Conti giudiziali, il Vademecum della Corte dei conti Emilia-Romagna

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per l’Emilia-Romagna, ha pubblicato un Vademecum, offrendo una guida operativa preziosa per garantire correttezza, trasparenza e tempestività nella resa dei conti giudiziali. Per gli enti locali, il suo rispetto non è solo un obbligo formale: è uno strumento essenziale per evitare rilievi, sanzioni, ma anche per contribuire a una gestione finanziaria responsabile e credibile.

Punto di partenza del documento è il censimento degli agenti contabili di ciascuna amministrazione (Decreto Legislativo 26 agosto 2016, n. 174. Codice di giustizia contabile – c.g.c. – art. 138 Anagrafe degli agenti contabili), adempimento necessario e strumentale alla “presentazione” del conto giudiziale alla propria amministrazione (art. 139 c.g.c.) e al successivo “deposito” del conto giudiziale alla Corte dei conti. Le amministrazioni comunicano alla Corte dei conti i dati identificativi degli agenti contabili tenuti alla resa del conto; è di fondamentale importanza che ogni variazione che li riguardi, sia con riferimento a ciascun agente che a ciascuna gestione, sia comunicata tempestivamente alla Sezione territorialmente competente della Corte dei conti per l’aggiornamento della banca dati (art. 138, 2° comma). Qualora il conto per quell’agente e per quella gestione non risultasse depositato, anche sulla base di dati incongruenti tra quelli presenti a sistema con quelli comunicati dall’ente, il PM promuoverà il giudizio per la resa del conto. Sono considerati agenti contabili: il tesoriere o cassiere; l’economo o responsabile della cassa interna; gli incaricati della riscossione; i consegnatari di beni; i consegnatari titoli azionari e partecipativi e chiunque maneggi denaro pubblico o custodisca beni. Sono esclusi dall’obbligo di rendere il conto giudiziale coloro che hanno in consegna beni per solo debito di vigilanza ovvero gli “agenti amministrativi” che, peraltro, devono osservare quanto previsto dai regolamenti aziendali per la presentazione dei conti amministrativi. Non sono tenuti al conto giudiziale i soggetti che detengono beni mobili d’ufficio solo per debito di vigilanza o materiali d’uso (come registri e stampe), ai sensi dell’art. 32 del R.D. n. 827/1924.

In applicazione dell’art. 138 comma 4 “i conti giudiziali e i relativi atti o documenti sono trasmessi alla Corte dei conti mediante tecnologie dell’informazione e della comunicazione”, la Corte dei conti ha reso disponibile per tutte le amministrazioni, sul sito istituzionale www.corteconti.it il “Sistema informativo per la resa elettronica dei conti giudiziali” (SIRECO). SIRECO consente alle amministrazioni di inserire autonomamente gli agenti contabili nel sistema informativo. Tuttavia, non è consentita la modifica dei dati già inseriti: questa funzione è infatti riservata alla Segreteria della Sezione che può aggiornare l’anagrafica degli agenti contabili sulla base delle comunicazioni trasmesse dalle amministrazioni o a seguito di specifica richiesta motivata entrambe da inviare via PEC.

Tutti i conti giudiziali, presentati dagli agenti contabili alle amministrazioni di appartenenza, devono essere parificati ed approvati dai competenti organi di ciascun ente e solo all’esito di detti adempimenti, depositati presso la Sezione Giurisdizionale regionale della Corte dei conti territorialmente competente.
La parifica dei conti delle amministrazioni locali è a cura del Responsabile del servizio finanziario e deve avvenire nel rispetto del principio di alterità tra controllore e controllato, secondo cui il soggetto che esercita il controllo non deve coincidere, né direttamente né indirettamente, con il soggetto o l’ente controllato.

Il Vademecum fornisce, inoltre, istruzioni operative puntuali sulla resa e sul deposito dei conti giudiziali. Particolare attenzione è dedicata a due aspetti cruciali i termini di presentazione e trasmissione del conto giudiziale e i compiti del responsabile del procedimento, figura introdotta dal Codice della giustizia contabile.

 

La redazione PERK SOLUTION

Chiarimenti del MEF in merito all’applicazione della tassa sui rifiuti (TARI) ai luoghi destinati al culto

Con la Risoluzione n. 1/2025, il Dipartimento delle Finanze è intervenuto su un tema di particolare interesse per enti locali, amministrazioni e comunità religiose: l’assoggettabilità alla TARI dei locali destinati esclusivamente al culto. Il documento prende le mosse da quesiti sorti in diversi Comuni circa l’applicazione del tributo ai luoghi di preghiera e raccoglimento, alla luce del principio comunitario del “chi inquina paga” e dei criteri di proporzionalità e congruità rispetto all’effettiva produzione di rifiuti.

La legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) disciplina la TARI, individuando all’art. 1, comma 659, alcune ipotesi di riduzioni o esenzioni che i Comuni possono introdurre. Tra queste non rientrano i luoghi di culto. Tuttavia, il successivo comma 660 consente alle amministrazioni comunali di prevedere, con regolamento, ulteriori agevolazioni, purché finanziate attraverso risorse della fiscalità generale. Inoltre, l’allegato 1 al D.P.R. 158/1999, che contiene i coefficienti per la determinazione della tariffa, annovera espressamente i “luoghi di culto” tra le utenze non domestiche, confermandone l’assoggettabilità al tributo.

La Risoluzione richiama l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, secondo cui l’esenzione dalla tassa rifiuti non deriva automaticamente dalla natura religiosa dell’immobile. Le riduzioni o esclusioni sono ammissibili solo qualora venga accertato che gli spazi, per loro caratteristiche e concreto utilizzo, siano oggettivamente non idonei alla produzione di rifiuti. Tra le più recenti pronunce si ricordano le sentenze nn. 29156, 16646 e 16645 del 2022, che hanno ribadito la necessità di una valutazione in fatto, fondata su elementi oggettivi e non sulla sola classificazione catastale.

Il Dipartimento delle Finanze ha sottolineato che spetta ai Comuni esercitare la propria potestà regolamentare con attenzione al principio di proporzionalità.
In assenza di specifiche agevolazioni regolamentari, le superfici destinate al culto restano assoggettabili a TARI, ma la tariffa deve essere calibrata sulla ridotta capacità di generare rifiuti, per evitare oneri sproporzionati. Lo stesso principio di proporzionalità si applica anche nell’individuazione dei coefficienti tariffari, che possono variare entro i margini previsti dal D.P.R. 158/1999 (fino al 50% oltre i limiti minimi e massimi). Un esercizio arbitrario di tale discrezionalità potrebbe essere censurato in sede contenziosa.

 

La redazione PERK SOLUTION