Trattamento contabile delle componenti perequative TARI

Le somme derivanti dalle componenti perequative TARI vanno imputate nel bilancio comunale tra le entrate di parte corrente; l’obbligo di riversamento, in quanto obbligazione propria del Comune, non costituisce una partita in conto terzi e deve essere regolato a carico della parte corrente del bilancio. È questo il principio di diritto sancito dalla Corte dei conti, Sezione Autonomie, con deliberazione n. 13/2025. La deliberazione interviene su un tema rilevante per gli enti locali: la corretta imputazione contabile delle somme derivanti dalla componente perequativa della TARI, destinate a finanziare servizi energetici e ambientali relativi alla raccolta dei rifiuti in mare.

La Corte è stata chiamata a dirimere due quesiti posti dalla Sezione regionale di controllo per le Marche (su richiesta del Comune di Camerata Picena): a. se il versamento a CSEA debba essere commisurato agli importi incassati o a quelli accertati; b) se le relative somme debbano essere imputate tra le entrate di parte corrente o trattate come partite di giro. Il primo quesito viene dichiarato inammissibile, in quanto la Corte ritiene che la questione attenga al merito dell’obbligazione civilistica, non alla rappresentazione contabile. La competenza a decidere sul “quantum debeatur” deve essere risolta, in via normativa ed applicativa, da ARERA e CSEA, le cui determinazioni possono diventare oggetto di contesa giudiziaria potenzialmente dinanzi a giudici diversi dalla Corte dei conti.

In merito al secondo quesito (imputazione contabile), la Sezione rileva che non è possibile un’imputazione in conto terzi degli accertamenti per le componenti perequative e della spesa di riversamento, con conseguente necessità dell’Ente di vigilare costantemente sulla copertura della spesa, cui la componente perequativa è destinata, e sugli equilibri prospettici connessi. Contro la possibilità di una eccezionale imputazione in conto terzi, infatti, si frappongono le seguenti evidenze normative. La spesa per la raccolta dei rifiuti accidentalmente pescati è in primo luogo “assimilata”,  per legge (art. 2, commi 2, 7 e 8 della l. n. 60/2022), a quella dei rifiuti urbani; costituisce pertanto funzione propria e fondamentale dei Comuni (art. 14, comma 27, lett. f) del d.l. n. 78/2010). L’onere di copertura, di conseguenza, è del singolo Comune che peraltro, in ragione dello svolgimento di un servizio indivisibile, ottiene successivamente un rimborso, finanziabile attraverso una provvista solidaristica formata e intestata a CSEA, che detiene dei conti specifici su cui refluiscono i fondi raccolti da parte di tutti i comuni (e non utilizzati). L’obbligazione di riversamento, pertanto, è una obbligazione successiva ed eventuale, ossia una passività potenziale che si trasforma in debito ovvero in credito nell’anno successivo.

In definitiva, il credito verso l’utenza per la componente aggiuntiva, da un lato, va rappresentato “come” la TARI, e allo stesso tempo va esposto separatamente. Esso, di conseguenza, va accertato tra le entrate di parte corrente del titolo III, seguendo la classificazione fornita dall’Allegato 13/1 al d.lgs. n. 118/2011 (art. 15, comma 2); tuttavia va accertato attraverso una posta separata dalla TARI. Il credito deve essere accertato in base alla sua “esigibilità” e non per cassa. Di conseguenza esso va rilevato in bilancio nell’anno “a” in cui matura il credito, in quanto esso sorga privo di termini o condizioni. L’obbligazione di riversamento, invece, è futura in quanto sorgerà nell’anno “a+1” (delibera ARERA, Allegato A, art. 6) sulla base dei dati comunicati a CSEA, eventuale in quanto su di essa incide l’esito di un procedimento di diritto pubblico. Detto in altri termini, nell’anno “a”,  l’obbligazione di riversamento costituisce solo una passività potenziale di rimborso, per cui sorge, nel rispetto della clausola generale di equilibrio (C. cost., sent. n. 192/2012 e n. 60/2013), l’esigenza di accantonare l’entrata in questione nella Riga B del risultato di amministrazione.

La redazione PERK SOLUTION

Inquadramento contabile di un contributo devoluto dall’ente locale a favore di politiche giovanili

Con la deliberazione  n. 26/2022, la Corte dei conti, Sez. Lombardia, in risposta ad un quesito di un Comune inerente all’inquadramento della spesa relativa ad un contributo in denaro che l’ente intende assegnare, tramite bando,  a favore dei giovani, destinato a parziale copertura dei costi per conseguire la patente B, C e D, allo scopo di “favorire l’accesso al mondo del lavoro da parte dei giovani fortemente penalizzati a causa dell’emergenza epidemiologica Covid-19”, ha chiarito che la spesa deve essere imputata alla missione del bilancio, che risulti maggiormente rispondente alla funzione amministrativa esercitata dall’ente e, dunque, quanto meno in termini di prevalenza, agli specifici bisogni della collettività che l’azione dello stesso intende soddisfare, avendo riguardo alle previsioni del glossario allegato sub n. 14 al d.lgs. 118/2011.
A margine del quesito posto, la Corte ritiene utile ricordare che, ai sensi dell’art.12 l. 241/1990, la concessione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati, senza che vi sia, da parte di questi, una controprestazione verso l’amministrazione concedente, è subordinata alla predeterminazione, da parte della stessa, di criteri e modalità di erogazione nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, a cui dovrà attenersi dandone atto nei singoli provvedimenti (cfr. Sez. Lombardia, n.282/2021/PAR; Sez. contr. Emilia Romagna n. 130/2021/PAR; Sez. Lombardia, n.146/2019/PAR; Sez. Veneto, n. 260/2016/PAR; Sez. Valle d’Aosta, n.18/2013/PAR; nonché Cons. Stato, sez. VI, 29/07/2019, n.5319).
Tale norma, espressione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost., riveste carattere di principio generale dell’ordinamento giuridico, e, in particolare della materia che governa tutti i contributi pubblici, la cui attribuzione deve essere almeno governata da norme programmatorie (Cons. Stato, sez. V, n.7845/2019 e n.1552/2015; TAR, Genova, sez. II , n. 911/2020).
Al riguardo, la Corte ha più volte evidenziato la necessità che l’ente locale si doti di un proprio regolamento, da approvarsi in sede di Consiglio comunale, per disciplinare i presupposti e le modalità di erogazione del contributo, ai sensi del menzionato art. 12 l. 241/1990 (cfr., ancora, Sez. contr. Emilia Romagna, del. n. 130/2021/PAR). Inoltre, la natura di ente a fini generali, riconosciuta al Comune sulla scorta delle previsioni di cui all’art.118 Cost, ma anche dell’art.13 Tuel, quale espressione del principio di sussidiarietà cd. orizzontale, non deve indurre a ritenere come consentita qualunque forma di provvidenza alla collettività e ciò in quanto, come precisato anche da questa Sezione, la provvidenza erogata è preordinata al soddisfacimento di un interesse istituzionale che, pur implicandolo, trascende l’interesse dei destinatari, per intestarsi in capo alla collettività (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 3778/2012; ancora, Sez. Lombardia, n.146/2019/PAR).
La Sezione ricorda, inoltre, che l’emergenza sanitaria e la conseguente crisi economica non giustificano, di per sé, qualunque intervento straordinario o provvidenza, onde scongiurare il rischio, peraltro, di indebite locupletazioni, tenendo conto delle misure di intervento adottate da altri livelli di governo e, in particolare, dallo Stato (cfr., Sez. contr. Emilia Romagna, del. n. 130/2021/PAR; si v., ad es., l’art.1, c. 5 bis, d.l. 10 settembre 2021, n.121, conv. con l. 9 novembre 2021, n. 156, cd. bonus patente).

 

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION