ARAN: Pubblicato il Rapporto sul Monitoraggio della Contrattazione Integrativa nel Settore Pubblico

L’Aran ha pubblicato il suo dodicesimo Rapporto sul monitoraggio della contrattazione integrativa nel lavoro pubblico, relativo agli anni 2023 e 2024. Il Rapporto, redatto ai sensi del D.lgs. n. 165/2001, analizza l’attività negoziale nelle sedi di contrattazione integrativa ed offre una panoramica dettagliata e un’analisi comparativa dei dati. Il Rapporto si divide in due parti: nella prima parte, viene svolta un’analisi generale sulle risultanze dell’anno 2024; nella seconda parte, si approfondiscono, con un’analisi di maggior dettaglio, i contenuti dei contratti pervenuti nel 2023.

Prime risultanze dell’anno 2024

Aumento dei contratti integrativi: l’attività contrattuale delle amministrazioni nel 2024 ha registrato un aumento del 7% rispetto all’anno precedente. I comparti che hanno contribuito maggiormente a questa crescita sono Funzioni Locali e Istruzione e Ricerca, entrambi con un incremento del 10%.

Aumento delle sedi di contrattazione che hanno inviato almeno un contratto: nel 2024, il 72% delle sedi di contrattazione ha trasmesso almeno un atto negoziale, il dato più alto mai registrato finora. Questo dato mostra, oltre all’aumento dell’attività negoziale, anche un maggior tasso di adesione e di conformità all’obbligo di trasmissione dei contratti integrativi alla banca dati di Aran e Cnel.

Focus geografico: La Lombardia si conferma la regione con il maggior numero di contratti integrativi inviati (2.940), mentre il Veneto si distingue per il più alto tasso di sedi di contrattazione attive (73%).

Contenuto dei contratti: in base a quanto dichiarato dalle amministrazioni nella trasmissione, i contratti integrativi del 2024 sono soprattutto di tipo economico (51%), ma vi è comunque una quota significativa di contratti normativi (44%). Questo dato evidenzia una tendenza a regolare le materie del secondo livello in modo più organico, frutto anche di una maggiore attenzione alle norme del contratto nazionale che spingono in questa direzione.

Adesione della RSU: il 92% dei contratti ha visto anche l’adesione delle RSU, indicatore di buona qualità delle trattative.

Atti unilaterali: lo strumento dell’atto unilaterale è stato utilizzato solo nello 0,7% dei casi, a conferma dell’efficacia della negoziazione tra le parti.

Composizione della delegazione di parte pubblica: nell’85% dei contratti trasmessi la delegazione datoriale è formata esclusivamente da dirigenti o funzionari; nel restante 15% vi sono anche componenti di organi politici; molto rilevante la presenza della componente politica nelle Università (in quanto presente il Rettore o un Consigliere nell’81% dei contratti sottoscritti) e negli egli Enti di ricerca (18 su 34, pari al 53%).

 

Analisi di dettaglio dei contenuti dei contratti del 2023

Funzioni Centrali: l’83% delle trattative è stato finalizzato alla distribuzione delle risorse decentrate. Sono state rilevati, in pochi casi, alcune materie non contrattabili (ad esempio, procedure per le progressioni verticali in deroga, mobilità tra sedi).

Funzioni Locali: è prevalente la quota dei contratti di tipo economico (63%), ma riveste una certa importanza anche quella dei contratti di tipo normativo (33%). Vi sono alcuni contratti che trattano materie non contrattabili in base alle norme nazionale: ad esempio, i contenuti generali dei piani di formazione, l’istituzione della mensa ed i buoni pasto, i criteri di conferimento degli incarichi di elevata qualificazione.

Istruzione e Ricerca: è stata rilevante la percentuale di contratti a carattere normativo (60%), soprattutto nel settore della Scuola. È stato osservato, in quest’ultimo settore, un certo numero di materie non contrattabili, soprattutto in ambiti quali, l’assegnazione del personale alle diverse sedi dell’Istituzione scolastica, i criteri per la fruizione di alcuni permessi, l’articolazione dell’orario di lavoro.

Sanità: I contratti di tipo economico e quelli su materie specifiche sono la parte preponderante de contratti pervenuti (46% e 38% rispettivamente). Tra le materie rilevate non contrattabili, si segnalano i criteri per la valutazione del personale, i contenuti generali dei piani per la formazione.

 

La redazione PERK SOLUTION

Sono 120 i comuni e le province in dissesto finanziario, 266 gli enti in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale

Su un totale di 7.904 comuni italiani, la percentuale degli enti in sofferenza finanziaria è pari al 4,88%. È quanto emerge dal primo rapporto della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali 2021 realizzato dal dipartimento per Affari Interni e Territoriali del ministero dell’Interno che intende mettere in evidenza le attività realizzate per superare le criticità dei bilanci.
Dall’analisi emerge che attualmente sono 120 i comuni e le province in dissesto finanziario, in quanto non ancora trascorsi i 5 anni decorrenti dall’anno del bilancio stabilmente riequilibrato. I dati elaborati dal Viminale confermano una concentrazione delle dichiarazioni di dissesto nelle regioni meridionali del Paese, in particolare, 30 enti nella regione Sicilia, 37 in Calabria, 26 in Campania. Gli altri casi si riscontrano in Abruzzo (3 casi), in Basilicata (3 casi), nel Lazio (9 casi), 1 caso in Liguria, nelle Marche, in Piemonte, in Molise, in Piemonte, in Toscana ed in Umbria, in Lombardia (3 casi), in Puglia (3 casi).
Sono 191 organi straordinari della liquidazione che continuano l’attività di gestione delle passività anche in enti in dissesto per i quali sono, ad oggi, decorsi i 5 anni dall’anno del bilancio stabilmente riequilibrato.
Gli enti locali attualmente in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale sono 266.
I dati relativi alla distribuzione regionale delle procedure di riequilibrio attive registrano un coinvolgimento di un numero maggiore di regioni. Infatti, pur essendo confermata una concentrazione territoriale nelle regioni Calabria, Sicilia e Campania, il ricorso alla procedura ha interessato anche diverse amministrazioni locali distribuite sull’intero territorio nazionale.
In particolare, si evidenziano 30 enti nella regione Calabria, 47 in Campania, 46 in Sicilia, 27 in Puglia, 24 nel Lazio, 17 in Lombardia e Molise, 14 in Piemonte e 12 in Liguria.

Rapporto COSFEL 2021