuali risulta ugualmente valido anche se successivamente rigettato dalla PA.
Il principio ricorda che, al fine di evitare rigetti impropri e di armonizzare le modalità di rifiuto con le regole tecniche del processo di fatturazione elettronica tra privati, l’articolo 15- bis del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136 ha demandato ad un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (in corso di emanazione) l’individuazione delle cause che possono consentire il rifiuto delle fatture stesse, nonché le modalità tecniche con le quali comunicare tale rifiuto al cedente/prestatore. Con decreto del MEF n. 132/2020 sono state definite le cause che possono consentire il rifiuto delle fatture elettroniche da parte delle amministrazioni pubbliche. Più precisamente, le PA possono rifiutare le fatture elettroniche nei seguenti casi:

  • fattura elettronica riferita ad una operazione che non è stata posta in essere in favore del soggetto destinatario della trasmissione;
  • omessa o errata indicazione del Codice identificativo di Gara (CIG) o del Codice unico di Progetto (CUP) da riportare in fattura;
  • omessa o errata indicazione del codice di repertorio;
  • omessa o errata indicazione del codice di Autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) e del corrispondente quantitativo da riportare in fattura;
  • omessa o errata indicazione del numero e data della determinazione dirigenziale d’impegno di spesa per le fatture emesse nei confronti delle Regioni e degli enti locali.

Le pubbliche amministrazioni non possono, comunque,  rifiutare  la fattura nei casi in  cui  gli  elementi  informativi  possono  essere corretti mediante le procedure di variazione. L’avvenuto rifiuto della fattura, infine, deve essere comunicato al cedente/prestatore con un documento predisposto in formato xml, che deve indicare la causa del rifiuto riferendosi ai casi elencati.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Proroga del termine per la presentazione del modello 770 al 10 dicembre 2020

Il D.L. n. 137/2020, c.d. decreto Ristori, pubblicato in G.U. n. 269 del 28-10-2020, interviene parzialmente anche sul fronte delle scadenze fiscali. In particolare, l’art. 10 del provvedimento dispone la proroga, al 10 dicembre 2020, del termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti di imposta, di cui all’art. 4, comma 1 del Dpr 22 luglio 1998, n.322, relativa all’anno 2019 (mod. 770/2020).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Imposta di bollo su accordi e convenzioni stipulati con enti pubblici non economici

L’Agenzia delle entrate, con risposta n. 495, ha chiarito che gli accordi e le convenzioni che l’ente pubblico non economico di rilievo nazionale (non rientrante tra i soggetti di cui all’art. 16 della tabella annessa al d.P.R. n. 642 del 1972) stipula con altre pubbliche amministrazioni, sono soggetti all’imposta di bollo fin dall’origine nella misura di euro 16,00 ai sensi dell’articolo 2 della tariffa, parte prima, allegata al richiamato d.P.R. n. 642 del 1972.
L’Agenzia osserva che l’articolo 16 della tabella allegato B, annessa al succitato d.P.R. n. 642 del 1972 (Atti, documenti e registri esenti dall’imposta di bollo in modo assoluto) esenta in modo assoluto dall’imposta di bollo gli “Atti e documenti posti in essere da Amministrazioni dello Stato, regioni, province, comuni, loro consorzi e associazioni, nonché comunità montane sempreché vengano tra loro scambiati”. Con detta disposizione il legislatore ha quindi previsto un regime di esenzione dall’imposta di bollo relativamente agli atti e documenti scambiati tra i soggetti tassativamente indicati nel citato articolo 16. In altri termini, la citata norma trova applicazione esclusivamente per i soggetti che rivestano la natura di amministrazione dello Stato, oltre che per gli altri soggetti espressamente elencati, e non per tutte le pubbliche amministrazioni, così come individuate dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

 

 

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Fatture PA, in G.U. il regolamento che individua le cause del rifiuto

È stato pubblicato in G.U. n. 262 del 22 ottobre 2020 il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 24 agosto 2020, n. 132, recante “Regolamento recante individuazione delle cause che possono consentire il rifiuto delle fatture elettroniche da parte delle amministrazioni pubbliche”.
In sintesi la disposizione stabilisce che le Pubbliche Amministrazioni, all’atto della ricezione della fattura tramite Sistema di Interscambio, possono rifiutarla esclusivamente nei seguenti casi:

  • fattura elettronica riferita ad una operazione che non è stata posta in essere in favore delsoggetto destinatario della trasmissione;
  • omessa o errata indicazione del Codice identificativo di Gara (CIG) o del Codice unico di Progetto (CUP) da riportare in fattura;
  • omessa o errata indicazione del codice di repertorio;
  • omessa o errata indicazione del codice di Autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) e del corrispondente quantitativo da riportare in fattura;
  • omessa o errataindicazione del numero e data della determinazione dirigenziale d’impegno di spesa per le fatture emesse nei confronti delle Regioni e degli enti locali.

Le pubbliche amministrazioni non possono comunque  rifiutare  la fattura nei casi in  cui  gli  elementi  informativi  possono  essere corretti mediante le procedure di variazione.

 

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Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti promiscui, calcolo della soglia dei 200.000 euro

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 492 del 21 ottobre 2020, fornisce chiarimenti in merito alla determinazione della soglia di 200.000 euro annui, ai fini dell’applicazione della procedura prevista dall’art. 17-bis del D.Lgs. n. 241/1997, nel caso in cui il committente (ente non commerciale pubblico o privato) effettui contratti di appalto “promiscui”, riferiti all’acquisto di servizi comuni di tipo generale, funzionali sia all’attività istituzionale sia a quella commerciale.
Come noto, l’art. 4 del D.L. n. 124/2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, c.d. decreto fiscale, ha introdotto al D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, l’art. 17-bis, ai sensi del quale il committente che affida il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo  superiore a 200.000 euro a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente, deve richiedere alle imprese appaltatrici   – subappaltatrici affidatarie copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali per i lavoratori dipendenti direttamente impiegati nei lavori o servizi. Gli enti non commerciali (pubblici e privati), come chiarito dalla circolare 12 febbraio 2020, n. 1/E, non sono tenuti all’applicazione dell’articolo 17-bis limitatamente all’attività istituzionale di natura non commerciale svolta.
Affinché l’articolo 17-bis in esame trovi applicazione è necessario, tra l’altro, che il contratto di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati siano “caratterizzati da un prevalente utilizzo di manodopera”. Con riferimento al concetto di “prevalenza”, la cui portata risulta decisiva in caso di stipula di contratti misti di affidamento del compimento di opere e servizi, nonché ai contratti di affidamento di opere, con la circolare n. 1/E del 2020, l’Agenzia ha precisato che al fine di determinare la prevalenza, occorre fare riferimento al rapporto tra la retribuzione lorda riferita ai soli percettori di reddito di lavoro dipendente e assimilato (numeratore) – stante l’espresso richiamo contenuto nel comma 1 dell’articolo 17-bis agli articoli 23 e 24 del d.P.R. n. 600 del 1973 – e il prezzo complessivo dell’opera o dell’opera e del servizio nel caso di contratti misti (denominatore).
Nell’ipotesi di contratti “promiscui”, ai fini del calcolo della soglia di euro 200.000 annui, l’articolo 17-bis troverà applicazione qualora il rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi relativi all’attività commerciale (numeratore) e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (denominatore), moltiplicato per il costo annuo pattuito per l’affidamento all’impresa del compimento di servizi generali funzionali sia all’attività istituzionale sia a quella commerciale, risulti di importo complessivo superiore ad euro 200.000. Tale rapporto va determinato con riferimento ai ricavi del periodo d’imposta precedente a quello di inizio di esecuzione del contratto promiscuo. Resta fermo che, al superamento della soglia come sopra determinata, gli obblighi previsti dall’articolo 17-bis in esame si applicheranno con riferimento all’intero contratto.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION