DL Aiuti, Rinvio PEF TARI al 31 maggio 2022

I Comuni avranno più tempo per approvare le tariffe della Tari: lo dice il viceministro all’Economia Laura Castelli interpellata dall’Ansa a Montecitorio. Con il decreto aiuti, assicura, arriverà la risposta alla richieste dei sindaci: “Da quest’anno, i Comuni potranno approvare i piani finanziari del servizio di gestione rifiuti, tariffe e regolamenti Tari oltre il 30 aprile”, nel caso in cui il termine per chiudere i bilanci preventivi “venga posticipato”. Si introduce “un automatismo, allineando le scadenze e superando la necessita di intervenire con una norma ad hoc ogni volta”, evitando così di dovere riapprovare i bilanci”.
Il provvedimento è atteso in Consiglio dei ministri per l’inizio della prossima settimana, lunedì con grande probabilità.

Bozza della norma che potrebbe essere inserita nel prossimo decreto:
All’articolo 3, comma 5-quinquies del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, sono aggiunti in fine i seguenti periodi: “Nell’ipotesi in cui il termine per la deliberazione del bilancio di previsione venga prorogato a una data successiva al 30 aprile dell’anno di riferimento, il termine per l’approvazione degli atti di cui al periodo precedente coincide con quello per la deliberazione del bilancio di previsione. In caso di approvazione o di modifica dei provvedimenti relativi alla TARI o alla tariffa corrispettiva in data successiva all’approvazione del proprio bilancio di previsione, il comune provvede ad effettuare le conseguenti modifiche in occasione della prima variazione utile”.

La disposizione consentirebbe ai comuni di approvare i piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva oltre il termine del 30 aprile di ciascun anno, nel caso in cui il termine per la deliberazione del bilancio di previsione venga prorogato a una data successiva al 30 aprile. Detta disposizione garantisce un adeguamento automatico del termine appena citato alle eventuali proroghe della data di approvazione dei bilanci degli enti locali, evitando in tal modo che, di anno in anno, sia necessario intervenire con una norma ad hoc.
Con riferimento all’ipotesi in cui l’approvazione dei provvedimenti relativi alla TARI avvenga in data successiva all’adozione del bilancio di previsione del singolo comune e allo scopo di evitare l’onere della riapprovazione complessiva dello stesso, l’ultimo periodo della norma consente di effettuare le conseguenti modifiche al bilancio di previsione in occasione della prima variazione utile.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Arera, Raccolta dati Tariffa Rifiuti 2022 – 2025

Arera comunica che dal 12 aprile è aperta agli Enti territorialmente competenti l’edizione 2022-2025 – denominata “PEF 2022-2025” – della raccolta “Tariffa rifiuti”, per la trasmissione degli atti, dei dati e della documentazione di cui all’art. 7 della deliberazione 363/2021/R/rif. Sono tenuti alla compilazione gli Enti territorialmente competenti di cui all’art. 1 comma 1 dell’Allegato A alla deliberazione 363/2021/R/rif (di seguito: MTR-2), ovvero l’Ente di governo dell’Ambito, laddove costituito ed operativo, o, in caso contrario, la Regione o la Provincia autonoma o altri enti competenti secondo la normativa vigente, tra i quali ad esempio il Comune.
L’invio dei dati e delle informazioni, che consente ai soggetti interessati di adempiere agli obblighi di comunicazione previsti dalla sopracitata deliberazione e, in particolare, dall’articolo 7, della deliberazione 363/2021/R/rif, è possibile esclusivamente tramite la raccolta on line e deve essere effettuato, ai sensi dell’articolo 7, comma 7.6, lettera a) della deliberazione 363/2021/R/rif, entro 30 giorni dall’adozione delle pertinenti determinazioni ovvero dal termine stabilito dalla normativa statale di riferimento per l’approvazione della TARI riferita all’anno 2022.
Il sistema telematico di raccolta prevede la compilazione di maschere web nonché la possibilità del cosiddetto “caricamento massivo”, utilizzabile nel caso in cui sia necessario trasmettere i dati relativi ad un numero consistente di bacini tariffari. I dati relativi al PEF dell’Ambito tariffario (Allegato 1 alla determina 4 novembre 2021 n. 2/2021 – DRIF) dovranno essere forniti esclusivamente attraverso la compilazione dell’apposita modulistica, scaricabile anche all’interno del portale. Non sono ammissibili dati forniti su supporti differenti o modificati rispetto a quelli messi a disposizione da ARERA nella sezione dedicata. Si precisa che tutti gli Enti territorialmente competenti che abbiano già inviato all’Autorità tramite posta certificata la predisposizione del piano economico-finanziario per il periodo 2022-2025, dovranno comunque provvedere a trasmettere la documentazione inviata tramite il sistema telematico di raccolta.
È inoltre disponibile una Guida alla compilazione per la raccolta dati che riporta le istruzioni per la compilazione delle maschere e per la successiva trasmissione dei dati e della documentazione richiesta (Compilazione moduli – Istruzioni per la compilazione).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Nota IFEL sulla compatibilità tra i poteri regolatori di ARERA e la potestà normativa dei Comuni

Ifel ha pubblicato una nota contenete una disamina delle principali attribuzioni conferite dalla legge ai Comuni e offre una lettura critica dei punti più controversi della delibera n.15/2022 dell’Autorità, che si ritiene necessario vengano armonizzate con i principi di legge ad oggi vigenti. Il contenuto delle deliberazioni finora emanate dall’Autorità di Regolazione Energia, Reti e Ambiente (ARERA) presenta alcuni punti di contatto controversi tra le attribuzioni concesse dalla legge all’Autorità e i poteri che la Costituzione e la legge ordinaria dello Stato conferiscono ai Comuni, dai quali possono derivare potenziali conflitti relativamente a regolamentazioni non compatibili. Ifel, nel condividere gli obiettivi di fondo dell’intervento di ARERA, sottolinea il rischio di sconnessione della disciplina del finanziamento del servizio, che per i rifiuti è fondata – come è ben noto – su un impianto di natura tributaria ed è, anche nei casi di modello corrispettivo, fortemente ancorata a prescrizioni normative esplicite. Il documento contiene alcune evidenze specifiche di conflitto tra aspetti di rilievo della regolazione ARERA sulla qualità del servizio rifiuti e l’impianto normativo nel quale si colloca la potestà regolamentare sulla gestione delle entrate dei Comuni, elemento essenziale della loro autonomia politico-amministrativa, costituzionalmente
tutelata.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

TARI ridotta fino al 40 per cento in caso di mancato svolgimento del servizio

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 5940 del 23-02-2022 conferma l’orientamento di prassi secondo cui spetta la riduzione della Tari nel caso in cui il servizio di raccolta rifiuti non venga svolto. L’art. 1 comma 656 della L. n. 147 del 2013, statuisce che “La TARI è dovuta nella misura massima del 20 per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente.” Ai sensi del successivo comma 657: “Nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, la TARI è dovuta in misura non superiore al 40 per cento della tariffa da determinare, anche in maniera graduale, in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita.”.

In entrambi i casi siamo in presenza di riduzioni cd. tecniche, chiamate a regolare situazioni in cui si realizza una contrazione del servizio, e quindi dei costi per il suo espletamento, per motivi oggettivi ed a favore di una pluralità indistinta e generalizzata di utenti, i cui presupposti operativi sono dettagliatamente disciplinati dalla legge. La previsione normativa precisa ed incondizionata sia delle condizioni di operatività che di una misura massima della tariffa applicabile, rispettivamente 20% e 40%, graduabile in ribasso, consente di affermare che tali riduzioni siano obbligatorie e che, al verificarsi delle indicate situazioni oggettive che vanno ad incidere sul presupposto impositivo, spettino ope legis, a prescindere cioè da una loro previsione nel regolamento comunale, come si evince del resto dall’utilizzo dell’espressione “la TARI è dovuta”.

Per gli stessi motivi, non essendo collegate alla peculiarità di situazioni soggettive, le stesse vanno riconosciute senza la necessità di una specifica e preventiva domanda che contenga l’indicazione delle condizioni per fruirne, incombendo sul contribuente il solo onere di provarne i presupposti normativi” (Cass. civ. sez. trib. – 22/09/2020, n. 19767, in motivazione). Con particolare riferimento alla riduzione del 40% di cui alla citata L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 657, si è rilevato che “la stessa spetta per il solo fatto che il servizio di raccolta, pur debitamente istituito e attivato nel perimetro comunale, non venga poi concretamente svolto in una determinata zona del territorio comunale, purché tale zona sia di significativa estensione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Anci, nota su modifiche Commissioni Affari costituzionali e Bilancio al DL milleproroghe 2022

Anci ha pubblicato una prima nota con gli emendamenti, di principale interesse per i Comuni, approvati dalle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Bilancio della Camera al Dl Milleproroghe (decreto-legge 30 dicembre 2021, n.228, disposizioni urgenti in materia di termini legislativi).

Tra le principali modifiche apportate nel corso dell’esame parlamentare in materia di enti locali si segnalano:

  • la proroga al 31 dicembre 2022 il termine a partire dal quale la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni diviene obbligatoria (il testo originario del decreto-legge dispone la proroga al 30 giugno 2022) (articolo 2, comma 1);
  • la proroga del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2022-2024 al 31 maggio 2022. È autorizzato per gli enti locali l’esercizio provvisorio fino alla predetta data (articolo 3, commi 5-septiesdecies e comma 5-duodevicies);
  • la proroga, a decorrere dal 2022, del termine per l’approvazione dei piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, delle tariffe e dei relativi regolamenti (articolo 3, comma 5-quinquies);
  • l’introduzione di nuove misure organizzative per la riduzione dell’onere del debito degli enti locali e delle Regioni (articolo 3, comma 5-duodevicies);
  • la previsione di un nuovo termine di 5 anni, decorrente dal 1° gennaio 2023, entro il quale le province in dissesto finanziario, che presentano l’ipotesi di bilancio riequilibrato entro il 31 dicembre 2022, possono raggiungere l’equilibrio finanziario modificando il termine di riferimento per lo smaltimento dei debiti commerciali a favore dei comuni sede di capoluogo di città metropolitana con disavanzo pro-capite superiore a 700 euro; si prevede che i debiti commerciali oggetto della definizione transattiva siano quelli certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2020 (art. 3, comma 5-bis, lett.a);
  • la proroga di trenta giorni il termine entro il quale i comuni in predissesto, che abbiano approvato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale prima della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, possano comunicare la facoltà di rimodulare o di riformulare il piano (articolo 3, comma 5-bis, lett.b) e c);
  • la proroga al 28 febbraio 2022 del termine entro il quale i comuni in predissesto che presentano criticità di bilancio di tipo strutturale, imputabili alle caratteristiche socio-economiche della collettività e del territorio, debbano trasmettere il piano di riequilibrio finanziario alla Corte dei conti e alla Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, al fine di accedere alla ripartizione di un fondo istituito dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 3, comma 5-bis, lett.a);
  • la proroga al 28 febbraio 2022 del termine entro il quale i comuni che abbiano deliberato la procedura di riequilibrio finanziario nel secondo semestre del 2021 possano deliberare il piano di riequilibrio finanziario pluriennale (articolo 3, comma 5-bis, lett.b));
  • estensione fino al 31 dicembre 2026 ai comuni capoluogo di provincia con popolazione inferiore a 250.0000 abitanti che abbiamo deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale la possibilità, già prevista a regime per i comuni con popolazione superiore ai 250.000 abitanti, di assumere collaboratori con contratto a tempo determinato nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione con gli organi politici, con oneri a carico dei propri bilanci e nel rispetto di alcuni limiti di spesa (art. 1, comma 12-bis);
  • nuova disciplina speciale, in deroga alla normativa vigente, per le assunzioni a termine effettuate dalle società in house qualificate, ai fini del supporto tecnico-operativo alle amministrazioni pubbliche per l’accelerazione degli investimenti pubblici (articolo 1, comma 13-bis);
  • estensione al 2022 della possibilità per le regioni e le province autonome di anticipare l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione (articolo 3, comma 6-bis), con proroga dal 30 marzo al 31 maggio 2022 del termine entro il quale le Regioni devono comunicare alla Ragioneria generale dello Stato la certificazione dell’avvenuta realizzazione degli investimenti effettuati nell’anno 2021, ai fini del ripiano dei disavanzi regionali per gli anni 2014 e 2015 (articolo 3, comma 6-bis).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

TARI, potere impositivo del Comune nel perimetro dell’Autorità portuale

La Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 21/2022, in risposta ad un quesito di un Comune, ha ribadito che l’istituzione dell’Autorità di sistema portuale non comporta ex se la perdita del potere impositivo dell’amministrazione comunale in tema di TARI. Nel caso di specie, il Comune istante ha formulato due quesiti, ovvero:
a) se l’istituzione dell’Autorità di sistema portuale comporti ex se la perdita del potere impositivo dell’amministrazione comunale in tema di TARI in favore dell’Autorità portuale per le fattispecie i cui presupposti di imposta trovino fondamento all’interno del perimetro di competenza della medesima Autorità;
b) in caso di risposta positiva al quesito sub lett. a) se la perdita del potere impositivo consegua direttamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 169 del 2016 (e sulla base della perimetrazione offerta dal Piano regolatore del porto anteriore a tale disciplina), ovvero se tale circostanza si verifichi solo a seguito dell’adozione del Documento di Pianificazione Strategica di Sistema di cui all’art. 1 D.lg.s n. 232 del 2017.
La Sezione rileva come in materia di gestione dei rifiuti assuma rilievo l’art. 198 del d.lgs. n. 152/2006, ai sensi del quale “i comuni concorrono, nell’ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani. Sino all’inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall’Autorità d’ambito ai sensi dell’articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all’articolo 113, comma 5, del TUEL”, mentre per quanto concerne i profili impositivi si rinvia alle disposizioni che regolano la tassa sui rifiuti (TARI), contenute nella legge n. 147/2013.
La disciplina speciale, che coinvolge le competenze delle Autorità di Sistema portuale, è prevista dall’art. 208, comma 14, del d.lgs. n. 152/2006, secondo cui “il controllo e l’autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente…”.
Il quadro normativo offerto dal D.Lgs. n. 152/2006 e smi si presenta in sé compiuto con riferimento alle competenze attribuite agli enti territoriali, dal momento che l’art. 177, comma 3, del medesimo decreto legislativo consente deroghe solo in forza di “disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti”. Tali “disposizioni specifiche” sono ravvisabili, per la particolare categoria dei rifiuti prodotti sulle navi, nella disciplina di cui al già citato d.lgs. n. 197/2021, attuativo della direttiva (UE) n. 2019/883.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Telefisco 2022, le risposte del MEF in materia di tributi locali

Pubblichiamo i chiarimenti forniti dal MEF ai quesiti posti in materia di tributi locali in occasione di Telefisco 2022.

1 – IMU doppie abitazioni: scelta e anni pregressi
La legge 215/2021, di conversione del Dl 146/2021, ha risolto la questione delle doppie abitazioni dei coniugi residenti in Comuni diversi consentendo di scegliere l’immobile al quale applicare l’esonero dall’Imu. Poiché dalla norma non si evince con quali modalità i “componenti del nucleo familiare” dovranno effettuare la scelta, si chiede di chiarire se è necessario presentare l’apposita dichiarazione oppure se può ritenersi sufficiente una semplice comunicazione, e in quale maniera risolvere l’eventuale caso di dissidenza tra i componenti del nucleo familiare. Inoltre, non avendo la disposizione efficacia retroattiva, si chiede se i Comuni possono accertare le annualità pregresse senza applicare le sanzioni per obiettiva incertezza della norma tributaria (articolo 10, legge 212/2000), configurabile anche nel caso in cui l’amministrazione finanziaria abbia chiarito i dubbi con una circolare ministeriale (Cassazione 10126/2019).
Risposta
Giova ricordare che l’articolo 5-decies, comma 1, del Dl 146/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge 215/2021 , prevede che «All’articolo 1, comma 741, lettera b), della legge 27 dicembre 2019, n. 160, al secondo periodo, dopo le parole: «situati nel territorio comunale» sono inserite le seguenti: «o in comuni diversi» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «scelto dai componenti del nucleo familiare».
Di conseguenza, per effetto di tale intervento normativo, per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in Comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare. In merito all’individuazione dell’immobile scelto dai componenti del nucleo familiare ai fini dell’esenzione dall’Imu, si ritiene che per lo stesso gravi in capo al soggetto passivo l’obbligo di presentazione della dichiarazione Imu, come del resto già puntualizzato nelle istruzioni alla dichiarazione Imu di cui al Dm 30 ottobre 2012 nella parte relativa al focus «Abitazione principale» di pagina 5 delle citate istruzioni, in cui è possibile rinvenire indicazioni che possono ritenersi valide anche per la fattispecie in esame. Occorre evidenziare, infatti, che in siffatta ipotesi la permanenza dell’obbligo dichiarativo in argomento si fonda sul presupposto che il Comune non è comunque in possesso delle informazioni necessarie per verificare il corretto adempimento dell’obbligazione tributaria. Nello specifico per la compilazione del modello dichiarativo il contribuente deve barrare il campo 15 relativo alla “Esenzione” e riportare nello spazio dedicato alle “Annotazioni” la seguente frase: «Abitazione principale scelta dal nucleo familiare ex articolo 1, comma 741, lettera b), della legge n. 160 del 2019».
In ordine poi alla richiesta circa la maniera di risolvere l’eventuale caso di dissidenza tra i componenti del nucleo familiare, non può che rimandarsi alle decisioni del Comune in quanto soggetto attivo del tributo. Per quanto riguarda la richiesta relativa alla possibilità di accertamento delle annualità pregresse senza applicazione «delle sanzioni per obiettiva incertezza della norma tributaria (articolo 10 legge 212/2000), configurabile anche nel caso in cui l’amministrazione finanziaria abbia chiarito i dubbi con una circolare ministeriale (Cassazione n. 10126/2019)», si ritiene che la stessa possa essere accolta positivamente alla luce delle seguenti considerazioni.
Innanzitutto dal punto di vista normativo, l’articolo 10, comma 3, della legge 212/2000 chiarisce che: «Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma […]».
Sulla portata di tale disposizione si è espressa anche la Corte di cassazione con la sentenza n. 10126 dell’11 aprile 2019, in cui ribadisce che: «In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, la Corte ha già avuto modo di affermare il principio di diritto in virtù del quale: «l’incertezza normativa oggettiva che – ai sensi del Dlgs 546/1992, articolo 8; del Dlgs 472/1997, articolo 6, comma 2; della legge 212/2000, articolo 10, comma 3 – costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (cfr. Cass. 28/11/2007, n. 24670; 16/02/2012, n. 2192; 26/10/2012, n. 18434; 11/02/2013, n. 3245; 22/02/2013, n. 4522)».
Per meglio chiarire tale principio, la medesima Corte puntualizza che: «In altre parole, come è stato detto, “l’incertezza normativa oggettiva tributaria”, che consente di non applicare le sanzioni, «è la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sè ed accertala dal giudice, di individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie ultima o, se si tratta del giudice di legittimità, del fatto di genere già categorizzato dal giudice di merito», quindi in “senso oggettivo” (con conseguente esclusione di «qualsiasi rilevanza sia delle condizioni soggettive individuali sia delle condizioni soggettive categoriali» atteso che «l’incertezza normativa, in quanto esiste in sè, opera nei confronti di tutti»): «l’incertezza normativa oggettiva», pertanto, «non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria» (Cassazione 19638/2009). E ciò è quanto avvenuto con la disposizione in esame, la quale nel corso degli anni ha subito diverse interpretazioni proprio a opera della Suprema corte, che hanno portato anche a decisioni di contenuto diametralmente opposto, a dimostrazione della «incertezza normativa oggettiva», nell’accezione richiesta dalla medesima Corte, vale dire «una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa».

2 – Esenzioni Covid-19: ditta e bene fuori dal libro cespiti
Le esenzioni Imu, disposte dal legislatore per contenere i disagi generati dai provvedimenti governativi finalizzati a contrastare i contagi da Covid-19, sono applicate agli immobili rientranti nella categoria catastale D/2 e relative pertinenze, a quelli degli agriturismi, dei villaggi turistici, degli ostelli della gioventù, dei rifugi di montagna, delle colonie marine e montane, degli affittacamere per brevi soggiorni, delle case e appartamenti per vacanze, dei bed and breakfast, dei residence e dei campeggi, purché il soggetto passivo sia gestore dei medesimi e vi eserciti la propria attività. Si chiede se in caso di immobile utilizzato per l’attività di una ditta individuale, l’agevolazione spetti anche se il fabbricato non è iscritto al libro cespiti della ditta medesima.
Risposta
Il regime delle esenzioni dall’Imu disposte per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19 richiede unicamente, per poter fruire delle stesse, il rispetto della condizione per cui i soggetti passivi siano anche gestori delle attività esercitate negli immobili per i quali si chiede il beneficio.
Di conseguenza, si ritiene che nel caso in esame possa essere riconosciuta l’agevolazione, dal momento che l’iscrizione del fabbricato nel libro cespiti della ditta non è un requisito richiesto dai vari provvedimenti normativi e, quindi, non è rilevante ai fini agevolativi.

3 – Tari – Tariffe in caso di mancata pubblicazione nei termini
In base al Dl 201/2011, articolo 15-ter, a decorrere dall’anno di imposta 2020, le delibere e i regolamenti concernenti i tributi comunali diversi dall’imposta di soggiorno, dall’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), dall’imposta municipale propria (Imu) e dal tributo per i servizi indivisibili (Tasi) acquistano efficacia dalla data della pubblicazione effettuata ai sensi del comma 15, a condizione che detta pubblicazione avvenga entro il 28 ottobre dell’anno a cui la delibera o il regolamento si riferisce; a tal fine, il Comune è tenuto a effettuare l’invio telematico di cui al comma 15 entro il termine perentorio del 14 ottobre dello stesso anno. I versamenti dei tributi diversi dall’imposta di soggiorno, dall’addizionale comunale all’Irpef, dall’Imu e dalla Tasi la cui scadenza è fissata dal Comune prima del 1° dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti applicabili per l’anno precedente. I versamenti dei medesimi tributi la cui scadenza è fissata dal comune in data successiva al 1° dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti pubblicati entro il 28 ottobre, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, con eventuale conguaglio su quanto già versato. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l’anno precedente. In caso di pubblicazione delle delibere oltre il termine del 28 ottobre e conseguente efficacia delle nuove tariffe posta al 1° gennaio dell’anno successivo, quali sono le tariffe che trovano applicazione nell’anno successivo in sede di acconto con scadenza posta prima del 1° dicembre? L’applicazione del comma 169 dell’articolo 1 della legge 296/2006 assume a riferimento le tariffe applicate nell’anno precedente o quelle ad efficacia differita all’anno successivo a causa della tardiva pubblicazione?
Risposta
In caso di pubblicazione delle tariffe della Tari oltre il termine 28 ottobre dell’anno cui le stesse si riferiscono, le tariffe medesime non devono essere prese in considerazione ai fini del versamento delle rate relative al tributo dovuto per l’anno successivo la cui scadenza è fissata prima del 1° dicembre. Tali tariffe pubblicate tardivamente sono infatti applicabili nell’anno successivo – in sede di versamento a conguaglio per le rate successive al 1° dicembre – solo ove non intervenga, entro il 28 ottobre dello stesso anno, la pubblicazione di una diversa delibera adottata nei termini di cui all’articolo 1, comma 169, della legge 296/2006. Le rate di acconto dell’anno successivo a quello cui si riferiva la delibera pubblicata tardivamente devono, invece, essere versate sulla base delle tariffe applicabili nel medesimo anno cui si riferiva la delibera pubblicata tardivamente, vale a dire quelle adottate per l’anno precedente. Se, ad esempio, la delibera relativa all’anno 2021 viene pubblicata oltre il 28 ottobre 2021, le rate di acconto per l’anno 2022 devono essere versate sulla base delle tariffe applicabili nell’anno 2021, vale a dire quelle adottate per l’anno 2020. Tale soluzione, oltre ad essere aderente al disposto del secondo periodo del comma 15-ter dell’articolo 13 del Dl 201/2011, è tanto più fondata se si considera che le tariffe pubblicate tardivamente sono destinate con ogni probabilità – data la natura del tributo in questione, tramite il quale deve essere assicurata la copertura dei costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti riferibili a ciascun anno – ad essere superate da una nuova delibera adottata per l’anno successivo.Se nell’anno successivo a quello cui si riferiva la delibera di determinazione delle tariffe della Tari pubblicata tardivamente non viene adottata alcuna delibera o viene adottata una delibera oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione, con conseguente inapplicabilità della stessa in virtù dell’articolo 1, comma 169, della legge 296/2006, le tariffe applicabili sono quelle di cui alla delibera adottata per l’anno precedente e pubblicata tardivamente. Se, ad esempio, la delibera relativa all’anno 2021 viene pubblicata oltre il 28 ottobre 2021 e la delibera per l’anno 2022 non viene approvata o viene approvata ma oltre il termine di approvazione del bilancio, le tariffe applicabili per l’anno 2022 sono quelle di cui alla delibera adottata per l’anno 2021 e pubblicata tardivamente.

4 – Canone unico – Pubbliche affissioni, sì al diritto d’urgenza
Il canone unico patrimoniale prevede che l’importo da richiedere all’utente sia comprensivo di tutti gli oneri relativi all’autorizzazione/concessione rilasciata o, comunque al servizio reso dall’ente. In tema di affissioni si chiede se possa essere ancora richiesta una somma qualificabile come “diritto d’urgenza” o se sia necessario prevedere uno specifico canone unico, di maggior importo, per le fattispecie che prima erano assoggettate a tale diritto.
Risposta
Nel caso in cui il Comune scelga di istituire il servizio sulle pubbliche affissioni, la cui istituzione non è più obbligatoria a norma dell’articolo 1, comma 836 della legge 160/2019, lo stesso può senz’altro prevedere un diritto d’urgenza, sulla scorta del fatto che trattandosi di un canone patrimoniale l’ente locale ha ampia autonomia regolamentare.

5 – Cup nei centri abitati: i rapporti Comuni-Province
Il canone unico patrimoniale è stato oggetto di contrasti fra Comuni e Province, stante la formulazione del comma 818 e del comma 837, che considerano aree comunali i tratti di strada situati all’interno di centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti, di cui all’articolo 2, comma 7, del Codice della strada, Dlgs 285/1992; secondo gli enti provinciali, quindi, il canone unico sarebbe di loro competenza anche nei Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, se il centro abitato ha una popolazione che non supera tale valore. Tale interpretazione, pur sostenuta dal Mef in occasione di uno specifico quesito posto dal Comune di Montepulciano, si pone in contrasto con quanto affermato nel corso di Telefisco2021.
Risposta
Come affermato nei chiarimenti forniti al Comune di Montepulciano, relativamente a entrambi i canoni, vale a dire quello di cui all’articolo 1, comma 816 della legge 160/2019, e l’altro di cui al successivo comma 837, risulta che i tratti di strada che attraversano centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti sono considerati comunali, mentre quelli che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a 10.000 abitanti non possono considerarsi facenti parte del territorio comunale.
Ne consegue che, nel caso di diffusione di un messaggio pubblicitario su un tratto di strada che attraversa un centro abitato con popolazione superiore a 10.000 abitanti, il gettito del canone spetta solamente al Comune in base al comma 819, lettera b), mentre la provincia non è legittimata a imporre il canone per l’occupazione del suolo, posto che il tratto di strada è di competenza comunale, fermo restando che in caso di diffusione di messaggio pubblicitario resta esclusa la possibilità di richiedere il canone per la fattispecie di occupazione.
Nel caso inverso, vale a dire di diffusione di un messaggio pubblicitario su un tratto di strada che attraversa un centro abitato con popolazione non superiore a 10.000 abitanti, e quindi di competenza della provincia, quest’ultimo ente è legittimato a chiedere il versamento del canone per l’occupazione del suolo, a norma del comma 819, lettera a). In ordine, infine, alla contraddizione rispetto a quanto affermato in Telefisco 2021, si fa presente che la risposta al quesito di Montepulciano così come quella odierna costituiscono una migliore e più chiara contestualizzazione dei casi che sono stati meglio descritti nei quesiti collegati a tali risposte.

6 – Occupazione e servizi in rete
L’articolo 5, comma 14-quinquies, del Dl 146/2021, reca disposizioni interpretative del comma 831 della legge 160/2019. In particolare, alla lettera a), si chiarisce che le società titolari dei contratti di vendita del bene distribuito alla clientela finale non possono considerarsi soggetti che occupano, neanche in via mediata, e per tale motivo non sono tenute al pagamento del canone unico. Il canone sarebbe quindi dovuto dai soggetti che risultano concessionari delle infrastrutture e la quantificazione del canone deve essere effettuata «in base alle utenze delle predette società di vendita», le quali, quindi, sarebbero tenute a comunicare al concessionario il numero delle utenze.
La successiva lettera b) considera l’ipotesi di occupazioni di suolo con impianti funzionali all’erogazione dei servizi, come quelli relativi alla trasmissione di energia elettrica e il trasporto di gas naturale. In questo caso è dovuto il canone in misura fissa pari ad euro 800.
Dall’articolato normativo sembra che l’ipotesi a) si verifichi solo nelle ipotesi di infrastrutture per le quali è prevista la separazione tra la titolarità delle infrastrutture e la titolarità dei contratti di vendita, mentre l’ipotesi b) si verificherebbe nelle altre tipologie di occupazioni, come i gasdotti o le reti di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica. Si chiede conferma della lettura proposta.
Risposta
Occorre preliminarmente affermare che il comma 831 dell’articolo 1, della legge 160/2019 riguarda tutte le tipologie di occupazioni effettuate con cavi e condutture per la fornitura di servizi di pubblica utilità e non solo quelle in cui esiste una separazione tra i soggetti titolari delle infrastrutture ed i soggetti titolari del contratto di vendita del bene distribuito alla clientela finale. E invero l’articolo 5, comma 14-quinquies del Dl 146/2021, ha inteso chiarire che nelle ipotesi in cui sussiste una netta separazione legislativa, regolamentare o contrattuale tra soggetti titolari delle infrastrutture e soggetti titolari del contratto di somministrazione del bene distribuito per il tramite delle infrastrutture stesse, il canone resta dovuto esclusivamente da parte del soggetto titolare della rete, tenendo conto del numero delle utenze attivate dagli operatori che svolgono solo l’attività di vendita. La successiva lettera b), invece, in linea con quanto stabilito ai fini della Tosap e del Cosap, ha precisato che la disciplina del canone unico è applicabile anche alle occupazioni effettuate da imprese che svolgono attività strumentali e accessorie all’erogazione dei servizi a rete (tra le quali la trasmissione di energia elettrica ed il trasporto di gas naturale dal produttore al distributore finale) tenendo conto della sostanziale “unitarietà” della filiera. Pertanto, per tali imprese, che non hanno alcun rapporto diretto con l’utente finale, viene confermata la debenza del canone in misura fissa pari a euro 800, stabilita per coloro che hanno un numero di utenze inferiore alla soglia.

7 – Servizi di affissione, così la pubblicazione
Per effetto dell’abrogazione dell’articolo 18 del Dlgs 507/93, ad opera del comma 836 dell’articolo 1 della legge 160/2019, i Comuni possono ritenere completamente soppresso il servizio di affissione a cura del Comune, oppure occorre l’adozione di un’espressa deliberazione? È sufficiente garantire l’affissione diretta da parte degli interessati delle affissioni cosiddette garantite?
Risposta
Il Comune, a norma dell’articolo 1, comma 836 della legge 160/2019, non ha l’obbligo di istituire il servizio delle pubbliche affissioni e, pertanto, non occorre alcuna delibera in tal senso. Se sceglie di non procedere all’istituzione del servizio, deve rispettare l’obbligo, previsto da leggi o da regolamenti, di affissione da parte delle pubbliche amministrazioni di manifesti contenenti comunicazioni istituzionali mediante la pubblicazione nei rispettivi siti internet istituzionali. Deve, inoltre, garantire l’affissione da parte degli interessati di manifesti contenenti comunicazioni aventi finalità sociali, comunque prive di rilevanza economica, mettendo a disposizione un congruo numero di impianti a tal fine destinati.

8 – La componente pubblicitaria del canone
In ragione dei numerosi contenziosi insorti nel corso del 2021 sulla componente pubblicitaria del canone unico per la diffusione dei messaggi pubblicitari, si chiede di conoscere l’orientamento ministeriale in ordine alla natura giuridica della componente pubblicitaria del canone.
Risposta
L’articolo 1, comma 816, della legge 160/2019 introduce, in sostituzione di diverse entrate, un canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria. Pertanto, stante la chiara formulazione utilizzata dal legislatore, unita al fatto che all’interno della normativa che regolamenta il canone in questione non si rinvengono elementi tali da far considerare diversa la natura giuridica della fattispecie di diffusione di messaggi pubblicitari, si deve concludere per la natura patrimoniale di entrambe le componenti del canone.

9 – Regole sul versamento decise dai Comuni
In base al comma 823 dell’articolo 1 della legge 160/2019, il canone è dovuto dal titolare dell’autorizzazione o della concessione, ovvero, in mancanza, dal soggetto che effettua l’occupazione o la diffusione dei messaggi pubblicitari in maniera abusiva. In base al comma 835, il versamento del canone è effettuato direttamente agli enti, contestualmente al rilascio della concessione o dell’autorizzazione all’occupazione o alla diffusione dei messaggi pubblicitari. Si chiede se il Comune possa, nell’esercizio della potestà regolamentare, modificare la previsione del comma 835 rinviando il versamento del canone successivamente al rilascio del titolo di autorizzazione o concessione.
Risposta
Considerata la natura patrimoniale del canone, si ritiene che l’ente locale possa regolamentare la materia della riscossione diversamente rispetto a quanto prescritto dall’articolo 1, comma 835 della legge 160/2019. Del resto, anche relativamente alle proprie entrate tributarie l’ente ha ampia autonomia regolamentare in materia di riscossione.

10 – Sanzioni per insegne abusive inferiori a 5 mq
Nel caso di insegna di esercizio collocata abusivamente, ma inferiore a 5 mq, quali sono le sanzioni da applicare in base all’articolo 1, comma 821, della legge 160/2019?
Risposta
Poiché le insegne di esercizio inferiori a 5 mq sono esenti dal versamento del canone, in base all’articolo 1, comma 833, lettera l), della legge 160/2019, non è possibile richiedere il versamento dell’indennità di cui al comma 821, lettera g). Non può essere parimenti applicata la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla successiva lettera h), in quanto anch’essa collegata all’entità del canone e della citata indennità, ma possono essere applicate le sanzioni di cui agli articoli 20 e 23 del Codice della strada, nonché gli oneri previsti per la rimozione e la copertura del mezzo pubblicitario abusivo previsti dal successivo comma 822 dell’articolo 1 della legge 160/2019.

 

IFEL, Costi standard rifiuti 2022: Nota di approfondimento e applicativo di simulazione

A seguito della pubblicazione, da parte del MEF, delle Linee guida interpretative del comma 653, art. 1, L.147/13 – riguardanti le modalità da considerare per tener conto delle risultanze dei fabbisogni standard nella determinazione dei costi del servizio rifiuti, anche alla luce della delibera ARERA n. 443 del 31 ottobre 2020, primo provvedimento di regolazione del settore, e della più recente delibera n. 363 del 3 agosto 2021 – IFEL ha pubblicato sul proprio sito l’applicativo di simulazione dei costi standard per il servizio di smaltimento dei rifiuti, aggiornato in coerenza con le nuove linee guida. L’applicativo di simulazione è, come di consueto, consultabile utilizzando le credenziali di accesso all’area riservata del sito IFEL (Banche dati e numeri) in possesso di ciascun Comune.

Le linee guida forniscono indicazioni per il calcolo del fabbisogno standard di ciascun comune (o gruppo di comuni) in linea con le nuove componenti del costo standard per tonnellata approvate dalla Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS) in data 18 novembre 2019 e con l’aggiornamento dei dati relativi ai fabbisogni standard elaborato nel corso del 2021 e approvato dalla CTFS in data 30 settembre 2021. Il riferimento al nuovo impianto metodologico di determinazione dei fabbisogni standard e all’aggiornamento dei dati prescinde dal suo utilizzo ai fini della determinazione della componente perequativa del Fondo di solidarietà comunale (FSC), stante anche la neutralizzazione degli effetti perequativi generati dai fabbisogni standard del servizio di smaltimento rifiuti rispetto alla capacità fiscale TARI.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

TARI, spetta al contribuente provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione

La Corte di Cassazione, Sez. V, con ordinanza n. 533 del 11-01-2022, n. 533 ha ribadito che grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione, atteso che, pur operando il principio secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, esso non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, o addirittura l’esenzione, costituendo questa, un’eccezione alla regola del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale.
La tassa rifiuti (TARI) ha sostituito, come noto, a decorrere dal 1° gennaio 2014, i preesistenti tributi dovuti ai Comuni dai cittadini, enti ed imprese quale pagamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti (noti in precedenza con gli acronimi di TARSU e, successivamente, di TIA e TARES), conservandone, peraltro, la medesima natura tributaria. L’imposta è dovuta, ai sensi della L. 27 dicembre 2013, n. 147, per la disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, mentre le deroghe indicate e le riduzioni delle tariffe non operano in via automatica in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo il contribuente dedurre e provare i relativi presupposti. Ai sensi della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 649, nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il Comune con proprio regolamento può prevedere riduzioni della parte variabile della tariffa proporzionali alle quantità che i produttori stessi dimostrino di avere avviato al recupero. Ben può trovare applicazione alla fattispecie in tema di TARSU, con riguardo alla D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, secondo la quale la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, salva l’applicazione sulla stessa di un “coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi” e chiaramente presuppone l’assoggettamento all’imposta dei soli rifiuti urbani e salvo il diritto ad una riduzione della tassa in caso di produzione di rifiuti assimilati “smaltiti in proprio”. Ne consegue che è obbligo del contribuente, in sede di dichiarazione, informare il Comune della particolare destinazione dei locali documentando la produzione in essi di rifiuti speciali e il loro smaltimento.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

TARI, Fabbisogni standard Anno 2022: Aggiornamento delle Linee Guida

Il Dipartimento delle Finanze pubblica, come di consueto, l’aggiornamento delle “Linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell’art. 1 della Legge n. 147 del 2013 – Anno 2022” per supportare gli enti locali che nel 2022 si misureranno con l’applicazione dei fabbisogni standard alla TARI.
Il documento ha la finalità di inquadrare il contesto applicativo dei provvedimenti in esame e facilitarne l’attuazione da parte dei comuni per la predisposizione dei piani finanziari relativi al quadriennio 2022-2025. Nel caso in cui gli enti locali abbiano già approvato le tariffe della TARI, in assenza della pubblicazione delle presenti linee guida, potranno intervenire successivamente e comunque nel rispetto del termine di approvazione del bilancio di previsione, per tener conto delle risultanze dei fabbisogni standard.
Le linee guida forniscono indicazioni per il calcolo del fabbisogno standard di ciascun comune (o gruppo di comuni) in linea con le nuove componenti del costo standard per tonnellata approvate dalla Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS) in data 18 novembre 2019 e con l’aggiornamento dei dati relativi ai fabbisogni standard elaborato nel corso del 2021 e approvato dalla CTFS in data 30 settembre 2021.
Il riferimento al nuovo impianto metodologico di determinazione dei fabbisogni standard e all’aggiornamento dei dati prescinde dal suo utilizzo ai fini della determinazione della componente perequativa del Fondo di solidarietà comunale (FSC), stante anche la neutralizzazione degli effetti perequativi generati dai fabbisogni standard del servizio di smaltimento rifiuti rispetto alla capacità fiscale TARI.

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