L’appaltatore non può aumentare i costi di fronte alla richiesta di giustificativi

In sede di giustificazione dei costi della manodopera indicati nell’offerta economica, eventuali errori asseritamente materiali in cui sia incorso l’operatore economico nella indicazione di detti costi possono essere emendati solo se percepibili ictu oculi come tali dal contesto stesso dell’atto e senza dovere attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima. Diversamente, la “correzione” si tradurrebbe in una inammissibile manipolazione e variazione postuma dei contenuti dell’offerta con violazione del principio della par condicio dei concorrenti. Lo ha stabilito l’Anac nel parere di precontenzioso n. 349 del 20 luglio 2022 espresso in seguito all’istanza presentata dalla Rai nell’ambito della procedura aperta per l’affidamento di logistica integrata per il centro di produzione.

La Rai ha chiesto all’Autorità di esprimere un parere sulla legittimità delle modifiche apportate in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta dall’operatore economico al costo della manodopera indicato nell’offerta economica e riguardo alla sussistenza dei presupposti per l’esclusione dell’operatore dalla gara. La società ha indicato nell’offerta economica costi della manodopera di 538.173 euro (su base annua). Successivamente, a seguito della richiesta della stazione appaltante di illustrare le giustificazioni relative alle singole voci di costo che hanno concorso a determinare l’importo offerto, la società ha dettagliato le componenti del costo della manodopera arrivando a un importo totale di 680.189 euro, senza fornire alcuna motivazione al riguardo.

Nella dichiarazione di offerta non c’è traccia di alcun indizio che possa far ritenere che il costo annuo della manodopera sia il frutto di un errore materiale di calcolo e non invece di una stima incongrua del costo del lavoro. L’importo indicato in sede di giustificazioni è una inammissibile variazione postuma.

 

La redazione PERK SOLUTION

Verifica di congruità del costo della manodopera di cui all´art. 97, comma 10, del Codice dei contratti pubblici

La verifica del costo della manodopera di cui all’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016 mira ad accertare la congruità del valore dichiarato non sulla base dell’affermato rispetto delle garanzie retributive dei lavoratori, ma delle caratteristiche specifiche dell’impresa e dell’offerta, considerando in concreto il numero di lavoratori impiegati per l’esecuzione delle opere previste in contratto, distinti per inquadramento e ore di utilizzo, al fine di determinare il costo orario delle maestranze destinate all’esecuzione dell’appalto e verificare così il rispetto dei parametri salariali di riferimento indicati nelle tabelle ministeriali di cui all’art. 23, comma 16, del d.lgs. n. 50/2016, richiamato dall’art. 97, comma 5, lett. d, del medesimo decreto (disposizione questa a cui fa rinvio l’art. 95, comma 10, ai fini della verifica del costo della manodopera condotta contestualmente o separatamente da una verifica di congruità complessiva dell’offerta).
Come nella verifica di anomalia, devono essere forniti alla Stazione appaltante tutti gli elementi necessari alla ricostruzione del costo della manodopera sopportato dall’impresa per l’esecuzione di quanto proposto con l’offerta prodotta in gara, eventualmente anche non strettamente relativi a tale costo ma utili alla ricostruzione dello stesso.
Tale analisi non può limitarsi semplicemente alla verifica dell’incidenza percentuale del costo complessivo della manodopera sulle singole lavorazioni, confrontandola con quella riscontrabile nell’ambito del mercato di riferimento, ma deve andare a considerare anche le particolarità della singola impresa e della singola offerta al fine di accertare che il costo complessivamente indicato inglobi effettivamente trattamenti salariali non inferiori ai minimi previsti per i singoli lavoratori impiegati.
​​​​​​​Non può pertanto assumere rilevanza il parametro ANCE che, se può costituire un utile riferimento per corroborare le valutazioni di congruità del costo del lavoro, quale canone riferito a dati generali e aggregati (percentuale generale del costo del lavoro per singola tipologia di lavorazione), non può costituire unico fondamento dell’analisi condotta dalla Stazione appaltante. Il documento ANCE è infatti legato alla finalità di contrastare il lavoro sommerso e irregolare e reca indici meramente convenzionali per una verifica ex post della incidenza del costo del lavoro sul valore dell’opera, indici che non possono essere “utilizzati ad altri fini o comunque quali indicatori per i prezzi degli appalti”. È quanto stabilito dal Tar Salerno, sez. I, sentenza 8 aprile 2021, n. 867.