Corte Costituzionale: Divieto del terzo mandato consecutivo per i Presidenti di giunta regionale

Con la sentenza n. 64/2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Campania numero 16 del 2024, per violazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione, in relazione al parametro interposto di cui all’articolo 2, comma 1, lettera f, della legge numero 165 del 2004, recante il cosiddetto divieto del terzo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto.

La Corte costituzionale ha affermato che tale divieto è per le regioni a statuto ordinario un principio fondamentale della materia elettorale ai sensi dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione. Esso costituisce l’espressione di una scelta discrezionale del legislatore volta a bilanciare contrapposti principi e a fungere da «temperamento di sistema» rispetto all’elezione diretta del vertice monocratico, cui fa da «ponderato contraltare». Né il divieto posto dal legislatore statale può considerarsi costituzionalmente illegittimo perché attinente alla forma di governo, rimessa dall’articolo 123, primo comma, della Costituzione all’autonomia statutaria delle regioni ordinarie. La nozione di forma di governo è ristretta alla immediata definizione dei rapporti tra gli organi politici della regione, dalla quale esula la materia elettorale in senso lato, ricomprensiva del regime delle limitazioni al diritto di elettorato passivo.

In via generale, l’obbligatorietà di un principio fondamentale e la sua applicazione non possono essere condizionate dal suo espresso recepimento da parte delle leggi regionali. Sempre in via generale, anche a norme che hanno un contenuto specifico e puntuale può essere riconosciuta la natura di principio fondamentale. Il divieto del terzo mandato consecutivo ha siffatta natura, perché, come è generalmente proprio di tutti i divieti, esprime un precetto in sé specifico, che per essere applicabile non necessita di alcuna  integrazione da parte del legislatore regionale, al quale, pur tuttavia, restano degli spazi “interstiziali” di regolazione.

Nel caso del divieto del terzo mandato consecutivo, tuttavia, è stato lo stesso legislatore statale ad avere ancorato l’applicazione del principio alla legislazione regionale che in qualche modo si colleghi all’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale. Ne consegue che leggi delle regioni ordinarie intervenute in materia elettorale dopo l’entrata in vigore della legge numero 165 del 2004 non possono, a pena di illegittimità costituzionale, violare il principio in esame, che è ormai parte integrante dei rispettivi ordinamenti.
Nel caso della Regione Campania il divieto del terzo mandato consecutivo è divenuto operativo con l’entrata in vigore della legge della Regione Campania numero 4 del 2009, ossia con la legge elettorale, la quale non solo non reca alcuna disposizione che a esso illegittimamente deroghi, ma all’articolo 1, comma 3, contiene un rinvio, «in quanto compatibili con la presente legge, [al]le altre disposizioni statali o regionali, anche di natura regolamentare, vigenti in materia». La disposizione impugnata – nella parte in cui ha introdotto dopo diversi anni una specifica deroga al divieto, escludendo, nella sostanza, la computabilità dei mandati pregressi rispetto a quello in corso e quindi consentendo al Presidente della Giunta regionale uscente che ha già svolto due mandati consecutivi di essere rieletto alle prossime elezioni regionali – si pone, dunque, in contrasto con il ricordato principio fondamentale, in violazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione.

La Corte costituzionale ha infine chiarito che nessun rilievo può essere attribuito alla circostanza che analoghe leggi regionali volte a impedire l’operatività del principio del terzo mandato consecutivo non sono state impugnate dal Presidente del Consiglio dei ministri, fermo restando che la loro eventuale illegittimità costituzionale ben può essere fatta valere, nei modi previsti dall’ordinamento, in via incidentale.

 

La redazione PERK SOLUTION

Contributo ANAC per le gare pubblicate da gennaio ad aprile 2025

Anac informa che le stazioni appaltanti che abbiano effettuato procedure di affidamento nel periodo gennaio-aprile 2025 sono tenute al versamento del contributo in favore dell’Autorità. Sul Portale dei pagamenti di A.N.AC. sono presenti gli avvisi di pagamento pagoPA per adempiere a tale obbligo. Il dettaglio delle gare afferenti agli avvisi è disponibile sul servizio Gestione Contributi Gara (GCG).

Si evidenzia che, come novità introdotta dalla delibera di autofinanziamento per l’anno 2025 n. 598/2024, a decorrere dal 1° gennaio 2025, le procedure di affidamento in house sono soggette all’obbligo contributivo e tale obbligo ricade esclusivamente sulla stazione appaltante in qualità di Amministrazione affidante.

Si ricorda, altresì, a tutte le stazioni appaltanti di assolvere all’obbligo contributivo relativo agli anni precedenti qualora non avessero ancora provveduto. A tal fine, si evidenzia che il precedente servizio Riscossione è ancora attivo per il pagamento dei MAV.

 

La redazione PERK SOLUTION

Conferenza Stato-Città: maggiori risorse per i comuni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dal sisma del 2016

Nel corso della seduta della Conferenza Stato-città del 15 maggio 2025, ANCI e UPI hanno poi espresso parere favorevole sullo schema di decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze relativo ai Comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici a partire dal 24 agosto 2016. In particolare, è stato approvato l’acconto del rimborso dei minori gettiti IMU – relativi alla prima rata 2025 – per un importo complessivo pari a euro 6.509.245,46, in favore dei Comuni nei quali si trovano fabbricati distrutti o oggetto di ordinanze sindacali di sgombero adottate entro il 31 dicembre 2018, fino alla loro ricostruzione o alla definitiva dichiarazione di agibilità, e comunque non oltre il 31 dicembre 2025.

Il riparto delle risorse prevede che euro 6.402.258,19 siano attribuiti ai 116 Comuni individuati ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 189 del 2016, mentre euro 106.987,27 siano assegnati ai Comuni “fuori cratere” (Fermo, Foligno, Grottazzolina, Monte Urano e Torre San Patrizio), individuati ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 1 del citato decreto-legge.

 

 

La redazione PERK SOLUTION

Fondo di solidarietà comunale: Recepito il monito della Sentenza n. 71/2023. Non fondate le questioni di legittimità costituzionale

Con la sentenza n. 45/2025, la Corte costituzionale ha ritenuto non fondato il ricorso proposto dalla Regione Liguria nei confronti dell’articolo 1, commi 494, 497, 533, 534 e 535, della legge numero 213 del 2023 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026), in riferimento agli articoli 3, 5, 114, 119, commi primo, terzo, quarto e quinto, e 120, secondo comma, della Costituzione. Tali disposizioni trasferiscono le risorse vincolate dal «Fondo di solidarietà comunale» al «Fondo per l’equità del livello dei servizi», fondo speciale e con vincolo di destinazione, che individua, come destinatari, i comuni che ancora non abbiano raggiunto i livelli essenziali o gli obiettivi di servizio relativi a servizi sociali, asili nido e trasporto di alunni disabili.

Tale scelta, espressiva della discrezionalità del legislatore, recepisce il monito formulato dalla Corte con la sentenza numero 71 del 2023, in cui si è affermato che l’articolo 120, secondo comma, della Costituzione abilita il potere sostitutivo dello Stato come rimedio all’inadempienza dell’ente territoriale, ove lo richieda la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Questa previsione «fa sistema» con l’articolo 119, quinto comma, della Costituzione ed è quindi all’interno dei fondi perequativi speciali, correttamente strutturati ai sensi dello stesso comma.

La Corte ha ribadito che, se nell’unico fondo perequativo relativo ai comuni, ai sensi dell’articolo 119, terzo comma, della Costituzione, non possono tollerarsi quote “vincolate”, altre «componenti perequative riconducibili al quinto comma della medesima disposizione devono, invece, trovare distinta, apposita e trasparente collocazione in altri fondi a ciò dedicati, con tutte le conseguenti implicazioni, anche in termini di rispetto, quando necessario, degli ambiti di competenza regionali». La Corte ha osservato altresì che il criterio individuato dal legislatore è volto ad attuare il principio della spesa  costituzionalmente necessaria, prevedendo che, in un contesto di risorse scarse, devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quelle che si connotano come funzionali a garantire la tutela della salute, dei diritti sociali, delle politiche sociali e della famiglia.

 

La redazione PERK SOLUTION