Il Comune non può concedere lo scomputo degli oneri di costruzione

Con deliberazione della Corte dei conti, Sez. Abruzzo con deliberazione n. 130/2020, nel rispondere ad una richiesta di parere di un Comune in merito alla possibilità di scomputare, oltre agli oneri di urbanizzazione, anche il costo di costruzione che il privato dovrà versare al fine di contribuire alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, ha evidenziato che è da escludere che l’Ente possa concedere, in sede di convenzione con il privato, lo scomputo degli oneri di costruzione.
Difatti, il DPR n. 380 del 2001, T.U. dell’edilizia, prevede tale possibilità esclusivamente per gli oneri di urbanizzazione, ammettendo la sostituzione della prestazione pecuniaria con la realizzazione di opere che il Comune deve realizzare con le predette somme (art. 16, comma 2), sia che si tratti di opere di urbanizzazione primaria (art. 4, L. n. 847 del 1964) sia che si tratti di quelle di urbanizzazione secondaria (art. 44, L. n. 865 del 1971). Nulla dispone per i costi di costruzione previsti dall’art. 16, primo comma. La Corte ricorda come tale convincimento trovi sostegno anche nella sentenza del Consiglio di Stato n. 8919 del 31 dicembre 2019 che, muovendo dalla considerazione che il legislatore non prevede la possibilità di scomputare anche il costo di costruzione, ma i soli oneri di urbanizzazione, sottolinea che il mancato espresso divieto non assume un rilievo decisivo in quanto “allorché il legislatore detta una disciplina per una specifica fattispecie, ciò conduce implicitamente ad escluderne l’applicazione anche ad altre e diverse ipotesi non menzionate”.
Sempre secondo il Consiglio di Stato, la possibilità di effettuare lo scomputo ha natura derogatoria rispetto all’obbligo della “corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”, laddove l’espressione “corresponsione” rimanda, con ogni evidenza, ad una dimensione monetaria del pagamento, che, del resto, costituisce l’ordinaria forma di riscossione delle entrate dello Stato e degli Enti pubblici. Inoltre, la disposizione delinea, in sostanza, un’eccezione alla regula juris generale per cui i debiti tributari o, comunque, regolati da norme di diritto pubblico si estinguono con un pagamento in moneta: in ragione di tale natura eccezionale, la disposizione non è applicabile oltre i casi ed i tempi in essa previsti (cfr. art. 14 preleggi), giacché non riflette né veicola un principio generale, ma, al contrario, vi deroga”. Il contributo di cui all’art. 16, comma 1, del T.u., ha natura di corrispettivo di diritto pubblico e configura una prestazione patrimoniale imposta”. Veste, pertanto, i panni del credito di diritto pubblico, che per sua natura è indisponibile per il soggetto impositore, non solo in ordine all’an ed al quantum (ossia alla fase genetica), ma anche in ordine al quomodo (ossia alla fase esecutiva o, che dir si voglia, solutoria)”. Precisa, infine, il Consiglio di Stato che l’espressione “con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune” del comma 2 dell’art. 16 del T.u. in materia di edilizia “non dimostra né sottende un’implicita autorizzazione legislativa a convenire pattiziamente forme di adempimento alternative a quella monetaria, ma deve intendersi unicamente riferita alle modalità strettamente afferenti alla concreta esecuzione delle opere in questione (tempistica, modalità costruttive, qualità dei materiali, ecc.)”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION