Requisiti per nomina Organo di revisione economico – finanziaria

Lo svolgimento dell’incarico di revisione economico-finanziaria è subordinato al mantenimento dell’iscrizione al Registro dei revisori legali e/o all’Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Il Ministero dell’interno, con parere del 30 aprile 2025, ha così risposto alla nota di un Prefettura che rappresenta i dubbi di un Comune in merito ai requisiti dichiarati da un revisore ai sensi dell’articolo 236 del TUEL. Da quanto indicato da codesta Prefettura, in particolare, risulta che il revisore, primo estratto, presenta nel certificato del casellario giudiziale un provvedimento di condanna con sospensione condizionale della pena e successiva ordinanza di dichiarazione di estinzione del reato.

L’articolo 236, comma 1, del TUEL stabilisce che: “valgono per i revisori le ipotesi di incompatibilità di cui al primo comma dell’articolo 2399 del codice civile, intendendosi per amministratori i componenti dell’organo esecutivo dell’ente locale”. L’articolo 2399 rinvia, tra l’altro, all’articolo 2382 che prevede che sono cause impeditive alla nomina (e se nominati, causa di decadenza) le seguenti situazioni: interdetto; inabilitato; fallito; chi è stato condannato ad una pena che comporta l’interdizione anche temporanea dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi. L’ipotesi d’incompatibilità e d’ineleggibilità alla carica di revisore degli enti locali, elencate all’articolo 236 del Tuel, sono tipiche e nominate e quindi non possono essere derogate, né estese per analogia ad altri casi non espressamente individuati nella legge. L’iscrizione all’Elenco dei revisori degli enti locali è finalizzata esclusivamente alla sorteggiabilità per la nomina negli enti locali ed è, comunque, subordinata al possesso, tra l’altro, del requisito di iscrizione al Registro dei revisori legali e/o all’Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili.

Lo svolgimento dell’incarico di revisione economico-finanziaria è subordinata al mantenimento di tali iscrizioni. Il decreto legislativo 28 giugno 2005, n.139, che disciplina l’Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili, all’articolo 50, comma 10, prevede che il professionista che sia sottoposto a giudizio penale è sottoposto anche a procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto dell’imputazione, tranne ove sia intervenuta sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso.

Per i revisori legali il decreto legislativo 27 gennaio 2010, n.39, all’articolo 24 bis prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze possa disporre, in relazione alla gravità del fatto, una sospensione cautelare del revisore per un periodo non superiore a cinque anni, detta sospensione cautelare dal Registro è comunque disposta nei casi di applicazione da parte dell’Autorità giudiziaria di misure cautelari personali o di convalida dell’arresto o del fermo, ovvero di condanne, anche non definitive, che comportino l’applicazione di una misura di sicurezza detentiva o della libertà vigilata. Tutto ciò premesso, il Ministero rinvia alla verifica della regolare iscrizione presso i predetti Albi al fine di escludere cause ostative alla nomina.

 

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Composizione delle commissioni consiliari secondo il criterio proporzionale

In base all’indirizzo giurisprudenziale prevalente in materia di commissioni consiliari, il criterio proporzionale può dirsi rispettato solo ove sia assicurata, in ogni commissione, la presenza di ciascun gruppo, anche se formato da un solo consigliere. È questa, in sintesi, la risposta del Ministero dell’interno in risposta ad una nota di una Prefettura, riguardante la richiesta da parte di un  consigliere comunale, componente di un gruppo monopersonale, di poter essere presente in tutte le commissioni.

In base a quanto disposto dall’articolo 38, comma 6, del Tuel, le commissioni consiliari, una volta istituite sulla base di una facoltativa previsione statutaria, sono disciplinate dall’apposito regolamento comunale con l’inderogabile limite, posto dal legislatore, riguardante il rispetto del criterio proporzionale nella composizione. Le forze politiche presenti in consiglio devono, pertanto, essere il più possibile rappresentate anche nelle commissioni in modo che in ciascuna di esse sia riprodotto il loro peso numerico e di voto. Quanto al rispetto del criterio proporzionale previsto dal citato articolo 38, il legislatore non precisa come lo stesso debba essere declinato in concreto, pertanto spetta al consiglio comunale prevedere nel regolamento i meccanismi idonei a garantirne il rispetto.

Il Ministero osserva che, in base all’indirizzo giurisprudenziale prevalente in materia, il criterio proporzionale può dirsi rispettato solo ove sia assicurata, in ogni commissione, la presenza di ciascun gruppo, anche se formato da un solo consigliere. Il predetto assunto è stato ribadito dal Consiglio di Stato che, con parere n.04323/2009 del 14 aprile 2010 emesso su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha precisato come il criterio di proporzionalità di rappresentanza della minoranza non può prescindere dalla presenza in ciascuna commissione permanente di almeno un rappresentante di ciascun gruppo consiliare. Anche il TAR Sicilia, con sentenza n.1450 del 30.05.2022, nel richiamare l’orientamento giurisprudenziale consolidato, ha ribadito che il criterio di proporzionalità può considerarsi rispettato solamente se vi è la presenza in ogni commissione consiliare di almeno un rappresentante di ciascun gruppo consiliare. In proposito, si richiama il parere n.771 del 7 marzo 2018 in cui il Consiglio di Stato ha avuto modo di osservare come il rispetto del criterio proporzionale potrebbe essere garantito prevedendo l’istituto del voto plurimo in luogo del voto capitario.

Con tale parere è stata ritenuta illegittima una previsione regolamentare che non consentiva “[…] la partecipazione alle commissioni di almeno un rappresentante per ciascuno dei tre gruppi […]” in quanto violativa della “[…] proporzionalità […] la quale – ove ritenuto e come pure rilevato in ricorso – poteva anche essere garantita prevedendo l’utilizzazione del voto plurimo in luogo del voto capitario […]” (cfr. Cons. Stato-sez.I, 26 marzo 2018, n.771). Con specifico riferimento all’istituto del voto plurimo, il Consiglio di Stato, sez. quinta, con sentenza n.4919 del 25 ottobre 2017, ha osservato che “Nel caso del voto plurimo nelle commissioni consiliari permanente il mandato elettivo del consigliere comunale non è in alcun modo vulnerato. Costui mantiene infatti il voto unico e paritario all’interno dell’organo deliberante a diretta legittimazione democratica, e cioè il consiglio comunale. A fronte di ciò, e per esigenze di funzionalità delle articolazioni interne referenti, costituite appunto dalle commissioni del consiglio, l’inderogabile principio di proporzionalità più volte richiamato può essere attuato non già solo con riguardo alla composizione dell’organo, ma alle modalità di voto. In particolare, […] la commissione può essere composta in modo tale da assicurare la presenza in essa di tutte le forze politiche presenti in consiglio, ma con la contestuale previsione di un sistema di voto in grado di rifletterne il diverso peso rappresentativo, e dunque di rispettare sotto questo diverso profilo il principio di proporzionalità di cui all’art.38, comma 6, t.u.e.l.”.

 

La redazione PERK SOLUTION