Interessi moratori: no al riconoscimento del debito fuori bilancio

La possibilità di riconoscimento degli interessi moratori come debito fuori bilancio appare in contrasto con la previsione di cui al citato art. 194, comma1, lett. e Tuel che subordina il riconoscimento agli accertati e dimostrati utilità e arricchimento per l’ente nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza, che ad ogni evidenza non sono riscontrabili a fronte del pagamento di somme a titolo di risarcimento per il ritardo nel pagamento. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Calabria, con deliberazione n. 76/2025, nello scrutinare una richiesta di parere afferente alla procedura contabile da seguire in una fattispecie di mancata liquidazione di fatture, relative al servizio elettrico usufruito nell’anno 2022, a causa dell’insufficienza delle risorse allocate nel bilancio di competenza a coprire la maggiore spesa.

La mancanza o l’insufficienza dell’impegno rendono necessaria l’attivazione di procedure volte a ricondurre il procedimento di spesa nei binari della legalità finanziaria, a garanzia degli equilibri di bilancio, quale il riconoscimento del debito fuori bilancio. Le passività pregresse, non espressamente disciplinate ma frutto di un’elaborazione della giurisprudenza contabile, invece, sono riconducibili a spese per le quali l’amministrazione, a differenza dell’ipotesi sub art. 194, lett. e), ha regolarmente costituito il rapporto obbligatorio e assunto un regolare impegno contabile che, però, si è rivelato insufficiente per ragioni non prevedibili spesso, ma non necessariamente, collegati alla natura della prestazione come nel caso dell’energia elettrica ; in altri termini la procedura di spesa è stata rispettata, ricorrendo un problema di insufficienza dell’impegno.

In particolare, per le spese relative prestazioni a carattere continuativo come quelle per le utenze, è normale che il loro ammontare non possa essere determinato con assoluta
certezza a priori essendo legato a variabili quali i consumi e le modifiche tariffarie ; pertanto, l’impegno ha carattere presunto, e viene determinato secondo criteri di attendibilità e prudenza che, di regola, nella prassi si identificano nell’adozione come parametro di riferimento del dato storico relativo all’anno o al triennio precedente. In tale ipotesi, al momento della ricezione della fattura comportante la maggiore spesa dovrà procedersi secondo la disciplina ordinaria di spesa delineata dall’art 191 tue, iscrivendo il relativo importo in bilancio. Infatti, solo al momento della emissione della fattura il debito acquisterà carattere della certezza e potrà procedersi alla sua liquidazione, nonché all’ordinazione e al pagamento. Rimane salva l’eventuale variazione di bilancio finalizzata al reperimento delle risorse in caso di loro insufficienza ( Sez. Lombardia n 82/2015, Sez. Sardegna n. 33/2021;Sez. Sicilia n 81/2022). Tale procedura appare praticabile nell’esercizio in cui il debito ha la sua manifestazione finanziaria anche se la competenza economica è relativa a esercizi precedenti, come per esempio nell’ipotesi di fatture relative a conguagli per anni precedenti. Diversa è l’ipotesi in cui la manifestazione finanziaria e quella economica siano coincidenti e risalgono a un esercizio precedente senza che si sia proceduto alla liquidazione della fattura previo incremento dell’impegno e contabilizzazione nei residui. In tal caso, occorre procedere al riconoscimento di debito fuori bilancio vertendosi sostanzialmente in una situazione di mancanza di impegno di spesa.

In merito all’eventuale transazione avente ad oggetto la parziale rinuncia agli interessi moratori e la rateizzazione della sorte capitale, la Sezione ribadisce l’esclusione della  riconducibilità della transazione alla fenomenologia dei debiti fuori bilancio, in particolare alla categoria delle sentenze esecutive in considerazione del fatto che la transazione ha l’effetto di costituire un rapporto obbligatorio e non presuppone un’obbligazione giuridicamente perfezionata seppure priva di impegno contabile. Ne deriva che a fronte di un accordo transattivo deve essere seguita la regolare procedura di spesa ex art. 191 tuel, con la precisazione che se l’accordo impegna più esercizi finanziari la competenza spetta al consiglio comunale e non alla giunta. Tuttavia, il ricorso alla transazione non deve celare passività sommerse/debiti fuori bilancio concretando una grave violazione delle regole contabili. Diventa, pertanto, imprescindibile accertare la ricorrenza degli elementi essenziali della transazione ex art 1965 c.c., consistenti nella comune volontà delle parti di comporre una lite attuale o futura, nell’esistenza di una res controversa; nelle reciproche concessioni che danno luogo a un nuovo regolamento degli interessi.

 

La redazione PERK SOLUTION

Sono debiti fuori bilancio le maggiori spese non previste in bilancio connesse alla transazione

La sottoscrizione di una transazione che non comporti oneri per il comune non necessita di previo riconoscimento di debiti fuori bilancio. Qualora, invece, vi sia nella transazione una definizione anche di rapporti debitori e creditori tra i soggetti stipulanti potrebbe essere opportuno il previo riconoscimento dei debiti fuori bilancio quando gli stessi non siano presenti nella contabilità dell’ente e sempre se sussiste un’utilità per il comune stesso. È quanto affermato dalla Corte dei conti, Sez. Lazio, deliberazione. n. 48/2021/PAR, in risposta ad una richiesta di parere di un Ente che chiede di sapere se sia necessario procedere al riconoscimento del debito fuori bilancio connesso ad una valorizzazione urbanistica concessa in sede transattiva, posto che la stessa non comporta esborso monetario da parte del Comune ma, in futuro, gli introiti di oneri da urbanizzazione. Nel caso di specie, l’accordo transattivo trae origine da una vicenda giudiziaria che non ha interessato il Comune istante, ma coinvolte l’ente medesimo nel cui territorio ricade il bene immobile oggetto della controversia. Ne consegue che in nessun caso l’attività negoziale potrebbe essere riconducibile all’art. 194 lettera a) che è utilizzabile solo nel caso in cui la sentenza veda tra le parti il comune che riconosce il debito. Le sentenze intercorse tra altri soggetti non possono, infatti, costituire titolo per riconoscere un debito fuori bilancio per un comune che a tali sentenze sia rimasto estraneo. Tale assunto è valido anche se la transazione avesse, per le altre parti, causa nella sentenza passata in giudicato. La transazione che l’ente vorrebbe sottoscrivere rappresenta, per quanto risulta dalla richiesta, un contratto attivo per il comune che ne ricaverebbe futuri oneri di urbanizzazione. La stessa, pertanto, potrebbe essere stipulata senza procedere al riconoscimento del debito, poiché non vi è esborso di denaro. Qualora vi fossero, invece, oneri connessi alla transazione non previsti nel bilancio dell’ente, e fosse perciò necessario procedere ad un riconoscimento di debito, la Sezione ritiene applicabile l’art. 194, lettera e). La procedura è utilizzabile in presenza di debiti non già esistenti nel bilancio comunale, con conseguente obbligo di preliminare riconoscimento (SSRR in spec. comp. 37/2020) e valutando l’utilità che deriverebbero all’ente stesso.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Accordo transattivo: profili di legittimità

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n.  65/2020, nel dichiarare inammissibile, sotto il profilo oggettivo, la richiesta di parere di un Ente in merito al criterio della “convenienza economica” della transazione, ha ribadito i profili di legittimità per addivenire ad un accordo transattivo. Secondo l’orientamento consolidato della magistratura contabile, la scelta di un ente pubblico di addivenire ad una transazione deve essere riconducibile ai canoni di razionalità, convenienza, logica e correttezza gestionale, avendo sempre riguardo ad una imprescindibile valutazione della “cura concreta di interessi pubblici e, quindi, di una migliore cura dell’interesse intestato all’Ente. Pertanto, i negozi giuridici conclusi con i privati non possono condizionare l’esercizio del potere dell’Amministrazione pubblica sia rispetto alla miglior cura dell’interesse concreto della comunità amministrata, sia rispetto alla tutela delle posizioni soggettive di terzi, secondo il principio di imparzialità dell’azione amministrativa. La scelta se proseguire un giudizio o addivenire ad una transazione e la concreta delimitazione dell’oggetto della stessa spetta all’Amministrazione nell’ambito dello svolgimento della ordinaria attività amministrativa e come tutte le scelte discrezionali non è soggetta a sindacato giurisdizionale, se non nei limiti della rispondenza delle stesse a criteri di razionalità, congruità e prudente apprezzamento, ai quali deve ispirarsi l’azione amministrativa. Uno degli elementi che l’ente deve considerare è sicuramente la convenienza economica della transazione in relazione all’incertezza del giudizio, intesa quest’ultima in senso relativo, da valutarsi in relazione alla natura delle pretese, alla chiarezza della situazione normativa e ad eventuali orientamenti giurisprudenziali” (vd., ex multis, deliberazione della Sezione n. 108/2018/PAR; deliberazione Sezione regionale di controllo per il Piemonte, n. 344/2013/PAR). Sarà, dunque, foriera di potenziale responsabilità erariale una transazione che abbia ad oggetto, a titolo esemplificativo, una pretesa, nei confronti di una Pubblica amministrazione, manifestamente infondata, oppure una transazione riguardante un credito prescritto o, ancora, una transazione caratterizzata da condizioni manifestamente svantaggiose per l’Amministrazione. Se a transigere è “un soggetto pubblico i parametri valutativi sono decisamente più ristretti e maggiormente, se non quasi esclusivamente, ancorati a risparmi di spesa (sia gestionali che per contenziosi), a tutela delle casse pubbliche e della collettività che vi contribuisce finanziariamente. Un ente pubblico non gode, dunque, di un arbitrio transattivo, riconoscibile ad un privato, ma deve pur sempre avere come parametro l’equilibrio di bilancio che impone una attenta e oculata valutazione delle poste in transazione. Ciò in considerazione nel necessario rispetto di regole che si pongono a presidio di “garanzie costituzionali di buon andamento e di integrità delle finanze pubbliche che esprimono tutela finale dei diritti dei contribuenti e dei cittadini tutti (art. 97 cost.)” (sentenza della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Lombardia, n. 196/2019).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION