Adottate le Linee guida per il Piano organizzativo del lavoro agile e indicatori di performance

Il Dipartimento della Funzione Pubblica informa che dopo il parere favorevole della Conferenza Unificata, espresso nella seduta del 3 dicembre, il Ministro per la pubblica istruzione ha approvato, con decreto del 9 dicembre 2020 (in corso di registrazione), le Linee guida che indirizzano le amministrazioni nella predisposizione del Piano organizzativo del lavoro agile con particolare riferimento alla definizione di appositi indicatori di performance.

Le Linee guida saranno presentate dal Ministro alle Amministrazioni e agli OIV nell’ambito dell’incontro fissato per il 16 dicembre in occasione dell’avvio del ciclo della performance 2021-2023.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

La mobilità per interscambio non ha incidenza sulle capacità assunzionali

La mobilità tra Enti con scambio di personale appartenente alla stessa categoria giuridica, posizione economica e profilo, se avviene in termini contestuali, non comporta variazione della spesa complessiva del personale dipendente e, pertanto, rispetta il valore soglia stabilito dalle nuove regole assunzionali di cui all’art. 33, comma 2 del D.L. 34/2019, così come attuato dal d.P.C.M. 17 marzo 2020. È quanto chiarito dalla Corte dei conti, Sez. Umbria, con deliberazione n. 117/2020, ad una richiesta di parere di un Comune volta ad appurare se la mobilità per interscambio, ex art. 7 del d.P.C.M. n. 325 del 1988, con un’altra Amministrazione comunale tra personale appartenente alla stessa categoria giuridica, alla medesima posizione economica ed allo stesso profilo, possa essere attuata alla luce della nuova normativa in materia di limiti assunzionali di personale nelle Regioni a statuto ordinario e nei Comuni in base alla sostenibilità finanziaria.
Nel merito, la Sezione ricorda come il ricorso alla procedura di mobilità reciproca o bilaterale tra amministrazioni locali debba avvenire nella piena osservanza di cautele tese ad evitare che possano essere elusi i rigidi vincoli imposti dal legislatore in materia di contenimento della spesa complessiva del personale e di coordinamento della finanza pubblica, volti ad evitare che il trasferimento per mobilità possa essere utilizzato quale escamotage per instaurare nuovi rapporti di lavoro al di fuori dei limiti numerici e di spesa previsti dalla disciplina vigente. È necessario che la mobilità per interscambio garantisca il rispetto dei vincoli di spesa con riferimento a tutti gli enti coinvolti, in quanto, solo se si traduce in un “mero spostamento di personale da un’amministrazione ad un’altra…non ha incidenza sulle capacità assunzionali degli Enti. Tale spostamento deve avvenire entro un periodo congruo che consenta agli Enti di non abbattere le spese di personale qualora l’assunzione del dipendente in entrata slitti dal punto di vista temporale, rischiando di traslarsi all’esercizio successivo. E’ anche necessario, altresì, che i dipendenti rivestano il medesimo profilo professionale al fine di evitare costi aggiuntivi derivanti dai provvedimenti di riorganizzazione amministrativa ed appartengano alla stessa categoria economica.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

La prestazione del dirigente deve essere funzionale alle esigenze della struttura di cui è responsabile

In risposta alla richiesta di chiarimenti di un Sindaco circa l’articolazione dell’orario di lavoro del personale con qualifica dirigenziale, ai sensi dell’art. 16 del CCNL Area II per la dirigenza di Regioni e Autonomie locali del 16/04/1996, il Dipartimento della Funzione Pubblica, con nota 43784 del 02/07/2020, ha ribadito che in base al principio di auto-responsabilizzazione spetta al dirigente l’organizzazione complessiva del proprio tempo di lavoro, in modo da assicurare l’espletamento dei compiti che gli sono stati affidati ed il raggiungimento degli obiettivi programmati dall’amministrazione di appartenenza. In tale ambito, non è prevista alcuna quantificazione dell’orario di lavoro del dirigente, neppure attraverso la definizione di limiti massimi o minimi di durata delle prestazioni lavorative. Sotto il profilo organizzativo, quindi, il dirigente può determinare in autonomia il proprio orario di lavoro, pur sempre osservando il vincolo delle esigenze operative e funzionali della struttura di cui è responsabile. L’amministrazione ha comunque la possibilità di adottare sistemi di rilevazione della presenza e dell’assenza dei propri dirigenti, ai fini della valutazione annuale finalizzata all’attribuzione della retribuzione di risultato, oltreché per la gestione di altri istituti contrattuali. Tale rilevazione non potrà però quantificare l’ammontare orario, ma solo consentire la verifica della presenza e/o l’assenza, proprio perché non è prevista per il personale dirigente alcuna quantificazione dell’orario settimanale. Il criterio della presenza, ai fini della valutazione annuale e della corresponsione della retribuzione di risultato, deve essere comunque espressamente previsto tra i criteri adottati dall’ente a tal fine. A parere del Dipartimento, non si ravvisano profili di illegittimità nel caso in cui i dirigenti si discostino dall’articolazione dell’orario prevista obbligatoriamente per il restante personale, ferma restando la facoltà per l’amministrazione di adottare misure coerenti con il quadro normativo sopra delineato, al fine di presidiare le proprie esigenze organizzative e gestionali. Ciò trae origine dall’attuale insussistenza, nel contesto del vigente ordinamento giuridico, di un espresso obbligo prestazionale orario del personale dirigenziale di cui trattasi, in ragione della funzionalizzazione dell’obbligazione contrattuale al conseguimento di appositi risultati di gestione, rispetto ai quali la determinazione di un minimum prestazionale orario apparirebbe estraneo, trattandosi di responsabilità dirigenziale per raggiungimento di specifici obiettivi gestionali.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Nessuna abrogazione implicita della precedente disciplina sui limiti di spesa del personale

Permane, a carico del comune, l’obbligo di rispettare i limiti di spesa fissati, a seconda della fascia demografica, dai commi 557 quater e 562 dell’art. 1 della L. n. 296/2006 e che, qualora il comune che sia in regola con i predetti limiti proceda, sulla base della disciplina introdotta dall’art. 33, comma 2, del D.L. n. 34/2019, all’assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, la maggior spesa contratta per queste ultime assunzioni non si computa ai fini della verifica del rispetto del limite di spesa previsto dai predetti commi 557 quater e 562. È quanto chiarito dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 164/2020, in risposta ad una richiesta di parere volta a chiarire se le disposizioni dettate dall’art. 1 comma 557 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 siano compatibili con la nuova disciplina e, dunque, siano ancora in vigore.
Il Collegio ricorda che la nuova disciplina e quella pregressa sui tetti di spesa hanno due ambiti di applicazione differenti. Le norme introdotte dall’art. 33 comma 2 del D.L. n. 34/2019, infatti, individuano i criteri per stabilire quando ed in che misura i comuni possano procedere ad assumere nuovo personale a tempo indeterminato, mentre le norme dettate dai commi 557 quater e 562 dell’art. 1 della L. n. 296/2006 fissano i limiti alla spesa complessiva del personale in un’ottica di contenimento della stessa. Pertanto, poiché i due interventi normativi richiamati disciplinano due aspetti differenti della gestione del personale, non è configurabile alcuna abrogazione implicita della precedente disciplina ad opera della nuova.
Peraltro, proprio al fine di regolare le possibili interferenze fra le due discipline, l’art. 7, comma 1, del D.M. adottato in data 17 marzo 2020 dal Ministro per la Pubblica amministrazione in attuazione dell’art. 33, comma 2, del D.L. 34/2019 ha espressamente previsto che “la maggior spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante da quanto previsto dagli articoli 4 e 5 non rileva ai fini del rispetto del limite di spesa previsto dall’art. 1, commi 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.
Ne consegue, pertanto, l’obbligo dei comuni di rispettare i limiti di spesa fissati, a seconda della fascia demografica, dai commi 557 quater e 562 dell’art. 1 della L. n. 296/2006 e che, qualora il comune che sia in regola con i predetti limiti proceda, sulla base della disciplina introdotta dall’art. 33, comma 2, del D.L. n. 34/2019, all’assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, la maggior spesa contratta per queste ultime assunzioni non si computa ai fini della verifica del rispetto del limite di spesa previsto dai predetti commi 557 quater e 562 dell’art. 1 L. n. 296/2006.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

PA: I numeri del monitoraggio sullo smart working

Un picco del 64% a maggio, dopo il 56% di marzo, primo mese di lockdown, e il 46% ancora nel settembre scorso, quando sono entrate in vigore le norme del decreto Rilancio secondo cui il lavoro agile non è più la modalità organizzativa ordinaria, come nella prima fase acuta dell’emergenza pandemica, ma va contemperato con il lavoro in presenza ben oltre le sole attività indifferibili, a garanzia della continuità dei servizi per cittadini e imprese.
Sono i numeri del monitoraggio sullo smart working nelle Pa, dati elaborati da FormezPA per conto della Funzione pubblica. Le amministrazioni rispondenti sono state ben 1.537 (circa 300mila i dipendenti rappresentati) per un periodo che va da gennaio al 15 settembre scorso, proprio il giorno in cui il lavoro agile ha smesso di essere la soluzione organizzativa ordinaria. Per dare una rappresentazione più fedele del fenomeno il monitoraggio non ha sostanzialmente riguardato settori in cui il lavoro agile è giocoforza marginale (sanità, forze dell’ordine, ecc.).
A gennaio i lavoratori pubblici in smart working erano appena l’1,7%. Successivamente, l’esplosione della pandemia ha portato ai picchi di maggio con percentuali oltre l’87% per le amministrazioni centrali. Il lavoro agile ha riguardato l’86% delle amministrazioni interpellate, dal 94% al 100% se parliamo degli enti sopra i 10 addetti. A maggio, le dipendenti donne attive da remoto hanno raggiunto il 66,3% contro il 60,3% degli uomini. A settembre il gap è diminuito: 47,6% contro 44,4%. In media, 48% contro 44%. A maggio il 57% del tempo di lavoro era mediamente in smart working, con punte di quasi l’80% nelle Pa centrali.
Un lavoratore su due in lavoro agile si è giovato di strumenti forniti dall’amministrazione; in particolare è stato rilevato un +7% sulla disponibilità di device da maggio a settembre. L’87% dei dirigenti adesso ha la firma digitale, mentre la digitalizzazione dei procedimenti è al 60%. Per il 70% delle amministrazioni, secondo il monitoraggio, c’è stato un salto nelle competenze digitali dei dipendenti. Per il 48% degli enti i dipendenti sono stati più responsabilizzati e orientati ai risultati. Il 54% delle amministrazioni ritiene invece che le spese siano diminuite, con punte oltre l’80% per il comparto università e ricerca e nella Pa centrale. Risparmi concentrati soprattutto nelle voci utenze e carta. Infine, su 2.681 dipendenti interpellati, per il 91% l’esperienza del lavoro agile è pienamente o abbastanza soddisfacente e il 73% ritiene che ci siano stati incrementi della produttività del lavoro.

Vedi anche: Report attuazione del lavoro agile nelle PA nel periodo gennaio-aprile 2020.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Contratto dirigenti funzioni locali, il Governo autorizza la sottoscrizione

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 2 dicembre 2020, ha deliberato di autorizzare il Ministro per la pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, ad esprimere il parere favorevole del Governo sull’ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale dell’Area funzioni locali per il triennio 2016-2018, sottoscritta lo scorso 16 luglio dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e dalle confederazioni e organizzazioni sindacali di categoria.
Il parere favorevole è condizionato al recepimento, in sede di sottoscrizione definitiva del contratto, di una condizione espressa, nel proprio parere, dal Ministro dell’economia e delle finanze, relativa ai criteri per l’attribuzione dei compensi professionali degli avvocati degli enti del Servizio sanitario nazionale.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Nuova disciplina delle convenzioni per l’ufficio di segretario comunale e provinciale

Pubblicato nella G.U. n. 297 del 30-11-2020 il decreto del Ministero dell’Interno del 21 ottobre 2020, adottato ai sensi dell’art. 16-ter, comma 12, del D.L. n. 162/2019 (convertito con modificazioni dalla legge n. 8/2020), recante “Modalità e disciplina di dettaglio per l’applicazione dei nuovi criteri di classificazione relativi alle convenzioni per l’ufficio di segretario comunale e provinciale”. Il provvedimento, volto a favorire il processo associativo degli enti locali nell’esercizio delle funzioni dei segretari, anche nell’ottica di ottimizzare l’uso delle risorse disponibili, dispone che le sedi di segreteria convenzionate siano classificate, ai fini della nomina del titolare, in base alla somma degli abitanti di tutti i comuni aderenti. Non risulta più applicabile il previgente criterio volto alla classificazione in base alla popolazione del solo ente capofila. Ad una medesima convenzione possono partecipare al massimo cinque enti (art. 2, comma 1).
La nomina del Segretario sarà disposta dal Sindaco del comune, o dal presidente della provincia, avente la più elevata classificazione tra gli enti in convenzione e, a parità di classificazione, da quello avente la maggiore popolazione. Tale ente assumerà la qualificazione di “ente capofila” (art. 2, comma 2).
Si dispone che le convenzioni siano trasmesse all’Albo Nazionale o Sezione regionale a seconda della competenza, sia per la presa d’atto, necessaria per la classificazione della sede di segreteria convenzionata, sia per la verifica, in capo al soggetto individuato dall’ente capofila, del possesso dei requisiti previsti dalla contrattazione collettiva (art. 2, comma 3).
In caso di riduzione del numero degli enti aderenti alla convenzione, il segretario già assegnato conserva, in applicazione di quanto stabilito dall’art. 99, comma 2, del TUEL, la titolarità della sede convenzionata risultante dalla modifica, anche qualora iscritto in una fascia professionale superiore a quella corrispondente alla relativa somma delle popolazioni. In tal caso, il segretario può richiedere, con il consenso dell’ente capofila, il collocamento in disponibilità (art. 2, comma 5).
L’inquadramento giuridico ed il trattamento economico del segretario titolare di sede convenzionata è determinato dalla classificazione della sede al momento dell’assegnazione o della conferma, in base alla disciplina contrattuale vigente (art. 3, comma 1).
Gli istituti giuridici ed economici connessi allo svolgimento del rapporto di servizio del segretario titolare di sede convenzionata sono applicati dall’ente capofila. La convenzione disciplina anche le modalità di riparto tra gli enti dell’onere per il trattamento economico del segretario titolare della sede convenzionata. Ai fini del rispetto dei valori soglia di cui all’art. 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, ciascun comune computa nella spesa di personale la quota a proprio carico e, per il comune capofila, non rilevano le entrate correnti derivanti dai rimborsi effettuati dai comuni convenzionati a seguito del riparto della predetta spesa (art. 3, comma 2).
Alla scadenza della convenzione, ovvero in caso di scioglimento anticipato, il segretario conserva la titolarità della sede dell’ente capofila In tal caso, il segretario può richiedere, con il consenso dell’ente capofila, il collocamento in disponibilità (art. 3, comma 3).
In ordine alla definizione del regime transitorio, necessario nel passaggio dal vecchio al nuovo regime, viene stabilito che le convenzioni avvenute prima dell’entrata in vigore del decreto (1° dicembre 2020), restano classificate, sino alla naturale scadenza, secondo la popolazione del comune appartenente alla convenzione che ha disposto la nomina del Segretario (art. 5, comma 1). Alla scadenza delle convenzioni, ovvero in caso di scioglimento anticipato, il segretario conserva la titolarità della sede dell’ente capofila, anche qualora iscritto in una fascia professionale superiore a quella corrispondente alla popolazione di tale ente. In tal caso, il segretario può richiedere, con il consenso dell’ente capofila, il collocamento in disponibilità (art. 5, comma 2).
Ai segretari titolari delle sedi convenzionate in base al precedente regime, che vengono collocati in disponibilità, è corrisposto il trattamento economico in godimento presso l’ultima sede di servizio, secondo i criteri previsti dalla contrattazione collettiva (art. 5, comma 3).

Allegati: Circolare esplicativa

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Il congedo parentale non rileva ai fini del calcolo della tredicesima mensilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24206 del 2/11/2020, ha chiarito che, i fini del calcolo della tredicesima mensilità non rileva il congedo di cui la lavoratrice ha beneficiato per assistere il figlio affetto da leucemia. La lavoratrice sosteneva che l’art. 42 comma 5 del d.lgs. n. 151/2001 pur prima delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 119/2011 rinviava alle regole sull’indennità di maternità e quindi all’art. 22, che riconosceva ai fini del calcolo della tredicesima anche il periodo di congedo; diversamente si ravvisava una discriminazione tra congedo di maternità e congedo per assistere il figlio disabile. Gli Ermellini rigettano il ricorso dichiarando infondati i motivi addotti perché, come sancito esplicitamente anche prima della novella del 2011, il congedo parentale richiesto per assistere il figlio non rileva ai fini del conteggio della tredicesima, così come per la maturazione delle ferie e per il TFR. La lavoratrice inoltre erra nell’invocare la discriminazione per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, di chi fruisce del congedo per assistere un figlio malato, rispetto al congedo di maternità, poiché quest’ultimo viene associato ad un evento unico e palesemente diverso, come l’arrivo di un figlio.

Limiti al conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti collocati in quiescenza

Con deliberazione n. 107/2020, la Corte dei conti, Sez. Puglia, ha ribadito che le pubbliche amministrazioni non possono conferire a lavoratori pubblici o privati in quiescenza, dipendenti o autonomi che siano (Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 193/2014/PAR; Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 180/2018/PAR), incarichi direttivi o dirigenziali, salva l’ipotesi di incarichi a titolo gratuito: in tal caso «la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile». È comunque necessario che il soggetto cui viene conferito l’incarico dirigenziale non abbia raggiunto il limite di età (65 anni) per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici.
L’art. 5 comma 9 del D.L. 95/2012 (come modificato dall’art. 6 del D.L. 90/2014 e dall’art. 17 comma 3 della L. 124/2015) prevede il divieto per le pubbliche amministrazioni di conferimento d’incarichi di studio e consulenza, a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. È, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione.
Tale disposizione va, tuttavia, letta in combinato disposto con l’art. 33, comma 3, d.l. 223/2006 che prevede testualmente: «I limiti di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici risultanti anche dall’applicazione dell’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, si applicano anche ai fini dell’attribuzione degli incarichi dirigenziali di cui all’articolo 19, comma 6, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001». Ne deriva, come in più occasioni affermato dalla magistratura contabile, che ai fini dell’attribuzione degli incarichi dirigenziali, opera, in ogni caso ed in via generale, il limite anagrafico per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici, con la conseguenza che, se per un verso non sussistono preclusioni al conferimento di un incarico gratuito di natura dirigenziale a personale in quiescenza, è pur vero che in base alla norma da ultimo richiamata, è necessario che il soggetto cui viene conferito l’incarico dirigenziale non abbia comunque raggiunto il limite di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici (in tal senso, Sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 66/2018/PAR; Sezione regionale di controllo per le Marche, deliberazione n. 181/2015/PAR; Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, deliberazione n. 144/2019/PAR).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Nessun automatismo tra buono pasto e prestazione di lavoro resa in modalità agile

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con nota n. 55945.del.28-08-2020, ha fornito chiarimenti in merito alla possibilità di riconoscere i buoni pasto a quei lavoratori che, in ossequio delle vigenti prescrizioni legate all’emergenza epidemiologica da Covid – 19, operano in modalità smart working.
Al riguardo, il Dipartimento ricorda che, secondo quanto previsto dalla circolare esplicativa n. 2 del 1 aprile 2020 adottata dal Ministro per la pubblica amministrazione, è stato precisato che il personale in smart working non ha un automatico diritto al buono pasto, essendo rimesse a ciascuna PA le determinazioni di competenza circa la sussistenza delle condizioni per l’erogazione. Pertanto, il riconoscimento dei buoni pasto, in assenza di specifiche previsioni ostative rinvenibili nella disciplina normativa e contrattuale vigente, rappresenta una decisione rimessa esclusivamente alle autonome scelte organizzative e gestionali di ciascuna amministrazione ed alle conseguenti misure intraprese per garantirne l’osservanza. Inoltre, nella successiva Direttiva n. 3 del 4 maggio 2020, adottata dal Ministro per la pubblica amministrazione ed avente ad oggetto “Modalità di svolgimento della prestazione lavorativa nell’evolversi della situazione epidemiologica da parte delle pubbliche amministrazioni”, viene specificato che “Le pubbliche amministrazioni dovranno essere in grado di definire modalità di gestione del personale duttili e flessibili, tali da assicurare che il supporto alla progressiva ripresa delle attività sia adeguato e costante tale da ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti.”
Ne consegue che ciascuna amministrazione, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e gestionale del lavoro, assuma le decisioni più opportune in relazione all’attivazione o meno dei buoni pasti sostitutivi, alle modalità di erogazione degli stessi, nonché all’attivazione di adeguate misure volte a garantire la verifica di tutte le condizioni e dei presupposti che ne legittimano l’attribuzione ai lavoratori.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION