Superamento trattamento accessorio personale: i chiarimenti della Ragioneria generale dello Stato

Il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, ha pubblicato una nota operativa con le indicazioni sull’applicazione dell’articolo 14, comma 1-bis, del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69 del 9 maggio 2025 “Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionamento delle pubbliche amministrazioni”) sul trattamento accessorio del personale non dirigenziale di regioni, città metropolitane, province e comuni.

La norma prevede che, a decorrere dall’anno 2025 – al fine di armonizzare il trattamento accessorio del personale dipendente – le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni, nel rispetto dell’equilibrio pluriennale di bilancio asseverato dall’organo di revisione, possano incrementare, in deroga al limite di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017, il Fondo risorse decentrate destinato al personale in servizio, fino al conseguimento di un’incidenza non superiore al 48 per cento delle somme destinate alla componente stabile del predetto Fondo, maggiorate degli importi relativi alla remunerazione degli incarichi di
posizione organizzativa, sulla spesa complessivamente sostenuta nell’anno 2023 per gli stipendi tabellari delle aree professionali.

La facoltà potrà essere esercitata nel presupposto che:

  • sia rispettata la citata disciplina introdotta dall’articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, basata sulla sostenibilità finanziaria definita dai valori soglia indicati dai relativi decreti attuativi del 3 settembre 2019 per le regioni a statuto ordinario, del 17marzo 2020 per i comuni e dell’11 gennaio 2022 per le province e le città metropolitane;
  • sia assicurato l’equilibrio pluriennale di bilancio come da asseverazione dall’organo di revisione.

Ai fini della quantificazione del valore massimo delle risorse incrementali del fondo, la nota chiarisce che occorra prendere a riferimento per ciascuna delle quattro categorie e delle aree professionali il valore complessivo degli stipendi tabellari lordo dipendente corrisposti dagli enti al personale effettivamente in servizio, comprensivi della tredicesima mensilità, in applicazione dei diversi ordinamenti professionali e delle strutture della retribuzione previsti, rispettivamente, per il periodo gennaio-marzo 2023 e per il periodo aprile-dicembre 2023, dal CCNL del triennio 2019-2021. Nel valore complessivo degli stipendi tabellari va considerata anche la relativa spesa per i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo determinato. Non va computata, invece, la spesa sostenuta per l’Indennità di Vacanza Contrattuale (IVC) di cui all’articolo 47-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 corrisposta ai sensi dell’articolo 1, comma 609, della legge n. 234 del 2021, in quanto rappresenta una anticipazione sui miglioramenti contrattuali del CCNL.

Il valore massimo che la componente stabile del Fondo, maggiorata della quota destinata alla remunerazione degli incarichi di Elevata Qualificazione, può assumere è determinato moltiplicando per 0,48 la spesa sostenuta per gli stipendi tabellari nell’anno 2023. Al fine di determinare il valore massimo delle risorse incrementali da destinare al Fondo, vanno sottratti i seguenti importi:

  • valore della componente stabile del Fondo dell’anno 2025, ridotto delle decurtazioni operate al fine di assicurare il rispetto del limite finanziario di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017. Tra le predette decurtazioni non sono comprese quelle temporanee finalizzate alla attuazione dei piani di recupero delle somme indebitamente corrisposte a seguito del superamento dei vincoli finanziari di cui all’articolo 40, comma 3-quinquies del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell’articolo 4 del decreto-legge n. 16 del 2014;
  • importo per la remunerazione degli incarichi di Elevata Qualificazione relativo all’anno 2025.

Le risorse incrementali di cui al citato articolo 14, comma 1-bis da destinare al Fondo sono, in coerenza con quelle che già alimentano il fondo, al netto degli oneri riflessi a carico degli enti.

Si precisa che l’ente potrà destinare all’incremento della componente stabile del Fondo dell’anno 2025 l’intero valore così determinato oppure frazionarlo in più annualità, destinando ad incremento della predetta componente importi annui inferiori al valore incrementale massimo consentito. Le risorse incrementali, in quanto alimentanti la componente stabile del Fondo, danno luogo a un onere permanente a carico del bilancio dell’ente e, pertanto, la nota richiama, al riguardo, la necessità che i relativi effetti vengano valutati sotto il profilo della sostenibilità finanziaria su un arco temporale adeguatamente lungo e correlato, quindi, al vincolo del rispetto dell’equilibrio di bilancio su base pluriennale.

Le maggiori risorse destinate al trattamento accessorio in attuazione di quanto previsto dell’articolo 14, comma 1-bis, del decreto-legge n. 25 del 2025, vanno considerate ai fini dell’aggregato “spese di personale” di cui all’articolo 1, commi 557 e segg. della legge n. 296 del 2006.

Si chiarisce che le risorse aggiuntive, incrementando la componente stabile del Fondo, assumono natura strutturale e in quanto tali possono essere destinate a tutti gli istituti permanenti quali, ad esempio, il finanziamento dell’attribuzione dei differenziali stipendiali di cui all’articolo 14 del CCNL (Progressioni economiche all’interno delle aree) come previsto dal comma 2, lettera j), del citato articolo, e il finanziamento del welfare integrativo come previsto dall’articolo 82, comma 2, del citato CCNL. Inoltre, le risorse aggiuntive possono essere destinate anche all’incremento del trattamento accessorio del personale destinatario degli incarichi di Elevata Qualificazione previsto dall’articolo 17 del CCNL Comparto funzioni locali del triennio 2019-2021, costituito dalla retribuzione di posizione e dalla retribuzione di risultato, il cui finanziamento è posto a carico del bilancio degli enti e non del Fondo risorse decentrate, ai sensi dell’articolo 67, comma 7, del CCNL Comparto funzioni locali – triennio 2016-2018.

L’articolo 14, comma 1-bis, del decreto-legge n. 25 del 2025, sebbene non comprenda direttamente tra gli enti destinatari anche le Unioni di comuni, può essere applicato alle stesse in via indiretta, laddove i comuni possano cedere alle Unioni dei comuni a cui aderiscono una quota dell’incremento delle risorse affluite alla componente stabile dei propri Fondi, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 14, comma 1-bis, del decreto legge n. 25 del 2025, con la contestuale riduzione di pari importo di tale componente – certificata dall’organo di revisione – al fine di assicurare l’invarianza finanziaria complessiva, nel rispetto dei principi di armonizzazione dei trattamenti economici accessori indicati dall’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 75 del 2017. Le risorse cedute alle Unioni di comuni sono computate, da parte dei rispettivi comuni cedenti, ai fini del rispetto dell’incidenza percentuale del 48 per cento e dei valori soglia di cui all’articolo 33, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2019. Pertanto, la cessione di tali risorse determina una corrispondente riduzione delle capacità assunzionali dei comuni cedenti.

 

 

La redazione PERK SOLUTION

Corte dei Conti: Principio gratuità incarico a soggetti pensionati

Il principio di gratuità degli incarichi previsto dall’articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012 deve essere inteso nel senso che lo stesso deve trovare applicazione nel solo caso di attribuzione dell’incarico a soggetto pensionato, e non anche nel caso in cui tale status intervenga in corso di contratto. È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 14/2025, in riscontro ad una richiesta di parere da parte del Presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, che ha chiesto di sapere se l’incarico di direttore legittimamente conferito ad un dipendente in aspettativa non retribuita che ha sottoscritto un contratto di diritto privato e che successivamente, in vigenza del citato contratto abbia maturato gli anni per poter beneficiare del trattamento pensionistico rientri nel divieto dell’art. 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito nella legge n. 135 del 2012.

Ai fini della risoluzione del quesito posto dal Presidente di Regione Lombardia, la Sezione prende a riferimento i principi di diritto affermati dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 127/2025, laddove è stato evidenziato che “il dato letterale del sopra riportato comma 9 è chiaro. Il divieto previsto è di “attribuire”. Situazione diversa è quella di precludere il “mantenimento” di un incarico legittimamente attribuito che configura una cessazione ope legis dell’incarico per effetto di una interpretazione estensiva. Come osservato dalla giurisprudenza amministrativa ancor prima della proliferazione legislativa delle richiamate deroghe, la norma in questione limita un diritto costituzionalmente garantito “quale quello di esplicare attività lavorative sotto qualunque forma giuridica” (cfr. C.d.S, Sez. I, parere 15 gennaio 2020, n. 309); tanto preclude della stessa una interpretazione estensiva che potrebbe determinare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionaleAnche questa Corte (Cass. 7 febbraio 2023, n. 3643, punto 5.3 della motivazione) ha rilevato, ancorché con riguardo alla possibilità di estendere la disposizione agli incarichi in favore dei medici convenzionati, che, a fronte del chiaro tenore letterale della norma, non risulta percorribile un’interpretazione estensiva (né, tanto meno, analogica), trattandosi di una disposizione limitativa di una libertà e dovendosi piuttosto adottare un’interpretazione restrittiva. Alla luce dell’indicato principio, il testo, che espressamente preclude la possibilità di conferire un incarico a chi è stato collocato in quiescenza, non può essere interpretato nel senso che tale incarico cessa ope legis per effetto della sopravvenuta quiescenza”.

Tuttavia, la Corte segnala, per completezza, che conferimenti attribuiti in prossimità del diritto a conseguimento della pensione, con possibilità del mantenimento sia della retribuzione che del trattamento pensionistico, potrebbero risultare elusivi del principio della gratuità degli incarichi medesimi – v. a tal fine, Consiglio di Stato, Sez. I, parere n. 309/2020.

Infine, la Sezione ha evidenziato che il principio di gratuità dell’incarico ai soggetti pensionati, fatto salvo il caso di mantenimento del contratto e di tutte le altre ipotesi che consentono il cumulo dei trattamenti, non viene meno, né si pone in contraddizione con l’articolo 8 del Codice dei contratti pubblici che consente la conclusione di contratti anche gratuiti e detta principi in altro campo materiale, né con l’articolo 1, comma 489, della legge n. 147/2013, in quanto il cumulo tra trattamento pensionistico e trattamento economico derivante da incarichi pubblici (con la fissazione di un limite) non avrebbe avuto senso se l’art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012 avesse inteso prevedere, egualmente in via generale, anche il divieto di mantenimento dell’incarico in favore del dipendente collocato in quiescenza dopo l’affidamento dello stesso e nelle altre ipotesi derogatorie previste dalla legge”.

 

La redazione PERK SOLUTION