Nell’ambito dei giudizi tributari di cui è parte un ente locale, lo ius postulandi può spettare al titolare della posizione organizzativa, potendosi – secondo la giurisprudenza della Corte Suprema – valutare se a stare, altresì, in giudizio, possa essere un funzionario autorizzato “in base alle previsioni dello statuto comunale”. È quanto ha affermato la Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 37/2025, in risposta ad una richiesta di parere avente ad oggetto il regime giuridico degli incentivi al personale incaricato di assistere l’ente locale nel giudizio tributario.
Nello specifico, il Comune istante ha chiesto alla Sezione se debba riconoscersi al dipendente che abbia assistito l’ente nel giudizio tributario con condanna della controparte alla refusione delle spese, previamente acquisite alle casse, l’incentivo previsto dal comma 2 sexies dell’art. 15 d.lgs. 546/1992 a prescindere dalle qualifiche rivestite, indicate dall’art.11, c.3, dello stesso decreto legislativo (dirigente/titolare di posizione organizzativa). La Sezione ricorda che l’art. 45 del d.lgs. 165/2001 prevede che i contratti collettivi definiscono, in coerenza con le disposizioni legislative vigenti, i trattamenti economici accessori ancorandoli alle specifiche ipotesi individuate dallo stesso art. 45, comma 3 (performance individuale; performance organizzativa con riferimento all’amministrazione nel suo complesso e alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui la stessa si articola; effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute). L’art. 15, c. 6 sexies, del d.lgs. 546/1992, recante disposizioni sul processo tributario, contiene una specifica disposizione che rimanda al trattamento accessorio del personale impegnato nell’assistenza dell’amministrazione, in quanto prevede la possibilità di erogare allo stesso un emolumento aggiuntivo parametrato al compenso professionale degli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo ivi previsto. L’art. 11, comma 3 del medesimo decreto stabilisce espressamente che gli enti locali possono stare in giudizio mediante il dirigente dell’ufficio tributi o, in mancanza di tale figura, tramite il titolare della posizione organizzativa responsabile dell’ufficio tributi (soggetti che non necessitano di procura).
La Cassazione (cfr. Cass. Civ., V, 26719/2016; Cass. Civ. 13230/2009) ha riconosciuto la possibilità per il dirigente di delegare, con apposita determinazione, un funzionario dell’unità organizzativa da lui diretta a rappresentare l’ente in giudizio, secondo le previsioni statutarie. Tale soluzione deve derivare da un’organizzazione interna chiara e consolidata, evitando nomine “ad hoc” per singoli casi.
Circa l’aspetto remunerativo di detta attività, destinato a confluire nella retribuzione accessoria del personale indicato dalla norma, oggetto di regolamentazione ed interpretazione dei contratti collettivi, ricorda la Sezione delle Autonomie che, trattandosi di attività resa da specifici soggetti per tutti i giudizi tributari, è remunerata con incentivi specifici in aggiunta alla retribuzione, che sono alimentati con le risorse previamente acquisite e riscosse dall’ente locale e, per tale motivo, da ritenersi sottratte al limite previsto dall’art. 23, comma 2 del d.lgs. n. 75/2017. Tali risorse devono essere gestite sulla base di una specifica norma regolamentare interna, intesa a disciplinare, nell’ambito delle indicazioni dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro, le modalità applicative dell’incentivo, il quale si differenzia dai compensi professionali dei legali interni, che costituiscono, invece, quota parte della retribuzione ordinaria.
La redazione PERK SOLUTION