Corte dei conti Piemonte, prime verifiche a campione sui Fondi Covid

La Corte dei conti, Sez. Piemonte, con nota n. 9705/2021, ha inteso procedere ad una verifica a campione dei fondi Covid-19 assegnati dallo Stato e dalla Regione Piemonte ai Comune del cuneese nell’esercizio 2020. Gli enti interessati dovranno inviare, entro il termine del 15 giugno 2021, una relazione circa l’entità dei trasferimenti ricevuti, la destinazione e il relativo utilizzo, nonché le certificazioni compilate ai sensi di legge ai Ministeri competenti. La raccolta delle informazioni richiesta è effettuata anche tramite documento in formato excel.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti, abuso del diritto contabile nella determinazione del FCDE

La Sezione regionale di controllo per il Molise, con deliberazione n. 26/2021/PRSP, nel pronunciarsi sul rendiconto 2018 di un Ente Locale (Belmonte del Sannio), si è soffermata sui presupposti di legittimità dell’accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE), dando ampia motivazione giuridica, di interesse generale, sulle criticità accertate.
Nella fattispecie, l’Ente aveva optato per il metodo di calcolo ordinario (applicando la percentuale determinata come complemento a 100 della media delle riscossioni in c/residui nel quinquennio precedente rispetto ai residui al primo gennaio degli stessi esercizi).
Benché i principi contabili demandino al singolo Ente il compito di selezionare le categorie di entrata rilevanti ai fini del calcolo, contemporaneamente richiedono che il Comune, fin dal momento della predisposizione degli accantonamenti ai fini della redazione del bilancio di previsione, dia adeguata motivazione dell’eventuale esclusione, dal computo, di entrate in relazione alle quali, alla stregua dell’analisi della serie storica delle riscossioni e dell’id quod plerumque accidit, risulta un’oggettiva difficoltà di assicurare l’integrale esazione.
Esaminato il rendiconto, che indicava genericamente un importo minimo del Fondo e non chiariva il metodo di calcolo prescelto, la Sezione ha osservato che:
– non è consentito variare la modalità di calcolo fra i singoli capitoli cui afferiscono i residui, ma eventualmente solo fra distinte tipologie di residui;
– risulta difficilmente conciliabile con ragioni di coerenza l’adozione, pur se fra diverse tipologie, di metodi operativi diversi nell’ambito della medesima modalità di “media semplice”;
– è, in ogni caso, imprescindibile che l’Ente prefissi espressamente all’interno dei documenti di bilancio la scelta operata, motivandone puntualmente le ragioni, che devono essere tanto più robuste quanto maggiore appare la deviazione dai canoni logico-giuridici di coerenza, prudenza e congruenza;
– è preclusa la facoltà di sollevare difese posticce ad una scelta che sia stata illo tempore adottata senza adeguata motivazione.
Così agendo, ha eccepito la Corte, si è “abusato del diritto contabile”, assicurando il rispetto formale delle sue norme pur nel perseguire uno scopo sostanziale difforme dalla relativa ratio e, nel caso di specie, si è conseguito, nell’applicare la norma contabile disciplinante il FCDE, un risultato difforme sia dalla sua particolare finalità di tutela prudenziale dell’equilibrio di bilancio dell’Ente locale, sia dal generale canone cristallizzato nell’art .119 Cost. per cui “i Comuni, … hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea”. Vanno, invece, escluse dal calcolo del FCDE le voci di non dubbia esazione.
Inoltre, in forza del “principio di continuità degli esercizi finanziari, per effetto del quale ogni determinazione infedele del risultato di amministrazione si riverbera a cascata sugli esercizi successivi. Ne risulta così coinvolto in modo durevole l’equilibrio del bilancio” (sentenze Corte costituzionale n. 89 del 2017 e nn. 250 e 266 del 2013), per cui il Comune è tenuto anche a rettificare le scritture contabili degli esercizi seguenti di modo che, in conformità ai principi contabili suddetti, sia correttamente accantonato il giusto importo a titolo di FCDE e conseguentemente calcolato il giusto saldo disponibile del risultato di amministrazione, con tutte le relative conseguenze.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Contrazione mutui da parte degli enti in piano di riequilibrio ex art. 243-bis

La Corte dei conti, Sez. Puglia, con deliberazione n. 74/2021, fornisce interessanti indicazioni in materia di contrazione di mutui da parte di enti che abbiano fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ex artt. 243-bis ss. TUEL. La procedura di riequilibrio, come noto, fornisce agli enti locali uno strumento idoneo a programmare e attuare, su un arco temporale molto più ampio rispetto a quello previsto dagli artt. 193 e 194 del TUEL, le misure correttive più idonee a rispristinare gli equilibri strutturali compromessi da una situazione di deficitarietà che non presenta ancora i caratteri del dissesto.
La possibilità per l’ente di ricorrere all’indebitamento è: a) vincolata, sul piano finalistico, alla copertura di debiti fuori bilancio (riferiti a spese di investimento); b) condizionata a stringenti presupposti cumulativamente richiesti (facoltà di deliberare le aliquote o tariffe nella misura massima, aver assunto l’impegno ad alienare i beni non indispensabili per i suoi fini istituzionali e aver provveduto alla rideterminazione della dotazione organica) (art. 243-bis, comma 8, lett. g).
In deroga a quanto sopra riportato, gli enti possono contrarre mutui, oltre i limiti di cui al comma 1 dell’articolo 204, necessari alla copertura di spese di investimento relativi:
a) a progetti e interventi che garantiscano l’ottenimento di risparmi di gestione funzionali al raggiungimento degli obiettivi fissati nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale, per un importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari precedentemente contratti ed emessi, rimborsate nell’esercizio precedente;
b) alla copertura, anche a titolo di anticipazione, di spese di investimento strettamente funzionali all’ordinato svolgimento di progetti e interventi finanziati in prevalenza con risorse provenienti dall’Unione europea o da amministrazioni ed enti nazionali, pubblici o privati (comma 9-bis dell’art. 243-bis).
La locuzione «risparmi di gestione funzionali al raggiungimento degli obiettivi fissati dal piano» contenuta nell’art. 243-bis, comma 9-bis, TUEL è riferibile ai risparmi di spese (anche sopravvenute nel corso dello svolgimento del piano) correnti e in conto capitale che un ente debba affrontare negli esercizi compresi nel piano di riequilibrio. In tal caso gli enti hanno l’onere di dimostrare – sulla base di documentate analisi proiettate lungo la durata della procedura – non solo l’effettività dei risparmi ottenibili ma anche la loro idoneità al conseguimento degli obiettivi del piano.
In altri termini, la scelta di accedere al finanziamento in esame andrà adeguatamente motivata con l’attitudine, puntualmente verificata e rappresentata in atti, dei progetti e degli interventi finanziati a garantire – nel confronto con spese alternativamente praticabili dell’ente – risparmi di gestione che consentano il raggiungimento degli obiettivi fissati dal piano.
La decisione, quindi, di attivare l’indebitamento consentito dalla disposizione in esame integra una scelta gestionale legittimamente percorribile in presenza delle condizioni normativamente previste (risparmi di gestione effettivi e funzionali al conseguimento degli obiettivi del piano), il cui accertamento spetta all’amministrazione locale, tenendo conto che l’incapacità dei progetti finanziati di assicurare risparmi di gestione funzionali al raggiungimento degli obiettivi del piano comporterebbe un aggravamento della situazione debitoria dell’ente, che a sua volta rischierebbe di minare la sostenibilità del piano stesso.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Corte dei conti, niente questionario sul bilancio di previsione 2021-2023

La Corte dei conti, Sezione Autonomie, con deliberazione n. 2/SEZAUT/2021/INPR, nell’approvare le “Linee di indirizzo”, cui devono attenersi, ai sensi dell’art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, gli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali nella predisposizione della relazione sul bilancio di previsione 2021-2023, ha ritenuto di non procedere all’adozione dell’annesso questionario sul bilancio di previsione 2021-2023. Dopo un excursus di inquadramento normativo che ha caratterizzato la gestione economico-finanziaria e patrimoniale degli enti territoriali, per effetto della crisi economica connessa all’emergenza epidemiologica da COVID-19 – pur considerando le difficoltà del periodo emergenziale – ribadisce l’esigenza che si proceda nel percorso di miglioramento della qualità delle informazioni contenute nei bilanci degli Enti che costituiscono una componente primaria del conto della pubblica amministrazione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Memoria della Corte dei conti al DL Sostegni

Come già osservato in occasione delle precedenti manovre finanziarie, in un contesto di emergenza sanitaria quale quello che stiamo attraversando, la politica di bilancio continua a giocare un ruolo indispensabile. In attesa che il procedere della campagna vaccinale consenta un graduale ritorno alla normalità, si rende necessario ancora una volta prevedere interventi a favore dei soggetti economici più interessati dalla crisi e per la tutela del lavoro e delle famiglie più in difficoltà. A questi si aggiungono rilevanti misure per accelerare il processo di immunizzazione della popolazione e rafforzare il tessuto pubblico territoriale, e in particolare, quello dei trasporti pubblici, più esposto agli effetti negativi della crisi.
E’ quanto si legge nella Memoria che le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti hanno inviato alle Commissioni riunite 5^ (Programmazione economica e bilancio) e 6^ (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, nell’ambito delle audizioni previste in sede di conversione in legge del d.l. 22 marzo 2021, n. 41, recante misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizio territoriali connesse all’emergenza da Covid-19 (A.S. 2144).
Quanto agli interventi a fondo perduto agli operatori economici che hanno subito nel 2020 riduzioni rilevanti di fatturato, la Corte giudica “certamente positivo il superamento del sistema della selezione in base al settore di attività; inoltre, il riferimento all’intero arco temporale annuale del 2020 consente di escludere effetti distorsivi legati all’eventuale carattere stagionale dell’attività esercitata. La dimensione dell’intervento è certamente rilevante (11,2 miliardi)”, anche se alla descrizione in relazione tecnica dell’iter seguito nella stima degli oneri non ha fatto seguito un adeguato dettaglio delle ipotesi alla base del relativo costo, elemento, questo, essenziale “in mancanza del riferimento ad un limite di spesa derivante da un fattore legislativo e, al contempo, in presenza di margini specifici di ricorso all’indebitamento autorizzati dal Parlamento”.
Il decreto interviene a favore degli operatori economici con ulteriori slittamenti nei tempi di pagamento di debiti fiscali e l’annullamento di quelli di importo limitato, risalenti al decennio 2000-2010. Questa scelta, per la Corte, seppur giustificabile, “non appare condivisibile” sia perché incide in modo significativo sulla futura azione di riscossione dei crediti pubblici ritardando attività operative fortemente condizionate dal requisito della tempestività, sia perché, si risolve “in un beneficio erogato a un vastissimo numero di soggetti, molti dei quali presumibilmente non colpiti sul piano economico dalla crisi”, generando “disorientamento e amarezza per coloro che tempestivamente adempiono e può rappresentare una spinta ulteriore a sottrarsi al pagamento spontaneo per molti altri”.
Positiva, invece, la valutazione generale sulle misure in materia di lavoro e a sostegno di lavoratori e famiglie con il riconoscimento dell’importanza di rispondere con urgenza ai fabbisogni socio-economici, tutelare le persone colpite dalla crisi, salvaguardare le capacità di spesa delle famiglie e il potenziale produttivo del Paese.
Particolarmente di rilievo, poi, è la decisione assunta in tema di blocco dei licenziamenti, ma se appare condivisibile la scelta di vincolare l’impresa che usufruisce appieno degli ammortizzatori sociali a mantenere in piedi il rapporto di lavoro, le Sezioni riunite ribadiscono l’avviso, che occorre evitare che risulti, nei fatti, ritardata l’emersione di realtà aziendali che necessitano di profondi processi di ristrutturazione e risanamento.
Benchè le misure del Reddito di cittadinanza e del Reddito di emergenza abbiamo consentito di mitigare il disagio socio-economico dovuto anche alla pandemia, per la Corte resta l’esigenza di riconsiderare i punti di debolezza che sono emersi nell’attuazione degli interventi, procedendo soprattutto a separare la componente di strumento di contrasto della povertà da quello di strumento di politica attiva del lavoro. Politica che va rinnovata anche in considerazione delle rilevanti risorse previste su questo fronte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Strategica, è, infine, l’azione per accelerare il Piano vaccinale, ma perplessità destano la variabilità del costo previsto per dose somministrata e la carenza di informazioni, da un lato, sugli importi previsti per l’acquisto dei vaccini, dall’altro, su quelli destinati ad alimentare i fondi per il Commissario straordinario e il Fondo per le emergenze.
Infine, in attesa delle risultanze della certificazione che consentirà di meglio mirare i ristori per gli enti territoriali in ragione dell’impatto dell’emergenza sanitaria e delle spese effettivamente sopportate, opportuno è l’intervento previsto sulle entrate locali così come il rifinanziamento a favore del trasporto pubblico. Appare quanto mai necessario evitare che l’emergenza sanitaria, economica e sociale possa evolvere in situazioni di crisi finanziaria locale con conseguenze pesanti sulla finanza pubblica.

Rilevazione partecipazioni PA, invio alla Corte dei conti tramite l’applicativo Con.Te.

La Corte dei conti comunica che fino al 28 maggio 2021 resterà attivo l’applicativo “Partecipazioni” del Portale Tesoro per l’acquisizione dei provvedimenti di “revisione periodica” delle partecipazioni societarie (art. 20, d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 -TUSP) e del “censimento delle partecipazioni e dei rappresentanti” (art. 17, commi 3 e 4, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114) riferiti alla data del 31/12/2019.
Le Amministrazioni pubbliche, indicate all’art. 2 del d.lgs. n. 175 del 2016, a partire dal 3 marzo 2021, devono comunicare, attraverso l’applicativo Partecipazioni del Portale Tesoro (https://portaletesoro.mef.gov.it/):

  • i dati relativi ai piani di revisione periodica delle partecipazioni societarie detenute al 31/12/2019, adottati entro il 31/12/2020, nonché alla relazione sull’attuazione del precedente piano di razionalizzazione (art. 20, commi 1, 2 e 4, del TUSP);
  • le informazioni sulle partecipazioni e sui rappresentanti in organi di governo di società ed altri organismi al 31/12/2019 (art. 17, commi 3 e 4, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge n. 114/2014).

Sul portale sono disponibili le istruzioni per la compilazione e il manuale operativo, elaborati dal MEF – Dipartimento del Tesoro d’intesa con la Corte dei conti.
La Corte dei conti precisa altresì che le Amministrazioni pubbliche dovranno comunque trasmettere, ai sensi dell’art. 20, comma 3, del TUSP, alla competente Sezione di controllo, i provvedimenti di revisione periodica delle partecipazioni societarie al 31/12/2019, secondo le modalità di seguito descritte:

  • le Amministrazioni accreditate sull’applicativo Con.Te (Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni) devono trasmettere i provvedimenti esclusivamente tramite le funzionalità dello stesso applicativo, già utilizzate per la trasmissione dei documenti istruttori;
  • le Amministrazioni e gli enti non accreditati sull’applicativo Con.Te (Camere di commercio, Università, Unioni di Comuni, Comunità montane, Consorzi, ecc.) devono trasmettere i provvedimenti attraverso posta elettronica certificata all’indirizzo intestato alla Sezione di controllo territorialmente competente, reperibile sul sito istituzionale della Corte dei conti, o altra modalità concordata con la Sezione;
  • gli enti sottoposti al controllo della Sezione controllo Enti, ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, devono trasmettere i provvedimenti attraverso posta elettronica certificata all’indirizzo: controllo.enti@corteconticert.it;
  • le amministrazioni dello Stato e gli enti nazionali sottoposti al controllo delle Sezioni riunite in sede di controllo devono trasmettere i provvedimenti attraverso posta elettronica certificata all’indirizzo: riunite.in.sede.di.controllo@corteconticert.it;
  • gli ordini ed i consigli professionali territoriali possono procedere al solo inserimento dei provvedimenti e dei dati sopra indicati nel Portale Partecipazioni del Tesoro, salvo eventuali successive istanze istruttorie da parte delle Sezioni riunite in sede di controllo.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

La Corte dei conti ribadisce i criteri distintivi delle spese di rappresentanza

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 19/2021/VSG, si è occupata della legittimità delle spese di rappresentanza, riscontrando, nel caso di specie, la non conformità di alcune previsioni contenute nel regolamento dell’ente con le coordinate interpretative rese in materia dalla giurisprudenza contabile.
La Sezione ricorda che le spese di rappresentanza assolvono ad una funzione rappresentativa dell’Ente, e, cioè, quelle che, in stretta correlazione con le finalità istituzionali dell’ente, soddisfano l’obiettiva esigenza dello stesso di manifestare se stesso, e le proprie attività, all’esterno e di mantenere ed accrescere il prestigio dell’ente nel contesto sociale in cui si colloca (carattere dell’inerenza); nonché l’interesse di ambienti e soggetti qualificati, per il migliore perseguimento dei propri fini istituzionali e per i vantaggi che, ad esso o alla comunità amministrata, derivano dall’essere conosciuto e apprezzato nella propria attività di perseguimento del pubblico interesse (carattere dell’ufficialità).
La violazione di tali criteri comporta l’illegittimità della spesa sostenuta dall’ente per finalità che fuoriescono dalla rappresentanza. Sotto il profilo gestionale, l’economicità e l’efficienza dell’azione della pubblica amministrazione impongono il carattere della sobrietà e della congruità della spesa di rappresentanza sia rispetto al singolo evento finanziato, sia rispetto alle dimensioni e ai vincoli di bilancio dell’ente locale che le sostiene.
Pur in mancanza di norme di legge che stabiliscono criteri e condizioni per la legittima effettuazione delle spese di rappresentanza, la giurisprudenza contabile ha enucleato i tratti distintivi delle stesse precisando che:
– esulano dall’attività di rappresentanza quelle spese che non siano strettamente finalizzate a mantenere o accrescere il prestigio dell’ente verso l’esterno nel rispetto della diretta inerenza ai propri fini istituzionali;
– non rivestono finalità rappresentative verso l’esterno le spese destinate a beneficio dei dipendenti o amministratori appartenenti all’Ente che le dispongono.
– non devono porsi in contrasto con i principi di imparzialità e di buon andamento, di cui all’art. 97 della Costituzione.
Inoltre, dalla copiosa casistica giurisprudenziale in materia si ricava che non costituiscono spese di rappresentanza:
– gli atti di mera liberalità;
– le spese di ospitalità effettuate in occasione di visite di soggetti in veste informale o non ufficiale;
– l’acquisto di generi di conforto in occasione di riunioni della Giunta o del Consiglio Comunale;
– omaggi, pranzi o rinfreschi offerti ad Amministratori o dipendenti;
– ospitalità e/o pasti a favore di fornitori dell’ente o di soggetti legati all’ente da rapporti di tipo professionale o commerciale (affidatari di incarichi, consulenze, collaborazioni, ecc.);
– spese connesse con l’attività politica volte a promuovere l’immagine degli amministratori e non l’attività o i servizi offerti alla cittadinanza.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

I debiti da sentenza esecutiva della società in house non possono essere riconosciuti come debiti fuori bilancio dall’ente locale

Non è possibile attivare la procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio, di cui all’art. 194, comma 1, lett. a) del TUEL in presenza di debiti originati da provvedimenti giudiziari adottati direttamente nei confronti di una società in house, rispetto alla quale, si rileva l’estraneità della posizione giuridica dell’ente socio. È la risposta fornita dalla Corte dei conti, Sez. Lazio, con deliberazione n. 14/2021/PAR, ad una richiesta di parere presentata dal Comune di Roma, in merito alla possibilità di riconoscere, ai sensi dell’art. 194 TUEL, la legittimità dei debiti fuori bilancio originati da sentenze sfavorevoli emesse nei confronti di una società in house strumentale quali debiti da sentenza esecutiva (art. 194, comma 1, lett. a) ovvero da acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191 (art. 194, comma 1, lett. e) TUEL. Fatta questa breve premessa sull’art. 194 TUEL e sulla disciplina dei debiti fuori bilancio ivi prevista, la Sezione precisa che la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società di diritto comune implica il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta: in primo luogo, in caso di società di capitali, quelle dell’autonomia patrimoniale e della limitazione di responsabilità. Costituisce principio generale in materia di responsabilità per debiti la circostanza per cui, nelle società per azioni e in quelle a responsabilità limitata, per le obbligazioni risponde unicamente la società con il suo patrimonio. Tale principio non viene meno nel caso in cui un soggetto pubblico partecipi, in tutto o in parte, a una società di capitali, anche assumendone il controllo, in quanto il rapporto tra la società e l’ente è di assoluta autonomia, sicché non è consentito al comune incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, potendo lo stesso influire sul funzionamento della società avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare per il tramite dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società. Il sostegno finanziario, erogato da un ente locale ad un organismo partecipato per far fronte agli oneri da contenzioso di quest’ultimo, appare inquadrabile nella diversa fattispecie dell’accollo di debiti altrui che l’ente pubblico, pur non essendovi obbligato, potrebbe, in astratto, decidere di deliberare, in via contrattuale, nell’ambito delle proprie scelte discrezionali, previa valutazione di sostenibilità finanziaria dell’operazione, razionalità economica e rigorosa motivazione delle specifiche e concrete ragioni di interesse pubblico (non riducibili alla sola tutela delle ragioni creditorie) tali da giustificare la perdita del beneficio della limitazione legale della propria responsabilità patrimoniale.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Il controllo della Corte dei conti sull’attuazione Piano di riequilibrio finanziario pluriennale

Il controllo della Corte dei conti sul Piano di riequilibrio finanziario pluriennale intervien in fase di accesso, in fase di attuazione, in fase di scadenza del termine finale del piano medesimo. Il controllo che effettua la Corte comporta in tutte le ipotesi contemplate, un giudizio di accertamento sulla situazione contabile dell’ente e sulla congruità della procedura di salvaguardia intrapresa e, in caso di esito negativo (qualificato in termini di incongruità, grave e reiterato inadempimento, mancato raggiungimento dell’obiettivo finale nel tempo previsto), determina, sistematicamente, l’avvio della parallela procedura di dissesto guidato, ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011. L’approvazione del PRFP da parte del Comune determina specifici obblighi per l’ente che vi ha fatto ricorso, attraverso la previsione e la quantificazione di determinati obiettivi intermedi. L’odierno controllo si inserisce nella fase “concomitante” all’esecuzione del piano; il PRFP fornisce infatti la misura degli obiettivi intermedi e finali su cui parametrare l’azione di risanamento e il giudizio sull’adempimento del Piano. Come chiarito dalla Sezione delle Autonomie con deliberazione n. 36/2016/QMIG del 20 dicembre 2016, l’obiettivo primario della procedura di riequilibrio finanziario va individuato nell’attuazione di un graduale percorso di risanamento dell’ente, atto a superare gli squilibri strutturali di bilancio che potevano condurre allo stato di dissesto, così come imposto dall’art. 243-bis, comma 1, del Tuel. Conseguentemente, particolare attenzione deve essere rivolta, durante la fase attuativa del piano, alle eventuali fattispecie di concreto aggravamento del quadro complessivo della finanza dell’ente e che possano compromettere l’essenziale finalità di risanamento evidenziando un trend negativo difficilmente reversibile: è proprio al verificarsi di tale stato di aggravamento che il legislatore contempla, nel prevedere tra le ipotesi di fattispecie legali tipiche di dissesto definite dall’art. 243-quater, comma 7, del T.U.E.L, il “grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano”. L’esame dello stato di attuazione dei piani di riequilibrio non può, quindi, limitarsi ad una mera verifica contabile del conseguimento di ciascun obiettivo finanziario programmato dall’ente locale, ma deve prendere in esame la situazione complessiva valutando anche ogni eventuale elemento sopravvenuto. Il conseguimento degli obiettivi intermedi in termini di recupero del disavanzo non esonera pertanto la Sezione da un esame sulla capacità dell’ente di aver conseguito risparmi strutturali che garantiscano in chiave prospettica il mantenimento del ritmo di rientro del disavanzo. D’altra parte, il rispetto degli obiettivi parziali del PRFP non è necessariamente di per sé garanzia di recupero del disavanzo nel lungo periodo, potendo, in caso di gestione corrente deficitaria, accumularsi nuovo disavanzo per l’emergere di ulteriori fattori di criticità, pur in presenza di piena attuazione delle misure volte al recupero del disavanzo oggetto dell’originario piano di rientro nel PRFP. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 19/2021/PRSP, nella verifica ai sensi dell’art. 243 quater del D.lgs. 267/2000 del rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal Piano di riequilibrio finanziario pluriennale del Comune.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Audizione della Corte dei conti sul Piano Nazionale di ripresa e resilienza

In data 8 febbraio 2021 si è svolta l’audizione informale dei rappresentanti della Corte dei conti, presso le commissioni riunite Bilancio, tesoro e programmazione di Camera dei deputati e Senato della Repubblica e commissione Politiche dell’Unione europea del Senato, nell’ambito dell’esame della proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza. Nella relazione la Corte si sofferma anche sul ruolo degli enti locali nell’attuazione del Piano, che potrebbero essere responsabili dell’utilizzo di un ammontare complessivo di risorse per circa 48 miliardi, di cui poco meno di 19 già scontati nei tendenziali, 29 miliardi di nuovi finanziamenti dal dispositivo europeo RRF e circa 1,6 dal React-EU. Risorse che rappresentano circa il 22 per cento dei finanziamenti totali, il 28,8 per cento degli stanziamenti già in essere e quasi il 20 per cento rispetto alle nuove risorse. Le aree di azione che vedranno come soggetti attuatori prevalentemente gli enti locali si possono ricondurre per sintesi alla tutela e valorizzazione del patrimonio e del territorio, alle infrastrutture sociali e al rafforzamento dei servizi essenziali per le collettività. Sono ambiti interconnessi e reciprocamente funzionali che esprimono, oltre alla sfera di competenza costituzionalmente attribuita alle autonomie locali, anche la vocazione di prossimità di tali enti. I progetti hanno prevalentemente natura di investimento, ma, in particolare per le azioni di rafforzamento dei servizi socioassistenziali, alle spese di infrastrutturazione si associano incrementi di spesa corrente. In diversi casi le azioni rappresentano una prosecuzione o un restyling di linee progettuali precedenti ed ora che le maggiori risorse del Recovery plan costituiscono l’occasione per assicurare un finanziamento pubblico consistente, la programmazione avanzata di progetti non ancora tradotti in appalti, a causa delle risorse finanziarie limitate, può rappresentare un vantaggio. La Corte evidenzia come in diversi casi, tuttavia, gli interventi in via di pianificazione appaiono contrassegnati da una storia di ritardi e sospensioni non strettamente riconducibili alla scarsità delle risorse a disposizione e che pertanto se non adeguatamente e dettagliatamente riprogrammati attraverso una chiara identificazione delle responsabilità attuative, della tempistica e delle modalità di attuazione con target intermedi e finali credibili, potrebbero essere soggetti ad una valutazione negativa in base ai criteri di ammissibilità individuati dal regolamento per la Recovery and Resilience Facility. Per contro, i progetti di investimento a trazione locale possono costituire un punto di forza della pianificazione per diversi motivi: sono idonei a produrre effetti rapidi – trattandosi di interventi di dimensioni contenute e quindi più agevoli e veloci da realizzare – e positivi per numerosi beneficiari (criterio incluso tra le condizionalità per la selezione degli interventi). In secondo luogo, consentono di incrementare la dotazione di capitale e rafforzare i servizi in aree considerate marginali dal mercato. Gli enti locali, inoltre, negli anni più recenti, si sono dimostrati reattivi rispetto alle misure di incentivazione degli investimenti, intensificando progressivamente la numerosità degli interventi di loro competenza. A fronte di questi aspetti, ve ne sono da considerare altri che invece possono costituire fattori di debolezza, quali: la dimensione dei quadri economici decisamente contenuta che ne può ridurre l’impatto macroeconomico; ritardi accumulati nella realizzazione degli interventi e alle opere incompiute.
Per la Corte, tali fattori di rischio richiedono la necessaria attivazione di idonee politiche di supporto, tese in particolare a:
– sostenere le capacità progettuali degli enti locali al fine di compensare con la numerosità e la diffusione capillare delle iniziative le ridotte dimensioni economiche delle stesse;
– migliorare ed accelerare la fase di coordinamento centrale degli investimenti;
– migliorare e dare continuità alle attività di manutenzione e monitoraggio degli interventi per evitare la dispersione delle risorse, introducendo eventualmente anche meccanismi sanzionatori/premianti che costituiscono uno strumento di coordinamento della finanza pubblica – già sperimentato in passato, ad esempio, per il Patto di stabilità interno – idoneo a rafforzare il livello di responsabilità dei soggetti attuatori.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION