Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con comunicato n. 49 del 13 marzo 2021, rende noto che nel decreto “Sostegni”, attualmente in corso di redazione, verrà prevista la proroga dei termini per la conservazione delle fatture elettroniche relative al 2019 e di quelli per la trasmissione telematica e la consegna della ‘Certificazione Unica’.
In particolare, la prima misura consentirà agli operatori di avere tre mesi in più per portare in conservazione le fatture elettroniche del 2019. La proroga in via di definizione tiene conto del fatto che l’adempimento in oggetto costituisce una novità nel panorama delle scadenze tributarie, in quanto l’obbligo di fatturazione elettronica nelle operazioni tra privati è stato introdotto a decorrere dalle operazioni effettuate il 1° gennaio 2019, per cui è la prima volta che occorre procedere alla conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche emesse e ricevute nel periodo d’imposta.
Vengono così accolte le richieste degli operatori del settore impegnati nella gestione dei numerosi adempimenti connessi alle misure straordinarie varate dal Governo per far fronte alla grave crisi economico-sociale causata dalla pandemia che si sono aggiunti alle scadenze ordinariamente previste dal nostro sistema tributario.
In secondo luogo, verranno differiti al 31 marzo 2021 i termini di trasmissione telematica della “Certificazione unica” all’Agenzia delle entrate e di consegna della stessa agli interessati. La medesima proroga al 31 marzo 2021 sarà prevista anche per l’invio da parte degli enti esterni (banche, assicurazioni, enti previdenziali, amministratori di condominio, università, asili nido, veterinari, ecc.) all’Amministrazione finanziaria dei dati utili per la predisposizione della dichiarazione precompilata.
In virtù di questo slittamento, l’Agenzia delle entrate metterà a disposizione dei cittadini la dichiarazione precompilata il 10 maggio 2021, anziché il 30 aprile.
Cedolare secca anche in caso di riduzione del canone di locazione per emergenza covid-19
L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 165 del 9 marzo 2021, ha chiarito che l’applicazione della riduzione del 10% del canone di locazione, prevista da un nuovo accordo territoriale sottoscritto tra Comune e associazioni di categoria dei proprietari e degli inquilini per fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19, non preclude il riconoscimento del regime agevolativo della cedolare secca, di cui all’art. 3 comma 11 del d.lgs. 23/2011. Tale soluzione prescinde dalla circostanza che la citata clausola venga inserita direttamente all’interno del contratto ovvero sia prevista in autonoma scrittura privata da sottoscriversi e registrarsi contestualmente al contratto di locazione. Nel caso di specie, l’Accordo territoriale sulle locazioni abitative applicabile nel Comune X e nei Comuni limitrofi, all’articolo 21 detta “Misure dirette a fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid 19”.
In particolare, nel premettere che “l’attuale situazione emergenziale sanitaria ed economica (…) colpisce tutta la comunità” e “che pertanto si rende necessario attuare procedure e misure eccezionali, temporanee ed urgenti rivolte ad agevolare il mantenimento del tessuto economico e sociale” ritiene “opportuno recuperare all’interno del mercato locativo residenziale gli immobili in precedenza destinati ad attività turistico-ricettive sostenendo con ciò il recupero del tessuto urbano e sociale”. Al riguardo, le OO.SS. firmatarie dell’Accordo hanno concordato “che per i contratti stipulati sotto la vigenza del presente accordo e per un periodo di 6 mesi dalla sottoscrizione dello stesso, (…) verrà operata una riduzione del valore massimo delle rispettive fasce di oscillazione per una percentuale del 10%. La riduzione perderà automaticamente efficacia dopo sei mesi dalla entrata in vigore del presente accordo salva proroga”.
Lo stesso articolo dell’Accordo ha previsto che laddove venga sottoscritto un contatto con riduzione obbligatoria del canone massimo, verranno riconosciute al locatore le agevolazioni IMU previste per il periodo in cui la riduzione del canone sarà sussistente, a condizione del riconoscimento e mantenimento delle misure fiscali di cedolare secca da parte della Agenzia delle entrate. La citata clausola contrattuale presenta il carattere della temporaneità e della obbligatorietà; le parti contrattuali, quindi, non manifestano alcuna volontà e/o facoltà in ordine alla sua automatica applicazione temporanea all’interno del contratto di locazione immobiliare. In altri termini, al sussistere delle condizioni individuate nell’articolo 21 dell’Accordo la citata disposizione si introduce obbligatoriamente nel contratto di locazione, pena la non conformità del contratto a quanto disposto nell’accordo territoriale.
L’Agenzia ritiene che la descritta previsione contrattuale sia compatibile e non contrasti con la previsione di cui al comma 11, dell’art. 3 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 secondo cui «Nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo (…). L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Ne consegue che il regime agevolativo della “cedolare secca” non sia impedito dall’eventuale efficacia di tale clausola.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
Superbonus per gli interventi su immobili di proprietà di un consorzio di Comuni adibiti a ERP
Con la risposta n. 162, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il Superbonus spetti anche con riferimento agli interventi agevolabili realizzati su immobili, adibiti ad edilizia residenziale pubblica, di proprietà di un Consorzio di Comuni. Ciò in quanto, trattandosi di una particolare forma associativa per la gestione di uno o più servizi nonché per l’esercizio associato di funzioni tra i Comuni costituenti il Consorzio, non assume rilievo, ai fini dell’applicazione della norma agevolativa, la circostanza che sia stato costituito un Consorzio di Comuni. Nel caso di specie, l’istante rappresenta di essere un ente pubblico di servizio, non economico, ausiliario della Regione, dotato di autonomia organizzativa, patrimoniale, amministrativa e contabile, che attua e gestisce il patrimonio di edilizia sociale ed esercita le funzioni attribuite dalla legge regionale. L’Ente regionale fa presente che svolge le attività tipiche degli ex Istituti Autonomi Case Popolari (IACP) in quanto, come risulta da statuto, esercita le funzioni e svolge le competenze attribuite alle ATC (o agli ex Istituti Autonomi delle Case Popolari) dalla legislazione nazionale e regionale di settore nell’ambito territoriale definito dalla legge regionale o al di fuori di tale ambito ove previsto dalla normativa regionale. Inoltre, lo stesso gestisce, tra l’altro, immobili adibiti ad edilizia residenziale pubblica di proprietà di un consorzio di Comuni, sui quali intenderebbe eseguire interventi di efficientamento energetico e di miglioramento sismico.
L’Agenzia evidenzia che in questo caso l’Ente, svolgendo le attività tipiche degli ex Iacp, rientra tra i soggetti destinatari del Superbonus (articolo 119, comma 9, lett. c) del decreto “Rilancio”). Pertanto, atteso che il Consorzio è costituito dai Comuni soci, proprietari degli immobili, che detengono in via esclusiva le quote di partecipazione all’interno del Consorzio stesso, è possibile usufruire del Superbonus. In tal caso, l’Istante potrà, altresì esercitare, in alternativa alla fruizione diretta del Superbonus, l’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante, ai sensi dell’articolo 121 del decreto Rilancio.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
Illuminazione pubblica, IVA al 10% per gli interventi di riqualificazione energetica extra canone
L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 144 del 3 marzo 2021, ha fornito chiarimenti in merito al corretto trattamento contabile sugli interventi di riqualificazione energetica, manutenzione straordinaria, adeguamento normativo e tecnologico, nell’ambito di una convenzione con la PA. Nel caso di specie, la Società istante, avente ad oggetto sociale il concorso ad appalti (sia pubblici che privati) relativi alla gestione integrata del servizio di pubblica illuminazione e connessi interventi di efficientamento energetico, ha ricevuto in conferimento da altra Società (Beta) un complesso aziendale operativo nell’erogazione del servizio di pubblica illuminazione. Il ramo aziendale di conferimento comprende, tra l’altro, diversi contratti che la medesima Società Beta aveva concluso con le Pubbliche Amministrazioni. Il servizio luce obbliga la società a fornire, oltre alle attività di acquisto di energia elettrica, l’esercizio e la manutenzione degli impianti e gli interventi di adeguamento normativo, tecnologico e di riqualificazione energetica, il tutto nella misura richiesta dalle P.A. L’esecuzione degli interventi (diversi dalla manutenzione ordinaria), non prevista dal canone è remunerata da parte delle PA con un compenso extra canone. L’istante intende conoscere il parere dell’Agenzia in merito all’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento, prevista dall’art. 16, comma 2, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, ai predetti interventi, previsti negli accordi vigenti con PA.
L’Agenzia evidenzia che per le operazioni di riqualificazione energetica non è prevista una particolare disposizione in merito alla aliquota IVA applicabile. Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi poste in essere per la loro realizzazione, pertanto, sono assoggettate all’imposta sul valore aggiunto in base alle aliquote previste per gli interventi di recupero del patrimonio immobiliare in cui gli stessi si sostanziano, ovvero (per quanto qui interessa) per gli interventi di recupero realizzati sulle opere di urbanizzazione primaria ai sensi dell’art. 3, comma 11, del D.L. n. 90 del 1990. Ne consegue che, per individuare l’aliquota IVA in concreto applicabile, si rende necessario tener conto di come l’intervento di riqualificazione energetica sia qualificabile sotto il profilo edilizio (cfr. circ. n. 36/E del 31 maggio 2007, par. 9), facendo riferimento alla classificazione di cui al sopra citato art. 3 del Testo Unico dell’Edilizia. L’Agenzia ritiene che gli interventi di riqualificazione energetica descritti nell’istanza di interpello e nella documentazione prodotta non siano ammessi a fruire dell’aliquota agevolata del 10% prevista dal combinato disposto dei n. 127-quinquies e n. 127-quaterdecies della Tabella A, parte III, allegata al decreto IVA e dell’art. 3, comma 11, del D.L. n. 90 del 1990, laddove non si sostanzino in un “insieme sistematico di opere”.
Con riferimento agli interventi di manutenzione straordinaria (consistente, a detta dell’istante, nell’installazione di un nuovo impianto di illuminazione precedentemente non esistente in quanto realizzato in zone sprovviste di luce pubblica, nell’installazione per motivi di sicurezza di un nuovo impianto ad integrale sostituzione di quello preesistente, totalmente logorato e non idoneo a illuminare nel rispetto delle normative, o negli interventi di ampliamento o di potenziamento di impianti esistenti), l’Agenzia rileva che è da ritenersi agevolabile anche un intervento di completamento di una preesistente opera di urbanizzazione primaria, purché tale intervento non si traduca in un semplice miglioramento o modifica dell’opera stessa. Pertanto, tali interventi sono ammessi a fruire dell’aliquota Iva ridotta, nel caso in cui si concretizzino effettivamente nella realizzazione ex novo di un nuovo tratto di rete elettrica comunale, anche se parziale, nell’ampliamento dell’impianto preesistente o nel completamento del medesimo mediante l’installazione di nuovi punti luce.
Il trattamento IVA agevolato è applicabile a condizione che i medesimi interventi siano distintamente individuati nell’ambito del contratto di appalto stipulato con le Pa interessate, sia in relazione alla tipologia di intervento da realizzare sia in relazione al corrispettivo specificamente pattuito. Restano invece esclusi da tale trattamento agevolato gli interventi di semplice sistemazione, miglioria o riparazione della rete, nonché gli interventi di mera sostituzione di apparecchi di illuminazione per il risparmio energetico.
Per quanto riguarda gli interventi di adeguamento normativo e tecnologico, in mancanza di disposizioni che prevedano espressamente l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata, l’Agenzia ritiene che gli interventi possano fruire dell’aliquota Iva al 10% soltanto se presentino, in concreto, le caratteristiche degli interventi di “manutenzione straordinaria” agevolabili (i.e., realizzazione ex novo, ancorché parziale, di un nuovo tratto di rete elettrica, completa sostituzione dell’impianto preesistente o anche ampliamento della rete elettrica). Sconteranno l’aliquota Iva ordinaria, invece, gli interventi che si sostanzino in un semplice adeguamento della rete elettrica o si esauriscano in un intervento di “riqualificazione energetica” che, come già chiarito, non sia realizzato tramite l’effettuazione di un “insieme sistematico di opere”.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
In arrivo la proroga dei termini per il versamento delle rate della rottamazione ter e del saldo e stralcio
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con comunicato stampa del 27 febbraio 2021, rende noto che è in corso di redazione il provvedimento che differirà il termine del 1° marzo 2021 per il pagamento delle rate della “rottamazione-ter” (articoli 3 e 5 del DL n. 119/2018) e del “saldo e stralcio” (art. 1 commi 190 e 193 della Legge 145/2018).
Il termine riguarda le rate del 2020 ancora non versate a cui si aggiunge la prima rata del 2021 della rottamazione-ter. Il provvedimento entrerà in vigore successivamente al 1° marzo 2021 e i pagamenti, anche se non intervenuti entro tale data, saranno considerati tempestivi purché effettuati nei limiti del differimento che sarà disposto. Si ricorda che nell’ambito delle misure introdotte per consentire ai contribuenti una maggiore flessibilità nei pagamenti, il Decreto Legge n. 137/2020 (cosiddetto “Decreto Ristori”, convertito con modificazioni dalla L. n. 176/2020) ha previsto – per coloro che erano in regola con i versamenti delle rate del 2019 – il differimento al 1° marzo 2021 del termine ultimo per pagare tutte le rate in scadenza nel 2020.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
I buoni pasto ai lavoratori agili sono esenti ai fini IRPEF
L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 123 del 22 febbraio 2021, ha chiarito che i buoni pasti riconosciuti ai lavoratori agili non concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera c), del Testo unico delle impose sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). Di conseguenza il datore di lavoro non sarà tenuto ad operare anche nei confronti dei lavoratori in smart-working, la ritenuta a titolo di acconto Irpef, prevista dall’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, sul valore dei buoni pasto fino a euro 4, se cartacei, ovvero euro 8, se elettronici. La ratio sottesa a tale regime fiscale di favore è ispirata dalla volontà del legislatore di detassare le erogazioni ai dipendenti che si ricollegano alla necessità del datore di lavoro di provvedere alle esigenze alimentari del personale che durante l’orario di lavoro deve consumare il pasto (cfr. risoluzione 30 ottobre 2006, n. 118/E). In assenza di disposizioni che limitano l’erogazione, da parte del datore di lavoro, dei buoni pasto in favore dei propri dipendenti, l’Agenzia ritiene che per tali prestazioni sostitutive del servizio di mensa trovi applicazione il regime di parziale imponibilità prevista dalla lettera c) del comma 2 dell’articolo 51 del Tuir, indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro e dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
Nessuno aumento dell’IRAP per le PA nel caso di automatismi fiscali nel settore sanitario
Il Dipartimento delle Finanze, con la Risoluzione n. 1/DF del 17 febbraio 2021, chiarisce che l’aliquota “speciale” dell’IRAP dell’8,5% destinata alle amministrazioni pubbliche, non possa essere maggiorata perché non soggetta all’aggiornamento automatico previsto dalla vigente legislazione nel settore sanitario per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari. La società istante ha chiesto di conoscere se nelle regioni Calabria e Molise l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive – IRAP applicabile alle Amministrazioni pubbliche sia quella dell’8,5 per cento, come affermano le regioni interpellate, o se detta aliquota debba essere anch’essa maggiorata di 0,15 punti percentuali, e cioè della misura riportata nel Comunicato Stampa dell’Agenzia delle entrate del 1° luglio 2020. Il Dipartimento ricorda che le aliquote dell’IRAP sono individuate dall’art. 16 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 che al comma 1 dispone che l’imposta è determinata applicando al valore della produzione netta l’aliquota ordinaria – attualmente pari al 3,9 per cento – “salvo quanto previsto dal comma 2…”, che fissa l’aliquota per le Amministrazioni pubbliche nella misura dell’8,5 per cento. La manovrabilità in aumento delle aliquote è disciplinata dal comma 3 dello stesso art. 16 del D.Lgs. n. 446 del 1997 che consente alle Regioni ed alle Province autonome di variare fino ad un massimo di 0,92 punti percentuali le sole aliquote “di cui al comma 1 e 1-bis”, eventualmente differenziandole per settori di attività e per categorie di soggetti passivi. Il chiaro tenore letterale dell’art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997 rende evidente che agli enti impositori non è consentito incrementare l’aliquota “speciale” di cui al comma 2 stabilita per le Amministrazioni pubbliche, che, quindi, a differenza delle altre aliquote, non può essere soggetta a variazioni.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
Niente ritenute fiscali negli appalti se i beni strumentali non sono del committente
L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 118 del 17 febbraio 2021, ha fornito chiarimenti in merito all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 17-bis del D.Lgs. n. 241/1997, di contrasto dell’illecita somministrazione di manodopera, ai rapporti in cui il soggetto committente è un ente pubblico territoriale. Nel caso in esame, il Comune ha stipulato con la società in house un contratto di affidamento di servizi (con divieto assoluto di ogni forma di appalto o sub affidamento, compresi quelli a titolo gratuito) per lo svolgimento di funzioni amministrative e servizi strumentali che sono da considerarsi indispensabili e di pubblico interesse, quali manutenzione di strade ed edifici provinciali, pulizia ed igiene ambientale, accoglienza e centralino, facchinaggio, gestione autoparco, emergenza neve, servizio verde, rischio idrogeologico, rimozione rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria impianti fotovoltaici. La Società istante ritiene di essere esclusa, in relazione ai rapporti intercorrenti con il Comune sulla base del contratto di affidamento di servizi pluriennali in house providing, dall’ambito di applicazione del comma 1 dell’articolo 17-bis, in quanto organismo di diritto pubblico che non svolge attività di tipo commerciale, dotato dei necessari beni strumentali per lo svolgimento delle attività affidate dal Comune.
L’art. 4 del D.L. n. 124/2019, c.d. decreto fiscale (L. n. 157/2019), nell’introdurre il comma 17-bis al D.lgs. n. 241/1997, dispone che il committente (sostituto di imposta residente nel territorio dello Stato ai fini delle imposte sui redditi, stazioni appaltanti pubbliche) che affida il compimento di un’opera o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera (in contesti c.d. labour intensive), presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, è tenuto a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarla, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute. Il versamento delle ritenute è effettuato dall’impresa appaltatrice o affidataria e dall’impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità dì compensazione, in deroga all’articolo 17 del medesimo decreto legislativo n. 241.
Con la circolare n. 1/E del 12 febbraio 2020 l’Agenzia ha fornito i primi chiarimenti in merito alla disciplina di cui al menzionato articolo 17-bis del decreto legislativo n. 214 del 1997. In particolare, con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione è stato precisato che sono da escludersi «gli enti non commerciali (enti pubblici, associazioni, trust ecc.) limitatamente all’attività istituzionale di natura non commerciale svolta. Ai fini della disciplina qui in esame, anche per gli enti territoriali di cui al comma 1 dell’articolo 74 del TUIR è necessario discriminare tutte quelle attività diverse dalle commerciali mutuando i principi contenuti nell’articolo 143 del TUIR per gli «enti non commerciali». Per tali enti, in altri termini, a prescindere dalla rilevanza ai fini delle imposte dirette dei componenti di reddito relativi ai contratti qui in esame e dai principi adottati dall’ente ai fini dell’applicazione dell’IVA, la disciplina di cui all’articolo 17-bis trova applicazione esclusivamente in relazione alle attività qualificabili come “commerciali” nel senso sopra descritto. Nel caso di specie, essendo il soggetto committente (i.e. il Comune) un ente pubblico territoriale, la disciplina di cui all’articolo 17-bis si applica esclusivamente in relazione alle attività diverse da quella “istituzionale non commerciale”, nel senso sopra descritto, svolte dall’Ente. Pertanto rientrano nell’ambito della disciplina anche gli affidamenti alla società in house che, in qualità di società per azioni, integra la nozione di impresa così come definita dalle disposizioni e risulta affidataria del compimento di uno o più servizi (di importo complessivo annuo superiore ad euro 200.000) da parte del Comune. Inoltre, l’affidamento avviene tramite il contratto di servizi che, in linea di principio, potrebbe determinare il ricorso al “prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma”.
Nel caso di specie, l’applicazione della disciplina di cui all’art. 17-bis rimane comunque esclusa dalla mancata sussistenza, relativamente all’ambito oggettivo di applicazione, poiché i beni strumentali utilizzati dalla società, al fine di eseguire le prestazioni contemplate dal contratto di affidamento di servizi, sono di sua esclusiva proprietà.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
Superbonus per gli interventi realizzati dall’Associazione sportiva negli spogliatoi dell’immobile affidato in gestione dal Comune
È ammesso l’accesso al Superbonus in relazione alle spese sostenute dall’Associazione sportiva per la realizzazione di interventi ammissibili relativi all’immobile o parte di esso adibito a spogliato, affidato in gestione dal Comune in base ad una Convenzione. Il chiarimento arriva dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 114 del 16 febbraio 2021.
L’articolo 119 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, c.d. decreto Rilancio, convertito, con modificazione, dalla legge n. 77/2020, ha introdotto, come noto, disposizioni che disciplinano la detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, spettante nella misura del 110 per cento delle spese stesse a fronte di specifici interventi finalizzati alla efficienza energetica (ivi inclusa la installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici) nonché al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici (cd. Superbonus) effettuati su unità immobiliari residenziali. Le tipologie e i requisiti tecnici degli interventi oggetto del Superbonus sono indicati nei commi da 1 a 8 del citato articolo 119 del decreto Rilancio, mentre l’ambito soggettivo di applicazione del beneficio fiscale è delineato nei successivi commi 9 e 10. In particolare, l’ambito soggettivo di applicazione del Superbonus delineato dal comma 9 dell’articolo 119 del decreto che alla lettera e) prevede che le disposizioni contenute nei commi da 1 a 8 si applicano anche «agli interventi effettuati», dalle «associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte nel registro istituito ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, limitatamente ai lavori destinati ai soli immobili o parti di immobili adibiti a spogliatoi». L’Agenzia, nel richiamare la circolare n. 24/E del 2020, ricorda che ai fini della applicazione della norma, ciò che rileva è il sostenimento delle spese relative agli interventi ammessi dalla normativa in esame da parte dei predetti soggetti, sia proprietari che meri detentori dell’immobile in virtù in un titolo idoneo, al momento di avvio dei lavori o al momento del sostenimento delle spese, se antecedente il predetto avvio, nonché la destinazione dell’immobile “a spogliatoio” per lo svolgimento della proprie attività. Nel caso in esame, l’Agenzia ritiene che la Convenzione stipulata tra Comune e Associazione per la gestione del Palazzetto dello sport costituisca titolo idoneo a consentire all’Associazione medesima l’applicazione della disposizione fiscale relativa al Superbonus. Ciò in quanto il sistema di protocollazione adottato dal Comune è idoneo a garantire che l’Associazione istante abbia la disponibilità giuridica e materiale dell’impianto sportivo a far data dal 25 giugno 2019, vale a dire prima del sostenimento delle spese relative agli interventi ammessi all’agevolazione.
Autore: La redazione PERK SOLUTION
Pagamento delle spese di tassazione per il trasferimento di un immobile acquistato dallo Stato
Il trasferimento a titolo oneroso di un immobile acquistato dallo Stato è esente dall’imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie. È quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate, con risposta n. 111 del 16/02/2021. L’Ente pubblico istante fa presente che, la Provincia ha messo in vendita un immobile che è stato acquistato dallo Stato esercitando un diritto di prelazione. Al momento della stipula dell’atto di compravendita, la predetta Provincia “ha rappresentato che il pagamento delle spese di tassazione per il trasferimento dell’immobile (comprese quelle di registrazione) oltre alle spese per il contratto di vendita e gli accessori, sono a carico dello Stato, parte acquirente, ai sensi dell’articolo 1475 del c.c.
L’Agenzia evidenzia che il comma 1 dell’articolo 10, modificando l’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, prevede che gli «Atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento» mentre il successivo comma 3 che «Gli atti assoggettati all’imposta di cui ai commi 1 e 2 e tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall’imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie e sono soggetti a ciascuna delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro cinquanta». Pertanto, il trasferimento dell’immobile oggetto del quesito non è soggetto al pagamento delle imposte ipotecarie e catastali ma solo all’imposta di registro.
Con riferimento, invece, ai “soggetti obbligati al pagamento” dell’imposta in argomento, il comma 7 dell’articolo 57 del d.P.R. n. 131 del 1986 prevede che «Nei contratti in cui è parte lo Stato, obbligata al pagamento dell’imposta è unicamente l’altra parte contraente (…) sempreché non si tratti di imposta dovuta per atti presentati volontariamente per la registrazione delle amministrazioni dello stato».