DL Agosto, possibile la rateizzazione debiti fuori bilancio oltre il triennio

Come noto, la normativa di cui all’art. 194 del D.Lgs. n. 267/2000 – norma di carattere eccezionale, non derogabile se non attraverso una modifica legislativa espressa –  precisando ambito e procedure di riconoscibilità, disciplina, in modo compiuto e circostanziato, le fattispecie dei debiti fuori bilancio riconoscibili (art.194, comma 1), la procedura per il riconoscimento degli stessi (art.193, comma 2), i mezzi di finanziamento per la copertura degli oneri relativi (art.193, comma 3, e art.194, comma 3), nonché la possibilità che tali oneri siano ripartiti in più esercizi finanziari (art.194, comma 2).  La norma, avendo valore cogente, non lascia alcun spazio di discrezionalità circa la condotta che l’ente locale deve seguire, ovvero procedere al riconoscimento dei debiti fuori bilancio, in quanto la sua finalità è quella di sanare l’irregolarità gestionale, sia pure a determinate condizioni, con il contestuale ripristino degli equilibri del bilancio ed il superamento del rischio di possibili oneri aggiuntivi, come eventuali interessi o spese di giustizia, che assumerebbero, per l’ente, i connotati del danno erariale.
In particolare, il comma 2 dell’art. 194 TUEL, prevede la possibilità di un pagamento rateizzato in un arco temporale massimo di tre anni, compreso quello in cui è effettuato il riconoscimento. Il piano di rateizzazione deve essere concordato con i creditori. La disposizione, infatti, testualmente recita “Per il pagamento [dei debiti fuori bilancio] l’ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori”.
Il successivo comma 3 del medesimo art. 194 stabilisce che per il finanziamento delle spese suddette, ove non possa documentalmente provvedersi a norma dell’articolo 193, comma 3, l’ente locale possa far ricorso a mutui ai sensi degli articoli 202 e seguenti del TUEL.
L’art. 53, comma 6 del D.L. n. 104/2020, decreto Agosto, modifica il solo comma 3 dell’articolo 194, disponendo che per il finanziamento delle spese derivanti da debiti fuori bilancio, l’ente locale può far ricorso a mutui ai sensi degli articoli 202 e seguenti “nonché, in presenza di piani di rateizzazioni con durata diversa da quelli indicati al comma 2 [triennale], può garantire la copertura finanziaria delle quote annuali previste negli accordi con i creditori in ciascuna annualità dei corrispondenti bilanci, in termini di competenza e di cassa”. Sebbene la formulazione possa prestarsi ad un’interpretazione non univoca, sovviene sul punto la relazione illustrativa in cui si afferma che il comma 6 interviene “estendendo la possibilità di ricorrere a mutui in presenza di piani di rateizzazioni con durata diversa dai tre anni” (prevista dal comma 2 del medesimo articolo 194) “garantendo la copertura finanziaria delle quote annuali previste negli accordi con i creditori in ciascuna annualità dei corrispondenti bilanci, in termini di competenza e di cassa”. Per quanto riguarda gli aspetti contabili, ricordiamo che con deliberazione n. 21/2018 la Corte dei conti, Sezione delle autonomie, ha evidenziato che l’accordo con i creditori richiede il consenso di entrambe le parti; se il creditore non intende accedere ad un’ipotesi di rateizzazione, l’ente che abbia riconosciuto il debito dovrà necessariamente registrarlo ed impegnarlo integralmente nello stesso esercizio. Nel caso in cui il creditore acconsenta alla stipula di un piano di rateizzazione, il debito deve essere registrato per intero e per intero essere iscritto nello stato patrimoniale, ma per la copertura si dovrà tenere conto della scadenza delle singole rate secondo quanto concordato nel piano. Inoltre, la Sezione ha chiarito che per esigenze di sostenibilità finanziaria, con l’accordo dei creditori interessati, è possibile rateizzare il pagamento dei debiti riconosciuti a condizione che le relative coperture siano puntualmente individuate nella delibera di riconoscimento, con conseguente iscrizione, in ciascuna annualità del bilancio, della relativa quota di competenza secondo gli accordi del piano di rateizzazione convenuto con i creditori. Pertanto, l’accordo con i creditori non può avere una mera finalità dilatoria, ma la rateizzazione dovrà comunque rispettare tutti i criteri in materia di programmazione e di effettiva copertura delle quote di spesa previste per le varie annualità. Diversamente, si ricadrebbe in una situazione non dissimile a quella del ritardato riconoscimento, con violazione dei principi di copertura delle spese, di salvaguardia degli equilibri di bilancio e di veridicità dei documenti contabili.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Fondo sviluppo piccoli comuni: definiti i parametri per individuare le tipologie che possono beneficiare dei finanziamenti

È stato pubblicato in G.U. n. 213 del 27 agosto 2020 il decreto del Ministero dell’Interno del 10 agosto 2020 concernente la definizione dei parametri per la determinazione delle tipologie dei piccoli comuni che possono beneficiare dei finanziamenti del fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni, previsti dalla legge 6 ottobre 2017, n. 158.
La legge 6 ottobre 2017, n. 158 (“Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni”) contiene, come noto, misure che riguardano i piccoli comuni (comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti o istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti), al fine di sostenere lo sviluppo sostenibile, l’equilibrio demografico, favorendo la residenza in tali comuni, tutelare e valorizzare il patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico, nonché il sistema dei servizi essenziali, con l’obiettivo di contrastare lo spopolamento.
L’articolo 1, commi 2 e 4, della citata legge rimette al Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro del lavoro· e delle politiche sociali e con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, sentito l’ISTAT, l’adozione di un decreto che definisca i parametri occorrenti per determinare le tipologie dei comuni che possono beneficiare dei contributi del fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni.
L’articolo 3 prevede l’istituzione di un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni destinato al finanziamento di investimenti diretti alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali, alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla salvaguardia e alla riqualificazione urbana dei centri storici, alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici nonché alla promozione dello sviluppo economico e sociale e all’insediamento di nuove attività produttive.
Il Fondo, istituito con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023, è stato incrementato di ulteriori 10 milioni di euro annui, a decorrere dall’anno 2018, dall’art. 1, comma 862 della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), per complessivi 160 milioni di euro. Per gli anni 2017 e 2018, nel Fondo confluiscono altresì le risorse previste dall’articolo 1, comma 640, secondo periodo, della legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016), che sono destinate esclusivamente al finanziamento degli interventi di ristrutturazione dei percorsi viari di particolare valore storico e culturale destinati ad accogliere flussi turistici che utilizzino modalità di trasporto a basso impatto ambientale. Si tratta di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 stanziati per la progettazione e la realizzazione di itinerari turistici a piedi, denominati «cammini». L’utilizzo delle risorse del Fondo è disciplinato attraverso la predisposizione di un “Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni”, da adottarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Lo schema di decreto ministeriale, composto da due allegati che costituiscono parte integrante del decreto, reca all’allegato A), la definizione dei parametri indicati dall’articolo 1, comma 2, della legge 6 ottobre 2017, n. 158, occorrenti per determinare le tipologie dei comuni che possono beneficiare dei finanziamenti concessi ai sensi dell’articolo 3 della citata legge, secondo la nota metodologica riportata nell’allegato B).

Tipologie dei comuni che possono essere ammessi ai benefici finanziari

a) comuni collocati in aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico; il parametro è dato dalla percentuale di area a pericolosità idraulica (media) P2>=2% o dall’area a pericolosità di frana (elevata o molto elevata) P3+P4>=2%; l’inclusione o l’esclusione del comune è determinata sulla base della soglia percentuale di ripartizione, scelta con metodologia tecnico/statistica, pari ad una incidenza uguale o superiore al 2% sul territorio comunale (fonte Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA)).
b) comuni caratterizzati da marcata arretratezza economica; il parametro è dato dal reddito IRPEF, mediamente dichiarato nei comuni, calcolato dal rapporto tra l’ammontare complessivo del reddito imponibile nel comune e il numero dei contribuenti; l’inclusione o l’esclusione è determinata sulla base del reddito medio comunale inferiore al reddito medio nazionale (fonte Ministero dell’economia e delle finanze). Nella banca dati si è fatto riferimento al reddito Irpef medio nazionale di euro 20.213,73: quando l’indicatore è pari a 1 significa che il reddito mediamente dichiarato nel comune è inferiore al citato valore medio nazionale. I piccoli comuni che ricadono in questa classe sono in totale n. 4.509 (vedi in particolare la Tavola 1 presente nell’allegato B del presente schema di decreto).
c) comuni nei quali si è verificato un significativo decremento della popolazione residente rispetto al censimento generale della popolazione effettuato nel 1981; il parametro è dato dal rapporto percentuale tra la popolazione rilevata nell’ultimo censimento (2011) rispetto a quella del censimento del 1981; l’inclusione o l’esclusione è determinata sulla base della soglia percentuale di ripartizione scelta con metodologia tecnico/statistica. Dopo aver analizzato diversi livelli di decrescita demografica è stato selezionato, quale indicatore di una decrescita significativa, quello per il quale la popolazione diminuisce del 20% e oltre (fonte Istituto nazionale di statistica (Istat)).
d) comuni caratterizzati da condizioni di disagio insediativo, sulla base di specifici parametri definiti in base all’indice di vecchiaia, alla percentuale di occupati rispetto alla popolazione residente e all’indice di ruralità; il parametro è ricavato dalla presenza di almeno uno dei tre indicatori sopra menzionati (fonte Istat). In sintesi, un indice di disagio insediativo pari a 1 sta a significare che nel comune si verifica almeno una del!e seguenti tre condizioni: un elevato indice di vecchiaia, la percentuale occupati/popolazione è inferiore alla media italiana, il comune è classificato rurale in base all’indice DEGURBA pari a 3.
e) comuni caratterizzati da inadeguatezza dei servizi sociali essenziali; il parametro è dato dall’ammontare della spesa per interventi e servizi sociali nei comuni rapportata alla popolazione; la misura della scarsa spesa per il welfare locale è determinata dalla spesa media pro capite inferiore alla media italiana (fonte Istat). In particolare, la media italiana della spesa per interventi e servizi sociali del 2016 è di euro 116,00 pro capite. Per i comuni che spendono meno di questo importo per i servizi sociali essenziali si determina nella banca dati un indicatore pari a 1; se la cifra impegnata è superiore, l’indicatore è pari a 0.
f) comuni ubicati in aree contrassegnate da difficoltà di comunicazione e dalla lontananza dai grandi centri urbani;
il parametro è dato dall’appartenenza del comune alla classe “periferico o ultraperiferico” (fonte Agenzia per la coesione territoriale). La classificazione dei comuni italiani secondo la metodologia per la definizione delle Aree Interne 2014 (Strategia Nazionale per le Aree Interne – SNAI) è la seguente: A. polo; B. Polo Intercomunale; C. Cintura; D. Intermedio; E. Periferico; F. Ultraperiferico; G. Aree in corso di definizione. L’indicatore presente nella banca dati è il risultato di un accorpamento delle ultime due classi; pertanto il comune sarà contrassegnato con 1 se rientra nella classificazione “Periferico o Ultraperiferico”, con 0 se si tratta di un comune non Periferico.
g) comuni la cui popolazione residente presenta una densità non superiore ad 80 abitanti per chilometro quadrato;
il parametro è dato dal rapporto tra la popolazione rilevata dal censimento e la superficie del comune (fonte Istat). Nella banca dati è stato inserito un indicatore che assume il valore 1 quando la densità abitativa è inferiore oppure uguale a 80 abitanti per kmq e il valore 0 quando invece è superiore.
h) comuni comprendenti frazioni con le caratteristiche di cui alle lettere a), b), c), d), f) o g); in tal caso, i finanziamenti disposti ai sensi dell’articolo 3 sono destinati ad interventi da realizzare esclusivamente nel territorio delle medesime frazioni; il parametro non è stato individuato perché le frazioni non sono rilevate dall’Istat dall’anno 1991 ne da altre istituzioni pubbliche.
i) comuni appartenenti alle unioni di comuni montani di cui all’articolo 14, comma 28, del D.L. 78/ 2010, o comuni che comunque esercitano obbligatoriamente in forma associata, ai sensi del predetto comma 28, le funzioni fondamentali ivi richiamate; il parametro è dato da tutti i comuni appartenenti alle unioni di comuni nonché i comuni che esercitano obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali attraverso unioni o convenzioni (fonte Ministero dell’interno). Nella banca dati l’indicatore inserito è definito come segue: con 1 viene contrassegnato il comune appartenente a un’unione di comuni; con lo 0 il comune non appartenente a un’unione di comuni. Per quanto riguarda i comuni che esercitano obbligatoriamente le funzioni in forma associata (convenzioni, accordi, ecc.) non è riscontrabile una raccolta sistematica ufficiale.
l) comuni con territorio compreso totalmente o parzialmente nel perimetro di un parco nazionale, di un parco regionale o di un’area protetta; il parametro è dato dalla percentuale di superficie del territorio comunale ricadente In un’area protetta rispetto alla superficie complessiva. Le superfici di territorio inserite nell’Elenco Ufficiale delle Aree Protette (EUAP) e nei Siti di
Natura 2000 sono intersecate con i confini amministrativi dei comuni, in modo da definire la misura del territorio comunale ricadente in area protetta. L’inclusione o l’esclusione è determinata sulla base della soglia percentuale di ripartizione scelta con metodologla tecnico/statistica. Si è convenuto di stabilire una soglia del 10% di superficie comunale ricadente in un’area protetta al fine di determinare il parametro in grado di filtrare adeguatamente la platea dei comuni.
m) comuni istituiti a seguito di fusione; il parametro è dato dall’inclusione dei nuovi comuni istituiti a seguito di fusioni o incorporazioni tra comuni con popolazione legale fino a 5.000 abitanti, compresi quelli che a seguito di fusione o incorporazione superano i 5.000 abitanti, esclusi quelli nati da fusione o incorporazione con almeno un comune superiore a 5.000 abitanti (fonte Istat censimento 2011). In sintesi, sono stati inclusi i comuni nati dalla fusione di tutti piccoli comuni alla data del Censimento della popolazione 2011 e tutte le fusioni e le incorporazioni che hanno avuto luogo dalla data del censimento fino al 1 gennaio 2020.
n) comuni rientranti nelle aree periferiche e ultraperiferiche, come individuate nella Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, di cui all’articolo 1, comma 13, della legge n. 147 del 2013; il parametro è dato dall’appartenenza del comune alla classe “periferico o ultraperìferico” come individuato nella precedente lettera f) (fonte Agenzia per la coesione territoriale). Per la determinazione del parametro vedi supra la lettera f).

Nella nota metodologica esposta nell’allegato B) sono dettagliate, in particolare, le modalità di costruzione dell’elenco dei piccoli comuni potenzialmente destinatari dei benefici della legge n. 158/2017 (composto al 1° gennaio 2020 da 5.522 comuni), che presentano le  caratteristiche previste dall’art. 1, comma 2, della legge n. 158 del 2017. In particolare, i comuni in possesso di almeno un requisito delle previste tipologie di legge saranno i potenziali destinatari di finanziamento degli interventi da definire, ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 158 del 2017.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION