Certificazione Covid: rappresentazione dei vincoli da Fondone e da ristori di entrata e di spesa

Con la nuova FAQ 38, la RGS fornisce chiarimenti in merito alla corretta rappresentazione, nel prospetto a/2 allegato al rendiconto di gestione, dei vincoli relativi ai ristori specifici di entrata e di spesa, nonché delle risorse derivanti dal fondo per le funzioni ex art. 106 del DL 34/2020.
In particolare, si chiarisce che le risorse vincolate non utilizzate del fondo per le funzioni ex art 106 del DL 34/2020, debbono essere rappresentate tra i “Vincoli da legge”, unitamente alla quota 2021 dei contratti di servizio continuativo oggetto di certificazione e alla quota riconosciuta e non utilizzata per TARI-TARI-Corrispettivo e TEFA, di cui rispettivamente alle Tabelle 1 e 2 del decreto certificazione.
I ristori specifici di spesa, non utilizzati, incrementano la quota vincolata e devono essere rappresentati, separatamente per ciascuna tipologia di ristoro, tra i “Vincoli da trasferimenti”.
Le risorse vincolate derivanti dai ristori specifici di entrata relativi all’IMU-IMI-IMIS ex articolo 177, comma 2 del decreto-legge n. 34 del 2012 (IMU settore turistico) ed ex articolo 9, comma 3, articolo 9 bis, comma 2 e articolo 13-duodecies del decreto-legge n. 137 del 2020, TOSAP-COSAP ex articolo 181, commi 1-quater e 5 del decreto-legge n. 34 del 2020 ed ex articolo 109, comma 2, del decreto-legge 104 del 2020, per i quali non si sono registrate minori entrate, devono essere rappresentate tra i “Vincoli da legge”, congiuntamente a quelle del Fondo per le funzioni ex articolo 106 del DL 34/2020.
I ristori specifici di entrata per la riduzione dell’imposta di soggiorno, del contributo di soggiorno e del contributo di sbarco ex articolo 40 del decreto-legge n. 104 del 2020, per i quali non si sono registrate minori entrate, devono essere rappresentati distintamente e specificamente nei “Vincoli di legge”. In questo caso, nel prospetto a2) si procede ad iscrivere nella colonna c) “Entrate vincolate accertate nell’esercizio N” sia la quota accertata dal Comune sia il ristoro da parte dello Stato. Nella colonna d) “Impegni eserc. N finanziati da entrate vincolate accertate nell’esercizio o da quote vincolate del risultato di amministrazione” si riporteranno gli impegni di spesa finanziati con i proventi dell’imposta di soggiorno.
Si precisa, in ogni caso, in considerazione del vincolo attribuito ai proventi dell’imposta di soggiorno, che non si dovranno certificare tali minori spese come “Minori spese 2020 “COVID-19” nella certificazione Modello COVID-19.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Progressioni verticali, i chiarimenti della Corte dei conti

La Corte dei conti, Sez. Toscana, con deliberazione n. 34/2021, fornisce una corretta interpretazione della disciplina delle progressioni verticali recata dall’art. 22, comma 15, D. Lgs. n. 75/2017 (come modificato dall’art. 1, comma 1-ter, D.L. n. 162/2019, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 8/2020). L’art. 22, comma 15, come noto, riconosce alle amministrazioni pubbliche la facoltà di derogare alla disciplina generale delle progressioni verticali laddove prevede il passaggio di area non ricorrendo al concorso pubblico bensì ad una procedura selettiva riservata al personale di ruolo. Considerata la natura eccezionale della procedura disciplinata dall’art. 22, comma 15 citato, il legislatore ha predisposto limiti rigorosi per la sua applicazione, in particolare limitandone l’operatività temporale (triennio 2020/2022) e fissando un tetto ai posti disponibili pari al trenta per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria (anteriormente al D.L. 162/2019, analoga disciplina faceva riferimento al triennio 2018/2020 e prevedeva un limite del 20%). Pertanto, per la corretta applicazione della norma:

  • riveste carattere essenziale il piano triennale di fabbisogno del personale (PTFP), che costituisce lo strumento programmatorio fondamentale per le politiche assunzionali;
  • il limite del 30% da osservare deve intendersi riferito al solo numero di posti previsti per i concorsi di pari categoria, e non al numero assoluto dei posti previsti per qualsiasi categoria o area, condividendo l’ampia giurisprudenza contabile formatasi sul punto e dalla quale questa Sezione non intende discostarsi (Sez. reg. contr. Campania, n. 103/2019/PAR, Sez. reg. contr. Puglia, n. 71/2019/PAR, Sez. reg. contr. Basilicata n. 38/2020/PAR);
  • tra le assunzioni rilevanti al fine di determinare la quota destinata alle progressioni verticali, nel limite del 30%, devono essere ricomprese anche le assunzioni per mobilità, in quanto la norma si riferisce alle assunzioni, senza ulteriori specificazioni o esclusioni. Il numero di posti per le procedure selettive riservate non può superare il 30 per cento “di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. Il nuovo sistema di computo degli spazi per le assunzioni (abbandonando il sistema impostato su tetti al turnover) non ha più bisogno di ricorrere al concetto di “mobilità neutrale”, ed alla necessità di coprire le mobilità in uscita con mobilità in entrata. Il DL. n. 34/2019 consente ora alle amministrazioni di effettuare tutte le assunzioni a tempo indeterminato entro il volume di spesa di personale attivabile in base al rapporto che essa avrà con la media delle entrate correnti dell’ultimo triennio, al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità. Pertanto, tutti i dipendenti in qualsiasi modo assunti (per concorso pubblico, per mobilità, per scorrimento di graduatoria) contribuiscono, con la loro spesa imputata al bilancio dell’ente, a determinare il volume della spesa del personale rilevante al fine di determinare i limiti assunzionali in rapporto con le entrate correnti.

Sempre in tema di progressioni verticali, con deliberazione n. 35/2021, la Corte dei conti, Sez. Toscana, ha altresì chiarito che il tetto del 30% va considerato come limite massimo e invalicabile non suscettibile di arrotondamenti. La base di calcolo da prendere in considerazione per definire tale percentuale è quella delle assunzioni programmate, categoria per categoria o area per area, nel triennio 2020-2022 nell’ambito del PTFP. Tale soluzione appare obbligata considerando il carattere eccezionale e derogatorio della norma in esame rispetto alla procedura ordinaria prevista dall’art. 52 del D.lgs. 165/2001.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Censimento autovetture di servizio per le annualità 2020 e 2021

Con la Circolare n. 20924 del 30 marzo 2021, il Dipartimento della Funzione Pubblica invita le Pubbliche amministrazioni a comunicare, qualora inadempienti, i dati relativi alle autovetture di servizio riferiti all’anno 2019 entro il 15 maggio 2021, data sino alla quale resterà aperta la relativa rilevazione, nonché ad aggiornare, nel periodo intercorrente dal 17 maggio al 30 giugno 2021, i dati relativi alle autovetture alla data del 31 dicembre 2020.
Si rammenta che le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, le regioni e gli enti locali, comunicano, ogni anno, in via telematica al Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sulla base dell’apposito questionario, e pubblicano sui propri siti istituzionali, con le modalità di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, il numero e l’elenco delle autovetture di servizio a qualunque titolo utilizzate, distinte tra quelle di proprietà e quelle oggetto di contratto di locazione o di noleggio, con l’indicazione della cilindrata e dell’anno di immatricolazione. I dati comunicati sono resi pubblici per tutte le amministrazioni dal Dipartimento della funzione pubblica in un’apposita sezione del proprio sito.
Sono escluse dal censimento le autovetture indicate al comma 2 dell’art.1 del DPCM 25 settembre 2014:

  • Auto in uso all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali
  • Auto in uso al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco
  • Auto in uso per servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica
  • Auto in uso per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli di assistenza (es. auto mediche e/o sanitarie, trasporto diversamente abili…)
  • Auto in uso per i servizi istituzionali svolti nell’area tecnico-operativa della difesa
  • Auto in uso per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale di gestita da ANAS SpA
  • Auto in uso per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale sulla rete delle strade provinciali
  • Auto in uso per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale sulla rete delle strade comunali
  • Auto in uso per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all’estero.
  • I veicoli non immatricolati come autovettura (Automezzi ad uso promiscuo persone e cose, Scuolabus, Minibus, Ambulanze, Autocarri, Motocarri, Motocicli, Ape car, Quadricicli (Porter), Spazzaneve, Mezzi per pulizia strade, Auto storiche, ecc.).

Se presenti nel sistema veicoli erroneamente censiti negli anni precedenti questi devono essere eliminati.
L’obbligo di comunicazione compete alle amministrazioni anche nel caso in cui non dispongono di auto di servizio.
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto‐legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, le amministrazioni pubbliche che non adempiono all’obbligo di comunicazione previsto dal comma 1 non possono effettuare spese complessive annuali di ammontare superiore al 50 per cento del limite di spesa previsto per l’anno 2013 per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture, nonché per l’acquisto di buoni taxi.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Bonus “prima casa” e mancato rilascio dell’abitazione da parte dell’occupante

In tema di agevolazioni “prima casa” il mancato rilascio dell’immobile da parte dell’occupante costituisce causa di forza maggiore, che impedisce all’acquirente il trasferimento della residenza nei termini previsti dalla legge. La CTR per il Lazio, con la sentenza dell’11/03/2021, n. 1443/3, ha ricordato che secondo il costante orientamento della Corte di cassazione (Cass. n. 2527-14, 7764-14 e 14413/13), per conservare i benefici fiscali sulla prima casa, non è sufficiente al momento dell’acquisto dichiarare la volontà di destinare l’immobile ad abitazione entro i termini previsti dalla legge; i benefici fiscali per l’acquisto della prima casa (abitazione non di lusso) spettano a condizione che, entro il termine di decadenza di diciotto mesi dall’atto, il contribuente stabilisca, nel comune ove sia ubicato l’immobile, la propria residenza (ai sensi della ma della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131). Peraltro, la medesima Cassazione ha più volte ricordato che il mancato stabilimento della residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa” entro i termini di legge non comporta la decadenza dal bonus qualora ciò sia dovuto a cause di forza maggiore, sopravvenute rispetto all’acquisto e non prevedibili dal contribuente (Cass. Drd. n. 12404/19). Nel caso di specie, il mancato rilascio dell’immobile da parte del precedente proprietario costituisce certamente causa di forza maggiore in quanto evento ostativo al trasferimento dello stesso alla contribuente, ad essa non imputabile né prevedibile. Sotto questo aspetto, va rilevato che l’intimazione al rilascio dell’immobile avanzata nei confronti del precedente proprietario costituisce prova dell’impegno della contribuente per ottenere tempestivamente l’immobile né alla stessa può essere mosso alcun addebito per aver confidato nella capacità dello Stato di far rispettare le disposizioni di legge.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Welfare integrativo, i chiarimenti della RGS

Come noto, il comma 870 dell’art. 1 della legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021) dispone che le risorse destinate a remunerare le prestazioni di lavoro straordinario del personale civile delle PA, non utilizzate nel corso del 2020, nonché i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel medesimo esercizio, possono essere destinate a remunerare, nell’esercizio 2021, i trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro, ovvero gli istituti del welfare integrativo, in deroga a quanto disposto dall’art. 23, c. 2, del D.Lgs. n. 75/2017. Tale ultima disposizione prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle predette amministrazioni non possa superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016. Spetta all’Organo di revisione la certificazione delle risorse non utilizzate nell’esercizio 2020.
Sul punto, la Ragioneria generale dello Stato, con la Circolare n. 11 del 9 aprile 2021, ha fornito, tra l’altro, le seguenti istruzioni operative per gli enti e organismi pubblici, rientranti nell’ambito applicativo dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che intendono avvalersi della facoltà di cui al suddetto comma 870. In particolare:

  1. i risparmi derivanti dalle risorse destinate a remunerare le prestazioni di lavoro straordinario del personale, nel rispetto dell’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, non utilizzate nel corso del 2020, sono determinati in misura pari alla differenza tra le risorse risultanti dallo stanziamento definitivo del bilancio di previsione 2020 (comprensivo di tutte le variazioni di bilancio) ovvero del budget 2020 (comprensivo delle rimodulazioni) e la spesa sostenuta per le prestazioni effettivamente rese per il predetto istituto di competenza anno 2020;
  2. i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel 2020 sono determinati in misura pari alla differenza tra le risorse risultanti dallo stanziamento definitivo del bilancio di previsione 2020 (comprensivo di tutte le variazioni di bilancio) ovvero del budget 2020 (comprensivo delle rimodulazioni) e la spesa sostenuta per i buoni pasto attribuiti al personale – dirigenziale e non – nell’anno 2020;
  3. per ciascuna delle predette tipologie di risparmio, che costituiscono risorse aggiuntive “una tantum”, va predisposto un apposito prospetto analitico da far pervenire al competente organo di controllo – collegio dei revisori dei conti o collegio sindacale – per la certificazione di competenza;
  4. una volta acquisita la certificazione del competente organo di controllo, i predetti risparmi sono destinati, in deroga all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, ai corrispondenti Fondi per il trattamento accessorio di competenza del solo anno 2021 per il finanziamento dei trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro ovvero agli istituti del welfare integrativo, secondo criteri da definirsi in sede di contrattazione integrativa nel rispetto delle indicazioni del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Limite trattamento accessorio in caso di istituzione di posizioni dirigenziali

Nel caso di istituzione per la prima volta delle posizioni dirigenziali nei ruoli dell’Amministrazione, ai fini della determinazione del limite ex art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017, in assenza di valori 2016 cui fare riferimento, è possibile per l’Ente utilizzare, per la quantificazione delle risorse economiche da appostare sul fondo, il valore del fondo di altre amministrazioni similari, per numero di abitanti e numero di dipendenti, individuando la relativa copertura nell’ambito delle capacità del bilancio, nel rispetto dei limiti finanziari previsti dalle vigenti disposizioni di legge. È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Sardegna, con deliberazione n. 27/2021, nel fornisce riscontro ad una richiesta di parere di un ente che intende istituire la dirigenza e chiede di conoscere il parametro di riferimento a cui l’amministrazione dovrebbe attenersi per la quantificazione delle risorse del fondo da destinare al trattamento accessorio. La Sezione ricorda che tale criterio di pone in linea con quanto stabilito dalla Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 17/2019, secondo la quale gli enti locali possono procedere in autonomia alla programmazione delle risorse da destinare al potenziamento del personale, nei limiti delle risorse disponibili; altrettanto possono fare per determinare la misura del salario accessorio, purché siano tenuti in considerazione i limiti di legge. Quindi, in assenza di un parametro storico cui fare riferimento, l’Amministrazione può individuare un parametro alternativo, purché congruamente motivato ed ispirato alla ratio legis in applicazione.
La maggiore spesa non costituisce una violazione ai limiti complessivi del personale fissati dall’art. 1 commi 557 e 557 quater della L. n. 296/2006, considerato che si tratta di posizioni istituite per la prima volta nei ruoli dell’Amministrazione. In ordine alla previsione dell’art. 33, comma 2 del D.L. 34/2019, ultimo periodo, secondo la quale “il limite del trattamento accessorio del personale di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, è 4 adeguato, in aumento o diminuzione, per garantire l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018”, la Sezione ribadisce che il tetto del salario accessorio deve essere considerato come complessivo: esso cioè non ha effetti distinti sui singoli fondi per la contrattazione decentrata ma sul complesso delle risorse destinate a tale scopo e quindi sia sul fondo per la contrattazione decentrata del personale che sul fondo per il trattamento accessorio dei dirigenti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION