Con la Risoluzione n. 1/2025, il Dipartimento delle Finanze è intervenuto su un tema di particolare interesse per enti locali, amministrazioni e comunità religiose: l’assoggettabilità alla TARI dei locali destinati esclusivamente al culto. Il documento prende le mosse da quesiti sorti in diversi Comuni circa l’applicazione del tributo ai luoghi di preghiera e raccoglimento, alla luce del principio comunitario del “chi inquina paga” e dei criteri di proporzionalità e congruità rispetto all’effettiva produzione di rifiuti.
La legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) disciplina la TARI, individuando all’art. 1, comma 659, alcune ipotesi di riduzioni o esenzioni che i Comuni possono introdurre. Tra queste non rientrano i luoghi di culto. Tuttavia, il successivo comma 660 consente alle amministrazioni comunali di prevedere, con regolamento, ulteriori agevolazioni, purché finanziate attraverso risorse della fiscalità generale. Inoltre, l’allegato 1 al D.P.R. 158/1999, che contiene i coefficienti per la determinazione della tariffa, annovera espressamente i “luoghi di culto” tra le utenze non domestiche, confermandone l’assoggettabilità al tributo.
La Risoluzione richiama l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, secondo cui l’esenzione dalla tassa rifiuti non deriva automaticamente dalla natura religiosa dell’immobile. Le riduzioni o esclusioni sono ammissibili solo qualora venga accertato che gli spazi, per loro caratteristiche e concreto utilizzo, siano oggettivamente non idonei alla produzione di rifiuti. Tra le più recenti pronunce si ricordano le sentenze nn. 29156, 16646 e 16645 del 2022, che hanno ribadito la necessità di una valutazione in fatto, fondata su elementi oggettivi e non sulla sola classificazione catastale.
Il Dipartimento delle Finanze ha sottolineato che spetta ai Comuni esercitare la propria potestà regolamentare con attenzione al principio di proporzionalità.
In assenza di specifiche agevolazioni regolamentari, le superfici destinate al culto restano assoggettabili a TARI, ma la tariffa deve essere calibrata sulla ridotta capacità di generare rifiuti, per evitare oneri sproporzionati. Lo stesso principio di proporzionalità si applica anche nell’individuazione dei coefficienti tariffari, che possono variare entro i margini previsti dal D.P.R. 158/1999 (fino al 50% oltre i limiti minimi e massimi). Un esercizio arbitrario di tale discrezionalità potrebbe essere censurato in sede contenziosa.
La redazione PERK SOLUTION