La deliberazione di surroga del consigliere dimissionario costituisce atto dovuto e non può essere impedita da comportamenti ostruzionistici

La deliberazione di surroga del consigliere dimissionario costituisce atto dovuto e non può essere impedita da comportamenti ostruzionistici. In caso di mancata approvazione in prima convocazione, il consiglio comunale può validamente deliberare in seconda convocazione con un quorum ridotto, pari ad almeno un terzo dei consiglieri assegnati all’ente, escluso il sindaco. La ratio della seconda convocazione è quella di evitare la paralisi dell’organo collegiale, in ossequio al principio di efficienza. È quanto evidenziato dal Ministero dell’interno, con il parere del 16 luglio 2025, in risposta ad una richiesta di un segretario generale di un ente.

l segretario riferisce che, a seguito delle dimissioni presentate e protocollate da un assessore, dimissionario anche dalla carica di consigliere comunale, è stata avviata la procedura di surroga in favore del primo dei non eletti. Tuttavia, nella seduta fissata per esaminare il punto relativo alla surroga, il numero legale è venuto meno per l’uscita dall’aula di alcuni consiglieri. Pur avendo indetto con urgenza una seconda seduta, il passaggio di alcuni consiglieri dalla maggioranza alla minoranza ha determinato un equilibrio tra i presenti e votanti: 12 consiglieri complessivi (su 13 eletti), di cui 6 di minoranza e 6 di maggioranza, incluso il sindaco. Secondo il segretario, tale assetto integra una condotta ostruzionistica dei consiglieri di minoranza.

Circa la necessità di adottare la deliberazione di surroga e le conseguenze della sua mancata approvazione, il ministero richiama l’orientamento costante secondo cui la surroga è atto dovuto. In tal senso, il Consiglio di Stato (sent. n. 2273 del 17 marzo 2021; conforme, sez. III, 12 giugno 2020, n. 3736) ha precisato che la sostituzione del consigliere dimissionario non può essere impedita da manovre dilatorie od ostruzionistiche che paralizzino il regolare funzionamento degli organi elettivi e la vita democratica dell’ente.

Nel caso concreto, l’art. 38, comma 8, TUEL stabilisce che “il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari”. Lo statuto comunale, all’art. 16, comma 6, ribadisce il termine di dieci giorni dalla presentazione delle dimissioni; il comma 8 del medesimo articolo prevede che “la surrogazione avviene in favore del candidato che nella medesima lista immediatamente segue l’ultimo eletto”. Ai fini della validità delle deliberazioni, l’art. 17, comma 1, dello statuto richiede la presenza della metà più uno dei consiglieri assegnati e la maggioranza dei votanti, salvo diverse maggioranze qualificate. Il regolamento consiliare (art. 39) dispone che è adottato il provvedimento che ottiene la maggioranza assoluta dei voti dei votanti; ove tale maggioranza non sia raggiunta, la deliberazione è invalida. In caso di parità tra favorevoli e contrari, la deliberazione è inefficace e può essere nuovamente iscritta all’ordine del giorno della successiva adunanza (art. 39, comma 6).

Quanto al quorum strutturale in seconda convocazione, l’art. 16 del regolamento prevede che il consiglio non possa deliberare se non è presente almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all’ente, senza computare il sindaco. La formulazione della predetta norma relativamente all’espressione “(e pari a n.6 consiglieri)” è frutto di un testo non aggiornato, risalente a quando i consiglieri assegnati erano 17 compreso il sindaco. Dopo la legge n. 56/2014, art. 1, comma 135, lett. b), per i comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 10.000 abitanti il consiglio è composto da 12 consiglieri oltre al sindaco. Pertanto, nel caso di specie, in seconda convocazione il quorum costitutivo è integrato con la presenza di almeno 4 consiglieri (un terzo di 12), escluso dal computo il sindaco.

Pertanto, poiché in prima convocazione non si è deliberato, in seconda convocazione il consiglio può validamente procedere alla surroga con il quorum ridotto di cui sopra. Considerato che i consiglieri di maggioranza sono 6, incluso il sindaco, sussistono le condizioni per dare corso alla surroga del dimissionario, in coerenza con la natura di atto dovuto della stessa e con la funzione della seconda convocazione, che è quella di ridurre il quorum strutturale e scongiurare la paralisi dell’organo collegiale nel rispetto del principio di efficienza.

La redazione PERK SOLUTION

Computo del quorum strutturale richiesto per le sedute consiliari

Qualora la norma regolamentare sulla validità delle sedute consiliari faccia solo riferimento alla presenza di un terzo dei consiglieri, il sindaco va comunque escluso in quanto il legislatore ha ben precisato tale principio nell’art. 38 del TUEL. È quanto evidenziato dal Ministero dell’interno, in risposta ad una richiesta di parere in merito alla corretta applicazione delle disposizioni statutarie e regolamentari che stabiliscono il quorum strutturale necessario per la validità delle sedute di consiglio comunale.

Il comma 2 dell’art. 38 TUEL dispone che “Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all’ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia”.

Il Ministero ricorda, altresì, che con circolare ministeriale n.1454 del 4/02/2021, è stato diramato il parere n.129 dell’1.2.2021 con cui il Consiglio di Stato, fornendo, tra l’altro, indicazioni in materia di quorum, ha specificato che nel caso in cui il risultato della divisione del numero dei componenti l’organo collegiale (o dei consiglieri assegnati) dia un resto in decimali, deve optarsi per l’arrotondamento in eccesso alla cifra intera superiore.

 

La redazione PERK SOLUTION

Consiglio di Stato: criterio di approvazione dello statuto comunale

Il Consiglio di Stato, con Parere n. 129 del 1° febbraio 2021, ha fornito dei chiarimenti in merito a delle questioni interpretative poste dal Ministero dell’Interno, ovvero: a) se il sindaco debba essere computato nella determinazione del numero di voti necessario per l’approvazione dello statuto e delle modifiche statutarie; b) quale sia il criterio di arrotondamento che si debba applicare nel caso in cui, nel calcolo del quorum richiesto, la divisione dia come resto un numero con frazioni decimali (se “il criterio dell’arrotondamento per eccesso anche in caso di cifra decimale inferiore o pari a 5, sia da intendersi quale criterio prevalente, nel caso in cui il quorum sia prescritto per la validità della deliberazione”). Secondo il Ministero non vi è uniformità né nella normativa, né nell’interpretazione giurisprudenziale e applicativa, sia riguardo al numero esatto dei consiglieri per la determinazione del quorum (considerata la possibilità che il calcolo matematico della maggioranza richiesta produca dei resti con decimali, atteso il diverso numero dei membri in relazione alla fascia demografica di appartenenza del comune), sia riguardo alla posizione del sindaco, se debba o meno essere computato per la validità della seduta e/o della votazione.
In base al principio per cui ubi lex voluit, dixit, ubi noluit, tacuit, occorre attenersi rigorosamente alla lettera della legge (e degli statuti e dei regolamenti comunali, tenendo conto anche dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta dall’art. 114 Cost.). Se in alcuni articoli del TUEL è specificato che il sindaco non va computato tra i consiglieri assegnati, è da concludere che, negli altri casi, il TUEL presupponga che tra i consiglieri assegnati sia da comprendere il sindaco. Pertanto, l’art. 6, comma 4, del TUEL, che richiede per l’approvazione dello statuto e per le modifiche statutarie in prima seduta il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati, deve interpretarsi nel senso che ai fini del predetto quorum debba computarsi anche il sindaco, in quanto non espressamente escluso dalla disposizione normativa.
In merito al criterio di calcolo dell’arrotondamento nel caso in cui la maggioranza richiesta per la deliberazione sia definita dalla norma indicando una frazione (un terzo, due terzi, etc.) del numero complessivo dei componenti (che è variabile in funzione della classe demografica di appartenenza dell’ente locale) e il risultato della divisione del numero dei componenti l’organo collegiale (o dei consiglieri assegnati) dia un resto in decimali, la Sezione chiarisce che, in assenza di indicazioni normative espresse di segno diverso, si debba procedere all’arrotondamento per eccesso alla cifra intera superiore. Tale soluzione è preferibile sotto un duplice profilo. Innanzitutto quando la divisione riguarda numeri interi non frazionabili (i membri dell’organo), l’arrotondamento alla cifra intera inferiore (se la frazione è inferiore a 0,50) finirebbe per portare il numero reale dei componenti richiesti al di sotto della soglia minima voluta dalla norma (“almeno un quarto”, ad esempio: se la norma prevede che una certa procedura venga attivata da almeno un quarto dei componenti e i componenti sono 13, allora 13/4= 3,25, sicché per soddisfare il requisito minimo – non meno di 3,25 – e nell’impossibilità di dividere numeri interi non frazionabili, la procedura potrà ritenersi regolarmente attivata solo se promossa da 4 – e non da 3 – componenti). Sotto un secondo profilo, la linea interpretativa che si affida alla ricerca della ratio sottesa alla norma che richiede quorum speciali rischia di condurre ad esiti opinabili e incerti, come tali fortemente sconsigliabili in una materia quale quella in esame, che richiede per quanto possibile soluzioni nette e certe, che non lascino spazio a soverchi dubbi applicativi.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION