Dal Viminale 1,5 mln ai comuni della Terra dei fuochi per il contrasto all’abbandono e ai roghi di rifiuti

Il Ministero dell’Interno anche per il 2025 ha destinato 1,5 milioni di euro ai comuni che ricadono nella “Terra dei fuochi”, un’area ricompresa tra le province di Napoli e Caserta. L’obiettivo, come per l’analoga iniziativa messa in campo lo scorso anno, è quello di supportare gli enti locali per rafforzare le azioni di contrasto allo sversamento illecito e ai roghi di rifiuti.

Le risorse potranno essere utilizzate per:

  • l’assunzione a tempo determinato di operatori della Polizia locale
  • il pagamento di prestazioni di lavoro straordinario effettuato dallo stesso personale
  • l’acquisto di foto-trappole o strumenti di videosorveglianza mobili

Potranno richiedere i contributi i comuni che al 31 dicembre 2024 presentavano una percentuale di scopertura di personale della Polizia locale pari o superiore al 25% della dotazione organica, per un importo massimo di 30mila euro per gli enti con popolazione superiore ai 15mila abitanti e di 20mila euro per quelli con popolazione inferiore a questa soglia.

I comuni interessati dovranno inoltrare domanda entro il 31 marzo alla prefettura competente, allegando una scheda progettuale relativa alle iniziative che intendono assumere nel periodo tra il 15 giugno e il 15 ottobre 2025, con le relative voci di spesa.

Le risorse saranno assegnate con priorità ai progetti presentati dalle amministrazioni sui cui territori si sia verificato nel quadriennio 2021-2024 un maggior numero di incendi di rifiuti, come rilevato dalla dashboard del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Nel caso in cui il numero di episodi coincida, sarà data la preferenza ai comuni con più abitanti.

Tutte le informazioni sono contenute nella circolare del 12 febbraio 2025  a firma del capo di Gabinetto del ministro, consultabile online in Amministrazione trasparente, corredata dai modelli da utilizzare rispettivamente per:

  • il protocollo d’intesa (allegato 1) che i comuni assegnatari dovranno stipulare con la prefettura territorialmente competente
  • la relazione sull’utilizzo dei fondi (allegato 2) che gli stessi comuni dovranno produrre.

(Fonte Min. Int.)

 

La redazione PERK SOLUTION

Rimborso IVA servizi non commerciali anno 2025 (quadriennio 2021/2024)

Con la Circolare n. 6/2025, la Direzione centrale della Finanza Locale riguardante il “Rimborso IVA servizi non commerciali anno 2025 (quadriennio 2021/2024)“.

L’ articolo 6, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, prevede, ai fini del contenimento delle tariffe, l’istituzione presso il Ministero dell’interno di un fondo alimentato con le risorse finanziarie costituite dalle entrate erariali derivanti dall’assoggettamento ad I.V.A. di prestazioni di servizi non commerciali affidate dagli enti locali territoriali a soggetti esterni all’Amministrazione.

Con D.P.R. 8 gennaio 2001, n. 33, è stato stabilito che gli enti locali debbono presentare il certificato inerente il rimborso dell’I.V.A. sui servizi non commerciali entro il termine perentorio del 31 marzo di ciascun anno.
Successivamente, l’articolo 2, comma 9, della legge 27 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) ha chiarito che gli importi per i quali si deve richiedere il rimborso devono essere esclusivamente quelli per i quali è prevista una tariffa a carico degli utenti.

Con decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, è sopraggiunta la fiscalizzazione del contributo per il rimborso dell’I.V.A. per i comuni delle regioni a statuto ordinario. Successivamente, con decreto legislativo 6 maggio 2012, n. 68, la fiscalizzazione del medesimo contributo è stata ampliata anche alle province delle regioni a statuto ordinario.

Gli enti che possono presentare sono le Province della regione Sardegna, le Comunità montane, le Unioni e i Consorzi per le regioni a statuto ordinario e per la regione Sardegna.

 

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Competenze, obblighi e trattamento economico del commissario liquidatore dell’Unione dei Comuni

Con parere del 31 gennaio 2025, il Ministero dell’interno chiarisce che rientra nella piena autonomia del Commissario liquidatore, una volta esaurita l’attività ordinaria dell’ente, valutare l’opportunità di avvalersi di competenze esterne per i residui atti deliberativi riguardanti la fase liquidatoria.

Il Ministero ricorda che non vi è esplicita normativa statale, con la conseguente necessità di fare riferimento all’eventuale disciplina regionale, alle disposizioni recate dallo statuto dell’ente e alle indicazioni definite nel provvedimento di nomina del commissario liquidatore. Secondo consolidata giurisprudenza, il provvedimento di soppressione di una persona giuridica, anche se pubblica, non vale a segnare la fine della stessa, ma serve soltanto a determinare il passaggio ad una fase successiva in cui deve provvedersi alla sorte dei beni che facevano parte del suo patrimonio ed alla definizione dei rapporti giuridici pendenti.

Con la nomina del liquidatore si apre per l’Unione dei Comuni la particolare fase della procedura liquidatoria, limitata ai soli aspetti liquidatori delle attività e passività della pregressa gestione ordinaria, fase che è tesa, in base al codice civile, a mantenere in vita l’Ente stesso al solo scopo di pagare i debiti e riscuotere i crediti, nella prospettiva della ripartizione finale dell’eventuale patrimonio residuo. I liquidatori possono compiere anche nuove operazioni e possono continuare a svolgere la normale attività di gestione, purché si tratti di una gestione di tipo conservativo finalizzata non all’incremento bensì alla conservazione del valore del patrimonio. In conseguenza di quanto sopra esposto, l’Unione dei Comuni continua ad operare, per mezzo del liquidatore, limitatamente alla riscossione dei crediti non ancora introitati ed al pagamento dei debiti dell’Unione quali risultano alla data della apertura della fase liquidatoria.

Ciò sino alla redazione del bilancio finale di liquidazione, cui conseguirà il trasferimento del patrimonio residuo – ovvero degli eventuali crediti residui e debiti non pagati – ai Comuni facenti parte dell’Unione, ciascuno dei quali provvederà a contabilizzarli nel proprio bilancio dopo l’approvazione delle operazioni di chiusura da parte del Consiglio comunale. Nel caso di specie, la liquidazione consegue allo scioglimento, avvenuto a far data dal 31 dicembre 2023 e, atteso il tempo trascorso, il Ministero ritiene che l’attività ordinaria disciplinata dal TUEL sia ormai completata con la rendicontazione dell’esercizio 2023.

Pertanto, l’Unione non è più tenuta alla presentazione dei bilanci e relativi rendiconti e al rispetto degli adempimenti tipici della gestione amministrativo-contabile dell’ente locale per i quali necessitano le figure interne previste dallo stesso testo unico (dipendenti dell’Unione, Segretario comunale, Revisore economico-finanziario, OIV). Ne consegue, che rientra nella piena autonomia del Commissario liquidatore, una volta esaurita l’attività ordinaria dell’ente, valutare l’opportunità di avvalersi di competenze esterne per i residui atti deliberativi che dovrebbero riguardare solamente la fase liquidatoria nei termini sopra riportati.

 

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Telefisco 2025, Canone Unico: Aumento tariffe con variazione limitata

In considerazione della modifica apportata dal comma 757 della manovra 2025 (legge 2017/2024), non è possibile per gli enti locali aumentare le tariffe del canone unico patrimoniale (Cup) oltre il limite prescritto dall’articolo 1, comma 817 della legge n. 160 del 2019, il quale stabilisce che il gettito complessivo deve essere pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone stesso. È questa, in sostanza, la risposta del Ministero dell’economia e finanza ai quesiti di Telefisco 2025.

Nello specifico il quesito è il seguente:

D. Il canone unico è caratterizzato da una disposizione normativa tariffaria più volte interpretata dalla giurisprudenza amministrativa nonché dalla Corte dei conti come limite all’incremento di gettito, presente nel comma 817 dell’articolo 1 della legge 160/2019: «Il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe». In considerazione della modifica apportata dal comma 757 della manovra 2025 (legge 2017/2024), è possibile aumentare le tariffe del canone unico ottenendo un gettito superiore rispetto all’anno di istituzione del canone?

Alla domanda, il Ministero fornisce risposta negativa, poiché la modifica apportata dall’articolo 1, comma 757, lett. a) della legge n. 207 del 2024 non riconosce agli enti locali la possibilità di aumentare le tariffe del canone unico patrimoniale (Cup) oltre il limite prescritto dall’articolo 1, comma 817 della legge n. 160 del 2019. Ed invero, le modifiche introdotte dalla legge di bilancio per il 2025 hanno solo la funzione di consentire agli enti locali, all’interno dei limiti di gettito fissati dal Legislatore, di graduare in maniera più precisa le tariffe in ragione dell’impatto ambientale e urbanistico, necessità che può verificarsi, ad esempio, nel caso in cui l’occupazione o l’esposizione pubblicitaria sia effettuata in una zona di particolare pregio urbanistico.

Inoltre, il Ministero ha risposto negativamente alla possibilità di applicare la maggiorazione Istat a tutte le tariffe del canone di occupazione ed esposizione pubblicitaria, poiché non si ritiene possibile un’estensione analogica della previsione normativa contenuta nei commi 831 e 831-bis dell’articolo 1 della legge n. 160 del 2019, secondo la quale gli importi sono rivalutati annualmente in base all’indice Istat dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente esclusivamente per le fattispecie ivi disciplinate. Tale chiara volontà del Legislatore non può essere neppure superata sulla base della considerazione del carattere patrimoniale del canone in questione che, il quale, tra le altre entrate sostituisce anche il Cosap, di cui all’articolo 63 del Dlgs 446 del 1997, la cui natura patrimoniale è stata acclarata dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 64 del 2008).
A questo proposito, il Ministero ricorda che anche per il Cosap era prevista la rivalutazione Istat solo per le
occupazioni effettuate da aziende erogatrici di pubblici servizi.

 

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