Con la sentenza n. 7614 del 2025, il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, ha accolto l’appello del Comune di Ercolano, riformando la decisione del TAR Campania (Sez. VI, n. 171/2025) che aveva annullato la delibera comunale n. 33/2021 nella parte in cui equiparava l’attività agrituristica a quella alberghiera ai fini della TARI.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto illegittima tale assimilazione, valorizzando la diversità strutturale e funzionale tra agriturismo e impresa alberghiera, nonché la natura accessoria dell’attività ricettiva rispetto a quella agricola.
Il Consiglio di Stato, ribaltando tale impostazione, ha chiarito che il criterio determinante per la classificazione tariffaria non risiede nella natura giuridica o nella disciplina di settore delle attività, bensì nella loro effettiva capacità di produrre rifiuti urbani. La TARI, infatti, trova il proprio presupposto impositivo nella potenzialità di generare rifiuti delle superfici tassabili, come stabilito dai commi 641 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 147/2013.
Di conseguenza, l’assimilazione tra agriturismi e strutture alberghiere risulta legittima se fondata su criteri oggettivi di produttività dei rifiuti, coerenti con i principi di proporzionalità e ragionevolezza che governano la tariffazione del servizio. Resta fermo che, in sede applicativa, il soggetto passivo dovrà distinguere le superfici destinate ad attività agricola da quelle destinate a ospitalità, applicando a ciascuna la tariffa corrispondente.
La decisione, oltre a ribadire l’ampia discrezionalità dei comuni nella determinazione delle categorie tariffarie, riafferma una lettura funzionale della TARI, ancorata alla reale capacità inquinante e non alla qualificazione formale dell’attività economica.
La redazione PERK SOLUTION

