Limiti all’esercizio dell’attività professionale da parte dell’Assessore

Nulla osta alla nomina ad assessore di un professionista (architetto, ingegnere o geometra) con delega alla Cultura o all’Ambiente, e non sussiste per tale assessore alcun obbligo di astenersi dall’esercizio di detta attività professionale ai sensi dell’art. 78, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000, sempre che le materie ivi previste (urbanistica, edilizia e lavori pubblici) non rientrino indirettamente nell’esercizio della delega suddetta. Resta comunque fermo l’obbligo per lo stesso assessore di astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti, non solo la materia urbanistica e/o di edilizia privata e pubblica, ma più in generale interessi propri o di suoi parenti o affini sino al quarto grado, ai sensi del comma 2 del citato art. 78.

È quanto evidenziato dal Ministero dell’interno, con parere dell’8 Luglio, 2025, in riscontro ad un quesito in merito all’obbligo di astensione previsto dall’art. 78 comma 3 del TUEL e se lo stesso valga anche per assessori che non hanno deleghe nei settori dell’urbanistica, edilizia e lavori pubblici, ma che esercitano come liberi professionisti (architetti, ingegneri, geometri) in quegli stessi ambiti all’interno del Comune. La norma dispone: al comma 2 che gli amministratori […] devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore, o di parenti o affini fino al quarto grado; al comma 3 che i componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.

La ratio di tale previsione normativa risiede nell’esigenza di evitare che il professionista tragga vantaggio nella sua attività professione dal mandato pubblico rivestito e di precludere, per ragioni di trasparenza e buon andamento dell’amministrazione dell’ente territoriale, che l’esercizio delle funzioni collegate a tale mandato sia sviato dall’interesse personale dell’amministratore. Tra i destinatari dell’obbligo di astensione rientrano, sia gli assessori ai quali siano state conferite deleghe nei settori dell’urbanistica, dell’edilizia e dei lavori pubblici, sia il Sindaco sul quale, come organo responsabile dell’amministrazione del Comune e presidente della giunta comunale, grava l’onere di sovraintendere su tutte le attività del Comune, anche su quelle delegate.

Secondo il Ministero, il professionista (architetto, ingegnere o geometra) può essere nominato assessore con delega alla Cultura o all’Ambiente, non rientrando tali deleghe nel novero di quelle contemplate dall’art. 78, comma 3, del TUEL (materia urbanistica, edilizia e lavori pubblici), sempre che dette materie non rientrino indirettamente nell’esercizio della delega alla Cultura o all’Ambiente. Una volta nominato, non sussisterà alcun obbligo di astenersi dall’esercizio dell’attività professionale in materia edilizia (privata e pubblica) nel Comune in oggetto, con l’accortezza di cui sopra. E dunque sempre che detto obbligo di astensione non si renda necessario per effetto dell’indiretta inclusione delle suddette materie (urbanistica, edilizia e lavori pubblici) nell’esercizio, in concreto, della delega alla Cultura o all’Ambiente.
Sotto altro e diverso profilo, occorre rilevare che ai sensi del comma 2 della norma sopra citata lo stesso assessore dovrà comunque astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti, non solo la materia urbanistica e/o di edilizia privata e pubblica, ma più in generale interessi propri o di suoi parenti o affini sino al quarto grado. Fermo restando che tale obbligo di astensione non si applicherà ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’assessore, o di suoi parenti o affini fino al quarto grado.

 

La redazione PERK SOLUTION

Ministero dell’interno, Agenzia Segretari: Disciplina degli incarichi a scavalco

Il Ministero dell’interno ha pubblicato la circolare del Vice Capo Dipartimento Vicario, Direttore Centrale per le Autonomie, prot. n. 17541 del 9 giugno 2025, avente ad oggetto “Disciplina degli incarichi a scavalco”.

La Circolare ricorda che l’istituto dello scavalco è consentito, dal vigente quadro normativo e regolamentare, in via del tutto residuale – e con precise limitazioni temporali –, favorendo l’utilizzo prioritario dei segretari in disponibilità. A tal riguardo, il punto 8) della circolare prot. n. 4545 del 9 aprile 2020, prevede che “[…] gli incarichi di scavalco possano anche superare il numero massimo (3) previsto dalla circolare 23581 del 8/7/2013, e comunque non eccedere il numero di 5 enti, ivi compreso quello di titolarità […]”.

Da ultimo, anche l’art. 62 del CCNL relativo al personale dell’Area funzioni locali del 16 luglio 2024, ha disciplinato ulteriormente l’istituto, precisando che “Le reggenze o supplenze a
scavalco sono attribuite ai Segretari titolari di sede con provvedimento motivato del Ministero dell’Interno, sentite le amministrazioni interessate, solo in via residuale rispetto all’affidamento di tali incarichi a segretari in disponibilità, eccezionalmente e per un tempo limitato che non può superare i 120 giorni per le reggenze ed un anno per le supplenze. Nei casi di vacanza della sede, fermo restando l’obbligo di pubblicizzazione della sede e di nomina del segretario entro i termini di legge, la reggenza può essere prorogata solo qualora la procedura di pubblicizzazione finalizzata alla nomina del segretario titolare, ai sensi dell’articolo 15, comma 4, del regolamento di cui al DPR 4dicembre 1997 n. 465, sia risultata deserta”.

 

La redazione PERK SOLUTION

ANAC: Non compatibili con la normativa europea limiti quantitativi alla partecipazione agli RTI

Con il parere di funzione consultiva n. 21 il Consiglio dell’Anac ha evidenziato che nei casi di affidamenti a raggruppamenti temporanei di imprese (RTI), la libera suddivisione delle quote di partecipazione ed esecuzione dei lavori tra gli operatori riuniti deve essere effettuata entro il limite consentito dai requisiti di qualificazione posseduti da ciascuno di essi, in considerazione delle prestazioni che ci si è impegnati a realizzare. Non può la singola impresa assumere una quota di esecuzione dei lavori in misura superiore alla qualificazione posseduta. Una modifica delle quote, proposta dal raggruppamento affidatario dell’appalto rispetto a quanto indicato in sede di offerta, può essere autorizzata dalla stazione appaltante, a cui è rimessa ogni valutazione sulla compatibilità di tale modifica con i requisiti posseduti dalle imprese interessate, anche sulla base delle previsioni del bando di gara laddove siano stati riservati alcuni compiti essenziali ad un partecipante del raggruppamento.

La questione è relativa a un accordo quadro per manutenzione e pronto intervento negli spazi della città storica nonché di valorizzazione di sito Unesco, affidato dal 2018 a un’associazione temporanea. In tale ambito, una richiesta di modifica delle quote – a seguito della quale la mandataria avrebbe mantenuto una quota di partecipazione del 5% e la mandante del 95%, determinando un’inversione di ruolo delle stesse all’interno dell’ATI – è stata avanzata in fase di esecuzione del terzo contratto attuativo dell’accordo quadro stesso.

Su questo punto specifico, il parere conclude per la possibilità per il raggruppamento affidatario di procedere alle modifiche dell’assetto interno al raggruppamento stesso, purché non finalizzate ad eludere l’applicazione del Codice e previa verifica, da parte della stazione appaltante, dei requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese del RTI in relazione alle prestazioni da eseguire.

Il parere dell’Autorità Anticorruzione ha ribadito l’incidenza, sulla disciplina di settore, della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea c-642/20 del 28 aprile 2022, che ha determinato il superamento del principio, sancito dall’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016, di necessaria partecipazione maggioritaria della capogruppo, sia in termini di requisiti posseduti che di quota di prestazioni da eseguire: la volontà del legislatore europeo – viene ricordato citando anche l’avviso espresso dal Consiglio di Stato – è stata quella di limitare ciò che può essere imposto a un singolo operatore di un raggruppamento, seguendo un approccio qualitativo e non meramente quantitativo, al fine di incoraggiare la partecipazione alle gare di appalto anche da parte di raggruppamenti come le associazioni temporanee di piccole e medie imprese (fonte Anac).

 

La redazione PERK SOLUTION

Superamento limite trattamento accessorio per i compensi finanziati con i fondi del PNRR

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 116/2022, pronunciandosi ad una richiesta di un Ente ribadisce che il trattamento economico accessorio destinato al personale comunale impiegato nei progetti di transizione digitale finanziati nell’ambito del PNRR, in quanto finanziato dai medesimi fondi, non rileva ai fini dei limiti previsti dall’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.

La Sezione si è pronunciata con deliberazione n. 111/2022/PAR del 7 luglio 2022, confermando la possibilità del superamento dei limiti previsti dall’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, in presenza di una spesa neutra per gli equilibri di bilancio dell’ente locale in quanto “eterofinanziata”. Né sono ravvisabili ragioni per discostarsi da quanto già affermato in quella sede, benché la presente fattispecie non sia in verità perfettamente sovrapponibile. Nel parere reso con la richiamata deliberazione, infatti, la spesa “eterofinanziata” riguardava l’intero trattamento economico del personale dei servizi per l’impiego. La richiesta di parere in esame, invece, concerne il solo trattamento accessorio del personale coinvolto in progetti di transizione digitale finanziati con i fondi del PNRR. La disposizione di contenimento della spesa per il trattamento accessorio del personale, peraltro, riprendendo i criteri esplicitati dalla Sezione nel già richiamato parere, trova un limite alla propria operatività nella neutralità finanziaria dei progetti di transizione digitale in questione rispetto agli equilibri di bilancio dell’ente locale.

Pertanto, il trattamento accessorio “eterofinanziato” a valere sulle risorse del PNRR per progetti di transizione digitale, pertanto, non rileva ai fini dei limiti fissati dall’articolo 23, comma 2, del legislativo 25 maggio 2017, n. 75, nel rispetto di quanto precisato dal parere di questa Sezione espresso con deliberazione n. 111/2022/PAR del 7 luglio 2022.

La Sezione ricorda comunque che il trattamento accessorio in questione dovrà essere correttamente gestito non solo in relazione alle norme di contenimento della spesa del personale, ma anche in relazione a quanto previsto, tra l’altro, dalle disposizioni del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto delle funzioni locali, in tema di fondo per le risorse decentrate, e dall’articolo 113 del decreto legislativo 12 aprile 2016, n. 50, in tema di incentivi per funzioni tecniche, ove ne ricorrano i presupposti.

 

La redazione PERK SOLUTION

Niente compenso ai membri dei Cda dell’entità partecipate se finanziate dall’Ente

Con deliberazione n. 20/2022, la Corte dei conti Campania – in riscontro ad una richiesta di parere di un Comune in merito alla possibilità di erogare un compenso ai membri del consiglio di amministrazione del Consorzio intercomunale, partecipato da pubbliche amministrazioni – ha ribadito, conformemente all’orientamento della Sezione Autonomie (delib. n. 9/2019), che se il finanziamento anche parziale dell’ente o azienda è posto a carico delle finanze pubbliche allora nessun compenso è dovuto; viceversa, qualora l’ente sia autofinanziato può essere previsto un compenso. In particolare, la Sezione Autonomie, investita di un parere in ordine all’applicabilità delle limitazioni di cui all’art. 6, comma 2, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, consistenti nell’obbligo di garantire la gratuità degli incarichi conferiti ai membri degli organi amministrativi di vertice delle aziende speciali che ricevono contributi dallo Stato, ha ritenuto dirimente, ai fini della corresponsione di un compenso, il finanziamento dell’ente: “La gratuità della partecipazione agli organi amministrativi è, quindi, una misura limitata alle aziende speciali che “vivono” delle risorse dell’Ente locale titolare. Viceversa, la decurtazione dei compensi è riservata alle aziende speciali “non contribuite” (che siano affidatarie dirette di servizi ed abbiano riportato perdite nel triennio), nelle quali sia stata remunerata la partecipazione al consiglio di amministrazione. Va, al riguardo, considerato, nell’ottica del contenimento e della razionalizzazione della spesa pubblica, che la previsione statutaria relativa ai compensi spettanti ai componenti del consiglio di amministrazione dovrà, comunque, tener conto della compatibilità e della sostenibilità di tali oneri.”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Il diritto di accesso dei consiglieri comunali non è assoluto e illimitato

È legittimo il diniego opposto dall’Amministrazione alla richiesta avanzata da un consigliere comunale di accedere da remoto, mediante apposite credenziali e password, al sistema informatico (in particolare, al protocollo informatico e al sistema informatico contabile) del Comune, trattandosi di modalità che esorbita dai limiti funzionali di esercizio del diritto di accesso previsto dall’art. 43, comma 2, del TUEL. È quanto stabilito dal Consiglio di Stato, Sezione V, con sentenza 3 febbraio 2022, n. 769. La Sezione ricorda che, ai sensi dell’art. 43, comma 2, il fondamento del diritto di accesso del consigliere comunale trova ragione e limite nell’utile esercizio della funzione di componente dell’organo di cui è parte, sicché accede all’esplicazione, individuale o collegiale, delle funzioni proprie di quell’organo e non è un’attribuzione personale del consigliere medesimo.
Oggetto dell’accesso possono essere non solo provvedimenti o documenti amministrativi ma anche ogni informazione o notizia relativa all’organizzazione amministrativa e alla gestione delle risorse pubbliche; l’accesso non è condizionato alla dimostrazione di un personale interesse (alla conoscenza dell’atto ovvero alla acquisizione dell’informazione) o alla presentazione di una giustificazione. In ogni caso, quanto a contenuto, non si tratta di un diritto assoluto e senza limiti: lo si ricava dalla particolare funzione pubblica consiliare cui è servente questo tipo di accesso, che lo contiene nei termini dei definiti poteri del Consiglio comunale (essendo l’accesso strumentale all’esercizio del mandato consiliare).
Perciò il particolare diritto di accesso del consigliere non è illimitato, vista la sua potenziale pervasività e la capacità di interferenza con altri interessi primariamente tutelati. Occorre così che un tale particolare accesso, per essere funzionalmente correlato al migliore svolgimento del mandato consiliare:
a) non incida sulle prerogative proprie degli altri organi comunali, a necessaria garanzia delle funzioni che a questi (il Sindaco e la Giunta) e non al Consiglio l’ordinamento attribuisce, nel quadro dell’assetto dell’ente;
b) non sia in contrasto con il principio costituzionale di razionalità e buon funzionamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.);
c) avvenga con modalità corrispondenti al livello di digitalizzazione della amministrazione (cfr. art. 2, comma 1, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Corte dei conti, limiti ai compensi per l’Avvocatura interna

La Corte dei conti, Sez. Liguria, con deliberazione n. 76/2021, nel dare riscontro ad una richiesta di parere in merito ai compensi erogabili agli avvocati interni, in caso di sentenze favorevoli all’Ente con spese compensate, ha affermato i seguenti principi di diritto:

a) il limite finanziario del 2013 va determinato tenendo conto dei compensi “di competenza” del medesimo esercizio. L’art. 9, comma 6, del citato decreto-legge n. 90 del 2014, stabilisce che tali emolumenti, in caso di compensazione delle spese, possano essere corrisposti nei limiti dello stanziamento annuale di bilancio, che non può superare quanto stanziato nell’esercizio 2013. Ai fini della corretta individuazione dello stanziamento relativo all’anno 2013, occorre far riferimento a quello assestato in corso d’esercizio e non a quanto esposto inizialmente nel bilancio di previsione 2013. In assenza di stanziamenti si può richiamare la tabella del fondo salario accessorio o del fondo per la retribuzione valida per il 2013 per dimostrare l’osservanza del limite.

2) lo stanziamento relativo all’anno 2013 costituisce solo l’importo massimo riconoscibile nelle annualità successive, ben potendo l’ente locale, in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti, determinarlo ad un livello inferiore;

3) i compensi professionali ai legali interni sono sottoposti agli specifici limiti di finanza pubblica contenuti nell’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014, convertito dalla legge n. 114 del 2014. Per tutti i compensi professionali ai legali interni, non trovano applicazione i generali limiti previsti dalla normativa di finanza pubblica per la retribuzione accessoria del personale (oggi aventi fonte nell’art. 23, comma
2, del d.lgs. n. 75 del 2017), ma quelli, specifici, contenuti nell’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014 (che impongono, a livello complessivo, di non superare lo stanziamento dell’esercizio 2013, oltre che, su un piano individuale);

4) l’avvocato alle dipendenze di una amministrazione pubblica non può percepire, in un anno, a titolo di compensi professionali, somme superiori al totale delle altre voci retributive spettanti nel medesimo esercizio, costituite, oltre che dal trattamento fondamentale, anche da quello accessorio, con esclusione, tuttavia, degli stessi compensi professionali;

5) la regolamentazione interna dell’ente pubblico, ai fini della disciplina dei compensi spettanti agli avvocati interni, deve essere aderente ai presupposti prescritti dalla norma di legge, mantenendo, all’interno di questi ultimi, un margine di discrezionalità applicativa, da esercitare secondo criteri di congruità e ragionevolezza;

La Sezione, infine, ha dichiarato inammissibile il quesito volto ad appurare se i compensi da corrispondere agli avvocati interni debbano essere considerati, ai sensi dell’art. 1, comma 208, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, al lordo degli oneri riflessi, anche relativamente alla quota di competenza dell’Amministrazione, poiché riguardante disciplina estranea alla materia di contabilità pubblica.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION