I debiti fuori bilancio da riconoscere alla fine dell’esercizio vanno accantonati nel risultato di amministrazione

Riguardo alla presenza di debiti fuori bilancio da riconoscere alla fine dell’esercizio, appare utile ricordare gli indirizzi espressi della magistratura contabile (cfr. specialmente Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, sentenza n. 32/2020/EL e Sezioni riunite per la Regione siciliana, deliberazione n. 6/2021/PARI, vol. I, parte 3.6.) i quali ritengono necessario che, ai fini della verifica e del mantenimento degli equilibri, le maggiori passività siano considerate contabilmente “certe” in presenza di un ragionevole riscontro documentale del carattere “temuto” della loro esistenza (Sezioni Riunite, in sede giurisdizionale in speciale composizione, sentenza n. 32 del 2020), considerato il contenuto prescrittivo del principio generale (o postulato) n. 9 della prudenza (d.lgs. n. 118 del 2011, allegato n. 1), per il quale «[n]ei documenti contabili di rendicontazione il principio della prudenza comporta che le componenti positive non realizzate non devono essere contabilizzate, mentre tutte le componenti negative devono essere contabilizzate e quindi rendicontate, anche se non sono definitivamente realizzate».

Dunque, sulla base dello stesso precetto – ma anche nel rispetto del principio generale (o postulato) n. 5 della veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità (d.lgs. n. 118 del 2011, allegato n. 1) – i debiti fuori bilancio già censiti, nelle more del formale riconoscimento e dell’individuazione delle necessarie coperture, devono essere inglobati nel risultato di amministrazione, utilizzando in via analogica e surrogatoria il fondo rischi (Corte dei conti, SRC Campania, deliberazioni nn. 238, 240, 249/2017/PRSP, n. 46/2019/PRSP, n. 62/2019/PAR, n. 67/2019/PAR).

È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. siciliana, con deliberazione n. 220/2025/PRSP.

 

La redazione PERK SOLUTION

Fondo Povertà: Linee guida Quota Servizi e Quota Povertà Estrema 2024-2026

Sono state pubblicate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali le Linee Guida relative all’utilizzo delle risorse della Quota Servizi e della Quota Povertà Estrema del triennio 2024-2026, con i relativi allegati.

Le Linee Guida si rivolgono agli operatori degli Ambiti Territoriali Sociali destinatari del trasferimento della Quota Servizi Fondo Povertà (QSFP) e/o della Quota Povertà Estrema (QPE), agli Enti gestori delle risorse e a tutti i soggetti attuatori delle misure necessarie al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Piano Nazionale per gli interventi e servizi sociali di contrasto alla povertà 2024-2026.

Sono inoltre disponibili i documenti utili alla rendicontazione delle risorse e il modello di Piano di attuazione locale (PAL) utile alla programmazione delle risorse della quota servizi da implementare in Piattaforma Multifondo a partire dalla seconda metà di ottobre. Istruzioni utili in merito saranno fornite alle Regioni e agli Ambiti territoriali sociali beneficiari delle risorse.

 

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Misura dell’indennità da corrispondere al vicesindaco, durante il periodo di supplenza del sindaco sospeso dal prefetto

Con la deliberazione n. 294/2025/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Lombardia ha fornito risposta ad una richiesta di parere  volta ad appurare se il Vicesindaco di un Comune, chiamato ad esercitare le funzioni vicarie con piena responsabilità della gestione amministrativa dell’Ente, a seguito della sospensione del Sindaco da parte della Prefettura, possa beneficiare dell’indennità nella misura stabilita per il Sindaco.

Secondo la Sezione, al Vicesindaco, nel periodo di esercizio delle funzioni vicarie a seguito della sospensione di diritto del Sindaco disposta dal Prefetto in seguito all’applicazione di una delle misure coercitive indicate dall’art. 11 del d.lgs. n. 235/2012, va corrisposta l’indennità nella misura percentuale stabilita dall’art. 4 del D.M. 4 aprile 2000 e s.m.i. e non quella prevista per il titolare della carica. In altri termini, anche quando il Vicesindaco assume la pienezza dei poteri del Sindaco, la sua indennità resta parametrata al 50% di quella del primo cittadino, come fissato dalla normativa secondaria.

La normativa non prevede alcuna deroga in caso di esercizio effettivo delle funzioni vicarie, anche se protratte per lungo tempo. L’indennità del Vicesindaco rimane quindi quella percentuale, indipendentemente dalla pienezza dei poteri esercitati. Il Collegio non ignora che altre Sezioni hanno espresso considerazioni di segno opposto (cfr. SRC Liguria n. 4/2021/PAR e SRC Campania n. 77/2025/PAR e n. 78/2025/PAR) e tuttavia non può discostarsi dall’indicazione univoca che si ricava dalla lettura delle norme che non fanno alcuna distinzione sotto il profilo della durata, ma neppure della gravosità dell’impegno, tra “assenza” e “impedimento temporaneo” e la “sospensione dall’esercizio della funzione” del sindaco.

Ritiene, quindi, il Collegio che, alla luce della natura dell’emolumento oggetto di disamina, del tutto slegata dall’effettivo e concreto esercizio delle relative funzioni vicarie, anche al ricorrere della specifica ipotesi impeditiva in rilievo (sospensione dalla carica del titolare ex art. 11 d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235) non possa riconoscersi in favore del sostituto l’indennità prevista per il titolare della carica sospeso, ma unicamente quella prevista e determinata nella misura del 50 per cento del Sindaco dalle disposizioni regolamentari sopra riportate.

 

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ARAN: Pubblicato il Rapporto sul Monitoraggio della Contrattazione Integrativa nel Settore Pubblico

L’Aran ha pubblicato il suo dodicesimo Rapporto sul monitoraggio della contrattazione integrativa nel lavoro pubblico, relativo agli anni 2023 e 2024. Il Rapporto, redatto ai sensi del D.lgs. n. 165/2001, analizza l’attività negoziale nelle sedi di contrattazione integrativa ed offre una panoramica dettagliata e un’analisi comparativa dei dati. Il Rapporto si divide in due parti: nella prima parte, viene svolta un’analisi generale sulle risultanze dell’anno 2024; nella seconda parte, si approfondiscono, con un’analisi di maggior dettaglio, i contenuti dei contratti pervenuti nel 2023.

Prime risultanze dell’anno 2024

Aumento dei contratti integrativi: l’attività contrattuale delle amministrazioni nel 2024 ha registrato un aumento del 7% rispetto all’anno precedente. I comparti che hanno contribuito maggiormente a questa crescita sono Funzioni Locali e Istruzione e Ricerca, entrambi con un incremento del 10%.

Aumento delle sedi di contrattazione che hanno inviato almeno un contratto: nel 2024, il 72% delle sedi di contrattazione ha trasmesso almeno un atto negoziale, il dato più alto mai registrato finora. Questo dato mostra, oltre all’aumento dell’attività negoziale, anche un maggior tasso di adesione e di conformità all’obbligo di trasmissione dei contratti integrativi alla banca dati di Aran e Cnel.

Focus geografico: La Lombardia si conferma la regione con il maggior numero di contratti integrativi inviati (2.940), mentre il Veneto si distingue per il più alto tasso di sedi di contrattazione attive (73%).

Contenuto dei contratti: in base a quanto dichiarato dalle amministrazioni nella trasmissione, i contratti integrativi del 2024 sono soprattutto di tipo economico (51%), ma vi è comunque una quota significativa di contratti normativi (44%). Questo dato evidenzia una tendenza a regolare le materie del secondo livello in modo più organico, frutto anche di una maggiore attenzione alle norme del contratto nazionale che spingono in questa direzione.

Adesione della RSU: il 92% dei contratti ha visto anche l’adesione delle RSU, indicatore di buona qualità delle trattative.

Atti unilaterali: lo strumento dell’atto unilaterale è stato utilizzato solo nello 0,7% dei casi, a conferma dell’efficacia della negoziazione tra le parti.

Composizione della delegazione di parte pubblica: nell’85% dei contratti trasmessi la delegazione datoriale è formata esclusivamente da dirigenti o funzionari; nel restante 15% vi sono anche componenti di organi politici; molto rilevante la presenza della componente politica nelle Università (in quanto presente il Rettore o un Consigliere nell’81% dei contratti sottoscritti) e negli egli Enti di ricerca (18 su 34, pari al 53%).

 

Analisi di dettaglio dei contenuti dei contratti del 2023

Funzioni Centrali: l’83% delle trattative è stato finalizzato alla distribuzione delle risorse decentrate. Sono state rilevati, in pochi casi, alcune materie non contrattabili (ad esempio, procedure per le progressioni verticali in deroga, mobilità tra sedi).

Funzioni Locali: è prevalente la quota dei contratti di tipo economico (63%), ma riveste una certa importanza anche quella dei contratti di tipo normativo (33%). Vi sono alcuni contratti che trattano materie non contrattabili in base alle norme nazionale: ad esempio, i contenuti generali dei piani di formazione, l’istituzione della mensa ed i buoni pasto, i criteri di conferimento degli incarichi di elevata qualificazione.

Istruzione e Ricerca: è stata rilevante la percentuale di contratti a carattere normativo (60%), soprattutto nel settore della Scuola. È stato osservato, in quest’ultimo settore, un certo numero di materie non contrattabili, soprattutto in ambiti quali, l’assegnazione del personale alle diverse sedi dell’Istituzione scolastica, i criteri per la fruizione di alcuni permessi, l’articolazione dell’orario di lavoro.

Sanità: I contratti di tipo economico e quelli su materie specifiche sono la parte preponderante de contratti pervenuti (46% e 38% rispettivamente). Tra le materie rilevate non contrattabili, si segnalano i criteri per la valutazione del personale, i contenuti generali dei piani per la formazione.

 

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